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IL PDL HA TROVATO IL SUO NUOVO LEADER: MATTEO RENZI

Settembre 17th, 2012 Riccardo Fucile

BERLUSCONI: “RENZI HA LE STESSE NOSTRE IDEE”… L’EX PREMIER ELOGIA IL CANDIDATO PD, ATTACCA GRILLO E LA UE… POI DIVENTA ORIGINALE: “VIA L’IMU”

Se sarà  lui a portarla avanti non l’ha svelato, perchè ancora non lo sa.
Ma quale dovrà  essere la linea del Pdl per i prossimi mesi e in campagna elettorale Silvio Berlusconi ha cominciato a dirlo.
Prendendo le distanze da un governo che pensa troppo poco alla crescita, criticando l’accordo sul fiscal compact, annunciando che sarà  abolita l’Imu in caso di vittoria, martellando per la prima volta il portabandiera dell’antipolitica, Beppe Grillo, e soprattutto entrando a piedi uniti nel campo avversario, quello del centrosinistra: «Renzi? È bravo. Porta avanti le nostre idee sotto le insegne del Pd. Auguri. Se vincesse lui le primarie, si verificherebbe il miracolo della trasformazione del Pd in partito socialdemocratico»
Parole pensate e pesate, non certo frutto di improvvisazione, pronunciate davanti agli aficionados del Giornale che si sono imbarcati sulla Msc Divina per una crociera nel Mediterraneo che aveva come ospite d’onore proprio lui, il Cavaliere, salito a Venezia sabato, celebrato dai suoi supporters, e ridisceso dalla nave ieri nel primo pomeriggio a Bari, dopo aver concesso un’intervista pubblica al direttore Alessandro Sallusti. Evento off limits per i giornalisti esterni al quotidiano, ma poi diffuso via Internet e su Tgcom, un po’ come ai tempi delle videocassette della sua prima discesa in campo.
«Tonico», lo definiscono, allegro, lucido ma sempre indeciso sul suo futuro, il Cavaliere.
A pranzo con i suoi interlocutori – tra i quali Paolo Bonaiuti e Sestino Giacomoni che lo hanno accompagnato e Raffaele Fitto che è salito a salutarlo –, ha spiegato che davvero è ancora presto per sciogliere la riserva sulla sua ricandidatura.
E non solo perchè, come ha ripetuto, «non si sa ancora quale sarà  la legge elettorale», e dunque le alleanze eventuali o obbligate.
Ma anche perchè chi vincerà  la partita del Pd suggerirà  le mosse anche nel campo avverso.
Se fosse Renzi, è la quasi certezza che ha avuto chi gli ha parlato, Berlusconi lascerebbe campo libero a chi generazionalmente potrebbe contrastarlo, magari lo stesso Alfano che ha incensato davanti al pubblico: «È il migliore di tutti».
Se invece a prevalere, come in fondo nel Pdl oggi pensano in tanti, fosse Bersani, allora il binomio Pd-Vendola guidato dalla «vecchia nomenklatura» lo vedrebbe più a suo agio: «Non lascerò il Paese alla sinistra, statene certi!», la sua promessa.
Anche per questo l’endorsement studiato (ma a suo modo sincero, perchè il sindaco di Firenze gli piace davvero), ha un fine: spaccare il centrosinistra, marcare la candidatura di Renzi come «amica» per far esplodere le contraddizioni del Pd.
In caso di vittoria del giovane candidato, il quadro «si rimescolerebbe del tutto», ma in caso di sconfitta, riprenderebbe il martellamento contro la vecchia sinistra di Bersani e compagnia che non cambia mai e che va combattuta a tutti i costi.
E allo stesso modo è arrivato il momento di affrontare a muso duro il fenomeno Grillo: «È uno straordinario attore comico, ma sta ancora facendo quel mestiere. Non ci si improvvisa amministratori di un Paese o di una città . Qualcuno scrive il copione a Grillo e lui recita come ha fatto per tutta la vita», ma quando un partito che «ad oggi è dato al 12%» dovrà  confrontarsi «con le regole della par condicio, quando dovranno sfidare me o Alfano, si vedrà  che governare è altra cosa».
Insomma, gli avversari sono già  nel mirino, ma anche sulle parole d’ordine della campagna elettorale Berlusconi affila le armi.
Lo fa lanciando ufficialmente la promessa elettorale che era nell’aria: «Aboliremo l’Imu. La casa è un pilastro su cui ogni famiglia fonda il suo futuro», e bisogna liberare risorse per rimettere in moto un Paese che «ha bisogno di fiducia, di tornare a crescere».
Per questo l’agenda Monti non sembra essere al momento nel suo orizzonte: «Le norme del fiscal compact impediscono la crescita, perchè si impone ai Paesi che hanno più del 60% del debito pubblico di ridurre del 5% all’anno il debito pubblico. Significa che l’Italia deve ridurre il debito di 40-50 miliardi ogni anno, cosa assolutamente impossibile» in periodi di recessione, quando bisogna invece «abbassare le tasse».
E proprio per questo, rivendica, da premier «ero visto male, nel Consiglio europeo rappresentavo l’opposizione a queste norme. E quando c’è stato da votare il fiscal compact io ho messo il veto dell’Italia e si è interrotta per due ore la riunione».
Fosse per lui, sarebbe tutt’altra la politica da portare avanti: bisogna continuare a battersi contro l’opposizione tedesca – «un mattone che pesa in maniera tragica» – di dire no alla possibilità  che la Bce batta moneta come fa la Fed negli Usa.
E questo, condito dai complimenti a Draghi che ha fatto molto «per abbassare lo spread» e che lui spinse con vigore perchè prendesse la guida della Bce anche se «avevo dei ministri contrari, mentre si dimostra quanto sia utile avere lì un italiano».

Paola Di Caro
(da “il Corriere della Sera“)

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LE SPESE D’ORO PER GLI ASSESSORI, OLTRE 5 MILIONI L’ANNO AI TECNICI

Settembre 17th, 2012 Riccardo Fucile

ECCO TUTTI I CONTI PER LA “SQUADRA” DELLA POLVERINI…SOLO UNO DEI QUINDICI ASSESSORI ELETTO DAI CITTADINI…SONO 17 I CAPIGRUPPO, OTTO FORMAZIONI COMPOSTE DA UN SOLO CONSIGLIERE

Cinque milioni di euro all’anno paga la Regione Lazio per i 14 assessori chiamati dall’esterno. Solo uno dei 15 uomini della giunta è stato eletto dai cittadini.
È un altro primato del Lazio: in Lombardia, 4 su 16 sono gli assessori nominati.
C’è dunque un esecutivo di tecnici nella Regione della capitale? Non sembrerebbe a scorrere il curriculum degli uomini di giunta.
Molti sono i “bocciati senza esami” alle regionali 2010, quando la lista del Pdl venne esclusa, complice l’attacco di fame di quell’Alfredo Milioni che, a ridosso del time out per la consegna dei nomi dei candidati, se ne andò a mangiare un panino.
I vitalizi
Non è l’unico regalo della governatrice Renata Polverini ai suoi fedelissimi. Dopo l’annuncio dell’abolizione dei vitalizi (da 3.100 euro mensili agli oltre 5mila) per la legislatura prossima, la presidente ha voluto una norma che garantisse una pensione d’oro agli assessori non eletti. Con costi che il gruppo dei Radicali stima in un milione di euro all’anno.
Tutti graduati
Con buona pace di tutti, non c’è consigliere senza gradi. Per i 71 eletti del Lazio sono 79 le poltrone occupate tra presidenze, vicepresidenze di commissione e segretariati d’aula.
Posti che valgono prebende ed emolumenti aggiuntivi a una retribuzione mensile di oltre dieci mila euro.
Così nel Lazio, con la metà  degli abitanti della Lombardia (5 milioni contro 10), i consiglieri regionali incassano una retribuzione doppia di quella dei loro colleghi del “Pirellone”(10 contro 5mila euro).
E di cariche, in molti ne cumulano più d’una. Ecco così 4 segretari del Consiglio, 20 presidenti e 57 vice per le 19 commissioni (ce ne sono 8 in Lombardia, 15 per Camera e Senato) e per il comitato di controllo contabile.
Le commissioni erano 20 a fine maggio quando fu abolita quella per i Giochi Olimpici che ha resistito comunque quattro mesi dopo il ritiro della candidatura di Roma per le Olimpiadi 2020.
20 milioni
Tra le altre cariche ecco quelle dei capigruppo, 17 in tutto.
Ma sono 8 i gruppi costituiti da un solo consigliere (5 di questi non sono stati neanche legittimati dal voto popolare) e costano sui 20 milioni all’anno.
Tutti i consiglieri, oltre alla diaria (4.252 euro al mese) e all’indennità  di ruolo (4.003), godono dell’indennità  di funzione che va dai 2.311 euro per il presidente del Consiglio, Mario Abruzzese, al minimo dei 594 euro dei vicepresidenti di commissione.
Rimborsi spese
Tanti annunci, ma stipendi, vitalizi e indennità  sono rimasti gli stessi.
I rimborsi spese, invece, ritoccati all’insù per gli spostamenti con auto propria (40 centesimi al chilometro), continuano a essere corrisposti senza ricevute.
Basta l’autocertificazione. Si dichiara, per esempio, di aver trasferito il domicilio ai confini del Lazio nord o di quello meridionale e si lucra ogni giorno su carburante e usura auto. Ma sul “730”, oltre la metà  dei consiglieri dichiara di non possedere una macchina e c’è chi non ha neanche la patente.
335mila euro
Conti alla mano, la Cisl Lazio stima che un consigliere valga quanto un appartamento, 335mila euro all’anno, il 20% in più rispetto al 2009.
Sono lievitati di 5 milioni e 300mila euro, passando dai 109 milioni 700mila ai 115 milioni. Sarebbero dovuti scendere a 103: uno scarto di 9 milioni.
Solo per le spese di manutenzione degli immobili che ospitano il Consiglio, la Regione spende 10milioni di euro all’anno.
Le consulenze esterne
Con una delibera approvata da maggioranza e opposizione, è stato speso in sei mesi un milione 60mila euro per affidare a 45 esperti “bipartisan” tra i quali vari ex assessori ed ex consiglieri regionali, «studi dei regolamenti regionali», «progetti di finanza attiva», «cura della comunicazione per il garante dei detenuti» e via elencando.

Carlo Picozza e Laura Serloni
(da “la Repubblica“)

argomento: emergenza, la casta, radici e valori, Regione, Roma | Commenta »

SONDAGGIO IPR: PIU’ FIDUCIA IN MONTI, MENO NEL GOVERNO

Settembre 17th, 2012 Riccardo Fucile

IL PREMIER SALE DI GRADIMENTO E TOCCA IL 52% CONTRO IL 49% DI LUGLIO… I MINISTRI CONVINCONO INVECE SOLO IL 37% DEGLI ITALIANI…”SI PREMIA LA PERSONA, NON I PROVVEDIMENTI PRESI”

Cresce la fiducia degli italiani in Mario Monti, diminuisce quella nel suo governo.
E’ il paradosso che emerge dall’ultimo rilevamento di Ipr Marketing per Repubblica.it. Dalle risposte del campione di mille persone consultato per via telematica e rappresentativo della popolazione italiana maggiorenne, il gradimento nei confronti del presidente del Consiglio risulta pari al 52%, ben tre punti in più dell’ultimo sondaggio effettuato il 12 luglio e addirittura sei in più rispetto al 18 giugno.
I punti guadagnati dal Professore nel corso dell’estate sono esattamente gli stessi che perde il suo governo.
Gli italiani che sostengono di avere “molta/abbastanza” fiducia nell’esecutivo dei tecnici scendono infatti dal 40 al 37%, il minimo dallo scorso dicembre, quando era nientemeno che al 54%.
Il dato che riguarda Monti, fanno notare dall’Ipr, è “un risultato di tutto rilievo in un momento di crisi”.
“E’ come se per gli italiani ci fossero due giudizi contrapposti e solo in parte contraddittori”, sottlineano ancora dall’istituto.
“Da una parte si premia la ‘persona Monti’, la sua esperienza e la sua volontà  di salvare l’Italia, dall’altra evidentemente i giudizi negativi sui provvedimenti del governo nonchè l’aumento della coflittualità  sociale e della disoccupazione determinano un giudizio altamente puntivo nei confronti del governo”.
Insomma è come se in Monti fosse vista una “figura terza” anche nei confronti della squadra da lui capeggiata.
Squadra di cui solo il ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri continua a convincere la maggioranza degli italiani.
Il suo indice di fiducia è infatti al 50%, anche se in caduta di tre punti rispetto a luglio. A seguire viene il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera, che passa dal 48 al 46% scontando probabilmente la maldestra gestione degli spinosi dossier Alcoa e Fiat.
Unici ministri in ascesa sono Andrea Riccardi (46%, +1%) e Corrado Clini (37%, +2%).
Del responsabile dell’Ambiente è stato apprezzato evidentemente il comportamento nel caso Ilva dello scorso agosto.

(da “la Repubblica”)

argomento: governo, Monti | Commenta »

LA7, MEDIOBANCA SCARTA MEDIASET

Settembre 17th, 2012 Riccardo Fucile

L’ADVISOR DI TELECOM: RISCHI DI CONCENTRAZIONE

Colpo di scena nella cessione di La7.
Mediobanca, l’advisor di Telecom Italia Media per la vendita della società  televisiva, ha negato i “dati sensibili” a Mediaset perchè l’eventuale acquisizione avrebbe fatto sorgere problemi di concentrazione sui mercati della raccolta pubblicitaria.
Ma il gruppo di Berlusconi potrebbe comunque fare un’offerta.
Nella vicenda Mediaset-La7 si registra un primo colpo di scena.
Mediobanca, advisor di Telecom Italia Media per la vendita della società  televisiva, non ha inviato il cosiddetto “information memorandum” alla società  di Silvio Berlusconi che ne aveva fatto richiesta.
Gli uomini di piazzetta Cuccia hanno ritenuto che un eventuale acquisizione di La7 e di Mtv da parte di Mediaset avrebbe fatto sorgere problemi di concentrazione sui mercati della raccolta pubblicitaria e della capacità  trasmissiva, e dunque l’offerta sarebbe sicuramente incappata nelle maglie dell’Autorità  Antitrust.
Inoltre, essendo Mediaset un concorrente diretto del polo tv che fa capo a Ti Media, gli advisor non hanno ritenuto opportuno fornire informazioni sensibili e riservate sul gruppo televisivo che fa capo a Telecom Italia.
E così, delle 15 manifestazioni di interesse iniziali, solo sette hanno avuto seguito con l’invio della documentazione preparata da Gianni Stella, l’amministratore delegato di Ti Media.
Sono state scartate da questa fase anche le richieste di Ei Towers, la società  delle antenne che fa capo a Mediaset (interessata ai tre multiplex per la trasmissione in digitale di proprietà  di Ti Media), e di Lt Media.
Al contrario Cairo Communications, il gruppo di Urbano Cairo titolare del contratto di concessione pubblicitaria de La7, dovrebbe ricevere a breve tutta la documentazione.
Lunedì 24 settembre scadrà  il termine per la presentazione delle offerte non vincolanti e in teoria nessuno impedisce a Mediaset di fare questo passo se lo ritenesse opportuno.
La società  del Biscione, contattata al riguardo, non ha voluto scoprire le carte e neanche commentare il ricevimento o meno della documentazione da parte di Mediobanca.
L’idea che si sono fatti in Telecom è che la notizia dell’interessamento di Mediaset per La7 sia stata fatta filtrare ad arte per creare confusione e rallentare un processo di vendita che potrebbe portare entro la fine dell’anno un nuovo proprietario in quello che da sempre ambisce a diventare il terzo polo televisivo.
Oggi tra l’altro riapre piazza Affari e si vedrà  quali saranno le reazioni dei titoli (sia Ti Media sia Mediaset sono quotate) alla bagarre scatenatasi nel week-end in seguito alle indiscrezioni non smentite dalle società  di Berlusconi.
Se i movimenti dei prezzi fossero significativi, la Consob potrebbe chiedere alle rispettive società  di chiarire la loro posizione riguardo le notizie filtrate sulla stampa.
Tuttavia il fuoco di fila politico e istituzionale che si è sollevato sull’eventualità  di una discesa in campo di Mediaset nella partita per la vendita de La7 potrebbe scoraggiare Fedele Confalonieri e Pier Silvio Berlusconi dal proseguire.
Obiettivo dei vertici del Biscione resta quello di evitare che un grosso gruppo straniero, dotato di mezzi finanziari, decida di entrare nel mercato della tv generalista italiana e per questa via vada a sottrarle pubblicità  e quote di mercato.
Si sa infatti che in corsa ci sono il gruppo americano Liberty Media, quello tedesco Rtl, Discovery Channel più una serie di fondi specializzati negli investimenti infrastrutturali.
Il boccone preparato da Bernabè e Stella, però, non è così facile da digerire.
E’ vero che con l’arrivo di Enrico Mentana alle news l’audience della tv si è alzata e la raccolta pubblicitaria ne ha beneficiato.
Ma gli investimenti per rinforzare il palinsesto hanno appesantito non poco la struttura finanziaria del gruppo.
Nel primo semestre del 2012 la perdita in termini di margine operativo lordo è arrivata a 35 milioni con un indebitamento che è salito fino a 200 milioni.
Dunque chi deciderà  di fare un’offerta per Ti Media dovrà  fare bene i suoi calcoli per non trovarsi a gestire un gruppo strutturalmente in perdita
Nella sua storia, iniziata a metà  degli anni ’80 con il brand Telemontecarlo, che l’ha vista passare prima sotto la gestione Montedison di Raul Gardini, poi nelle mani di Vittorio Cecchi Gori, finire ancora sotto le insegne della Seat di Lorenzo Pelliccioli e Roberto Colaninno, quindi nel freezer per volontà  di Marco Tronchetti Provera e infine tentare il rilancio con Bernabè, La7 non ha mai fatto una lira o un euro di utile. Ma la sua uscita dal mercato andrebbe in ogni caso a beneficio dei diretti concorrenti e in particolare di Mediaset che soffre la presenza di quel piccolo 3,5% di share.
E soprattutto teme i programmi d’opinione destinati a un pubblico che può diventare determinante anche in vista delle prossime elezioni.

Giovanni Pons
(da “La Repubblica“)

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