NETWORK GRILLO: TV E STAMPA NELLA FABBRICA DEL CONSENSO
DALLE SINERGIE, ANCHE SOCIETARIE, CON LA «TV» DI SANTORO E «IL FATTO» SI È CREATO UN TERZO POLO CHE FA POLITICA A TUTTO TONDO E CHE PASSA DALLE MAGLIE DELL’ANTITRUST
Tra le tante leggende che aleggiano attorno alla figura politica di Beppe Grillo c’è n’è una che andrebbe smontata.
Ed è quella che l’ascesa del movimento politico legato al comico genovese, il Movimento 5 Stelle, sia dovuta solo all’utilizzo di Internet e che la sua fortuna elettorale sia nata con un innovativo metodo di comunicazione.
Che all’origine del fenomeno ci sia cioè un metodo tutto centrato, come teorizzato da Gianroberto Casaleggio, guru e deus ex machina del movimento, sul web.
La genesi del fenomeno Grillo, invece, è differente.
La sua immagine è stata costruita e cementata nel tempo da una vera e propria fabbrica del consenso che è partita certamente dal web, ma ha utilizzato, per il grande salto, soprattutto televisione e carta stampata.
Con la creazione, alla fine, di un vero e proprio network ambientale legato e diretto in base a un’unica strategia.
Per capire la costruzione di un’opera fortificata nel corso degli anni bisogna ridisegnare il perimetro di quello che sino a ieri eravamo abituati a considerare come un normale network dell’informazione.
Partendo dai criteri economici comuni, consideriamo un network di informazione quello che, in maniera diretta o indiretta, fa capo ad un unico soggetto proprietario.
Ad esempio: il gruppo l’Espresso, quotato in Borsa, è nelle mani di De Benedetti, News Corp, invece, ha come principale azionista Rupert Murdoch.
Questo modello, applicato all’informazione, prevede enormi investimenti, e vista la capitalizzazione corrente rende pressochè impossibile la formazione di nuovi gruppi editoriali di dimensioni adeguate per competere sui mercati.
IL NETWORK AMBIENTALE
Ma c’è un’altra via per raggiungere lo scopo. Creare una rete tra soggetti affini che si rilanciano i rispettivi contenuti.
Senza intrecci azionari diretti o indiretti, se non minimi, senza accordi commerciali che prevedano posizioni di cartello.
Il quadro normativo italiano, che considera solo gli aspetti societari e contrattuali, non prevede una simile fattispecie.
La legge che regola l’editoria, dunque, mal si concilia con le nuove tecnologie di rete, che sono sempre più integrate tra loro con strumenti non solo interattivi e dinamici (per esempio i social network) ma in cui vi è una partecipazione diretta del pubblico nel fare la notizia (pensiamo allo street journalism o ai blog), che utilizza tutti i sistemi, dallo scritto all’audio al video alle immagini, e soprattutto che li integra, rendendo alle volte complesso definire cosa sia «tele-visione» da cosa sia giornale in senso tradizionale intesi. Dunque, al di fuori dei sistemi conosciuti e tradizionali, la nostra legge non prevede costrizioni particolari.
E se questo è un bene per la capacità di creare network, non è detto che lo sia per la trasparenza del contenuto dell’informazione.
Ed è qui che il sistema editoriale che fa riferimento a Grillo e gestito dalla Casaleggio e associati si muove.
In compagnia di chi? Del giornale il Fatto Quotidiano e della televisione di Santoro, Servizio Pubblico.
Come si costruisce un sistema non tradizionale, «un network ambientale»?
Il punto di partenza è la ricerca ed individuazione di un pubblico di riferimento. In Italia non è stato molto difficile.
La crisi sistemica della nostra politica, ingigantita da quella economica, ha saldato una base di scontenti che prima di allora era spalmata e senza guida.
L’impresa, ovviamente, ha richiesto intelligenza e professionalità , tuttavia alla fine si è catalizzato il malcontento e il pubblico di riferimento è stato trasformato in «base permanente», solida, quantificabile e valorizzabile.
Il pubblico è audience, e in questa ottica genera risorse, che servono per rafforzare e finanziare il network.
Per la prima volta quel pubblico si è sentito parte integrante di un progetto.
L’aggancio al network di Grillo è avvenuto con delle tecniche basilari nel mondo dell’informazione web.
Le più diffusa è quella del rilancio dei rispettivi contenuti, in maniera da effettuare un travaso «spontaneo» più o meno fisso di lettori da un portale all’altro.
È normale che ciò avvenga ad esempio tra soggetti facenti capo ad uno stesso gruppo editoriale, in maniera dichiarata, come ad esempio la Repubblica, che rilancia su carta e sul web contenuti de l’Espresso o di Radio Capital.
Ed in questi casi al lettore è manifesta sia la linea editoriale sia le testate che il gruppo societario-editoriale di riferimento, ed al mercato è noto anche il soggetto che gestisce le inserzioni, siano esse esplicite o quelle editoriali-redazionali.
Più complesso se ciò avviene senza questa stessa linea chiara e dichiarata. Naturalmente questo pubblico non deve uscire dal recinto delimitato.
E come si fa? I contenuti del blog del comico genovese sono strutturati in modo da non portare traffico diretto all’esterno.
Al massimo può generare accessi a siti a lui riconducibili: TzeTze, Cadoinpiedi, Chiarelettere, Movimento 5 Stelle e i social immediatamente riconducibili alla stessa gestione.
Per fare questo si usano regole ferree e precise. Ad esempio: in qualsiasi articolo scritto, commento interno, video o altro contenuto, va evitato di pubblicare link esterni al network, e soprattutto va il più possibile evitato anche solo di citare soggetti esterni.
Una seconda via riguarda l’indicizzazione dei contenuti. Basta, ad esempio, lasciare intuire che si parli di qualcuno senza citarlo che il sistema di indicizzazione della rete lo escluda dalle parole correlate.
Facciamo un esempio: se Grillo scrivesse la parola Berlusconi, la rete darebbe risultati multipli e non sempre diretti al blog di Grillo; allora basta chiamarlo «psico-nano». E così con espressioni come «PDmenoL», che contribuiscono a non cedere traffico a soggetti che in maniera diretta o indiretta sono comunque attigui e limitrofi.
Questa rete di siti Internet ha generato un traffico complessivo di circa 3,5 milioni di accessi al giorno.
Non sono poca roba. Il parco siti del gruppo l’Espresso (il più grande in Italia) ha accessi per 5 milioni di utenti al giorno.
La differenza è che il gruppo ha un bilancio certificato e visibile che ha prodotto nel 2012 21 milioni di utili. Certo De Benedetti ha anche stampa e radio.
E Grillo? Il comico genovese ha sempre detto che non ha giornali nè televisioni, e che tutto il suo successo sarebbe da attribuire alla sola rete. Numericamente il suo solo blog tre anni fa generava 300mila accessi. Dopo tre anni si è arrivato a un milione e dato che certe cose in rete non avvengono per caso, come in nessuno strumento o canale di comunicazione, cosa è accaduto?
ARCHITETTURA DI RETE
La svolta coincide quando le sinergie di contenuto e di traffico si saldano con il Fatto Quotidiano.
Basta dare un’occhiata ai dati di traffico di Alexa relativi ai flussi e agli accessi per farsi un’idea. In un primo tempo ciò avviene attraverso una serie di sinergie tra i giornalisti del Fatto, Chiarelettere, Cadoinpiedi, e soprattutto tramite il passaparola sul sito di Grillo. Attraverso questa cementazione di pubblico, anche il sito del giornale viene individuato come riferimento dal pubblico del blog di Grillo, che non solo interviene in maniera massiccia e crescente, ma che condiziona a livello ambientale la stessa linea editoriale, al punto che lo stesso Grillo che non apprezza alcun giornale dirà che «l’unico decente è il Fatto», e del resto l’unico che lo intervista è il vice-direttore Travaglio.
Il secondo passaggio è anche più significativo riguarda la trasmissione Servizio Pubblico che prende il via nell’autunno del 2011.
La stessa nasce sulle stesse parole d’ordine di partecipazione diretta del pubblico, e per essere megafono della società civile.
Ed ha come ospiti stabili proprio i giornalisti del Fatto. Anche qui: basta vedere le tabelle di «Click-stream» dei relativi siti per verificare da chi ricevono traffico e a chi lo cedono.
Se volessimo esaminare questo network secondo le logiche dell’azionariato diretto, come siamo abituati a fare per le aziende, sbaglieremo sia metro che parametro.
Il vero patrimonio dei nuovi contenitori della comunicazione è il pubblico acquisito e semmai scambiato.
Il patto, per competere, non è tanto sociale o parasociale, legato a un controllo preciso (e verrebbe da dire anche trasparente).
Il collante delle strategie di rete nel web è la capacità virale di creare audience e accessi, e questa la si misura in altro modo e con gli strumenti adeguati e propri del web come vedremo.
Certo ci sono tuttavia alcuni elementi «old economy».
Ad esempio, tra gli azionisti di Servizio Pubblico o, meglio della società che lo realizza, la Zerostudio’s, figura proprio il Fatto Quotidiano con una quota di azioni nominali pari a 45mila euro.
Il Fatto è partecipato da Chiarelettere, ed è amministrato da Cinzia Monteverde, che poi guida anche la «tv» di Santoro.
Parlare di «tv» nel caso di Santoro non è fuorviante. Servizio Pubblico è identificata come società di produzione televisiva, e non ha concessioni dirette, limitandosi a «noleggiare» la banda da Sky prima e La7 adesso.
Ma il sistema è molto border-line che sfrutta al massimo la vacatio legis per cui da un lato non puoi avere una televisione e un quotidiano ma nulla ti impedisce di produrre un contenuto e non «venderlo» a una televisione bensì noleggiare la banda di trasmissione di quella emittente senza che ciò sia incompatibile con la legge.
Anche se di fatto questo configura che per almeno due ore a settimana tu sia a tutti gli effetti una televisione.
LA MASSA DI GRILLO
Dunque è grazie alla televisione e alla sinergia con un quotidiano che il fenomeno Grillo esce dalla rete e diventa «di massa».
E ciò riguarda i soggetti, ed ancor più come vengono elaborati e gestiti i contenuti.
Se ad esempio il VDay non fosse andato in onda, sarebbe rimasta una manifestazione di piazza, così come tutte le altre che sono seguite.
Se ragioniamo in questa ottica possiamo anche scardinare il concetto della non-presenza in tv. Certo, Grillo non va ospite nei talk, ma questo conta in senso negativo o positivo? Se contiamo il minutaggio televisivo in cui Grillo è stato presente nei tg, scopriamo che ha superato quello dei leader, ad esempio del Pd (indagine statistica indipendente di CrossMedia Ltd mediante un controllo a campione di 12 tg e 24 trasmissioni di approfondimento pre elezioni e pre par condicio: Grillo va dal 35% dei tg al 53% negli approfondimenti alcuni monotematici su di lui). Quanto regge davvero la tesi secondo cui «solo web e niente tv»?
Non da ultimo va considerato quanto Grillo usi e riusi i contenuti tv e video, attraverso il proprio blog e soprattutto attraverso un vero e proprio archivio di oltre 4mila contenuti presenti sul suo canale youtube, che se considerassimo i dati dichiarati, ha un pubblico fidelizzato di circa 300mila spettatori e ha avuto uno share di oltre 103milioni di visualizzazioni.
Se consideriamo che la tutta la Rai complessivamente arriva a 570milioni e La7 è «ferma» a 46milioni, i conti sono presto fatti. Se però volessimo considerare l’intera architettura di rete, includendo nei numeri di prima, anche il traffico, il pubblico, e le relative interazioni, de Il Fatto Quotidiano e Servizio Pubblico, ci accorgeremo che, complessivamente inteso, il network ambientale raggiunge oltre 5milioni di accessi quotidiani.
Per dimostrare questa architettura di rete occorrono dati.
Un network di primo livello, solo web, lo si dimostra semplicemente verificando chi materialmente gestisce i siti.
Ed in maniera palese sappiamo che la Casaleggio Associati gestisce TzeTze, Cadoinpiedi, Chiarelettere, Beppegrillo, Movimentocinquestelle, Lacosa, i profili social, tra cui non ultimi il canale Youtube e lo streaming parlamentare…
Questo significa, però, anche gestire tutta la macchina di pubblicità diretta (ad esempio le inserzioni «adesense») quella indiretta (ad esempio il merchandising di Grillo, ma anche le affiliazioni come quella con Amazon) ed una terza, molto interessante, che riguarda le «campagne dirette», di cui troviamo notizia qui www.beppegrillo. it/adv. Anche se dei ricavi e di quanto si incassa, per ora, non abbiamo notizia.
Per quanto riguarda invece un network, che potremo chiamare allargato, dobbiamo affidarci un po’ più alla tecnologia ed entrare nel mondo della rete, anche con il lessico e con le relative categorie semantiche.
Tutte le attività che abbiamo descritto all’inizio, dal semplice commento ai re-link diretti, alle condivisioni social, hanno come obiettivo quello di spostare traffico, e direzionarlo.
IL TRAFFICO
Per dimostrarlo ci basta «misurare» il traffico, in termini di provenienza, e in termini di uscita.
Utilizzando semplicissime tabelle, espresse in dati percentuali, possiamo facilmente rilevare «da dove» il Blog beppegrillo.it riceva la maggiore percentuale di visitatori. Contemporaneamente possiamo vedere con una tabella parallela «dove vanno» quei visitatori successivamente, ovvero a chi il blog «cede» traffico.
Scopriamo ad esempio che moltissimi visitatori «cliccano» sulla pubblicità (unico modo per comprendere tanti click su Google e Amazon in uscita) e possiamo verificare anche che la crescita del sito è essenzialmente data dalla forte attività sui social network. Quanto al resto notiamo come il traffico si muova all’interno del network, mentre certamente prende pubblico, più di quanto non ne restituisca, a repubblica.it e corriere.it. Le stesse tabelle sono state elaborate sugli altri principali siti del network.
E questo mostra essenzialmente come si tratti di una strategia unica e precisa e non di una casualità .
Facciamo ora un’analisi più profonda.
Una sorta di «prova del nove» del fatto che si tratta dello stesso pubblico. Per farlo usiamo le «descrizioni ambientali», ovvero cerchiamo di capire le caratteristiche di chi visita il sito di Grillo e le paragoniamo alla stessa schematizzazione di altri siti di riferimento.
Queste tabelle ci mostrano come il pubblico sia lo stesso, sotto ogni punto di vista.
Nessun network può dirsi «finito».
Non è una questione di non darsi limiti di crescita, ma semplicemente fare i conti con la realtà della competitività sui contenuti, e soprattutto perchè maggiore è il pubblico del tuo competitor e maggiori sono i rischi di perdere il terreno acquisito.
Se vogliamo avere un’idea, almeno tendenziale, di dove verrà acquisito nuovo pubblico, ci basta vedere la «rilevant list» dei siti che secondo Google e Alexa sono in qualche modo affini alla rete di Grillo: repubblica.it, arsbloggandi.blog.excite.it, unita.it, punto-informatico.it, poliziadistato.it, partitodemocratico.it, lastampa.it, ilsole24ore. com, ilgiornale.it.
E quindi non stupisce, ed acquista un senso tecnico preciso, che i contenuti del blog di Grillo (ma anche la linea editoriale de il Fatto o le trasmissioni di Santoro) e le sue posizioni politiche, si spostino su temi come la sicurezza informatica, la legalità in rete, e che vi siano attacchi sistematici alla stampa «canonica».
In termini di elettorato chiaramente questo bacino di utenza è nel centrosinistra, e la strategia è quella sin qui vincente, del commento almeno in parte spontaneo a qualsiasi articolo rilevante in termini di letture (indipendentemente dal tema).
Strategia ovviamente inimmaginabile in una blogosfera matura, ma perfettamente funzionale in un panorama in cui anche i grandi gruppi editoriali non si dotano di una strategia, e quindi di una struttura, di reazione.
Grillo la ha fatto, con stampa e tv.
Michele Di Salvo e Roberto Rossi
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