“L’ASTENSIONE? E’ LA CRISI CHE FA PERDERE IMPORTANZA AI SINDACIâ€
INTERVISTA AL DIRETTORE DI IPR MARKETING SUL CROLLO DELL’AFFLUENZA ALLE URNE
Antonio Noto, direttore di Ipr Marketing, come valuta il crollo dell’affluenza al voto registrata in tutta Italia?
«Questa flessione rispetto al primo turno c’è sempre, non è legata a momento storico. Il dato della domenica sera delle amministrative del 2011 — dove si votava in molte grandi città era del 24,6%, quindi simile alla percentuale attuale. E al primo turno era del 32,69%, quindi anche questo in linea con il dato di due settimane fa. Sostanzialmente la flessione al ballottaggio è fisiologica, ci sono solo due candidati e non si votano i consiglieri comunali. Di solito si perde circa il 7% la domenica dei ballottaggi e 10-15% il lunedì. Dunque i dati sono in linea ».
Non la preoccupa la scarsa affluenza in una grande città come Roma?
«Il problema di Roma non è dovuto al ballottaggio visto che al momento ha un punto in più rispetto alla media nazionale. Il dato anomalo nella Capitale è stata la disaffezione registrata al primo turno, quando l’affluenza è crollata del 20% a fronte di una media nazionale del 10%».
I dati italiani paragonati a quelli dei grandi paesi europei cosa dicono?
«In Europa si vota meno che in Italia, alle urne ci vanno tra 40 e il 50% degli aventi diritto. Diciamo che con le comunali ci stiamo avvicinando alla media continentale mentre alle politiche restiamo sopra perchè a febbraio alle urne si è recato circa il 75% degli italiani».
Dunque da noi il problema sono le elezioni locali.
«Sì, i dati ci dicono che amministratori e sindaci stanno perdendo peso per via della crisi. Non avendo soldi non possono fare opere e migliorare i servizi, il che comporta che dopo la stagione dei grandi sindaci degli anni Novanta ora i primi cittadini perdono importanza nella percezione degli elettori. Se ci fosse stata totale disaffezione avremmo avuto lo stesso dato alle politiche. I cittadini invece pensano che ad avere i soldi e lapossibilità di incidere sulla loro vita ormai sia solo il governo».
La tendenza delle amministrative con il perdurare della crisi può arrivare anche alle politiche?
«Questo lo pensavamo prima, ma poi a febbraio ha votato solo il 3-4% in meno rispetto al 2008 e dunque la percezione degli italiani è che il governo possa ancora incidere sulla vita di tutti i giorni. Anche adesso nei sondaggi registriamo molta indecisione, ma l’astensione resta intorno al 25%. Dunque l’Italia resta il Paese in Europa dove si vota di più. È difficile trovare nazioni in cui vota più del75% degli aventi diritto».
Nei paesi mediterranei colpiti dalla crisi il trend è come il nostro?
«Nel Nord Europa si vota meno, nel Sud si vota di più. In Norvegia, Finlandia e Olanda si vota di meno, ma ancor peggio va negli Usa. Dove si pensa ci sia più democrazia spesso si vota di meno. E poi certo, dove c’è più crisi probabilmente c’è l’idea che la politica possa fare qualcosa per risolverla. Ma vale per politiche, non per le amministrative. L’anomalia del voto locale era nostra, era da noi che l’affluenza era maggiore, ora ci stiamo allineando agli altri paesi europei. Oltretutto le amministrative hanno una curva ciclica: ricordo che nel ’93 in piena Tangentopoli e nel bel mezzo della stagione dei grandi sindaci l’affluenza era in calo, mentre alle politiche votarono più dell’80% degli italiani».
Alberto D’Argenio
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