SE IL CANTAUTORE DI SINISTRA NON VUOLE VOTARE PIU’ PD
L’ULTIMO A SALUTARE E’ STATO FRANCESCO GUCCINI
L’amore tra la sinistra e il cantautorato italiano è finito da un pezzo.
L’ultimo a salutare è stato Francesco Guccini, il maestrone, passato, assai remoto, da anarchico e presente da astenuto: “Non mi riconosco in questa sinistra”, ha detto.
“Il massacro di Romano Prodi è stata la svolta. Da qualche parte dovrò pur stare, ma questo Pd non mi piace, non mi piace per niente. Dicono che Matteo Renzi sia democristiano. Io non lo so, non lo conosco”. Non lo conosce e non smania per conoscerlo.
Una svolta maturata da tempo da Fiorella Mannoia, un voto a Rivoluzione civile alla Camera, uno al Movimento 5 stelle al Senato. Non al Pd.
E se Lucio Dalla aveva chiuso le porte alla sinistra già ai tempi di Cofferati sindaco di Bologna, è sulla via dell’abbandono anche Francesco De Gregori, assolutamente critico nei confronti di Matteo Renzi, e in lite, a mesi alterni, con il resto delle macerie che restano del centrosinistra.
Dalla lo raccontava (“a votare non vado più”), De Gregori resta coperto da quel velo di riservatezza, nascosto dietro barba, cappello e occhiali da sole
Sembra di parlare della preistoria. Ai tempi del Partito comunista, cantanti, ma anche molti attori e registi, stavano da quella parte lì.
Chi non si schierava rischiava di finire sul registro delle mosche bianche. O peggio, nere. Come accadde a Lucio Battisti.
All’inizio degli anni Settanta lo accusarono di finanziare gruppetti dell’estrema destra e dovette chiuderla lì anche con i concerti dal vivo, causa minacce.
Vuoi per quella direzione ostinata e contraria, vuoi che il loro pubblico era giovane, giovane e comunista.
Vuoi che le feste dell’Unità pagavano fior di quattrini per averli a casa. Oggi non c’è più niente di tutto questo. Pochi cantautori giovani, poco pubblico, neppure l’ombra di quelli che erano i valori della sinistra.
Renziano è Roberto Vecchioni che ha dedicato un suo vecchio pezzo al fu giovane rottamatore. Sogna ragazzo sogna.
Tenacemente vicino al Movimento 5 stelle Dario Fo. Gino Paoli era comunista e non trova una casa. La stessa dalla quale era uscito Enzo Jannacci, negli ultimi anni disincantato quanto strampalato era stato tutta la vita.
A favore di Grillo sono invece sia Cristiano De Andrè che Ivano Fossati: “L’unica rottura in un panorama politico piatto”.
The times they’re a’changin, per dirla alla Bob Dylan.
E qualche domanda, anche questa classe politica leva anni Settanta, forse dovrebbe porsela.
Emiliano Liuzzi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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