TASSISTI, AMBULANTI, TIFOSI: GRILLO CAVALCA LA TIGRE POPULISTA
IL M5S RINNEGA LE SUE BATTAGLIE PER LA WEB ECONOMY E LA RAGGI SI SCHIERA CON CHI DANNEGGIA E PARALIZZA UNA CITTA’
Roma è presa d’assalto da tassisti e ambulanti. Le bombe carta mandano in frantumi le vetrate dei palazzi del Settecento. Volano le bottiglie e spuntano i tirapugni.
Gli automobilisti vengono imprigionati nei blocchi stradali. I negozi abbassano per paura le saracinesche.
E la sindaca di Roma cosa fa? Scende in piazza e dice ai tassisti, con voce candida: “Noi ovviamente siamo con voi”.
Il Parlamento è assediato da due corporazioni che brandiscono le loro licenze come tavole della legge. C’è gente che urla davanti a Palazzo Madama “Senatori papponi!”. Energumeni di Forza Nuova che vanno verso la sede del Pd per menare le mani, scontrandosi con la polizia. Feriti al pronto soccorso.
E Beppe Grillo cosa dice? “I tassisti hanno pienamente ragione”.
Mai s’era visto il sindaco di una capitale che, al settimo giorno di una protesta selvaggia organizzata da chi proprio dal Comune ha avuto una licenza, invece di difendere la vecchietta che non sa più come andare in ospedale o il viaggiatore che – sbarcato ignaro a mezzanotte a Fiumicino – scopre che raggiungere l’albergo diventerà un incubo indimenticabile, si schiera dalla parte dello sciopero selvaggio, e lo motiva pure con singolari teorie politiche, “Basta con le riforme calate dall’alto”, come se si fosse mai vista una riforma salita dal basso.
Eppure è successo.
Da Virginia Raggi, i romani si aspettavano un gesto, una mossa, una decisione che riuscisse – o almeno provasse – a riportare un po’ di normalità nella città di cui è la massima autorità .
Si aspettavano che ricordasse ai tassisti che insieme ai diritti quella licenza che hanno in tasca prevede anche dei doveri.
Che non si può lasciare per sette giorni una città con tre milioni di abitanti (e tre sole linee di metropolitana) senza neanche un taxi. Che c’è un solco profondo, tra una protesta civile e un ricatto alle istituzioni sulla pelle dei cittadini.
Macchè. Ancora una volta, la pupilla di Grillo ha dimostrato di non aver compreso cosa significa essere la sindaca di Roma, e pensa davvero che non ci sia nulla di male a schierarsi con chi paralizza una città , organizza blocchi stradali e assedia il Parlamento, tra saluti romani e bandiere nere, mandando in frantumi le finestre dei palazzi del Settecento e affrontando la polizia con i tirapugni (e magari pensa che basti a fine serata un comunicato per condannare la violenza: ci mancava solo che la approvasse).
Stupisce meno, lo sconsiderato imprimatur della sindaca allo sciopero selvaggio, se si leggono le dichiarazioni di Beppe Grillo. Che mette il marchio a cinque stelle sulla tigre della protesta: hanno “pienamente ragione”, dice, i tassisti che si difendono dall’assalto della maligna Uber.
Lui che prima di scoprire la politica esaltava la web economy che avrebbe reso tutti noi più liberi e meno poveri, e dipingendo Telecom come “gli strozzini della voce” ci raccontava che grazie al web “oggi si può finalmente telefonare in Australia, con Skype, a 1,7 centesimi al minuto, ma vi rendete conto?”.
Ma se andava bene, anzi benissimo, la web economy di Skype che demoliva la rendita di posizione di Telecom, perchè oggi il diavolo è passato dall’altra parte, ed è diventato Uber che usa il web per fare concorrenza al monopolio dei taxi?
La verità è che la bussola di Grillo – e dunque di Raggi, che da lui solo dipende e che a lui solo risponde – è ormai il populismo.
Ovunque ci sia una tigre da cavalcare, i cinquestelle sono pronti a saltarle in groppa. L’ha dimostrato il proconsole pentastellato Luigi Di Maio, lanciando i bancarellari di Roma (il regno della famiglia Tredicine) contro il Parlamento che voleva mettere fine alle licenze assegnate senza gara.
L’ha confermato Alessandro Di Battista, che prima ha aizzato gli ambulanti contro i giornalisti e poi non ha battuto ciglio quando la folla ha cominciato a gridare “Ammazziamoli, questi maledetti bastardi!”.
E anche la virata della giunta di Roma sulla faccenda dello stadio si spiega con la scoperta che il popolo – in questo caso la tifoseria romanista – s’era stufato del tira e molla sul nuovo campo dei giallorossi.
Tassisti, ambulanti e tifosi sono dunque le tigri che Grillo e Raggi vogliono cavalcare, la plebe di cui vogliono essere i tribuni. Lanciandole contro il Palazzo.
Fingendo che non ci siano ormai anche loro, là dentro.
Sebastiano Messina
(da “La Repubblica”)
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