PERCHE’ TUTTI CI AUGURIAMO CHE FINI “NON SI ACCONTENTI”
CRESCE L’ATTESA PER IL DISCORSO DI FINI A PERUGIA E LE PROSPETTIVE DI FUTURO E LIBERTA’….LA RISPOSTA DI FARE FUTUROWEB ALLE QUESTIONI SOLLEVATE DA BATTISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” CIRCA IL POSIZIONAMENTO DEL NUOVO PARTITO
«Cosa vuole fare?», «Con chi?».
Che ci sia davvero molta attesa per ciò che sarà il movimento che si sta raccogliendo attorno a Gianfranco Fini lo dimostra la serie di interrogativi che (giustamente) da mesi vengono suscitati sulle intenzioni del presidente della Camera.
Alcuni di questi li ha posti Pierluigi Battista sul Corriere della Sera: Fini vuole «diventare il punto di riferimento di un centrodestra “deberlusconizzato”» o invece «racimolare vantaggi effimeri con una condotta ambigua, contorta, politicista»?
Ossia intende «diventare leader di uno schieramento oppure leader di un micropartito»?
Come si vede le aspettative per le scelte di Fini sono alte.
Segno che quello che sta per nascere è un soggetto verso il quale le attenzioni degli osservatori si basano su soluzioni di sistema e non di piccolo cabotaggio.
Certo in mezzo ci sta il districarsi tra una situazione quotidiana nella quale tra la crisi del sistema politico bipolare e quelli che Battista chiama «gli spasmi in cui si dibatte il berlusconismo» lacerato dall’immobilismo, dalle liti e dagli scandali rosa del premier: impresa davvero ardua.
Per questo, dinanzi alla pratica quotidiana della fantapolitica — praticata a dire la verità quasi ogni giorno dai suoi detrattori — Fini «deve saper parlare alla società e non solo ai contabili dei gruppi parlamentari. Deve indicare cosa è obbligatorio che ci sia nell’agenda di governo che abbia il consenso degli elettori e non esercitarsi negli scenari astratti di controproducenti governi tecnici, delizia di politologi e retroscenisti, ma tomba di ogni velleità di innovazione».
Ha ragione Battista, Fini è chiamato a dare risposte politiche oltre le alchimie del politichese e del gossip.
E lo deve fare su temi veri come quelli del precariato, degli investimenti nell’università , del rilancio della politica industriale.
Tutti temi cari agli interlocutori imprescindibili per un partito che dovrà riferirsi a un blocco sociale che si sente spaesato e preoccupato dall’involuzione del progetto berlusconiano e che ha allo stesso tempo poca fiducia nella promessa (finora disattesa) di una sinistra riformista.
Quello che si chiede Battista del resto è quello che chiedono le migliaia di persone che accorreranno a Perugia alla convention di Futuro e libertà .
Sono le stesse preoccupazioni che i tanti intellettuali — anche quelli che Fini non lo voteranno mai – che hanno firmato il “Manifesto di ottobre” si aspettano dibattute all’interno di una stagione politica che metta fine a quel bipolarismo muscolare che proprio il corsivista del Corriere ha denunciato come una delle degenerazioni di questa stagione politica.
Insomma, che non sia un fuoco di paglia o peggio un progetto autoreferenziale “alla Mastella” se lo augurano in tanti.
Ma se è lo stesso Battista a riconoscere a Fini di aver saputo vincere «la battaglia della sopravvivenza» contro l’attacco senza quartiere dei pasdaran berlusconiani «perchè ha saputo resistere alle sirene del ribaltonismo» ciò significa che un passo importante è stato già compiuto.
Lo ha spiegato e rilanciato lo stesso Fini più volte: «Si va avanti per non tradire lo spirito del Pdl».
E questo concetto, ribadito a Mirabello, non è stato solo un annuncio di comodo o una sfida a chi lo ha espulso senza contraddittorio dal proprio partito. Ma un annuncio di metodo.
Lo dimostrano le tante adesioni che continuano a provenire anche da culture politiche non riconducibili alla storia della destra italiana.
Lo dimostra una riflessione non banale dello stesso Fini sul tema delle regole della rappresentanza che passano anche per una legge elettorale che torni a dare ai cittadini la possibilità di scegliere i propri rappresentanti .
Lo dimostra la risposta che il presidente della Camera ha dato all’amministratore delegato della Fiat da una parte e alle preoccupazioni di Emma Marcegaglia dall’altra.
E assieme a questo lo dimostra la preoccupazione verso il futuro della ricerca italiana e il mondo della cultura che è stato lanciato da tutto l’ambiente politico e intellettuale che gravita attorno a Fli.
Insomma, in questi mesi l’invettiva, quella pubblica, è stata tutta incentrata sui temi politici.
E che il nuovo soggetto non si stia conformando come un “bunker” ligio ai riti della prima Repubblica lo dimostra infine l’attenzione rinnovata all’opinione dei propri simpatizzanti.
Lo si è visto nel caso del lodo Alfano che ha aperto una discussione appassionata che ha coinvolto base e vertice in un rapporto franco, diretto, duro. In una parola democratico.
E questo, senza dubbio, è un buon auspicio.
Per questo Battista con i suoi interrogativi e le sue preoccupazioni ha sfondato con noi una porta aperta.
Perchè le sue domande e le sue aspettative sono quelle che non sono gli osservatori attenti e in buona fede si augurano risolte positivamente.
Ma, si spera, tutto il paese.
Antonio Rapisarda
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