Settembre 25th, 2012 Riccardo Fucile
IL SEGRETARIO GIOVANILE MARINIELLO CHIEDE CHE ANCHE FINI SI SOTTOPONGA ALLA CONSULTAZIONE DIRETTA: MAI VISTO UN DIPENDENTE CONCORRERE CON IL SUO DATORE DI LAVORO… SE NON SI FACESSERO, PUO’ SEMPRE PARTECIPARE A QUELLE DEL PD E VOTARE RENZI, IL NULLA FATTO PERSONA, CON CUI HA SICURAMENTE MAGGIORE ASSONANZA
Il dibattito sulle primarie agita anche il (defunto) Terzo polo.
Mentre Fini e Casini preparano un listone comune con cui presentarsi alle prossime elezioni, i sopravvissuti di Generazione futuro, l’organizzazione giovanile di Fli, chiedono con insistenza ai vecchi leader di sottoporsi alla consultazione diretta con la base per scegliere il candidato premier.
“Per dare il buon esempio cominceremo noi, con delle primarie aperte, all’americana, per eleggere il nuovo coordinatore giovanile”, spiega Gianmario Mariniello, fedelissimo di Italo Bocchino, a capo del movimento under 30 dal 2010.
“Io a febbraio compirò 31 anni e non chiederò nessuna proroga (ma se insistono, magari si sacrifica e rimane…n.d.r.). Non ho mai sopportato chi fa il leader dei giovani fino a 36-37 anni, magari aggrappandosi a questa carica per avere un posto al sole nelle elezioni politiche” (in effetti basta anche solo avere un posto da dipendente a 3.000 euro al mese… n.d.r.)
Però le politiche ci saranno tra pochi mesi e nè Fini nè tantomeno Casini sembrano intenzionati a rimettersi in discussione.
Ecco perchè i giovani dirigenti del partito provano “disinteressatamente” a smuovere le acque.
Come a dire: nessuno è il capo per diritto divino.
“Noi intanto saremo l’unica organizzazione giovanile d’Italia a scegliere i propri quadri con questo strumento”, dice Mariniello.
Non dice la location, ma il pianerottolo di casa sua potrebbe essere sufficiente.
Ma al di là delle rivendicazioni di parte, l’obiettivo dichiarato è che la consultazione aperta tra i giovani apra il solco per quelle dei “senior”, “e che magari sia guardata con interesse anche dal Pdl, perchè il metodo migliore per fare nascere una classe dirigente rinnovata è una competizione aperta. Poi certo, se vincono i Fiorito, allora vuol dire che gli italiani se lo meritano”.
Infatti lui non ha mai mosso un dito quando sono stati nominati personaggi discutibili alle segreterie regionali di Fli, purchè compagni di merenda di Bocchino.
Poi Mariniello si sforza e cerca di parlare anche di politica: “Renzi è diventato Renzi non solo perchè è un amministratore in gamba, ma anche perchè ha un contesto in cui mettersi in gioco e misurare le proprie ambizioni”.
Da queste parti il sindaco di Firenze riscuote parecchio successo. “A me Renzi piace molto, anche se per ovvi motivi non lo voterò. Mia madre invece lo sosterrà alle primarie, e non viene certo dalla tradizione comunista”.
Una volta i giovani di destra avevano vari ma solidi riferimenti culturali, ora sappiamo che il modello di riferimento è Renzi, il nulla fatto persona.
Per i giovani finiani, lo sfidante di Bersani, udite udite, “rappresenta l’unica novità di una classe politica giunta al capolinea. Piace anche a tanti delusi del centrodestra e di Berlusconi”
“Fini ha fatto tanto, ma sa che c’è bisogno di energie fresche (solo energie, non cervello… n:d.r.), sia nel nostro partito che nel centrodestra del futuro. È ovvio che qualsiasi rifondazione passa da facce nuove”.
Una a caso? Fate voi .
Tutto chiaro?
In attesa della convocazione condominiale, vi consigliamo un bel sospiro “generazionale”.
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Settembre 25th, 2012 Riccardo Fucile
TASSI AGEVOLATI, BONUS FISCALI, MENO TASSE E SCONTI PER CHI ACQUISTA AUTO
Ci sono Stati che offrono pacchetti di sgravi fiscali impossibili da rifiutare, altri che pagano fino a diecimila euro per ogni posto di lavoro creato.
Altri ancora che concedono finanziamenti a tasso agevolato per coprire fino all’85 per cento dei costi di costruzione delle fabbriche.
Anche nei paesi dove l’economia tira, la scelta dei luoghi in cui realizzare gli stabilimenti è frutto di una sorta di asta in cui vince chi offre le agevolazioni migliori. Alla Fiat (come ai suoi concorrenti) gli aiuti di stato vengono offerti da tutti i governi, dagli Usa alla Cina, dalla Serbia al Brasile.
Ecco una panoramica delle agevolazioni ottenute recentemente dal gruppo di Torino nei diversi Paesi del mondo.
BRASILE
Tassi agevolati e bonus fiscali per diventare leader in Sud America
La costruzione del nuovo stabilimento nello stato di Pernambuco è stata la prima occasione di polemica tra Sergio Marchionne e il ministro Corrado Passera.
Il governo brasiliano finanzierà con un tasso agevolato fino all’85 la realizzazione della nuova fabbrica che costerà 2,3 miliardi di euro.
Inoltre la casa torinese otterrà vantaggi fiscali per cinque anni a partire dalla data di avvio della produzione.
Finanziamenti e agevolazioni erano già stati ottenuti nei decenni scorsi dalla Fiat Brasiliana quando era stato realizzato il primo stabilimento, quello di Belo Horizonte nello stato del Minas Gerais. In Brasile il Lingotto ha realizzato uno degli investimenti più redditizi diventando il primo produttore di automobili nell’America del Sud, il mercato che spesso ha sopperito con le sue performance positive ai cali delle vendite registrati in Europa.
SERBIA
Fondi da Belgrado e dalla Bei ma operai pagati 400 euro al mese
Lo stabilimento serbo di Kragujevac è stato il primo dove sono stati dirottati modelli inizialmente previsti in Italia.
In Serbia finisce infatti, nel luglio del 2010, la produzione del modello L0, quello che oggi si chiama 500 L.
Il governo di Belgrado mette sul piatto 250 milioni mentre la Bei, la Banca europea degli investimenti, contribuisce con un prestito di 400 milioni alla ricostruzione post-bellica dello stabilimento dell’ex Zastava.
La Fiat mette subito 350 milioni e ottiene fino a 10 mila euro per ogni operaio assunto, oltre ai vantaggi di una zona franca fiscale per 10 anni.
Inoltre i dipendenti vengono pagati tra i 300 e i 400 euro al mese.
Un vantaggio competitivo notevole anche se, ha ricordato Marchionne nell’intervista a Repubblica, nonostante tutte queste agevolazioni la 500 L costerà di più dei modelli prodotti dai concorrenti.
STATI UNITI
Dalla Casa Bianca 7,6 miliardi per il salvataggio di Chrysler
L’operazione Chrysler è uno dei più clamorosi casi di finanziamento pubblico nella patria del liberismo.
Nel 2009 l’amministrazione Obama (insieme al governo canadese) finanzia con un grande prestito il salvataggio di Gm e Chrysler.
Quest’ultima passa attraverso il fallimento pilotato e ottiene dai due governi 7,6 miliardi di dollari che vengono restituiti nel maggio del 2011.
Il prestito viene concesso tra le polemiche dei repubblicani (anche se la pratica era stata avviata dal Presidente Bush negli ultimi giorni della sua presidenza).
Marchionne festeggia a Auburn Hills la restituzione del prestito con una cerimonia alla presenza dei dipendenti. Anche i sindacati aiutano la Fiat rinunciando allo sciopero fino al 2015 e accettando il dimezzamento delle paghe per i neoassunti.
INDIA
Meno tasse per il costruttore e sconti per chi acquista auto
L’area di Pune è il cuore della presenza Fiat in India. Uno stabilimento da 650 milioni di dollari realizzato per produrre le utilitarie del gruppo di Torino.
Come agli altri marchi presenti in zona, l’insediamento nel paese ha fruttato alla Fiat soprattutto vantaggi fiscali e sconti sui finanziamenti per l’acquisto di automobili che favoriscono chi produce nel paese rispetto ai costruttori importatori.
In India la Fiat è alleata con Tata anche se negli ultimi mesi le difficoltà commerciali della casa di Torino hanno suggerito una parziale divisione delle reti di vendita tra i due gruppi.
A Pune le potenzialità produttive sono molto alte: 200 mila auto all’anno e 100 mila motori. Attualmente è sfruttata solo una parte di questa capacità produttiva ma ci sono progetti per una ulteriore espansione.
CINA
“Un’offerta da non rifiutare” e la fabbrica cambia regione
La vicenda dello stabilimento di Guangzhou nella provincia cinese dell’Hunan è una di quelle storia che dimostrano in modo proverbiale come la concorrenza a colpi di incentivi sia scatenata anche all’interno del Paese della grande Muraglia.
La fabbrica che da poche settimane produce la Viaggio, l’auto del gruppo Fiat destinata alla Cina, doveva essere aperta a Canton, la città dove ha storicamente sede la Gac, il socio cinese del Lingotto.
Ma il governatore di Hunan ha organizzato un vero e proprio blitz, come se operasse nel calcio mercato e ha convito Marchionne e i dirigenti Gac a colpi di incentivi e sgravi fiscali. «Un’offerta che non si poteva rifiutare», hanno commentato a Torino per spiegare la nuova localizzazione dello stabilimento, 630 milioni di euro di investimento e in prospettiva 3.000 dipendenti.
Paolo Griseri
(da “La Repubblica“)
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Settembre 25th, 2012 Riccardo Fucile
DA APRILE I POLITICI PERCEPISCONO PURE UN RIMBORSO FORFETTARIO IN NERO PRELEVATO DAL “FONDO SPESE IMPREVISTE” DELLA REGIONE… I SOLDI PASSANO PER I GRUPPI E POI FINISCONO NELLE TASCHE DEI CONSIGLIERI CON UN BONIFICO
Ora ‘spunta’ anche il “fuori busta” dell’onorevole.
Non bastava la poca trasparenza, non bastavano le inchieste e gli scandali che hanno portato alle dimissioni la presidente della Regione Lazio Renata Polverini.
I sessanta consiglieri del Veneto godono infatti di uno speciale trattamento ‘in nero’. Duemilacento euro al mese, prelevati dal “fondo per le spese impreviste” della Regione che finiscono direttamente nelle tasche dei componenti dell’assemblea.
Senza passare per la presentazione di alcun giustificativo.
E senza, soprattutto, passare per le maglie del Fisco.
A darne notizia, il quotidiano il Gazzettino e il Corriere del Veneto, con due articoli che spiegano la procedura per arrivare all’inghippo.
Un sistema abbastanza semplice, a dire il vero, che permette ai consiglieri di incassare qualcosa come 25.200 euro a testa in un anno, per un esborso totale (a carico dei cittadini) di un milione e mezzo di euro per ogni anno solare.
Come?
Spiega il Gazzettino che il 22 marzo l’Ufficio di presidenza della Regione ha deciso di trasferire il rimborso forfettario dalle buste paga dei consiglieri direttamente ai gruppi consiliari.
I quali, a loro volta, trasferiscono i soldi per bonifico ai consiglieri.
Facile, no? In questo modo si ottiene un duplice risultato.
Da un lato, i 2100 euro a testa diventano immediatamente esentasse.
Dall’altro, la politica regionale ha una giustificazione in più per sbandierare pubblicamente di essersi tagliata lo stipendio.
Lo aveva fatto già all’inizio di quest’anno, con la legge 4/2012.
Peccato che — dice ancora il quotidiano — il testo sia “un omissis dietro l’altro”. E che ad aprile sia arrivato il “rinforzino”.
Quanto guadagnano allora gli onorevoli veneti? Non poco.
Il primo pezzo, cospicuo, sono i 7607,37 euro lordi della paga base.
A cui si aggiungono le indennità di funzione, sforbiciate dai tagli.
E poi arriva il nero, come se l’onorevole fosse l’operaio di uno di quei capannoni tessili in cui la Finanza ha scoperto centinaia di irregolari.
Peccato che qui si parli del 100% della forza lavoro. E che il tutto sia perfettamente legale. Lo dice una legge regionale del 1984: “Nei limiti e con le modalità stabilite dall’Ufficio di Presidenza i gruppi consiliari possono riconoscere ai consiglieri regionali rimborsi, anche forfettari, delle spese per la partecipazione ad attività di cui all’articolo 3, quando le stesse si svolgano in località diverse dal capoluogo regionale o dal comune di residenza del consigliere”.
Per non sbagliare, in ogni caso, il Veneto ha deciso di usare il fuori busta e far passare i soldi attraverso i gruppi.
Non sia mai che a qualcuno venga voglia di controllare.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Settembre 25th, 2012 Riccardo Fucile
DAI BILANCI DEI GRUPPI AI RIMBORSI ELETTORALI, DAI VITALIZI ALLE INDENNITA’: SOLO PROMESSE GRIDATE E MAI MANTENUTE
Assecondare e seguire l’onda dello sdegno e della rabbia popolare.
A parole.
L’essenziale, per la Casta, è annunciare. Poi si vedrà .
A cicli ormai regolari, gli scandali della mala-politica generano un flusso verbale della politica che vuole “autoriformarsi”, addirittura rinunciare ai soldi pubblici di multiforme provenienza, dai rimborsi elettorali ai vitalizi. I fatti, però, dove sono?L’ultima, clamorosa finta dei partiti riguarda il copioso fiume di danaro ai gruppi parlamentari.
Galeotto, ovviamente, l’incredibile caso della regione Lazio.
In barba a tutte le centinaia di promesse di “trasparenza, trasparenza, massima trasparenza”, tra Palazzo Madama e Montecitorio si sta consumando la guerra dell’autodichia.
Che cosa è, l’autodichia? È il principio dell’auto-giurisdizione degli organi costituzionali.
E così, in nome dell’autodichia, al Senato non vogliono bilanci online e certificati da società esterne.
Sergio Rizzo se n’è occupato ieri sul Corriere della Sera. Bilanci segreti su 22 milioni di euro ai gruppi.
La politica, però, ha risposto ancora una volta con l’annuncio di voler provvedere presto. Strepitoso il titolo di un’agenzia di stampa: “Bilancio gruppi: Senato pensa a trasparenza”.
Per l’occasione il pensatore che promette si chiama Paolo Franco ed è della Lega, partito decimato nei sondaggi dal caso Belsito.
Dice Franco: “Nel solco dell’orientamento già manifestato con la decisione di accogliere l’ordine del giorno, sono certo che il principio della rendicontazione e della pubblicità sarà presto introdotto nell’ordinamento dell’assemblea parlamentare”.
Il senatore leghista fa riferimento a un ordine del giorno approvato il primo agosto scorso. Nello stesso giorno, però, venne anche bocciato un odg per la trasparenza e la pubblicità .
Sono gli intrugli della Casta.
Anche alla Camera si è verificata la stessa storia. Controlli esterni prima bocciati poi introdotti.
Oggi il voto decisivo a Montecitorio. In merito ai controlli, però sui partiti, va segnalata una veemente uscita di Pier Ferdindando Casini nel febbraio scorso.
Allora, l’onda da cavalcare era lo scandalo di Luigi Lusi, tesoriere della defunta Margherita poi finito in carcere.
L’Udc proclamò di volere bilanci trasparenti per tutti con l’intervento della Corte dei conti. Da quando, nel 2007, è uscita la prima edizione della Casta di Rizzo e Stella, la Seconda Repubblica si è riformata solo in titoli, sommari e occhielli di giornali oppure nella propaganda televisiva.
Limitando il perimetro della ricerca al governo tecnico si scopre che tutti sono scesi in campo per tagliare i fondi alla politica.
Il primo è il capo dello Stato Giorgio Napolitano. In primavera quando il Movimento 5 Stelle ha fatto boom nelle urne amministrative, l’allarme per “l’autoriforma della politica” è scattato finanche al Quirinale.
Ma già prima, con l’affaire del tesoriere leghi-sta Francesco Belsito, il Colle era preoccupato.
Dal Sole 24 Ore del 5 aprile: “Napolitano: ora una legge per partiti più trasparenti. Il capo dello Stato chiede un’iniziativa del Parlamento”.
Gianfranco Fini, presidente della Camera e terza carica dello Stato, segue a ruota. La Repubblica del 17 aprile: “La politica balla sul Titanic dimezzare subito i rimborsi”. Fini immagina uno scatto di reni di cui a oggi non si ha notizia: “Qui si balla sul Titanic, se vogliamo restare in clima da centenario del naufragio. Serve uno scatto di reni”.
Da film della migliore commedia italiana questo titolo della Stampa del 10 aprile: “Soldi ai partiti: ‘Domani si cambia’”.
Un evento. Deciso in questo modo: “Vertice telefonico tra Alfano, Bersani e Casini”. È commovente immaginarsi i tre segretari collegati tra di loro in viva voce sancire solennemente la svolta.
Sette giorni dopo, però, la Repubblica dà conto di quest’altra decisione dei tre segretari di ABC, l’acronimo della strana maggioranza che sostiene il governo di Mario Monti: “Drammatico cancellare i fondi ai partiti. Il no di Alfano , Bersani e Casini”. Meglio dimezzarli.
Per la cronaca, il sì ai tagli arriva il 24 maggio.
Con questo sunto del Corriere della Sera, il 25: “Rimborsi ai partiti, primo sì ai tagli. Ma si dimezzano solo per quest’anno. Via libera con mal di pancia bipartisan e molte assenza nel Pdl”.
Votano contro Idv e Lega che invece chiedono l’azzeramento.
Il dimezzamento è da 182 a 91 milioni di euro.
Travestito da rimborso elettorale, continua a vivere il principio del finanziamento pubblico ai partiti, nonostante il referendum che lo bocciò nel 1993.
Il Pd è uno dei più fieri sostenitori del dimezzamento, con dichiarazioni grottesche. Dal Corriere della Sera del 25 aprile: “Rimborsi, la proposta Pd ‘Vanno dimezzati subito, la politica tiri la cinghia’”.
Con la bellezza di 91 milioni di euro. Salute.
Chi invece non ha le idee chiare è il segretario del Pdl Angelino Alfano. Con i colleghi segretari dell’inciucio vara il taglio a metà , ma il 10 aprile rilascia un’intervista al Corriere della Sera. Titolo: “Alfano: alle forze politiche contributi con il meccanismo del 5 per mille”. Ancora: “Ci stiamo lavorando, dobbiamo fare presto, prestissimo e bene”.
Concetto diverso il 22 aprile sul Giornale amico: “Alfa-no spiazza l’antipolitica : ‘Rinunciamo ai finanziamenti’”.
L’enfasi è d’obbligo: “La mossa del segretario Pdl e di Berlusconi: ‘Primo partito ad azionariato popolare e senza denaro pubblico’”.
Chissà che fine ha fatto il progetto? Sempre dal Giornale, ampio spazio il 21 aprile alle promesse di un altro grande annunciatore: Renato Schifani, presidente del Senato e seconda carica dello Stato.
Il quotidiano di Sallusti offre una versione dura, quasi violenta dello sdegno di Schifani: “E Schifani bacchetta i partiti: ‘Regole certe sui soldi pubblici’”. Ovviamente il presidente del Senato si premura di chiedere “un percorso veloce che veda la riduzione dei finanziamenti pubblici ai partiti. Il Parlamento fissi regole e principi affinchè il denaro pubblico venga utilizzato solo per fini elettorali e politici”. Sono passati cinque mesi dal “percorso veloce” e il Parlamento ancora resiste ai controlli esterni.
Fini e Schifani si sono mossi anche in coppia, all’unisono.
Dal Messaggero del 12 dicembre 2011: “Parlamentari, Fini e Schifani ‘Tagliamo subito gli stipendi’”.
Anche qui, il richiamo è legato a un verbo di velocità : “I presidenti delle Camere accelerano: osserveremo il rigore”.
Magari, nel frattempo, avranno istituito anche un punto permanente di osservazione del rigore.
Declamano i due: “Come dimostrano anche le recenti decisioni autonomamente assunte dal Senato e dalla Camera, sulla nuova disciplina dei vitalizi, il Parlamento è pienamente consapevole dell’esigenza di dar vita ad atti esemplari”.
Dopo quasi dieci mesi, la politica è sempre “pienamente consapevole” dei tagli da fare.
L’importante è che non li faccia a sua insaputa.
Fabrizio d’Esposito
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 25th, 2012 Riccardo Fucile
COINVOLTI POLITICI DELL’IDV, PDL, UDC, UDEUR, AUTONOMISTI: SOTTO ACCUSA PER UNA “PAGHETTA” EXTRA DI 2.500 EURO AL MESE
La Sardegna è molto più avanti della Regione Lazio.
Non solo perchè già domani si svolgerà l’udienza preliminare per il rinvio a giudizio di ben 19 consiglieri regionali accusati, tutti insieme, di peculato.
Ma anche perchè al Consiglio regionale di Cagliari già da anni si è consolidata la prassi di spendere allegramente i soldi pubblici per farsi gli affari propri, senza rendiconto e in un clima di generale accordo tra tutti i partiti.
E dunque la richiesta di rinvio a giudizio pende su due esponenti dell’Italia dei Valori, svariati del Pdl, e poi mastelliani, casiniani, sardisti e autonomisti, socialisti.
Tutti accusati di aver utilizzato una paghetta mensile di 2.500 euro assegnata a ciascun consigliere dal gruppo misto e dal gruppo “Insieme per la Sardegna” durante la legislatura 2004-2009, quando era presidente Renato Soru.
GIà rinviato a giudizio risulta un ventesimo ex consigliere regionale, oggi senatore del Pdl, Silvestro Ladu.
Sulla carta di credito assegnatagli dal gruppo dal gruppo è riuscito ad addebitare anche il conto del carrozziere per l’auto di sua moglie.
“Per sbaglio”, ha detto al pubblico ministero Marco Cocco, che non gli ha creduto, anche perchè ha scoperto che la carta di credito personale di Ladu era scaduta da anni.
Il senatore Pdl deve rispondere di 253 mila euro pubblici spesi senza rendiconto. Il caso è esemplare.
La prassi della regione Sardegna era che tutti i mesi il capogruppo versava sui conti correnti dei consiglieri la paghetta da utilizzare, come suol dirsi, per l’attività politica
Non essendoci nell’ordinamento della regione alcuna norma sull’obbligo di rendiconto, è difficile per il senatore rinviato a giudizio dimostrare che, dopo l’errore, ha rimborsato a se stesso come consigliere le spese del carrozziere sostenute da se stesso.
L’altro insegnamento che viene dalla Sardegna è che in questo caso qualcuno ha rotto il muro del silenzio e ha innescato l’inchiesta della magistratura.
Non un politico, naturalmente, ma una funzionaria del Consiglio regionale, Ornella Piredda, che ha pagato un prezzo salato al suo coraggio.
È stata demansionata e trasferita, ha perso parte della retribuzione, non è più stata in grado di pagare le rate del mutuo e ha dovuto vendere la casa.
“Chi prova a rompere il silenzio va incontro a ritorsioni molto pesanti”, ha detto alla “Nuova Sardegna”.
Spalleggiata dall’avvocato Andrea Pogliani, ha intrapreso e vinto una causa davanti al giudice del lavoro, che ha condannato a risarcirla l’allora presidente del gruppo misto, il sardista Giuseppe Atzeri.
Atzeri a questo punto, oltre alle accuse dipeculato, deve fronteggiare un’altra pendenza penale, quella per abuso d’ufficio legata al mobbing inflitto alla Piredda.
La quale, paradossalmente, è garantita solo dall’allegria con cui i gruppi consiliari della Regione Sardegna facevano le assunzioni.
Insieme ad altri 25 funzionari, è stata assunta dal Consiglio Regionale a tempo indeterminato ma senza concorso, in un rapporto privatistico. In seguito, con gli altri 25, è stata trasferita con una delibera alle dipendenze della Regione, dove oggi si occupa di servizi sociali mentre gli altri sono rimasti ai gruppi grazie al nobile istituto del distacco.
Secondo Piredda, che ha lavorato solo per il gruppo misto e per “Insieme per la Sardegna”, si può comunque dedurre che la musica non cambia negli altri gruppi, visto anche l’isolamento subito dopo la denuncia.
Le storie ricostruite dalla procura avrebbero richiesto un buon romanziere per essere inventate. A un certo punto il gruppo “Insieme per la Sardegna” si scioglie, e tutti i suoi membri confluiscono nel gruppo misto.
Rimangono però in cassa dei soldi, che quattro consiglieri (Sergio Marracini dell’Udc, Salvatore Serra della Sinistra autonomista, Giuseppe Giorico dell’Udeur e Carmelo Cachia della Margherita) decidono di dividersi, secondo l’accusa, con assegni per 17mila euro a testa.
E c’è il consigliere dell’Idv Giommaria Uggias, ex sindaco democristiano di Olbia e oggi unico europarlamentare sardo, che è accusato di aver pagato con i soldi della Regione le bollette telefoniche del suo studio legale.
Stranezze del partito dipietrista: il suo difensore è un altro esponente idv, Federico Palomba, ex presidente della Regione nella legislatura 1999-2004, che due giorni fa ha attaccato gli attuali consiglieri regionali, chiedendo perentoriamente di “pubblicare subito sul sito istituzionale del Consiglio il rendiconto dettagliato delle spese dei gruppi consiliari, in modo che i cittadini sappiano come sono stati spesi i soldi pubblici”.
Ma per adesso l’unico modo che hanno i cittadini di sapere come sono stati spesi i loro soldi è aspettare il processo al suo compagno di partito e cliente.
Giorgio Meletti
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Settembre 25th, 2012 Riccardo Fucile
MIGLIAIA DI COMMENTI NEGATIVI DEI CLIENTI DELL’AZIENDA SULLA SCELTA DI FAR SFILARE UN’INDAGATA PER SFRUTTAMENTO DELLA PROSTITUZIONE: “COME METTERE LA LEWINSKY ALLA COLGATE”
Credeva di “attirare l’attenzione” dei suoi clienti con una testimonial d’eccezione, ma il risultato non si è dimostrato in linea con le aspettative.
Al contrario, si è rivelato un boomerang.
La scelta di Parah di fare sfilare Nicole Minetti in passerella alla settimana della moda di Milano ha suscitato centinaia di reazioni negative sulla sua pagina facebook, dove in tanti assicurano di non volere più acquistare i prodotti del marchio.
“La Minetti la prossima sfilata la deve fare in tribunale davanti ai giudici con l’accusa di sfruttamento della prostituzione, anche minorile! E voi la chiamate a farvi da testimonial?”, scrive BlackOut, mentre c’è chi definisce la scelta una “squallida manovra”, un “autogol incredibile” e un “suicidio di marketing“.
Per Paolo è “come vanificare anni di branding in una mossa sola” e Gianluca osserva: “Qualcuno dell’ufficio marketing mi può spiegare come fanno 1.234 commenti per la stragrande maggioranza negativi (fino ad ora) e senza alcun intervento moderatore da parte dell’azienda, ad essere considerati una campagna di successo?”.
Si susseguono centinaia di utenti che, oltre a criticare la scelta dell’azienda, spiegano di avere buttato gli indumenti del marchio e di non acquistarne più (“Ho preso dei vostri prodotti e buttati nel posto che meritano: la spazzatura”, “la Minetti è il nulla che avanza e voi avete dato voce ad una persona che è arrivata in consiglio regionale muovendo il bacino. Non penso che comprerò neppure una spilla da voi” e “ vi siete suicidati. D’ora in poi chi compra e indossa Parah sarà bollata come puttana”).
Poi Giovanni azzarda il paragone: “E’ come mettere la Lewinsky alla Colgate”.
E conclude: “Siete pietosi. Cosa dico alle mie figlie? Che darla a uno di 80 anni paga a quanto pare…”.
Tutti commenti relativi allo status postato dall’azienda su Facebook.
“Parah negli anni ha sempre cercato di portare avanti l’immagine di un brand serio, ricercato, avvalendosi anche di testimonial famosi che hanno portato orgogliosamente i nostri capi e che noi con soddisfazione abbiamo visto far parte delle nostre campagne pubblicitarie — scrive sul suo profilo, come già aveva fatto in una nota ufficiale pubblicata sul sito aziendale -. Ma al giorno d’oggi l’unico modo per colpire l’attenzione sembra essere quello di stupire e creare scandalo, ecco perchè spesso i nostri modelli non hanno ottenuto l’attenzione sperata, ancora meno se i testimonial sono ragazzi e ragazze scelti tra la gente comune. Ecco che questa volta abbiamo osato”.
Candidamente ammette di avere “sfruttato l’attenzione mediatica che circonda la figura di Nicole Minetti per rompere gli schemi e ottenere la Vostra attenzione”.
Una mossa che definisce “coraggiosa” anche se, ammette, “ci dispiace aver turbato e fatto arrabbiare qualcuno, soprattutto quando i nostri Clienti e Fan storici, che da sempre seguono Parah, dicono che vogliono abbandonarci”.
Parah si dichiara quindi fiera della ‘modella’ d’eccezione.
Anche se, a differenza di quanto hanno fatto gli altri brand in passerella, non ha postato le immagini della sfilata.
Finite peraltro su tutti i giornali.
Eleonora Bianchini
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Settembre 25th, 2012 Riccardo Fucile
UN ANNO E MEZZO FA UN CONSIGLIERE DELL’UDC AVEVA CHIESTO AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO REGIONALE DEL LAZIO DI POTER PRENDERE VISIONE DELLE FATTURE… “SPETTA SOLO AI CAPOGRUPPO AVANZARE TALE RICHIESTA, QUESTIONE DI PRIVACY”
“Sono dispiaciuto di non poter assolvere alla Tua richiesta”.
È il 21 giugno 2011 quando il presidente del Consiglio regionale del Lazio, Mario Abbruzzese, risponde alla lettera di un consigliere Udc.
Una lettera che, spedita cinque giorni prima, il 16 giugno, chiedeva trasparenza sulla distribuzione dei rimborsi ai gruppi.
Nella lettera, il consigliere centrista chiede di visionare le delibere dell’ufficio di presidenza, citando espressamente la legge regionale n.6 del 15 marzo del 1973, comma 3 bis.
È la norma a base dei rimborsi alle spese dei gruppi.
La legge prevede espressamente che “ciascun gruppo consiliare ha diritto a un contributo mensile, per le spese di aggiornamento studio e documentazione, compresa l’acquisizione di collaborazioni, nonchè per diffondere, tra la società civile, la conoscenza dell’attività dei gruppi consiliari, anche al fine di promuoverne la partecipazione all’attività dei gruppi stessi e particolarmente all’esame delle questioni ed all’elaborazione di progetti e proposte di leggi e di provvedimenti di competenza del Consiglio regionale”.
Soldi che, come abbiamo visto, sono spesso finiti in esosi conti pagati in ristoranti, con cene a base di ostriche e champagne, oppure in Suv da 90mila euro, fino a rimborsare fatture che — secondo la magistratura — potrebbero addirittura essere false.
Un anno e mezzo fa, però, quando il consigliere dell’Udc chiede al presidente Abbruzzese di visionare i rendiconti dei gruppi, riceve un rifiuto netto e — per di più — ufficialmente protocollato. Il presidente del consiglio laziale, infatti, risponde che il collega onorevole non ha i titoli per avanzare una simile richiesta: una prerogativa che appartiene ai soli capigruppo dei singoli partiti secondo quanto cita il regolamento del consiglio regionale.
Se acconsentisse alla richiesta di un semplice consigliere, che è certamente presidente di una commissione regionale, ma non capogruppo — aggiunge Abruzzese — in Regione si creerebbe un precedente che, di lì in poi, darebbe a tutti la possibilità di accedere a quei conti riservati.
Una questione di privacy, insomma, e di precedenti, che Abbruzzese non intende violare.
La trasparenza, insomma, non è gradita.
E ora è la magistratura a valutare la congruità delle ricevute presentate dal Pdl.
Con il suo ex capogruppo, Franco Fiorito, indagato dalla procura di Roma per peculato e la governatrice Renata Polverini che, a pochi giorni dallo scandalo, ha dovuto rassegnare le dimissioni.
Loredana Di Cesare |
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Settembre 25th, 2012 Riccardo Fucile
L’OSSESSIONE DEI POLITICI E’ APPARIRE…. PER LA POLVERINI STANZIATI UN MILIONE E 287 MILA EURO
Che i consiglieri regionali Pdl fossero ossessionati dall’immagine lo abbiamo scoperto dalla lettura del conto corrente gestito – si fa per dire – dall’ex tesoriere Franco Fiorito.
Fiumi di denaro per interviste a pagamento.
Un’abitudine gradita però anche agli altri consiglieri regionali, presidente in testa.
È stato proprio lui, Mario Abbruzzese sempre in quota Pdl, ad autorizzare la bellezza di 1 milione e 212 mila euro alla voce informazione su giornali, radio e tv.
Già nota è del resto, la sua sensibilità ai privilegi.
Il presidente del consiglio regionale del Lazio (oramai ex con le dimissioni della Polverini) ha uno stipendio d’oro: quasi 21 mila euro lordi al mese, ovvero 251 mila euro all’anno. Insomma, Abbruzzese guadagna poco meno del presidente americano Barack Obama (275mila euro). Altrettanto conosciuta è la disinvoltura con cui usufruisce di due auto blu, una a Roma e l’altra a Cassino sua città d’origine, «perchè sono mi diritto».
Ma torniamo alle spese per la comunicazione.
Nell’allegato alla Delibera del 13 giugno 2010, Abbruzzese firma di suo pugno l’elenco di tutte le emittenti radiotelevisive e dei giornali che devono ricevere soldi dalla Regione.
Attività legittima per promuovere l’immagine del Consiglio regionale.
Innegabile però l’effetto che produce questa pioggia di soldi pubblici in epoche di crisi come quella che stiamo attraversando negli ultimi anni.
L’importo milionario è destinato a sostenere tutto l’arco consigliare, ma non si può tuttavia non notare che su 32 tv locali ce ne sono 9 dell’area che coincide con il bacino elettorale di Abbruzzese e anche di Fiorito: la Ciociaria.
Terra che è talmente nel cuore del presidente da richiedere una considerevole attenzione. Una passione, per carità condivisa anche con gli altri consiglieri (e non solo del Pdl), ma che non si può comunque non evidenziare.
Ecco allora 120 mila euro a Telesia, 90 mila a Media work e 20 mila alla Gazzetta di Cassino. Poi ovviamente ci sono anche le arre del Viterbese (terra di Battistoni, succeduto alla guida del gruppo Pdl dopo l’avviso di garanzia a Fiorito) (10 mila euro a Tuscia web), Latina e via discorrendo.
Si registrano anche 10 mila euro a una tv di Rieti (Telecentro Lazio), tanto cara a Lidia Nobili. La consigliera Pdl con la passione di Scientology e la mania di protagonismo in interviste a pagamento tanto da aver fatto confluire a due tv rietine 111 mila euro dai fondi per le spese elettorali.
L’unica nota positiva dell’allegato sulle spese per l’informazione è il risparmio di quasi 600 mila euro – 595 mila per l’esattezza – dovuto al fatto che a fronte di una richiesta di 1 milione e 807 mila euro di spesa, ne siano stati poi concessi 1 milione e 212 mila euro.
E comunque non va tanto meglio neppure alla giunta regionale guidata fino a ieri da Renata Polverini .
Partita con un occhio al risparmio, anche la Polverini poi ha ingranato la marcia sul fronte comunicazione.
Ecco allora che per il 2011 ai «Contratti con i mezzi di informazione» sono stati stanziati 396 mila e 400 euro. Che subiscono però un’impennata l’anno successivo.
Basta dare un’occhiata al resoconto della «Vigilanza sulla comunicazione istituzionale della giunta regionale», redatto il 28 giugno scorso: nel 2012 la spesa stanziata è salita a 1 milione e 287 mila euro.
Anche in questo caso, come per il consiglio regionale, tutto rendicontato.
La domanda tuttavia si impone: è tutto a norma?
Si è forse verificato qualche spreco?
Già l’altro ieri il presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampaolino e il procuratore regionale della Corte dei Conti, Raffaele De Dominicis, sono intervenuti per ribadire che verificheranno ogni spesa esagerata. «Lavoreremo con intensità sulle questioni illecite che discendono dai recenti fatti di cronaca» hanno dichiarato.
Ed è probabile che le dimissioni della governatrice Renata Polverini contribuiranno ad accelerare le verifiche.
Grazia Longo
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Settembre 25th, 2012 Riccardo Fucile
QUALCHE CHANCE ANCHE PER BERTOLASO E TODINI, GASBARRA E SASSUOLI… RESTANO I VITALIZI, NIENTE TAGLI AI CONSIGLIERI, ELEZIONI ENTRO SEI MESI…LA POLVERINI PUNTA ALLA CAMERA, IL PD TENTA L’ASSE CON L’UDC
Il dopo Renata Polverini è già cominciato: nelle segrete stanze della politica, in modo trasversale, le dimissioni della governatrice del Lazio erano un fatto che in molti davano per scontato, al massimo rinviabile di qualche ora, o forse di qualche giorno, dopo lo scandalo dei fondi usati con «allegria» in Consiglio regionale.
«Adesso rimarranno i vitalizi, i 70 consiglieri e i 16 assessori, il listino e non ci sarà l’anagrafe degli eletti – ricorda il vicepresidente della Giunta e assessore all’Urbanistica, Luciano Ciocchetti (Udc) -. Non si poteva più andare avanti, rischiavamo di finire tutti nel tritacarne e invece vanno accertate le responsabilità di chi ha sbagliato, ma c’è amarezza per un lavoro importante che abbiamo portato avanti in questi anni con risultati straordinari».
«Il Consiglio – aggiunge Ciocchetti – potrà riunirsi e approvare solo provvedimenti straordinari».
A rischio quindi una delle voci più importanti di risparmio, prevista dalla Spending review del Governo Monti, che riguarda la riduzione del numero di consiglieri e assessori.
Dal momento in cui le dimissioni di Renata Polverini sono esecutive, scattano i 135 giorni previsti per legge: 90 giorni per indire le elezioni e 45 di campagna elettorale. Le elezioni regionali, a questo punto, si potrebbero svolgere a febbraio.
È possibile però che il Governo Monti, anche per risparmiare, opti per un election-day accorpando le regionali con le elezioni comunali e le politiche previste per la primavera.
Ma chi saranno i candidati a scendere in campo in primavera per raccogliere la difficile eredità di Renata Polverini (che aspirerebbe a una poltrona alla Camera)?
Nel toto presidente il centrodestra, ancora sotto choc, ha in pole position l’ex ministro e attuale deputato Giorgia Meloni, che secondo molti all’interno del Pdl, potrebbe rappresentare una figura con molte frecce al suo arco.
È giovane, conosce bene Roma e il Lazio e durante la sua militanza politica (prima An, ora Pdl) non ha avuto problemi giudiziari.
n personaggio molto noto nella Capitale potrebbe essere anche l’ex capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, costretto alla dimissioni per la vicenda degli appalti in occasione del G8.
Luisa Todini, attuale membro del Cda della Rai ed ex europarlamentare di Forza Italia è un outsider molto accreditato: il suo nome, del resto era tra quelli più credibili quando alla fine del 2009 il Pdl decise di puntare proprio su Renata Polverini nella corsa al dopo Marrazzo.
Ma qualcuno vicino a via dell’Umiltà suggerisce anche di non sottovalutare eventuali candidati provenienti dalla società civile, magari con una comprovata esperienza nel mondo imprenditoriale.
Da definire il ruolo e il peso che potrebbe recitare l’Udc: dopo la vicepresidenza sotto la Giunta Polverini, sostengono gli ex scudocrociati, un candidato centrista alla guida della Regione potrebbe riscuotere larghi consensi dal mondo cattolico e moderato.
Ma i vertici del partito dovranno prima definire accordi e strategie a livello nazionale.
Nel centrosinistra, invece, di candidati papabili ce ne sono già alcuni con un lungo curriculum alle spalle: tra loro figura di certo Enrico Gasbarra, attuale deputato (Pd) e segretario regionale del partito, che vanta una lunga militanze negli enti locali (ha ricoperto incarichi da vicesindaco della Capitale e presidente della Provincia di Roma) e è un cattolico ben visto anche Oltretevere.
In serata circolava anche la voce di un possibile accordo tra Pd e centristi dell’Udc per mandare Zingaretti in Campidoglio e Andrea Riccardi, cofondatore della Comunità di Sant’Egidio e attuale ministro per la Cooperazione internazionale, alla Regione.
Dall’europarlamento di Bruxelles, dove è stato eletto nel 2009, anche David Sassoli (Pd) ha qualche chance di entrare in lizza per la guida della Regione.
Un volto nuovo nel centrosinistra potrebbe essere Jean-Leonard Touadì, congolese di Brazzaville, laureato in filosofia: parla 8 lingue, è cattolico e ha 3 figli.
È stato nel 2006 il primo assessore romano con la pelle nera (con delega all’università e ai giovani) della Giunta Veltroni.
È stato anche nel 2008 il primo deputato di colore eletto alla Camera.
Francesco Di Frischia
(da “Il Corriere della Sera“)
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