PROCESSO REGENI, IL GIALLO DELLA TUTOR: COME MAI SAPEVA CHE IL CADAVERE ERA ALL’OBITORIO?
IN AULA L’EX AMBASCIATORE AL CAIRO MASSARI RICOSTRUISCE GLI ULTIMI GIORNI DI GIULIO
Nuova importante udienza stamani al processo per il caso di Giulio Regeni. Il processo alla corte d’assise di Roma si svolge contro quattro 007 egiziani della National Security, il generale Tariq Sabir, i colonnelli Athar Kamal e Uhsam Helmi e il maggiore Magdi Ibrahim Abdel Sharif, nei confronti dei quali la Procura contesta, a seconda delle posizioni, il concorso in lesioni personali aggravate, omicidio aggravato e sequestro di persona aggravato. Al centro del procedimento anche le torture a cui è stato sottoposto Giulio (scomparso il 25 gennaio 2016) per nove giorni prima dell’omicidio.
In aula presenti, come sempre, i genitori di Giulio, Claudio e Paola Regeni, assistiti dall’avvocata Alessandra Ballerini. Il primo teste interrogato stamani è il professore di geopolitica Giuseppe Dentice che ha delineando il quadro al Cairo in cui si è sviluppato il sequestro e l’omicidio di Regeni: «La National Security indaga su chi è sospettato di essere una spia. Il capo di gabinetto di Al Sisi nel 2018 è diventato la guida del Gis (importante agenzia d’intelligence ). La National Security si muove in maniera autonoma. Il Gis coordina tutto (compresa l’agenzia di intelligence militare). Per ricordare le manifestazioni del 2011 contro il regime di Mubarak, il 25 gennaio è sempre giornata di proteste. Nel 2014 e 2015 ci sono state proteste e scontri in piazza Tahrir, anche con le forze armate. Nel 2015 sono morti anche alcuni attivisti egiziani per diritti umani. Dal 2016 in poi sono state negate le manifestazioni di piazza e le forze armate e di polizia sono scese in strada per impedire proteste contro il regime».
L’ex ambasciatore al Cairo Maurizio Massari è stato sentito, nella seconda parte della mattina, come testimone. Attualmente è il rappresentante permanente d’Italia presso le Nazioni Unite a New York. Intensa e a tratti drammatica la testimonianza in aula dell’ambasciatore il quale rammenta come la sera del 25 gennaio 2016 sia stato avvisato della sparizione di Regeni da un suo amico, il professore italiano al Cairo Gennaro Gervasio, con cui il ricercatore aveva appuntamento per andare a cena alle 20.
Massari ha immediatamente informato sia la Farnesina sia il capocentro dell’Aise (i servizi segreti esteri ) in servizio all’ambasciata. I giorni seguenti l’ambasciatore ha ripetutamente cercato di ottenere un appuntamento con il ministro dell’Interno ma è stato ricevuto solo il 2 febbraio.
Tra il 28 e il 29 gennaio si scoprì che Regeni era stato attenzionato e fotografato per le sue ricerche sui sindacati, queste info provenivano da fonti della società civile che si riferivano a rapporti di loro conoscenza con Giulio: il coinquilino aveva parlato di perquisizioni a casa sua. Per l’ambasciata erano notizie non verificabili ma sorse il sospetto che Giulio fosse stato preso dalla National Security.
La sera del 3 febbraio 2016, durante un ricevimento all’ambasciata in occasione della visita della ministra Federica Guidi (che si trovava al Cairo per una missione alla guida di una delegazione imprenditoriale di alto livello), Massari è stato informato del ritrovamento del corpo di Giulio. Di qui la decisione di interrompere il party. A mezzanotte la tutor egiziana di Regeni, Maha Abdel Raman, informò poi l’ambasciatore che il corpo Giulio si trovava all’obitorio e gli consigliò di vederlo prima che venisse effettuata l’autopsia. «Andai e potei constatare che Regeni era stato ripetutamente torturato – spiega Massari – Ematomi di colore diverso, dal nero al violaceo. (Durante questa descrizione i genitori di Giulio Regeni lasciano l’aula, ndr.) Dita rotte e denti rotti e bruciature di sigarette su tutto il corpo e segni con qualche oggetto sulla schiena, tagli vari. Era nudo a metà, nella parte inferiore».
Il riferimento alla tutor ha indotto i difensori degli imputati egiziani a chiedere all’ambasciatore come mai la professoressa fosse informata del fatto che il corpo di Regeni si trovasse all’obitorio: «Era forse una collaboratrice dell’intelligence britannica?», la domanda. L’ambasciatore ha risposto di non saperlo. In conseguenza di ciò, il procuratore aggiunto Sergio Colaiocco ha inserito la tutor nell’elenco dei testimoni, augurandosi che venga a Roma a rispondere alle domande dei giudici.
(da agenzie)
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