VISCO: L’ECONOMIA CRIMINALE VALE 150 MILIARDI
PERSI 16 MILIARDI DI INVESTIMENTI ESTERI IN SEI ANNI… I FLUSSI FINANZIARI VERSO I PARADISI FISCALI SONO DEL 36% SUPERIORI RISPETTO A QUELLI VERSO I PAESI NORMALI
Peso dell’economia illegale, flussi di denaro verso i paradisi fiscali, fuga degli investimenti esteri a causa della percezione di un alto tasso di criminalità .
Il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ha fotografato i ritardi che vive l’Italia a causa della pesante infiltrazione della criminalità nel tessuto economico in audizione alla Commissione Antimafia.
Visco è partito dal quantificare il peso dell’economia criminale.
Pur ricordando che la stima è assai complessa, ha passato in rassegna le stime fornite da vari osservatori sul suo valore.
Quella più preoccupante viene dagli studi che si basano sulla quantità di moneta in circolazione, “che suggeriscono che l’economia illegale in Italia nel quadriennio 2005-2008 potrebbe pesare per oltre il 10 per cento del Pil”, vale a dire una cifra superiore ai 150 miliardi di euro.
L’Istat, parlando di economia “illegale” (stupefacenti, prostituzione, alcol e tabacchi di contrabbando), pone il suo valore nel 2011 allo 0,9 per cento del Pil; ancora, Transcrime (che considera droga, armi, tabacco, contraffazione, gioco e frodi fiscali) parla di un valore di questi mercati da 110 miliardi in Europa, 16 in Italia.
Al di là del peso in sè, che sfugge alle maglie del Fisco e dei processi economici ‘normali’, la presenza di una strutturata economia criminale ha anche un forte potere deterrente verso gli investimenti esteri.
Visco, sul punto, usa i dati del Doing Business e stima che “se le istituzioni italiane fossero state qualitativamente simili a quelle dell’area dell’euro, tra il 2006 e il 2012 i flussi di investimento esteri in Italia sarebbero risultati superiori del 15 per cento — quasi 16 miliardi di euro — agli investimenti diretti effettivamente attratti nel periodo”.
Gli esempi portati sono sconcertanti, anche perchè legati ad eventi traumatici della storia del Paese.
Nel testo dell’audizione si legge di un confronto tra “quanto accaduto in Friuli Venezia Giulia e in Irpinia dopo i terremoti del 1976 e 1980, in seguito all’afflusso di fondi pubblici: nel corso dei trent’anni successivi, in Friuli Venezia Giulia, dove la criminalità organizzata non era presente, la crescita del Pil pro capite è stata superiore di circa 20 punti percentuali a quella osservata in una regione controfattuale, mentre in Irpinia, dove la criminalità organizzata era fortemente radicata, la crescita del Pil pro capite è stata inferiore di circa 12 punti percentuali rispetto a quella della regione di controllo”.
Tra le contromisure messe in campo da Bankitalia per monitorare e fermare questi fenomeni, c’è il ruolo della Uif, l’Unità di informazione finanziaria.
Proprio dalle sue analisi emerge un ulteriore dato sconcertante.
“I risultati”, spiega Visco, “mostrano che, a parità di altre condizioni, i flussi” finanziari “indirizzati verso i cosiddetti ‘paradisi fiscali’ sono di circa il 36 per cento più elevati di quelli verso gli altri paesi esteri”.
Un dato che traccia quanto siano consistenti i flussi di capitali verso lidi al riparo dal Fisco piuttosto che gli altri Paesi.
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