SCUOLE E TIVÙ MODELLO URSS: MOSCA SI ISOLA DALL’OCCIDENTE
LA LAUREA RUSSA IN OCCIDENTE VARRA’ MENO DI ZERO
Nelle scuole della Crimea non si studierà più inglese. «Non serve a niente se uno non andrà mai a Londra», è il giudizio del presidente del parlamento Vladimir Konstantinov. Le malelingue dicono che il suo odio per l’inglese sia dovuto al fatto che non è mai riuscito a impararlo, e sicuramente non potrebbe praticarlo nella patria di Shakespeare perché si trova sotto sanzioni, come esponente della dirigenza prorussa della penisola annessa.
Ma sicuramente l’idea di cancellare ogni possibilità di comunicare con l’odiato Occidente fa tendenza oggi a Mosca, dove l’indietro tutta verso una nuova Unione Sovietica prosegue con ritmi rapidissimi. Mentre in piazza Rossa si tengono cerimonie di consacrazione dei giovani pionieri, con bandiere rosse, falci e martello e bambine con i fiocchi bianchi nei capelli, in una riproduzione stilisticamente impeccabile della liturgia comunista degli Anni 70, la Russia ha deciso di abbandonare il sistema universitario occidentale.
Si torna al «modello di istruzione nazionale tradizionale, il migliore al mondo», come l’ha definito Nikolay Patrushev, il potente segretario del Consiglio di Sicurezza ed ex capo de servizi segreti, che in un’intervista si è scagliato contro il sistema di Bologna, cioè la divisione dello studio universitario in laurea triennale, master e dottorato.
Al suo posto tornerà la laurea unica quinquennale sovietica: in altre parole, le università russe emetteranno diplomi non riconosciuti nel resto del mondo.
Una dichiarazione, quella di Patrushev, che sul momento era apparsa una delle tante esternazioni nostalgiche di cui la propaganda del Cremlino riempie tv e giornali tutti i giorni. Se non fosse che già il giorno dopo la proposta è stata discussa alla Duma, con il presidente della camera Vyacheslav Volodin che ha dichiarato la cancellazione dell’università europea come «urgente» e decisa da tutti i partiti.
Il ministro dell’Istruzione Valeriy Falkov ha annunciato la creazione di una scuola «unicamente russa», sostenuto dall’83enne rettore dell’università di Mosca Viktor Sadovnichiy, in carica da 30 anni, che ha dichiarato di «essere sempre stato contrario al sistema di Bologna».
Cosa che non aveva potuto esprimere all’epoca della sua introduzione, nel 2003, perché a volerlo era all’epoca il presidente Vladimir Putin, ansioso di integrare la scuola russa in quella internazionale.
Ora, l’orologio della storia sta girando all’indietro, e il vicepresidente della Duma Pyotr Tolstoy (pronipote del grande scrittore) dice che «rischiamo di vincere al fronte, ma di venire sconfitto sul piano ideologico, perdendo una generazione di studenti».
Un’idea appoggiata anche dalla capa della propaganda del Cremlino Margarita Simonyan: «Un giorno ci ringrazierete», ha detto durante un talk show ai genitori preoccupati per il futuro dei loro figli, «perché dopo due anni di quella università non riconoscereste i vostri ragazzi».
Una dichiarazione che rende esplicito l’obiettivo di quella che molti hanno interpretato come una offensiva dei falchi sul fronte interno: Patrushev, che alcuni esponenti dell’intelligence occidentale ritengono essere il più probabile successore di Putin, sostiene anche che il coronavirus sia stato prodotto nei laboratori Usa, e che l’Occidente abbia un piano per distruggere la Russia.
Il problema non sono ovviamente i contenuti dei programmi universitari – decisi comunque dal ministero – ma l’esistenza di un sistema che permette agli studenti russi di farsi riconoscere le lauree a livello internazionale, di poter studiare, e cercare lavoro, all’estero, e attingere dalla ricerca globale.
Lo scontro politico in Russia era in buona parte uno scontro generazionale già prima dell’invasione dell’Ucraina, ma ora la guerra dei vecchi nostalgici sovietici contro i loro figli ha assunto la stessa brutalità dei bombardamenti nel Donbass.
Il sostegno a Putin e alla sua guerra tra i giovani non supera il 30% perfino secondo i sondaggi ufficiali, le proteste nelle università sono sempre più frequenti, e dunque l’obiettivo diventa quello di togliere ai giovani russi un futuro alternativo.
E così, mentre nelle scuole russe da settembre arriveranno manuali di storia nei quali la Rus’ di Kyiv viene ribattezzata semplicemente «Rus’», la promessa del Cremlino agli studenti universitari diventa quella di una laurea che non varrà nulla fuori da una Russia che sogna di nascondersi dietro un nuovo Muro.
(da la Stampa)
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