OLLI REHN GRAZIA IL GOVERNO, MA IN AUTUNNO SI RISCHIA LA MANOVRA
LA COMMISSIONE UE NON VUOLE ROVINARE LA FESTA A RENZI
Matteo Renzi è l’unico leader europeo al potere che ha guadagnato consensi e ha arginato l’onda degli euroscettici, meglio non disturbarlo e lasciarlo lavorare.
È questo il messaggio politico che arriva dalle raccomandazioni che la Commissione ha presentato ieri per l’Italia e per gli altri 27 Paesi.
“Commissione Ue apprezza riforme italiane. Debito alto, lo sapevamo: acceleriamo riforme e privatizzazioni per ridurlo in modo sostenibile”, sintetizza su Twitter il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan.
Nella finanza pubblica i numeri perdono la fredda oggettività che hanno nella matematica e diventano flessibili, interpretabili, a seconda delle esigenze della politica.
E in questo caso a Bruxelles hanno deciso che a Renzi non bisogna creare troppi problemi. Anche perchè lui ha già fatto capire di considerare trascurabili le imposizioni di questa Commissione che è in scadenza e ha pochi mesi di vita.
Il commissario agli Affari economici Olli Rehn, tornato in carica dopo la campagna elettorale e in attesa di comunicare se lascerà in anticipo per accettare un seggio all’Europarlamento con i liberali, sembra feroce come sempre: “Rimandare i risultati dell’obiettivo di medio termine non mette l’Italia in una buona posizione per il rispetto delle regole che ha sottoscritto e votato, mettendole anche nella Costituzione, quindi deve fare l’aggiustamento richiesto anche per tutelare l’onore del Paese”.
E nel documento si parla di “sforzi aggiuntivi” necessari per il 2014.
Ma al ministero del Tesoro la linea è chiara: loro chiedono di ridurre il debito, il governo non lo farà perchè è convinto che le riforme faranno salire il Pil abbastanza da rendere questa piccola dose ulteriore di austerità non necessaria.
Traduzione in numeri: le nuove regole europee (Six Pack e Fiscal compact) prevedono un miglioramento annuale del saldo di bilancio strutturale dello 0,5 per cento del Pil fino al pareggio strutturale che Renzi ha deciso di spostare dal 2015 al 2016.
Inoltre serve una riduzione del debito con interventi strutturali (cioè duraturi, non una tantum).
Secondo i calcoli della Commissione, l’Italia dovrebbe fare un aggiustamento strutturale dello 0,7 per cento del Pil, il governo Renzi è così convinto che le sue riforme spingeranno il Pil e quindi ridurranno il rapporto tra debito e ricchezza prodotta che è disposto a fare un aggiustamento solo dello 0,1.
Da novembre scorso, quando c’era ancora Enrico Letta, la Commissione chiede senza successo che l’Italia preveda misure per altri 0,6 punti di Pil, circa 9 miliardi.
Nessuno la ascolta, ma anche i tecnici della Commissione sanno essere garbati.
“Vogliamo applicare le regole in modo intelligente e ragionevole. Non chiediamo quindi nessuna manovra aggiuntiva immediata, ma solo di rafforzare le misure di bilancio per il 2014 e di attuarle rigorosamente; chiediamo anche di essere disposti a prendere nuove misure se necessario quest’anno e soprattutto per l’anno prossimo”, è il ragionamento nella direzione Economia e finanza che risponde a Olli Rehn. Tradotto dal bruxellese: non sarà la Commissione ad azzoppare Renzi.
Il premier, forte del suo 40,8 per cento di voti alle elezioni europee, è libero di governare.
Ma in autunno si faranno i conti e si scoprirà chi è il vincitore tra l’ottimismo della volontà renziana e il pessimismo della ragione europea.
E allora l’esecutivo dovrà essere pronto a “sforzi aggiuntivi” sul 2014 e a maggior ragione sul 2015.
Le promesse economiche che Renzi deve mantenere sono tante e difficili: la Commissione definisce “ambizioso” il programma di privatizzazioni da 10,5 miliardi da incassare entro dicembre.
Poi c’è la revisione della spesa secondo le indicazioni del commissario Carlo Cottarelli, mai entrato davvero in sintonia con il premier, la legge delega sul fisco che dovrebbe rivedere tutte le agevolazioni, la riforma del catasto per rendere più sensate le imposte sulla casa, la riforma delle regole del mercato del lavoro che per ora è affidata soltanto a una legge delega dalle prospettive come minimo un po’ incerte, e anche una revisione delle procedure di spesa dei fondi pubblici europei che l’Italia fatica a impiegare (Renzi l’ha invocata in campagna elettorale senza dare dettagli), la lotta alla corruzione, che a Bruxelles piacerebbe integrata da una riforma della prescrizione.
In pratica la Commissione ha preso il Piano nazionale di riforme che Renzi e Padoan hanno mandato a Bruxelles qualche settimana fa e l’ha trasformato nelle raccomandazioni: fate quello che avete promesso, se ne siete capaci.
Il contesto attorno all’Italia è diverso da quello degli anni bui dell’austerità .
Sei Paesi sono usciti dalla procedura d’infrazione per deficit eccessivo, il tasso di disoccupazione in Europa sta scendendo un poco (sarà il 10,4 per cento nel 2015), gli Stati sotto il giogo della Troika stanno facendo le riforme desiderate dai teorici del rigore.
Renzi si trova al posto giusto e al momento giusto per ottenere un credito che ai suoi predecessori non sarebbe stato concesso.
Stefano Feltri
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