MELONI PUNTA SULLA SICUREZZA PER SPOSTARE L’ATTENZIONE DALLA TEMPESTA PERFETTA
VISTI I SONDAGGI IN CALO, CONVIENE RIPRENDERE I TEMI POPULISTI. ED EVITARE DI PARLARE DEL VERO PROBLEMA DEL PAESE: L’INFLAZIONE ALTA, IL PNRR CHE ARRANCA E IL NEGOZIATO SUL PATTO DI STABILITÀ
Fosse un film, sarebbe un thriller con un finale western. Giorgia Meloni si fa attendere a lungo in conferenza stampa. Otto ministri […] intervengono senza sapere se davvero si mostrerà. «Sul serio ha cambiato idea?». Mistero, suspense. Alla fine, appare dalla scaletta laterale, a sorpresa. E si cala nella parte: mostrare il pugno duro della legge, far brillare sul portone di Palazzo Chigi la stella da sceriffi d’Italia.«Quelle del decreto Caivano non sono solo norme repressive – scandisce – sono norme di prevenzione ». Ed è proprio in quel «non solo» che si concentra una scelta tattica chiarissima: se l’economia toglie il sonno, se Matteo Salvini vuole rubarle l’anima e i voti, Palazzo Chigi si butta all’inseguimento della pancia securitaria del Paese.
Più del merito delle misure pesa il messaggio politico. La leader identifica un terreno a lei caro, quello su cui raccogliere il consenso di chi promette “legge e ordine”. Pone in cima alla lista delle emergenze il crimine minorile. Cerca di coprire le minacce economiche che incombono sull’Italia. E poi respinge alcune accuse circolate nelle ultime ore, ad esempio quella di voler mandare dietro le sbarre gli adolescenti: «Per i reati gravi c’è un ammonimento e la convocazione dei genitori. Non c’è il tema di sbattere in galera i dodicenni. C’è invece l’arresto in flagranza di reato per i ragazzi dai 14 ai 18 anni».
E’ una sfida aperta a Salvini, come detto. Uno scudo per mettersi al riparo dall’offensiva leghista sulla sicurezza e sull’emergenza migranti. Un rilancio in nome di antiche convinzioni di destra e recenti sondaggi in calo, che affliggono Fratelli d’Italia.
Puntare tutto sulla legalità significa tentare l’operazione impossibile di fermare con un dito i nuvoloni neri della crisi. Quella alimentata da un’inflazione ancora alta, dal Pil che arretra, da un Patto di Stabilità che ritorna e fa paura. C’è poco tempo, infatti, per stringere un nuovo accordo. Meloni lo sa. Ed è consapevole di non poter escludere il ritorno alle regole stringenti dell’era pre-Covid.
Dovesse accadere, «sarebbe drammatico perché si produrrebbe una contrazione delle economie già in sofferenza importante». Meglio, semmai, congelare i parametri emergenziali attualmente in vigore:«Senza un’intesa sulla riforma, lo proporrò».
Ma il segnale che qualcosa sta davvero cambiando arriva un attimo dopo. Domandano alla presidente del Consiglio degli attacchi di Salvini a Paolo Gentiloni, il Commissario europeo accusato di giocare contro gli interessi nazionali. È con lui che Meloni deve trattare ogni dossier sensibile: non solo il Patto, ma anche la manovra e il Pnrr.
Eppure, la premier sceglie di attaccare l’italiano, di non farsi scavalcare neanche pubblicamente dal suo vice: «Da quando ogni nazione ha il suo commissario, accade che questi tengano un occhio di riguardo verso la nazione che rappresentano. Penso sia normale e giusto. E sarei contenta se accadesse di più anche per l’Italia».
Sono parole durissime, che sconfessano una collaborazione obbligata. È la sintesi di una diffidenza antica, che coinvolge la leader e i suoi fedelissimi. Ed è un anatema pronunciato per almeno due ragioni. La prima: Meloni ha compreso fino in fondo l’impraticabilità del progetto di spostare gli equilibri continentali grazie a un’intesa tra popolari e conservatori, dunque reagisce preparando una campagna elettorale spostata più a destra. La seconda […]: è recente un duello durissimo tra la premier e Gentiloni. Un colloquio finito malissimo, in cui la prima ha accusato il secondo di non collaborare in nome dell’interesse nazionale sui dossier chiave per il Paese, a partire appunto dal Patto di stabilità. Meglio affidarsi a “legge e ordine” che rendere conto degli insidiosi parametri di cui ragiona Bruxelles.
(da agenzie)
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