QUELLI CHE SERVONO ALLA MELONI
SE I MIGRANTI SONO VENEZUELANI, CRISTIANI E DI ORIGINE ITALIANA VANNO BENE, “PRENDIAMOLI”… SOLO SE “SERVONO” ALLO SFRUTTAMENTO DEI POTERI FORTI CHE I SOVRANISTI RAPPRESENTANO
No, non appartiene a questa disgraziata campagna elettorale l’uscita sui venezuelani che da ieri tiene banco sui social. E’ un intervento di Giorgia Meloni del 2018 (ad Atreju, la manifestazione annuale di FdI), ma non è invecchiato male. Dopotutto, la sostanza è la stessa, e si compone in mirabile unità con le altre dichiarazioni che fioccano, in questi infuocati giorni.
Nel video che gira tra le bacheche Meloni dice: “In Venezuela ci sono milioni di persone che stanno letteralmente morendo di fame. Sono cristiani, sono spesso di origine italiana, io dico: ci servono immigrati, prendiamoli in Venezuela”. Applausi della folla commossa.
Laddove, l’elemento più significativo è l’ultimo: “ci servono… prendiamoli”. Che fa il paio con un manifesto elettorale che pure circola in questi infelici giorni di propaganda estrema: le facce contrapposte di Letta e Meloni, sotto al primo c’è scritto “Ius soli”, sotto la seconda “Politiche per la natalità”, e infine “Trova le differenze”.
Come se si trattasse della stessa cosa: un rimedio per tappare, attraverso una “importazione” di futuri cittadini, il buco della denatalità e il calo demografico, ovvero la produzione in proprio di “italiani veri” (ovviamente “sani e determinati”, esenti da “devianze”, entusiasti difensori dei “confini” contro stranieri, unioni europee e in generale qualunque cosa che porti a “perdite di sovranità” da qualche falla nello scafo).
Ci aggiungiamo, per buona misura, ancora una volta il famoso video dello stupro di Piacenza, di cui continuiamo a pensare tutto il peggio possibile, per la sua straziante indifferenza nei confronti della vittima (e no, non vuol dire nulla che lo avessero “già pubblicato testate giornalistiche”: un orrore condiviso è più orrendo e ingiustificabile, non meno; e non vuol dire nulla che le sagome fossero “oscurate” e i nomi non riportati: le disperate invocazioni della donna le sentiamo tutti, e soprattutto le ha sentite lei stessa, ovunque, replicate cento e mille volte…).
C’è un filo che lega tutto questo: i venezuelani, i non devianti, la donna ucraina stuprata. L’idea – orribile – che le persone non siano, ma “servano” a qualcosa.
A tappare i buchi, a fare propaganda. Il problema degli immigrati è se, come e quanto “ci servono” o non ci servono.
E a quel punto ordiniamoli à la carte: biondi, occhi azzurri, cattolici e preferibilmente di origine italiana, così alla fine non sono nemmeno immigrati veri. Al cambio attuale, quanti nigeriani fa un venezuelano, più o meno? E un ucraino? Li incarto? Sono due venezuelani e un marocchino, che faccio, lascio?
E infatti, il sostegno allo ius soli viene interpretato così, e messo in parallelo con “le politiche per la natalità”, come se servisse allo stesso scopo: coprire i posti vuoti. E non, invece, rispondere con giustizia e intelligenza al problema – globale, epocale, in crescita e non eludibile – delle migrazioni, dell’accoglienza, dell’integrazione.
D’altronde, questi temi vengono da sempre appiattiti dalle destre nell’eterna filastrocca dei “confini sicuri” e degli stranieri delinquenti: non dimentichiamo chi è stato a smantellare l’unico sistema di accoglienza funzionante e umano, quello diffuso. Che richiede tempo, cura, investimenti, attenzione, e soprattutto non è compatibile col razzismo e il sovranismo d’accatto. Un sistema che mette al centro la persona, appunto.
Non è distante da qui la durezza insensibile nei confronti della donna ucraina vittima dello stupro: anche lei solo un ingranaggio nella macchina della propaganda, con quell’ipocrita “abbraccio” mentre la si sta esponendo senza alcuno scrupolo.
Non male, per fieri e pii cattolici: la persona umana sì, ma solo se bianca, italiana, cattolica, senza devianze e ben dentro “i confini”. Tutti gli altri solo al bisogno. Se e quando ci servirà qualcuno per tappare un buco, o essere protagonista d’un immondo video di propaganda.
(da Huffingtonpost)
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