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BERLUSCONI SU SALVINI E MELONI: “SE SENTONO ODORE DI MINISTERI, ABBASSERANNO LA CRESTA”

Marzo 23rd, 2017 Riccardo Fucile

LA TELA DI BERLUSCONI PER TORNARE AL GOVERNO: O CON LA DESTRA O CON IL PD… SE SALVINI TIRA LA CORDA SILVIO GIOCA LA CARTA DI ALLEARSI CON BOSSI E LA LEGA IMPLODE

In Forza Italia la chiamano la «strategia win-win». Con o senza il centrodestra Berlusconi vuole sedersi al tavolo della futura maggioranza che uscirà  dalle elezioni politiche.
Ancora non c’è una data del voto, molto probabilmente si arriverà  alla scadenza naturale del 2018. E non si sa nemmeno con quale legge elettorale gli italiani andranno alle urne. Tuttavia il Cavaliere è convinto che, comunque andrà , sarà  un successo. Per lui, ovviamente. E non esclude di poter partecipare alle larghe intese con il Pd.
Ma in prima battuta il Cavaliere tenterà  di rimettere in piedi il centrodestra che i vari sondaggi danno attorno al 30%, convinto che alla fine Salvini e Meloni limiteranno le loro pretese sovraniste e di leadership. «Se sentono odore di vittoria e di ministeri abbasseranno la cresta», ha detto l’ex premier nelle ultime riunioni riservate.
Se poi il leader del Carroccio dovesse «fare i capricci», insistere con la sua «fissazione di candidato premier» con un programma che prevede l’uscita dall’euro, allora dovrà  fare i conti con un bel pezzo del suo partito.
In caso di rottura non è escluso che Berlusconi chieda al suo amico Bossi di presentare una lista leghista alleata a Fi.
Ma il vero problema per Salvini sarebbe Maroni che il prossimo anno, sempre nel fatidico 2018, si ricandiderà  alla presidenza della Lombardia. E per essere rieletto avrà  bisogno dei voti dei berlusconiani.
Questi i ragionamenti che si fanno ad Arcore, «Matteo stia in campana e non scherzi troppo a fare il Trump italiano».
Berlusconi è comunque consapevole che il centrodestra, ammesso che si presenti unito come una coalizione, non riuscirà  a raggiungere il 40% necessario a conquistare quel premio di maggioranza che consente di governare senza altri alleati.
Quindi immagina l’altro forno, quello del Pd che a sua volta non avrà  i numeri tornare a Palazzo Chigi a causa di un sistema proporzionale.
«Faremo di tutto per evitare che al governo vadano i 5 Stelle: sarebbe una catastrofe per l’economia italiana», avverte Berlusconi. Insomma, in un modo o nell’altro il Cavaliere si considera vincente. Ma Salvini e Meloni non voglio recitare la parte degli utili idioti di questa «strategia win-win».
La leader di Fratelli d’Italia infatti pone una serie di condizioni per l’alleanza: una di queste è la «clausola anti-inciucio». Il Cavaliere la firmerà ?
Poi c’è l’altro «elemento dirimente» posto da Meloni, cioè la collocazione europea: «o con l’establishment o con il popolo». E il termine «dirimente» lo usa anche Salvini quanto ai rapporti con la Cancelliera tedesca: «Non si può essere alleati della Merkel in Europa e con Salvini in Italia. Ho tanti difetti, ma sono coerente, spero che altri facciano lo stesso».
Vedremo chi sarà  più coerente.
Intanto sono questi i problemi che stanno impedendo l’incontro tra i tre protagonisti del centrodestra. Ci sono stati telefonate tra Berlusconi e Salvini in questi ultimi giorni, ma il faccia a faccia è rinviato, deve essere preparato per bene.
«Ci vuole un metodo e un merito, altrimenti sono incontri inutili», dicono i pontieri che stanno faticando molto. Sembra però difficile che il rendez-vous ci sia nei prossimi giorni.
Il motivo è semplice. Meloni sabato ha programmato a Roma un convegno anti-Europa mentre al Campidoglio si celebrano i 60 anni dei Trattati europei.
Nello stesso giorno Salvini sarà  a Lampedusa, per sottolineare il «fallimento» di Bruxelles nel contrastare il fenomeno dell’immigrazione.
Il 29 marzo Berlusconi sarà  invece al congresso del Ppe, a Malta, accanto alla Merkel e al suo Tajani eletto presidente del Parlamento europeo con i voti dei popolari e grande fan di Angela .

Amedeo La Mattina
(da “La Stampa”)

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CHI HA RUBATO IL M5S AI DISSIDENTI DI GENOVA?

Marzo 23rd, 2017 Riccardo Fucile

IL PASTICCIO DI GENOVA DA’ FORZA AI DISSIDENTI CHE HANNO UN PIANO B… E SPUNTA LA FOTO COMPROMETTENTE DELLA SALVATORE CON PIZZAROTTI, MENTRE C’E’ CHI LE RINFACCIA DI NON TAGLIARSI LO STIPENDIO DI CONSIGLIERA REGIONALE

Beppe Grillo ha imposto la dura legge del Blog sui 5 Stelle genovesi dopo l’esito sgradito delle votazioni online per la scelta del candidato sindaco del MoVimento a Genova.
Dalle comunarie, svoltesi con il “Metodo Genova” che prevedeva una serie di votazioni e graticole prima di arrivare al voto finale, era uscita vincitrice Marika Cassimatis. Ma il voto è stato annullato e così le seconde “grillarie” (come le chiamava qualche giorno fa Marco Travaglio sul Fatto) estese tra l’altro a tutti gli iscritti pentastellati e non solo ai genovesi hanno deciso che il candidato sindaco sarà  Luca Pirondini, lo sconfitto del primo ballottaggio.
Alcuni dissidenti hanno tirato fuori la foto di Alice Salvatore con Federico Pizzarotti durante una festa del M5S a Lerici nel 2014
Tra i motivi che hanno portato Beppe a chiedere ai suoi di “fidarsi di lui” (per la gioia della senatrice Elena Fattori, più realista del re) e ad annullare il risultato delle votazioni ci sono voci che danno la Cassimatis vicina a dissidenti ed eretici; fuoriusciti del MoVimento ligure che in questi mesi si sarebbero avvicinati alla candidata sindaca e si sarebbero infiltrati per ribaltare l’esito di un voto che alla vigilia appariva scontato dal momento che Pirondini era il favorito della consigliera regionale Alice Salvatore (e di conseguenza di Beppe Grillo).
Luigi Di Maio, sul quale a dirla tutta dovrebbe pesare gran parte della responsabilità  dell’accaduto visto che quando esisteva il Direttorio era il responsabile per gli enti locali e per il territorio (i meetup invece sono affidati a Roberto Fico), ha spiegato che “il nostro sistema è aperto ma dobbiamo proteggerlo dagli approfittatori”.
La Salvatore invece ha spiegato che non è stata estromessa la candidata nè sono state annullate le votazioni (davvero?) ma il problema era nella lista della Cassimatis al cui interno c’erano troppi “non idonei”.
È andata davvero così?
I comuni mortali sanno solo che dei 700 votanti che hanno partecipato alla votazione online 362 hanno votato per la Cassimatis e 338 per Pirondini. Grillo — che ne avrebbe la possibilità  — non ha parlato di chi ha votato chi e fornito prove circa la distribuzione dei voti quindi non è possibile dire con certezza (come invece fanno Pirondini e i suoi dal momento dell’annuncio dei risultati) che quei 24 voti di scarto sono tutti o in parte attribuibili ai dissidenti.
Certo, i dissidenti potrebbero essere anche di più, ma questo significherebbe che la linea ufficiale del partito è stata messa — democraticamente, elettronicamente — in minoranza.
Il punto è che all’interno del MoVimento genovese i dissidenti — che in realtà  sono persone che fanno ancora parte a pieno titolo del MoVimento — non sono una pattuglia organizzata e compatta.
C’è chi è nostalgico della guida di Gianroberto Casaleggio e c’è chi invece semplicemente lotta per un M5S che sia più movimentista e dove gli attivisti e la base possano tornare ad avere quel ruolo fondamentale che hanno avuto dal 2008 ad oggi.
I dissidenti insomma non sono fuoriusciti e se hanno votato è perchè è stato loro consentito, e se è stato loro consentito significa che quello che hanno detto, scritto o fatto non è in contrasto con il regolamento del partito altrimenti sarebbero stati espulsi.
Ma quanti sono numericamente e sono davvero in grado di condizionare una votazione?
Fermo restando che gli attivisti che partecipano regolarmente a riunioni e assemblee sono poco più di un centinaio (quindi una minoranza rispetto ai 700 votanti) i cosiddetti dissidenti sono ancora meno, poco più di una decina pare.
Non abbastanza per far vincere — da soli — la Cassimatis.
Pare quindi che Grillo abbia agito non in base ai dati ma proprio perchè alcuni esponenti importanti del MoVimento genovese non gradivano la Cassimatis.
Del resto la candidata, prima di arrivare al ballottaggio, è passata attraverso un il complicato procedimento del “Metodo Genova” che prevedeva che i candidati sindaci venissero scelti dai candidati consiglieri e successivamente sottoposti alle “graticole” prima di poter accedere al ballottaggio.
Possibile che nessuno, durante questo laborioso e sofisticato processo anti-truffa e anti-infiltrati si sia accorto che la Cassimatis era “una spia” al soldo di pizzarottiani e altri dissidenti? Sembra davvero difficile.
Del resto dov’era il Garante del MoVimento quando succedeva tutto questo?
Forse era impegnato a sbrogliare le grane di Roma, non si può negare che Grillo ha avuto tutto il tempo per bloccare la candidatura della Cassimatis per tempo, prima che si arrivasse al voto online, eppure non l’ha fatto.
C’è chi sostiene che in realtà  il voto elettronico questa volta “sia sfuggito di mano” agli uomini della Casaleggio che non si sarebbero accorti di quanto stava accadendo e che il favorito sta perdendo. Certo, ci vorrebbe un ente certificatore del voto elettronico che lo verificasse in maniera indipendente.
In mancanza di certezze c’è spazio per retroscena e retroscenismi, c’è chi sostiene che la Cassimatis sia stata in realtà  “punita” per aver sottoscritto nel 2015 una lettera (firmata all’epoca da una trentina di attivisti) nella quale si criticava l’atteggiamento della Salvatore rispetto alla promessa — non mantenuta — di ridursi lo stipendio da consigliere regionale.
Un altro appunto fatto alla Salvatore era la nomina (avvenuta nel 2015) di Enrico Maria Nadasi, commercialista di Grillo e uno dei tre soci dell’Associazione Movimento 5 Stelle che di fatto controlla il partito, nel Cda di Filse, la società  partecipata della Regione Liguria per l’attuazione della politica regionale in campo economico e sociale (ovvero la finanziaria della Regione Liguria).
Radio l’Onta, la voce della dissidenza
Ma dove stanno questi dissidenti che hanno “fatto vincere” la Cassimatis?
L’abbiamo chiesto direttamente a uno di questi non molto misteriosi dissidenti, quale ci ha spiegato che un buon punto di partenza per scoprirlo è la pagina Facebook di Radio l’Onta dove vengono pubblicati comunicati “in codice” rivolti ai “resistenti espulsi o autosospesisi dal MoVimento.
Radio l’Onta dice infatti di essere “un sevizio di coordinamento e informazione riservato ai Resistenti espulsi o autosospesisi dal MoVimento 5 Stelle ligure ed ai loro fiancheggiatori.
Ad intervalli regolari verranno trasmessi comunicati in codice il cui significato apparirà  chiaro solo ai Resistenti. È bene che i messaggi abbiano massima diffusione anche se non compresi“. Uno degli ultimi messaggi pubblicati da Radio l’Onta è emblematico:
— Il Cantante non ha voce
— A Sant’Ilario hanno la roba buona
— La Gita a Roma non è stata una passeggiata
— Certe cose sono destinate a “frinire”
Il Cantante ovviamente è Pirottini e Sant’Ilario è dove Grillo ha la residenza. Ma cosa significa che la gita a Roma non è stata una passeggiata?
A quanto pare Grillo è andato a Roma per mettere in riga alcuni parlamentari, soprattutto Alessandro Di Battista che avrebbe detto “sono stanco di metterci la faccia”, un’esternazione prontamente raccolta da Annalisa Cuzzocrea e poi smentita — pare — proprio dopo la gita a Roma del Garante che avrebbe un bel da fare a tener buoni Di Maio, Di Battista e Fico che con la testa sono già  alle prossime elezioni politiche.
Nei giorni scorsi dissidenti delusi del M5S su Radio l’Onta hanno parlato di mercato delle vacche, di tradimenti e di mancanza di fiducia nella leadership e del Garante. Tutte cose che più o meno si leggono sulle bacheche degli (ex) pentastellati genovesi e che aggiungono poco al quadro generale se non la conferma che la decisione di sbarazzarsi sia soprattutto dettato da logiche di spartizione interne che poco hanno a che vedere con i reali “crimini” della Cassimatis nei confronti del MoVimento.
Anche se Putti ha detto di voler accogliere a braccia aperte la Cassimatis (che nel frattempo annuncia una battaglia legale nei confronti del M5S) il lavoro dei fuoriusciti dal MoVimento si concentra sul progetto Effetto Genova.
La frantumazione del MoVimento continua e più a lungo Grillo continuerà  con questa linea maggiori saranno le defezioni e minori le possibilità  di contare qualcosa nella politica genovese.
Radio l’Onta intanto ha già  iniziato a “fare scuola” ed è comparsa da poco una pagina leccese delle gole profonde del M5S dedita a sbugiardare i comportamenti scorretti dei portavoce.
Ma cosa vogliono i dissidenti genovesi?
In due parole: più democrazia. Che è esattamente quello che chiedono molti degli attivisti che sono stati espulsi in questi anni. I dissidenti non sono vicini — o meglio non sono così interessati — ad Effetto Genova il movimento fondato da Paolo Putti con Emanuela Burlando, Mauro Muscarà  e Stefano De Pietro ovvero tre dei quattro consiglieri comunali del M5S che hanno lasciato il MoVimento.
Se Effetto Genova guarda a Federico Pizzarotti e ad Effetto Parma i dissidenti genovesi non hanno alcuna intenzione di lasciare il M5S. La loro è una lotta dall’interno per chiedere in buona sostanza che il MoVimento torni alle origini.
Ma a quanto pare Grillo non sa che farsene di loro perchè non è con gli attivisti che si va al Governo del Paese.
Se domani Pirondini e la Salvatore decidessero che anche i cosiddetti dissidenti possono essere coinvolti nella stesura del programma molti di loro probabilmente tornerebbero all’ovile.
Perchè a creare i dissidenti non è stata la loro voglia di spaccare il MoVimento per vedere l’effetto che fa ma il metodo adottato dai vertici pentastellati per controllare il partito annullando i principi fondativi dell’uno vale uno e della democrazia diretta. Due precetti che non sono però mai stati applicati ma che per i dissidenti che continuano a vivere l’illusione del 5 Stelle sono fondamentali e vitali.
Chi sono i responsabili? In molti puntano il dito contro i “veri padroni del M5S” ovvero il triumvirato composto da Massimo Bugani, David Borrelli e Davide Casaleggio alla guida dell’Associazione Rousseau.
Ce la faranno i custodi della rivoluzione a 5 Stelle a non farsi epurare dalla nuova classe dirigente che hanno contribuito a creare?

(da “NextQuotidiano”)

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L’ASILO NIDO PUBBLICO CHE NON APRE E IL PRESIDENTE GRILLINO CHE CASUALMENTE E’ PROPRIETARIO DI ASILO PRIVATO IN CONVENZIONE POCO DISTANTE

Marzo 23rd, 2017 Riccardo Fucile

AL MUNICIPIO XII DI ROMA VA IN ONDA UN SINGOLARE CONFLITTO DI INTERESSI: TIPICO CASO IN CUI I GRILLINI GRIDEREBBERO ALLO SCANDALO (SE NON RIGUARDASSE LORO)

Elena Panarella sul Messaggero di oggi racconta la storia del nido di via Francesco Aquilanti, costato 1,2 milioni di euro e frutto di un accordo tra il Comune e il consorzio Solari: il cantiere è concluso e la scuola è pronta, ci sono banchi e sedie e cucina e palestra, e può ospitare una sessantina di bambini.
Ma resta ancora chiuso:
I residenti sono sul piede di guerra: «Cosa aspettano che qualcuno entri e porti via le cose o distrugga l’edificio? Bisogna ridurre le liste d’attesa ed agevolare le politiche per le famiglie, non complicarle». E così la lista dei nidi e delle scuole fantasma si allunga. Succede sempre più spesso, e succede in periferia dove le liste d’attesa sono così lunghe da portare le famiglie all’esasperazione. «E alla fine andiamo ci rivolgiamo direttamente alle strutture private».
Ma in questo caso c’è qualcosa in più.
Durante un servizio televisivo (di qualche settimana fa) il presidente del consiglio del XII Municipio, Massimo Di Camillo, precisava: «Nella zona abbiamo un altro asilo che attualmente non è occupato. Questo fa venire dei dubbi su facoltà  o legittimità  di aprire un nuovo asilo. Aspettiamo il nuovo bando e vediamo quante richieste ci saranno».
Fin qui sembra una classica storia romana, ma poi arriva il colpo di scena.
Ma la faccenda si complica, come si legge sulla situazione patrimoniale (in ottemperanza dell’art. 14 d.lgs 33/2013) del presidente Di Camillo, dove dichiara lui stesso di essere l’amministratore della RO.MA.Srl edi detenere il 50% delle quote della stessa società .
E cioè per dirla in parole povere una società  titolare di un asilo nido privato in convezione a poca distanza da quello comunale di via Aquilanti.
Due strutture vicine con la competenza di due municipi.
Più precisamente osservando la visura storica della società , si chiarisce che Di Camillo detiene a tutt’oggi ancora il 50% delle quote, ma dal 3 ottobre 2016 non è più l’amministratore di questa società .
Il fatto è estremamente grave, tutto il M5S sapeva, ma in 7 mesi nessuno ha speso una parola per fare chiarezza.
Tipico atteggiamento della kasta…

(da “NextQuotidiano“)

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SULLA PAGINA DEL M5S INSULTI ALLA BOLDRINI, TANTO PER NON PERDERE L’ABITUDINE

Marzo 23rd, 2017 Riccardo Fucile

DOPO LA SCENEGGIATA DI IERI SUI VITALIZI, COMPAIONO ANCHE MINACCE… MAGARI TRA QUALCHE ANNO MINNITI TROVERA’ IL TEMPO PER DENUNCIARNE GLI AUTORI

Sulla pagina Facebook del MoVimento 5 Stelle c’è un post   in cui si nomina la presidente della Camera Laura Boldrini in relazione alla sceneggiata del M5S sui vitalizi di ieri.
La presidente Laura Boldrini anzichè chiedere scusa in ginocchio per questo ennesimo sorpruso, dopo il salvataggio di Lotti e Minzolini, ha fatto un comunicato usando la neolingua dei partiti dove la verità  è menzogna e la menzogna è verità 
A corredo dell’articolo e insieme a commenti di critica politica ci sono una serie di insulti sessisti e razzisti nei confronti della presidente della Camera.
Con punte di “poesia” e minacce di attentati e   non poteva mancare quella che minaccia di omicidio e stupro
Altri insulti sono stati pubblicati dala deputata Pd Giuditta Pini su Facebook: “Sono commenti violenti- sottolinea- che inneggiano all’attentato di Londra, che insultano la Boldrini, i ‘politici’ e la grammatica italiana, ecco a voi uno scorcio al movimento di centro argine del populismo”.
Tra questi, Diego scrive: “Prossimo obiettivo dei terroristi: parlamento! (Mammagari)”. Simona: “Magari prima o poi vi uccideremo tutti e strupreremo anche le vostre anime…”.
Molti gli insulti alla presidente della Camera. Giacomo: “Io voglio e pretendo che a questa emerita depravata della Boldrini…” e prosegue con altre ‘gentilezze’. Francesco: “La Boldrini la porterei in un centro immigrati, cosi’ la ringraziano loro”. Eagle Cla non ci va leggero: “Questa lurida p…va eliminata fisicamente insieme a tutti gli altri ladri e bastardi”.
Ovviamente Minniti ha altro da fare che pensare a disporre di idetificare e denuciare gli autori di un reato penale.

(da NextQuotidiano”)

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LA STORIA DELLA FOTO DELLA DONNA CON IL VELO E DELL’ATTENTATO DI LONDRA

Marzo 23rd, 2017 Riccardo Fucile

PER I CAZZARI RAZZISTI DEL WEB E’ UNA PERICOLOSA TERRORISTA… LA PROVA? INDOSSA IL VELO, QUINDI E’ MUSULMANA

Una donna cammina con fare indifferente tra i feriti dell’attentato di mercoledì 22 marzo sul Westminster Bridge a Londra.
La donna indossa un hijab, il velo islamico, e per questo motivo è diventata “il simbolo” dell’indifferenza dei comuni cittadini di fede musulmana nei confronti degli attacchi terroristici perpetrati dai loro correligionari.
La tesi di chi diffonde questa immagine è semplice: tutti i musulmani sono da considerarsi egualmente responsabili degli attacchi terroristici. Niente di nuovo, è il solito discorso di chi vuole cacciare fuori tutti gli stranieri e dichiarare guerra all’Islam.
Quella donna non è una terrorista, chi strumentalizza la foto invece è un razzista
Queste persone, che solitamente passano il loro tempo a lamentarsi che “nei loro paesi” non si possono costruire chiese e che non sanno distinguere il Marocco dall’Arabia Saudita, vorrebbero spiegarci con un’immagine che non possiamo più convivere con i musulmani perchè tutti loro — in fondo — ci odiano.
Sono persone che quando veniva spiegato che la responsabilità  penale è individuale e non collettiva evidentemente erano assenti oppure stavano ascoltando un comizio di Matteo Salvini.
Non importa che l’attuale sindaco di Londra sia di religione musulmana (sunnita per di più) perchè quello che conta è quell’unica singola immagine.
Non è solo una questione di estrapolare la foto dal suo contesto, quella donna si sta allontanando dal luogo di un attentato, o di cercare di giustificar in qualche modo quello che sta facendo: non sappiamo cosa stesse facendo, cosa abbia fatto prima e cosa abbia fatto dopo.
Mentre si allontanava qualcun altro stava girando un video col cellulare, non sappiamo però se fosse bianco o nero, cristiano o musulmano.
Se pensate che la discussione razzista e xenofoba sulla donna con il velo sia appannaggio dei soliti siti che rimestano nella fogna dell’Internet vi sbagliate.
Ci sono fior fiore di autorevoli psichiatri da salotto televisivo — un Alessandro Meluzzi a caso hanno usato la stessa immagine, diventata meme, per spiegarci che la nostra società  così non può funzionare, che è troppo aperta e che dobbiamo riflettere su quanto sta succedendo all’Occidente ormai preda dell’invasione islamica.
Aveva ragione Oriana Fallaci, gli fanno eco in molti sul suo profilo Twitter dove in queste ore si stanno radunando le variopinte armate dei crociati pronti a difendere l’Europa.
Poi saltano fuori foto di altri passanti che invece che precipitarsi a soccorrere i feriti o assistere alle operazioni di soccorso se ne vanno per strada più o meno “tranquillamente”.
Niente da dire contro di loro? Nemmeno un tweet sull’indifferenza dell’europeo contemporaneo assuefatto dalla violenza?
La sociologia d’accatto evidentemente funziona solo in presenza di “prove schiaccianti”.
Come è prevedibile ci sono molte persone “britanniche” che mostrano (perchè non sappiamo nemmeno loro cosa realmente stessero facendo) lo stesso atteggiamento “indifferente” mostrato dalla donna velata.
Di loro però non si parla e il motivo è semplice: non sono musulmane in apparenza. Non sappiamo nemmeno se tra i soccorritori — passanti che si sono fermati a prestare aiuto o medici e paramedici — ci sono musulmani. Eppure anche tra di loro potrebbero essercene.
C’è persino chi sul web utilizza l’immagine per dire no allo Ius Soli, anche se l’immagine è stata scattata a Londra e non in Italia, anche se lo Ius Soli britannico è una versione molto temperata dello Ius Soli e soprattutto senza sapere se la donna è una cittadina britannica o meno.
Come è facile capire sono più le cose che non sappiamo di quelle che sappiamo a proposito della donna di quella foto (che magari tra qualche giorno dovrà  anche rilasciare una dichiarazione).
Quella foto però ci aiuta a sapere molto su chi la condivide e la strumentalizza, ad esempio che sono dei razzisti.

(da “NextQuotidiano”)

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RAZZISTA, SPACCIATORE E COCAINOMANE, “L’HA MASSACRATO FINO A SPACCARSI LE MANI”

Marzo 23rd, 2017 Riccardo Fucile

L’AGGRESSORE DEL POVERO RAGAZZO NIGERIANO IN FIN DI VITA… I TESTIMONI: “UN RAGAZZO D’ORO”… CONTINUA IL SILENZIO DEI CATTIVI MAESTRI

Lo ha picchiato fino a fracassarsi le mani, senza pietà . Non si è mai fermato, con ferocia. Fino a lasciarlo esanime sull’asfalto. Senza una ragione apparente, senza alcun motivo evidente se non quello del colore della pelle.
“Negro di merda”, gli urlava in faccia mentre colpiva ora con un coltello a serramanico, ora con calci e pugni.
Emmanuel Nnumani, 25 anni, nigeriano, ora è attaccato alle macchine del reparto di rianimazione dell’ospedale Infermi di Rimini. E’ in prognosi riservata, i medici dicono in condizioni gravissime.
Valerio Amato, il trentenne che lo ha ridotto in fin di vita è invece agli arresti con l’accusa di tentato omicidio pluriaggravato da “futili motivi e odio raziale”.
Contro questo odio, già  nel pomeriggio, è scesa in piazza la città  romagnola: un presidio antirazzista in centro, organizzata da Casa Madiba network, alla quale hanno partecipato molti migranti che ora risiedono o sono ospiti nel riminese.
Secondo il pm Davide Ercolani, titolare del fascicolo, “non c’è altra spiegazione evidente al momento”, e “il fatto che continuasse ad inveire contro di lui in certi termini ci dice che quello xenofobo potrebbe essere il movente”.
Emmanuel in viale Trieste lo conoscevano praticamente tutti. Un ragazzo mite, arrivato in città  da 3 o 4 mesi al massimo.
In Italia ci era arrivato a bordo di un barcone sbarcato in Sicilia, dopo aver attraversato il deserto, i campi dei mercanti di uomini e aver subito le angherie degli scafisti era stato salvato in mare e portato a Bologna al centro di smistamento.
Da qui era stato destinato a Rimini, con altri rifugiati come lui. In riviera viveva in un piccolo hotel, l’Evelina, gestito da un’associazione.
“Un ragazzo d’oro”, dicono di lui. In hotel ci stava poco, nella sua stanza ci sono ancora le sue cose: qualche indumento, il giaccone pesante gli effetti personali e poco altro. Il resto della giornata lo passava davanti al supermercato.
“Non era uno di quelli invadenti”, raccontano “quasi non chiedeva neppure i soldi, aiutava le persone anziane con le buste della spesa e i carrelli, poi si accontentava di quello che ognuno gli dava”.
Buongiorno o buonasera ad ogni avventore, un augurio che era allo stesso tempo una richiesta di aiuto. “Sorrideva sempre, era cattolico”.
Fino a ieri pomeriggio poco dopo le 18 e 30, quanto l’auto di Amato, sulla quale viaggiava pure il padre, si è piantata all’improvviso di fronte all’ingresso del negozio. L’uomo è sceso e ha iniziato a picchiarlo. Picchiarlo e insultarlo.
Le prime coltellate, molto probabilmente, sono state inferte subito. Poi il padre dell’aggressore è sceso dall’auto ed ha cercato di sedare il figlio.
Un attimo di distrazione bastato a Emmanuel per tentare un specie di fuga verso la spiaggia. Non ha avuto tempo.
Il riminese è montato in macchina e gli è andato addosso ancora schiacciandolo contro un furgone. Poi è sceso, strafatto di cocaina, e ancora botte.
La polizia e il 118 sono stati chiamati da alcuni testimoni oculari. Sono stati loro a dare ai poliziotti il numero di targa della macchina grazie alla quale gli inquirenti sono risaliti a Valerio Amato.
Per lui parla la sua fedina penale: “Minacce, lesioni, maltrattamenti, resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale, spaccio di sostanze stupefacenti e guida sotto l’effetto di sostanze alcooliche”.
Un violento che nessuno a Rimini si sente di giustificare.
Intanto Rimini si è mobilitata a sostegno di Emmanuel. Il prefetto Maurizio Improta gli ha concesso il permesso di soggiorno per motivi umanitari.
Quando, come sperano tutti, si riprenderà  potrà  rinunciare alla procedura di riconoscimento dello status di rifugiato, che al momento è ancora in stato embrionale. E tanti, davvero tanti, si stanno organizzando per far sentire la loro vicinanza al ragazzo buono che stava davanti al supermercato.
Il sindaco Andrea Gnassi è andato in ospedale a parlare con i medici della rianimazione e sincerarsi delle condizioni di Emmanuel. “Questa cose non possono e non devono accadere, Rimini è una città  accogliente, democratica e solidale. Senza se e senza ma”.

(da “La Repubblica“)

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AGGRESSIONE RAZZISTA A RIMINI, QUEL VOMITEVOLE SILENZIO DEI PARTITI DI CENTRODESTRA

Marzo 23rd, 2017 Riccardo Fucile

IL SINDACO: “OGNI VIOLENZA E’ UNA FERITA PER LA COMUNITA’ CHE LA SUBISCE”… TANTE DICHIARAZIONI DI SOLIDARIETA’, MA NESSUNO A DESTRA CONDANNA UN TENTATO OMICIDIO: DALLA DESTRA DELLA LEGALITA’ A FECCIA DELL’UMANITA’

La dichiarazione del sindaco Andrea Gnassi sul ferimento del ragazzo nigeriano:
“Ogni violenza va combattuta, condannata, ed è una ferita per la comunità  che la subisce. Nel caso dell’aggressione al giovane nigeriano, di cui seguiamo costantemente l’evolversi delle condizioni di salute, la violenza è resa ancora più grave per le implicazioni razziste che questa porta con sè.
Un’evidenza davanti alla quale la nostra società  non può e non deve voltare la testa dall’altra parte e che al contrario deve denunciare. Non si possono minimizzare, sminuire, le cause scatenanti di un gesto che oltretutto testimonia come ormai sia facile ricorrere alla violenza per imporsi sul prossimo.
Dobbiamo quindi essere netti nel prendere posizione, ribadendo ancora una volta che a Rimini non accetta e mai accetterà  episodi di violenza e discriminazione.
Eppure, questo è un Paese fregato dalle congiunzioni. Accade un fatto di palese gravità  e ormai non si aspetta neanche che si diradi il coro dell’indignazione che si insinuano i ‘però’ e i ‘ma’. “Grave però…”, “Non deve succedere, ma…”.
Siamo tutti grandi e vaccinati per sapere che le congiunzioni in realtà  sono le mosche cocchiere delle giustificazioni di ogni fatto enorme. E qui dobbiamo fare autocritica e assumerci tutti delle responsabilità .
Se si arriva a questo punto significa che la politica è diventata così debole da non essere più capace di distinguere tra il suo ruolo e la pancia del Paese. Assecondare la seconda è la strada più facile per il consenso, ma non porta a destinazione.
Basterebbe quindi che almeno per una volta si lasciassero da parte le congiunzioni per migliorare un Paese oltre l’orlo di una crisi di nervi. Rimini non è razzista allo stesso modo in cui non lo è l’Italia. A Rimini sono nati esempi mondiali di accoglienza e solidarietà , casi virtuosi che appunto nascono dal basso. Quello che serve però è una presa di responsabilità  collettiva.
La nostra comunità  respinge da sempre il razzismo, la prevaricazione, gli estremismi pericolosi, da qualsiasi parte essi provengano. Senza ‘se’, senza ‘ma’, senza ‘però’.
Lo hanno dimostrato anche tutti quei cittadini che ieri, testimoni dell’aggressione, hanno collaborato con gli investigatori per ricostruire l’accaduto.
Infine, accogliamo con favore l’iniziativa del questore Maurizio Improta, che sta valutando il rilascio di un permesso di soggiorno al giovane per motivi umanitari. Con la speranza che le condizioni del giovane migliorino, il provvedimento di iniziativa del questore consentirebbe di attivare tutta la rete di servizi sociali e di assistenza, consentendogli di avere un recupero meno difficoltoso. L’Amministrazione comunale non lo lascerà  solo”.

(da “Riminitoday“)

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AGGRESSIONE RAZZISTA A RIMINI: LA VITA DEL RAGAZZO NIGERIANO APPESA A UN FILO

Marzo 23rd, 2017 Riccardo Fucile

PRESIDIO IN CENTRO, MENTRE L’INFAME RAZZISTA CON PRECEDENTI PENALI HA PENSATO BENE DI FARSI RICOVERARE A PSICHIATRIA, COSI’ SE LA CAVA AL PROCESSO… “CHI SBRAITA RIMANDIAMOLI A CASA HA RACCOLTO I SUOI FRUTTI”

Continua a lottare tra la vita e la morte il 25enne nigeriano, richiedente asilo, insultato, picchiato e investito ieri sera a Marina Centro da un 30enne romano, residente da anni a Rimini.
E mentre il 25enne si trova in Terapia Intensiva all’ospedale Infermi, con il polmone destro perforato, una frattura scomposta alla gamba destra e ferite al capo, all’emitorace sinistro e al labbro, il 30enne è ricoverato in Psichiatria.
Tra l’altro, l’aggressore ha precedenti per oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale.
Il 25enne è stato preso di mira per il colore della pelle: “Sei uno sporco nero di m… Vattene da qui, tornatene a casa tua” gli ha urlato il 30enne davanti al supermercato A&O di via Trieste, ieri sera intorno alle 19.
Agli insulti è seguita una coltellata. Non contento, il 30enne è salito in auto e ha inseguito il nigeriano per finirlo, finchè non l’ha raggiunto e investito in via Tolmino, in piena Marina centro.
Dopodichè il riminese è fuggito ma è stato rintracciato dalla polizia.
Al giovane è stato sequestrato il coltello ancora sporco di sangue. L’accusa per lui sono di tentato omicidio aggravato da futili motivi e dalla connotazione dell’odio razziale.
L’episodio ha scatenato lo sdegno di tanti, tanto che oggi alle 18 in piazza Cavour è stato organizzato anche un “presidio antirazzista”: “Lo stupore e l’incredulità  di fronte a questo fatto gravissimo e drammatico – sstanno purtroppo a zero. Stanno a zero perchè questo è l’esatto prodotto di quanto denunciamo da tempo: lchi parla di invasioni inesistenti e di chi sbraita ‘Rimandiamoli a casa!’ raccoglie i suoi frutti”.
Ma in Italia gli istigatori all’odio razziale godono di impunità .
E quando commettono un reato si fanno ricoverare a psichiatria, così se la cavano pure al processo.

(da “il Resto del Carlino”)

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“HO ROTTO IL FEMORE A UNA VECCHIETTA PER ALLENARMI”: ARRESTATO IL PRIMARIO DI ORTOPEDIA DEL “PINI” DI MILANO

Marzo 23rd, 2017 Riccardo Fucile

NORBERTO CONFALONIERI ERA “AL SERVIZIO DELLE MULTINAZIONALI DELLE PROTESI, LESIONI AI PAZIENTI”… EVVIVA IL MODELLO LOMBARDIA CHE PIACE TANTO A TOTI E AI LEGHISTI

Il primario ortopedico dell’Ospedale Pini, Norberto Confalonieri, pioniere degli interventi con tecnica computer assistita, è finito agli arresti domiciliari (la procura aveva chiesto il carcere) con le accuse di corruzione e turbativa.
E’ indagato anche per lesioni sui pazienti.
Secondo le indagine del Nucleo di polizia tributaria, il medico avrebbe messo a disposizione delle due società  la propria funzione, sponsorizzando l’acquisto di protesi ortopediche.
In cambio avrebbe ricevuto denaro e inviti a programmi televisivi e a convegni. Ma anche “contratti di consulenza ‘occulti’ e altre utilità  materiali e immateriali, economicamente apprezzabili, estese anche ai suoi familiari”.
Tipo i viaggi all’estero per tutta la famiglia. Le indagini però vanno avanti perchè gli inquirenti vogliono far luce anche sui danni fisici riportati da alcuni pazienti.
“Ho rotto un femore a una vecchietta per allenarmi”, si legge nelle intercettazioni, mentre i colleghi di lui dicevano: “Non gli rimane che operare le renne”.
La sua era infatti “una tendenza all’intervento chirurgico mediante impianto di protesi a massa”, un paziente indebitato dopo l’operazione era arrivato a minacciare il suicidio.
Il blitz
La gip Teresa De Pascal, su richiesta dei pm Fusco e Mantella, ha fatto eseguire l’arresto e anche 5 misure interdittive nei confronti del responsabile acquisti e forniture dell’ospedale di Sesto San Giovanni, e di 4 dipendenti delle multinazionali Johnson & Johnson e B. Braun. Le due società  sono indagate in base alla legge 231 sulla responsabilità  delle imprese.
I danni ai pazienti.
Gli inquirenti milanesi stanno facendo accertamenti sui danni fisici subiti da almeno tre o quattro persone (al vaglio, però, ci sono anche altri casi) che sono state operate, soprattutto per protesi alle ginocchia, con la tecnica della “navigazione chirurgica computerizzata” nella casa di cura San Camillo di Milano, dove il medico operava in regime privato.
Stando alle indagini, poi, alcuni pazienti, viste le complicazioni dopo gli interventi al San Camillo, sarebbero stati rioperati al Pini in regime pubblico.
Stando alle indagini della Gdf e dei pm milanesi, Confalonieri avrebbe ‘spinto’, anche in casi in cui non era necessario, nell’utilizzo della tecnica delle protesi con “navigazione computerizzata”, di cui parla a lungo nel suo sito personale.
“Ho rotto il femore a una vecchietta per allenarmi”.
E di lesioni esplice parla lui stesso al telefono. “Eh l’ho rotto (…) gli ho fatto la via d’accesso bikini (…) per allenarmi (…) oggi ho fatto una vecchietta per allenarmi no!”.
Il primario parlava di aver “provocato la rottura di un femore ad un’anziana paziente 78enne, operata” nel pubblico, come si legge nell’ordinanza, “a suo dire per ‘allenarsi’ con la tecnica d’accesso anteriore ‘bikini'” in vista di un “intervento privato”.
Oppure, sempre intercettato, diceva:   “Invece dei punti gli ho messo una cerniera così la apro più facile”, per poi fare una risata.
O anche, “se va in mano a un altro collega sono finito”, nel caso di una 40enne – cui aveva rotto un femore durante l’operazione in clinica – che doveva essere rioperata nel pubblico dopo un intervento andato male.
Le intercettazioni.
“Senti una cosa – chiede al medico Maria Grazia C. – com’è andato il femore …spugnoso che si è rotto?”. E lui risponde: “Eh l’ho rotto….è come andato…l’ho lasciato lì così perchè…gli ho fatto la via d’accesso bikini… va beh adesso non dirmi… Per allenarmi su quella lì che devo fare privatamente… è quella lì che devo fare il 30”. La donna allora dice: “Oggi hai fatto una prova” e Confalonieri ribadisce: “Oggi ho fatto una vecchietta per allenarmi no!”. “Meno male… vuoi che mi opero… Se vuoi mi opero per allernarti perchè se no fa malissimo eh”, ironizza la donna e lui: “E niente cosa succede se gli metto dentro… gli ho cacciato dentro sta protesi e ho visto che era rotto..”.
Stando a queste parole, l’operazione era stata eseguita nella struttura pubblica Cto – ora Gaetano Pini – come “allenamento” in vista di un altro intervento, con la stessa tecnica, da svolgersi nella casa di cura San Camillo dove Confalonieri lavora in regime privato.
Nel caso della 40enne, invece, si legge nelle intercettazioni: “Invece dei punti gli ho messo una cerniera così la apro più facile”, poi la “risata” sulle condizioni di salute della donna da lui operata in regime privato, e a cui aveva rotto un femore, e che voleva rioperare all’ospedale in regime pubblico.
Il 18 aprile del 2016, infatti, il medico contattava un coordinatore infermieristico del Pini per “richiedere un posto letto” per la paziente “da lui operata privatamente” il 30 marzo. Diceva: “Ho bisogno di un posto letto per domani (…) se riesci a farlo perchè ho rotto un femore a una paziente della San Camillo (la casa di cura privata) e devo rifarlo (…) se riesci a farmi anche una stanza singola”. E in un’altra telefonata diceva ancora: “Se va in mano a un altro collega sono finito”.
Il paziente indebitato: “Mi suicido”.
Un paziente operato dal primario “mesi dopo le complicanze sofferte”, il 10 aprile del 2016 “si rivolge nuovamente a Confalonieri con toni disperati” e in una telefonata dice: “Per evitare di aspettare 9 mesi perchè altrimenti l’infezione sarebbe andata avanti ho dovuto pagare di tasca mia”.
“Sono senza lavoro – aggiunge il paziente – senza casa, con 35mila euro di debiti, io mi suicido”. Affermazioni alle quali Confalonieri replica dicendo: “Mi scusi, bastava che lei venisse da me e glielo facevo con la mutua”.
Confalonieri aveva deciso di impiantare una protesi al ginocchio al paziente anche se, sottolinea il gip De Pascale nell’ordinanza di custodia cautelare, “come ammesso da lui stesso, le conseguenze negative apparivano prevedibili già  a priori, alla luce del quadro clinico del paziente particolarmente sfavorevole”.
E quando la moglie dell’uomo, in un’intercettazione del 19 novembre 2015, si lamenta per al situazione del marito, l’ortopedico si difende dicendo: “Non si può mettere più una protesi, ha capito? No, non è impossibile quell’osso lì non tiene e poi è infetto” e aggiunge “praticamente è come se l’osso fosse di spugna, un osso di spugna ha capito?”. La donna replica: “Però lei doveva valutare un attimo prima di operare”.
E Confalonieri risponde dicendo quella che il gip definisce “una risposta disarmante, il linea con la sua spregiudicata tendenza all’intervento chirurgico mediante impianto di protesi ‘a massa’”. Confalonieri ridendo dice: “Lei è un bel tipo, abbiamo tentato, gliel’ho già  detto, abbiamo tentato!”.
I colleghi: “Non gli rimane che operare le renne”.
Quello che il gip definisce “il metodo estremamente interventista” di Confalonieri sembra confermato da una conversazione tra alcuni suoi colleghi. “Gli interlocutori – appunta il magistrato – si lasciano andare a commenti inequivoci circa il metodo estremamente interventista di Confalonieri:”… non gli rimane che operare le renne di Babbo Natale poi ha operato tutti in questo periodo”.
Operazioni che, talvolta, sembrano presentare, stando alle intercettazioni, degli elementi di grave rischio per i malati. Di fronte a “ulteriori approfondimenti medici chiesti da una cardiologa nei confronti prima di un’operazione, la dura reazione di Confalonieri è questa: ‘Andiamo avanti… andiamo avanti… non mi fotte un cazzo a me della cardiologa’, mentre alquanto stizzita risulta la risposta della collega: “Andiamo avanti… però se ci succede qualcosa andiamo in galera tutti e due!'”.
In un altro caso, Confalonieri, “pur essendo a conoscenza che un membro della sua equipe sia altamente infettivo per avere contratto la varicella, lo invita ugualmente a recarsi in sala operatoria per eseguire un intervento protesico: ‘Vai, vai tranquillo!”. Nel gennaio 2016, il chirurgo, “dopo avere appena saputo dal collega che ha dovuto amputare una gamba a un paziente a causa di gravi complicanze seguite all’impianto di una protesi al ginocchio, gli suggerisce seccamente: ‘Hai fatto la protesi immediata? e vabbe’, comunque facevi scena… tanto non vi cambiava niente… comunque quando c’hai qualche caso… magari ti do qualche dritta per fare un po’ di scena”.
“Consolidata rete corruttiva”.
Il procuratore di Milano Francesco Greco descrive il medico come “al centro di una ramificata e consolidata rete di relazioni corruttive”. Confalonieri “in situazione di conflitto di interessi e in violazione dei propri doveri d’ufficio, in un arco temporale dal 2012 al 2015, ha costantemente asservito la sua funzione agli interessi delle società  fornitrici di protesi ortopediche Johnson & Johnson Medical spa e B.Braun Milano spa”.
I nomi dei coinvolti.
Le misure interdittive riguardano Luigi Ortaglio, responsabile del Provveditorato economato dell’azienda socio-sanitaria territoriale Nord Milano di Sesto San Giovanni, accusato di turbativa d’asta e per cui è stata disposta la sospensione dall’esercizio della pubblica funzione per un anno.
Per altri 4 indagati, invece, accusati di corruzione e turbativa, è stata emessa la misura del “divieto temporaneo di esercitare le rispettive attività  professionali e imprenditoriali nonchè ogni altro ufficio direttivo delle persone giuridiche delle imprese” per un anno. Si tratta di dipendenti delle multinazionali fornitrici di protesi, quelle che secondo le accuse Confalonieri ‘sponsorizzava’ per l’acquisto nella struttura sanitaria.
Le misure interdittive sono state emesse, in particolare, nei confronti di Natalia Barberis e Stefania Feroleto, rispettivamente agente di commercio e dipendente della ‘DePuy Orthopeadics’ in Johnson&Johnson Medical spa. E poi a carico di Fabio Barzaghi e Sabrina Consonni, rispettivamente agente distributore e dipendente della B. Braun Milano spa.

(da “La Repubblica”)

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