QUINDICI SENATORI NCD PRONTI A TRADIRE RENZI SULLA RIFORMA DEL SENATO
“COSI’ LE RIFORME NON LE VOTIAMO”
Alfano si ritrova i “migranti” in casa, intesi come senatori. I suoi.
Lunedì sera a Roma sono una quindicina i senatori dissidenti di Ncd che si riuniscono per trasformare la rabbia in strategia: “Alfano — racconta uno di loro — ormai si muove su uno schema di accordo con Renzi. Dice che il premier gli ha dato garanzie sulla legge elettorale, e cioè che la cambierà prima del voto per allearsi con lui, sennò gli dà il 2 per cento di posti in lista, ovvero tra i dieci e i 15 posti garantiti. Gli altri non hanno garanzie e quindi non voteranno la riforma del Senato”.
In un’auletta del Senato c’è al gran completo la pattuglia calabro-lucana di Ncd, quella di Viceconte e Tonino Gentile, ma anche l’ex socialista Colucci, D’Ascolta e Giuseppe Esposito, per citare i più noti.
Più di un presente racconta anche della presenza di Gaetano Quagliariello. Il quale, però, nega di essere stato alla riunione carbonara: “Ero a Frascati, è una notizia falsa. Consiglierei di guardare la scena più che cercare inesistenti retroscena”.
Ma anche il giallo è indicativo del clima che si respira in quel partito, tra conferme, smentite e riunioni carbonare.
I migranti si vedono al Senato perchè non hanno più una sede fisica, visto che Ncd ha disdetto il contratto di affitto a via Arcione a fine agosto.
Metafora di un partito mai nato. Nelle conclusioni della riunione il possibile inizio di un viaggio alla ricerca della salvezza: “Così come è, le riforma non la votiamo. I 15 senatori sono pronti a cambiare schema e a mettere in discussione il governo”.
È l’ultimo atto della grande migrazione, dall’approdo ancora ignoto.
E solo grazie al “Nazareno sottobanco” di Silvio Berlusconi il grosso del gruppo resta nel partito di Alfano.
Oltre a Renato Schifani, tornato questa estate dopo anni a Villa Certosa, in parecchi sono quelli che considerano fallito il progetto di Nuovo Centro Destra, perchè — dicono — “è caduta la destra”.
E vorrebbero tornare a ragionare col Cavaliere. È stato – paradossalmente ma non troppo – proprio l’ex premier a frenare gli entusiasmi, lasciando chiuse le porte di Forza Italia, sia perchè umanamente li considera con un certo disprezzo sia perchè — e questa è la ragione più importante — non vuole che il governo abbia problemi al Senato e che la legislatura possa avere problemi fino al 2018.
Il Nazareno sottobanco, fatto di un aiuto embedded al manovratore di palazzo Chigi tanto caro a Mediaset.
In uno degli ultimi colloqui si è materializzata la distanza anche tra Lupi e Alfano: “Angelino — dice l’ex ministro alle Infrastrutture – il nostro orizzonte non può essere l’alleanza con Renzi. Dobbiamo fare il Ppe in Italia e costruire con Forza Italia, Fitto e Tosi l’alternativa al Pd”.
Ma Alfano non crede a sia possibile: “È una prospettiva irrealizzabile. Noi dobbiamo provare ad essere autosufficienti e a trattare con Renzi”.
A più di un interlocutore il ministro dell’Interno ha confidato che il premier ha dato “garanzie”: ora no, ma prima del voto cambierà la legge elettorale perchè conviene anche a lui la coalizione. Altrimenti, salverà tra i dieci e i quindici.
Si spiegano così le uscite “renziane” a Milano dell’ex delfino di Berlusconi, estensore del lodo che portava il suo nome (Alfano) per salvarlo dai processi, titolare della Giustizia nei tempi del conflitto a fuoco tra Berlusconi e i magistrati.
E quelli da ultrà di palazzo Chigi di Fabrizio Cicchitto, che dopo Craxi e Berlusconi ha trovato il suo nuovo leader: “Questi — è la tesi del resto del gruppo — non hanno capito che Renzi li usa ora per la stabilità di governo ma poi li getta. Bastava leggere i sondaggio la scorsa settimana sui giornali. Con Alfano in lista perde tre punti. Piuttosto gli conviene allearsi con Vendola”.
Ecco, Alfano si sente garantito. Ma il problema è che Ncd ha una pattuglia parlamentare numerosa: 34 alla Camera, 35 al Senato, 69.
Per dieci che si sentono salvati ce ne sono 59 che si sentono sommersi. E dunque sono pronti a migrare. Verso gli approdi più disparati.
Non è un caso che quella vecchia volpe di Verdini ha iniziato a chiamare il gruppo calabro lucano: “Venite con me che avrete di più di quello che potete avere con Alfano” ha ripetuto il grande esperto delle compravendite.
Anche Formigoni e Compagna sono pronti a non votare la riforma così come è, se prima non hanno garanzie.
Mentre per blandire Schifani, Alfano lo ha portato — assieme a Lupi — all’ultimo incontro con Renzi. Dove tra l’altro si è parlato di rimpasto.
Nel senso che il premier ha gelato gli entusiasmi spiegando che, se apre il dossier, rischiano di essere penalizzati visto che un partitino del genere è già sovra-rappresentato a livello di governo.
E i migranti preparano l’esodo.
(da “Huffingtonpost”)
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