TRIA RESTA AL SUO POSTO, MA CI SARANNO LE SUE DIMISSIONI DOPO L’APPROVAZIONE DELLA MANOVRA
I PUTINIANI VOGLIONO FARE LA GUERRA ALL’EUROPA, IL MINISTRO DIMEZZATO RESTA SOLO PER PROVARE A LIMITARE I DANNI, POI LI LASCERA’ AL LORO DESTINO
Perchè ogni argine è caduto. E la crisi italiana, come in un drammatico gioco dell’oca, sembra essere tornata al punto di partenza. Quando, avvalendosi delle sue prerogative, il capo dello Stato si rifiutò di nominare Paolo Savona all’Economia, perchè quella scelta avrebbe incarnato la realizzazione del “piano B” di uscita dall’euro.
Terreno che, chissà se è un caso, si ripropone proprio oggi nelle parole che proprio Savona consegna a Daniele Lazzeri, il direttore del think tank e rivistaIl nodo di Gordioe riportate, per primi, da Dagospia: “Abbiamo lanciato il guanto di sfida alla vecchia Europa, ora dobbiamo vincere la guerra, perchè guerra sarà “.
Il deficit, lo spread, la linea di conflitto con l’Europa dall’esito imprevedibile.
È questa preoccupazione che, al Quirinale, ha accompagnato il venerdì nero sui mercati, con lo spread che si è impennato a quota 280 e il crollo delle borse.
E la scelta del silenzio è un ulteriore indicatore della delicatezza del momento, perchè, non potendo spendere parole rassicuranti sui conti pubblici, ogni sillaba rischia di allarmare ancora di più mercati e partner europei.
La verità è che ogni argine è caduto. E se, qualche mese fa, “il piano B”, al momento della formazione del governo, è stato contenuto grazie all’inserimento nella compagine di Tria e Moavero, è proprio la sconfitta bruciante subita dal Tesoro a suscitare inquietanti interrogativi su quel che potrà succedere.
Perchè, sin da quando lunedì si presenterà all’Eurogruppo, il ministro avrà un evidente problema di credibilità , proprio di chi aveva garantito una irrinunciabile linea del Piave sui conti e si presenta invece come Cadorna a Caporetto.
È stato davvero un compleanno amaro per Tria, chiuso a via XX settembre al lavoro. Fonti ufficiali ripetono che la parola “dimissioni” non è all’ordine del giorno, come non lo è mai stata in questi giorni, proprio perchè avrebbero un effetto di moltiplicatore della crisi. E la tutela dell’interesse nazionale impone che, anche dopo una umiliazione, si pensi prima a ciò che è meglio per il paese.
Però chi al Tesoro è di casa racconta che l’uomo è provato, ed è il primo a avere la consapevolezza di essere un ministro dimezzato.
In tutti i paesi europei il titolare dell’Economia ha un suo peso, una sua autorevolezza, una certa autonomia di manovra, che consente di influenzare il governo di cui fa parte. In Italia, di fatto, non c’è più. Ed è provata, stordita la struttura, proprio quei tecnici bombardati come frenatori del cambiamento.
Questo il clima a via XX settembre. E l’uscita di scena del mite professore è argomento di discussione nelle stanze del governo, perchè è complicato che possa difendere una linea che ritiene dannosa per il paese.
È tutt’altro che lunare l’ipotesi che il momento possa essere quando giungerà al termine il complesso iter della finanziaria, durante il quale, come si dice in gergo, proverà a ridurre i danni.
Quando saranno compiuti, con la necessità di procedere a una ricapitalizzazione delle banche e arriverà il downgrading, allora probabilmente a gestirlo ci sarà un altro ministro.
Gli argini sono caduti, perchè il Tesoro è un fortino espugnato, a palazzo Chigi c’è il notaio degli accordi tra Salvini e Di Maio, e i leader di maggioranza, per ora, danzano sullo spread. Questa la fotografia della situazione.
Ufficialmente la Commissione europea eviterà di dare giudizi prima di ricevere la manovra, che sarà spedita a Bruxelles il 15 ottobre. E in tal senso la permanenza di Tria rappresenta l’auspicio che ci possa essere qualche aggiustamento tra i paletti europei e le cifre italiane.
È evidente anche nelle parole di Moscovici la volontà di non alimentare la campagna populista contro l’Europa matrigna pronta a bacchettare le volontà dei governi.
Ma il problema sono i mercati. Nè le dichiarazioni di oggi hanno aiutato a rasserenarli. Nè le previsioni per lunedì, quando riapriranno, sono meno fosche.
(da “Huffingtonpost”)
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