PDL, UN PARTITO DI NOMINATI CHE CADE SULLE NOMINE: BASTA CON LA TESI DEL COMPLOTTO, CI VUOLE UNA SANA AUTOCRITICA
IL PDL E’ UN PARTITO DI NOMINATI CHE RICORDA LE VECCHIE CORRENTI DC ED E’ RETTO DA UN DIRIGISMO SIMILE AL CENTRALISMO DEMOCRATICO COMUNISTA…BASTA CON INVENTARSI UN NEMICO PER MASCHERARE LE PROPRIE MANCANZE POLITICHE E CULTURALI: L’ELETTORATO NON CI CREDE PIU’
Un errore dietro l’altro, un nervosismo sempre più evidente, una strategia sbagliata, l’ennesimo tentativo di appellarsi a una piazza sempre più disincantata.
Non è così che il Pdl riuscirà a trarsi fuori dalle sabbie mobili in cui è andato volontariamente a cadere.
Ieri il premier ha dato una ricostruzione alla ormai nota vicenda della mancata consegna della lista del Lazio che fa acqua da tutte le parti e che è smentita da due semplici considerazioni.
In primo luogo la presenza delle forze dell’ordine, alle dipendenze del ministero degli Interni, che mai avrebbero permesso una violenta prevaricazione da parte dei radicali.
Sostenere quanto ha detto ieri il premier è un insulto ai carabinieri presenti, oltre che ai “magistrati di sinistra”.
In secondo luogo, nella famosa scatola in cui avrebbero dovuto esserci tutti i documenti necessari per la presentazione della lista è stato acclarato a verbale che mancassero invece l’atto principale che attribuisce poteri ai presentatori, le accettazioni delle candidature, le dichiarazioni di collegamento con la lista regionale, i simboli e l’autorizzazione a utilizzarli.
Se questi documenti li aveva Milioni con sè, e si è allontanato con essi, risulta evidente che doveva operare dei cambiamenti e si è assentato un’ora per queste ragioni.
Se tutto ciò è potuto accadere è per la mancanza di organi collegiali di approvazione delle liste, come avviene in tutti i partiti, e di funzionari preparati che la lista la presentano con largo anticipo seguendo le direttive del vertice.
Il Pdl ha sbagliato a non ammettere le proprie gravi responsabilità : nessuno crede più alla favola che tutto ciò che accade sia colpa dei comunisti che neanche esistono più. E i cui eredi sono pasticcioni e divisi più di loro.
Inventarsi un nemico per giustificare le proprie carenze politiche ed organizzative può andare bene una volta, due, ma alla lunga il Pdl rischia di essere seppellito da una grande risata.
E invece si adotta la ritrita tattica della”mobilitazione di piazza” per protestare “contro chi non vuole farci votare”, quando è evidente che se l’elettore di centrodestra nella provincia di Roma non troverà il simbolo del Pdl è solo per la dabbenaggina della locale classe dirigente che dovrebbe essere presa a pernacchie.
E quanto alle divisioni interne, finiamola una buona volta con l’ipocrisia: il Pdl è nato con una fusione a freddo, è un semplice cartello elettorale, sono diverse le origini delle due componenti.
In Forza Italia sono confluiti esperienze e culture socialiste e liberali, con scarsa propensione alla democrazia parlamentare.
An era diventato un partito conservatore, laico e moderato.
Nessuno dei due poi ha mai avuto nulla a che fare con quel Ppe che avrebbero voluto incarnare: altra storia e solide radici cristiane che qua non si intravedono se non per convenienza.
Per non parlare della lottizzazioni interne, del rapporto 70 a 30, della mancanza di qualsiasi organismo elettivo interno di confronto e dibattito: solo dirigenti e parlamentari “nominati” dall’alto.
Criteri da far impallidire le vecchie correnti democristiane, la becera partitocrazia da prima repubblica e persino un sistema dirigistico di raccomandati che ricorda la cultura del centralismo democratico comunista.
Cose da far rabbrividire, insieme a un decisionismo del capo che ne sbaglia nove su dieci e pretende pure di aver sempre ragione.
Per non parlare di una base locale abituata solo a belare e a pietire posti, senza palle e senza anima, senza cultura e senza storia, senza ideali e senza capacità di sacrifici.
Ci sono per fortuna delle eccezioni, quelli che non fanno carriera e che tirano la carretta, come in tutti i partiti.
Ma se il centrodestra in Italia non comincia a “fare politica”, a studiare i fenomeni sociali del nostro tempo, a trovare la capacità di indicare e realizzare una società futura, a realizzare sogni, a creare speranze, a inseguire modelli di sviluppo sociali, non avrà futuro.
Altro che preoccuparsi delle liste e delle elezioni: i consensi un partito li deve guadagnare ogni giorno, con il lavoro politico e coi militanti sul campo, non con le leggi ad personam e le veline in lista, con gli spot in tv o raccontando palle sui Tg.
E quando si sbaglia si deve dimostrare di avere le palle di chiedere scusa.
Fosse stato fatto, il Pdl avrebbe dimostrato quella “umanità ” che fa parte del dna del popolo italiano e sarebbe stato apprezzato.
Meno arroganza e più umiltà , meno supponenza e maggiore dialogo con tutti. Solo uno è sceso a suo tempo dal cielo in terra e non si chiamava Silvio Berlusconi.
Un ultimo consiglio gratuito: il premier stia zitto per 20 giorni e forse la Polverini ce la fa a vincere le regionali in Lazio, nonostante il Pdl.
Leave a Reply