Settembre 21st, 2012 Riccardo Fucile
LA PRESIDENTE: “ABBIAMO CENTRATO L’OBIETTIVO, MI SENTO DI CONTINUARE”…. ELETTA CHIARA COLOSIMO (IN CONTO EX AN) NUOVO CAPOGRUPPO: E’ LA PIU’ GIOVANE
Centrato l’obiettivo: tagli alle commissioni e azzeramenti ai trasferimenti.
Così, secondo la presidente della Regione Lazio Renata Polverini, finisce lo scandalo su Fiorito e compagnia.
La governatrice è intervenuta in consiglio regionale, ha parlato di dimissioni “vere, ma sospese”, di un “regolamento serio” e da qui ha aggiunto di sentirsela di “andare avanti”.
“Oggi abbiamo centrato l’obiettivo, ciò che avevo chiesto — ha spiegato la Polverini alla Pisana — Abbiamo dimezzato le commissioni, abolito quelle speciali, azzerato i trasferimenti al consiglio regionale. Ora metteremo in campo un regolamento serio”.
Quindi la presidente si è rivolta ai consiglieri di maggioranza: “Noi non abbiamo bisogno dei sondaggi. Dobbiamo capire se ce la sentiamo di fare uno sforzo importante, sapendo che tutto quello che faremo avrà un’osservazione particolare. Se voi ve la sentite io me la sento”.
E, sorprendentemente, si è difesa attaccando il segretario del Pd Pierluigi Bersani ha detto: “Dice che mi devo dimettere ma mi deve spiegare perchè non lo ha fatto lui davanti alle vicende Lusi e Penati”.
I tagli, dunque.
Secondo la Polverini con i tagli approvati oggi “i cittadini del Lazio avranno venti milioni in più”.
Risorse che “andranno all’assessorato al lavoro e politiche sociali. Viste le difficoltà su questi due versanti. Inoltre i fondi per la nuova palazzina, che abbiamo revocato, saranno destinati alla sanità , ad opere concrete che andremo a realizzare insieme perchè i tagli li abbiamo fatti insieme”.
Sono stati azzerati e revocati gli investimenti: per esempio “la nuova palazzina non si farà , abbiamo revocato l’assegnazione delle auto blu, sciolto i monogruppi e creato l’impianto razionalizzazione dei fondi”.
Le commissioni consiliari sono passate da 16 a 8.
La nuova capogruppo del Pdl.
Il “giorno della verità ” della Polverini si è aperto con la nomina del terzo capogruppo Pdl in consiglio regionale in poche settimane.
Chiara Colosimo è stata eletta dai consiglieri all’unanimità e succede così al dimissionario Francesco Battistoni.
Il governatore prenderà oggi pomeriggio una decisione sul suo futuro politico. Tutto dipenderà dal voto sui tagli agli sprechi.
Questa mattina l’ex segretario Ugl ha scritto una lettera al quotidiano Il Tempo: “Sul piano politico è intollerabile e indecente quanto accaduto”.
E prosegue: “Poichè il ruolo della politica è dare risposte, in Consiglio regionale e in giunta ho chiarito e agito immediatamente. Se il Consiglio regionale non adotterà le misure che abbiamo approntato non ha senso che l’Assemblea regionale resti in carica”.
“Da oggi parte il rilancio del Popolo della Libertà alla Regione Lazio, e lo fa compatto” ha detto la neoeletta capogruppo.
“Siamo contenti di poter partecipare — ha aggiunto — alla svolta della Regione Lazio, per quello che riguarda i costi e lo abbiamo fatto consapevolmente”.
Colosimo, 26 anni, è la più giovane consigliera del Lazio.
Proveniente dalle fila di An, corrente Fabio Rampelli, è anche dirigente regionale dei giovani del partito.
Fu proprio lei, lunedì, nel corso della seduta di Consiglio dell’aut-aut di Polverini a prendere la parola al posto del capogruppo.
La governatrice non ha mai nascosto la sua stima per la giovane consigliera anche pubblicamente.
La Polverini è tornata a parlare oggi confermando quel “non poteva non sapere” che Fiorito avrebbe detto ai magistrati riferita alla governatrice.
E lo fa spiegando di essersi mossa, in effetti, da tempo per chiedere un taglio alle spese del consiglio: “I dipendenti del Consiglio hanno un contratto diverso da quelli della Giunta. La Giunta quindi non può che erogare le risorse sulla base di quello che il Consiglio chiede. La cifra abnorme era già nella mia attenzione. Avevo richiamato più volte il presidente del Consiglio ad avviare una spending review che in parte aveva già iniziato a fare. Nell’ultima fase avevo cominciato a scrivere lettere che già tutti conoscono, perchè è evidente che quella cifra, al di là di quello che è stato commesso, era una cifra che in un momento così delicato per la nostra Regione non era più possibile permettersi”.
La presidente della Regione giura che, superato questo ostacolo, cambierà il Lazio: “Se oggi il Consiglio dimostra, e sono sicura che farà così, che c’è la consapevolezza di poter andare avanti malgrado ciò che ho definito una catastrofe politica ancora da superare — sostiene — saremo in grado di trasformare in questi due anni e mezzo questa Regione”.
“Con il taglio delle Commissioni da 20 a 8 e con tutti gli altri provvedimenti già trasformati in atti quest’anno porteremo 20 milioni di risparmio” ha aggiunto, prevedendo 26 milioni di risparmi per i prossimi due anni.
Sull’altro fronte, però, bisogna fare i conti con le parole di Franco Fiorito, che nel corso dell’interrogatorio davanti ai pm (salvo poi smentire in tv), ha parlato di una lettera protocollata il 18 luglio e inviata anche a Renata Polverini: “C’è stata una congiura nei miei confronti dopo la lettera perchè volevo controllare quei conti, perchè i miei li ho versati tutti secondo la legge, altri no”.
Da qui la linea secondo cui Polverini “non poteva non sapere”.
Stamani intanto nuovo vertice in Procura al quale hanno partecipanti i magistrati titolari dell’inchiesta e gli ufficiali della Guardia di Finanza che conducono le indagini.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Settembre 21st, 2012 Riccardo Fucile
LE FIAMME GIALLE ENTRANO NEGLI UFFICI DEL CENTRO DIREZIONALE E SEQUESTRANO I CONTI… L’IPOTESI DI REATO E’ PECULATO
È choc in regione Campania che rischia di finire come la regione governata da Renata Polverini.
Dopo lo scandalo che ha travolto il Lazio, la Guardia di finanza si muove ora in Campania e con un blitz in consiglio regionale scava tra i bilanci dei partiti.
ACQUISITI DOCUMENTI
I militari delle fiamme gialle, in particolare, sono entrati negli uffici al Centro direzionale e hanno acquisito i documenti del bilancio regionale relativi alla ripartizione di fondi per i vari gruppi nonchè la relazione della presidenza del Consiglio sulle modalità di rendicontazione.
L’iniziativa è stata disposta nell’ambito di una inchiesta della procura di Napoli che ha aperto un fascicolo per l’ipotesi di peculato. L’inchiesta è condotta dal pm Giancarlo Novelli ed è coordinata dal procuratore aggiunto Francesco Greco.
BONIFICI
Dai primi accertamenti compiuti dal nucleo regionale di polizia tributaria emergerebbe che denaro destinato ai gruppi regionali presenti in Consiglio in Campania era finito attraverso bonifici nella disponibilità di singoli consiglieri.
Sono in corso accertamenti per verificare se e in che modo il denaro sia stato successivamente speso.
L’indagine che ha portato le Fiamme Gialle ad acquisire atti è scaturita da intercettazioni telefoniche disposte nell’ambito di un’altra inchiesta su reati di pubblica amministrazione in cui è coinvolto un consigliere.
Gli inquirenti intendono esaminare le spese dei consiglieri che rientrano in tre voci di bilancio: indennità per le attività politiche, comunicazione e funzionamento dei gruppi.
Da un primo esame del materiale acquisito emergerebbe che l’ammontare complessivo delle spese si aggirerebbe intorno ai sei milioni di euro all’anno.
Sotto la lente dei magistrati anche il denaro destinato a consulenze e rappresentanza.
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Settembre 21st, 2012 Riccardo Fucile
I BILANCI SONO CERTIFICATI DALLA CORTE DEI CONTI MA IN REALTA’ NON DICONO NULLA PERCHE’ SONO VOCI AGGREGATE… SE CHIEDI RICEVUTE E SCONTRINI TI SBATTONO LA PORTA IN FACCIA
Peggio che chiedere lo scontrino al bar. Non hanno niente da nascondere in Regione Lombardia ma quando si tratta di mostrare una ricevuta quasi tutti fanno muro.
Tirano in ballo la violazione della privacy e s’attaccano al “diritto alla discrezionalità del consigliere a spendere nell’esercizio delle sue funzioni”.
Al Pirellone funziona così, i soldi sono pubblici quando entrano e privati appena escono.
Anche se annunciano future mozioni bipartisan sulla trasparenza, oggi non resta che credergli sulla parola.
Ma dopo il caso Fiorito in Lazio anche quella vacilla e allora tocca bussare a tutte le porte per capire come i gruppi spendono il loro tesoretto in un pozzo che l’anno scorso ha inghiottito 71 milioni di euro per 26 sedute soltanto.
Certo, nel loro bilancio — che è pure certificato dalla Corte dei Conti — c’è il rendiconto degli 11 milioni spesi: 3,2 tra funzionamento e attività di comunicazione, 7,5 per il personale e così via.
Ma sono voci aggregate: cosa vuol dire che il Pdl ha usato 450mila euro in “spese dei consiglieri per l’espletamento del mandato”?
Come hanno speso 720mila euro in comunicazione?
Si accalora a rispondere il capogruppo Paolo Puccitelli: “Qui non siamo mica alla Regione Lazio, loro sono 71 noi 80 ma a Roma hanno un bilancio di 98 milioni e noi un terzo di meno. E poi noi teniamo tutte le ricevute, le fatture e gli scontrini per cinque anni come dice la legge. Se vuole le mostro tutte le tabelle”.
Grazie, le abbiamo, a questo giro vorremmo vedere le fatture.
“Non esiste proprio — scandisce irritato Puccitelli — Io non tiro fuori un bel niente, ci sono cose che sono riservate, personali. Magari dovrei dirvi anche dove va a cena questo e quel consigliere, cosa mangia e quanto spende… Roba da matti, io non voglio grane e senza l’autorizzazione di tutti e 29 i colleghi non faccio vedere un bel niente”.
Si scende di cinque piani ma la musica non cambia.
Al gruppo del Pd si parla con Stefano Tosi.
“Certo abbiamo l’ufficio contabilità con segretaria e tutto, ecco quello che spendiamo. Non mettiamo i dettagli online perchè i giornalisti potrebbero farne un uso strumentale falsando le informazioni”.
Peccato che sia la solita tabella senza dettagli: 212mila per il mandato dei consiglieri, 120mila per consulenze (a chi?), 72mila in convegni e manifestazioni.
Il resto in trasporto, giornali, spese di stampa fino a sfiorare i 600mila euro nel 2011. Tenete le fatture? “Certo che teniamo tutto, è in un faldone ma non tengo a mente tutte le spese. Se vuole le mostro il bilancio”.
E ci risiamo.
Che ne dice invece di farmi dare una sbirciatina alle ricevute? Così, giusto per provare il brivido del proibito…
“Eh no questo no, non andiamo in giro a distribuire i conti facendoli vedere a questo e a quello. Come i consiglieri gestiscono le loro spese è una scelta discrezionale”. Anche la Lega,fa orecchie da mercante. Sel e Idv, invece, si rendono disponibili a fornire la rendicontazione, fattura per fattura.
Il capogruppo dell’Idv Stefano Zamponi dichiara: “Sentiti i colleghi ho aderito subito all’invito del Fatto Quotidiano sia perchè non abbiamo nulla da nascondere, sia per dare un segnale che la politica non è tutta uguale. Invito gli altri gruppi a fare altrettanto perchè in una situazione che ricorda Tangentopoli, con l’antipolitica che soffia sul fuoco e la competizione elettorale alle porte non si possono lasciare ombre”. Appuntamento lunedì alle 14.30, scontrini e fatture alla mano.
Anche Chiara Cremonesi di Sinistra ecologia e libertà , sentiti i colleghi, ha manifestato analoga disponibilità .
Il capogruppo del Carroccio è lapidario: “Non è possibile farvi vedere nulla e poi non ne vedo proprio il motivo perchè i nostri bilanci sono certificati dalla Corte dei Conti, quando la Lombardia sarà messa come il Lazio ne riparleremo”, dice Stefano Galli.
Sì ma la Corte non vi chiede di giustificare le spese e mostrare le fatture…
“Questo io non lo so, ma chissenefrega. Come spendiamo i nostri soldi sono cazzi nostri. Arrivederci”.
Allora chi controlla che le spese non siano senza controllo?
Tutti e nessuno.
I gruppi si autocertificano spese e rendiconti tramite i propri funzionari amministrativi che entro il 31 marzo depositano i bilanci all’ufficio di presidenza.
Quest’ultimo li ratifica entro giugno.
In realtà la legge (art. 7 LR n. 17 del ’92) gli conferisce il potere di “chiedere chiarimenti, nonchè l’esibizione della documentazione relativa alle spese sostenute dai propri consiglieri”. Potere ma non “dovere”.
E infatti da vent’anni resta un’opzione poco praticata.
“Noi controlliamo la regolarità formale e la coerenza degli importi — conferma un dirigente — non le singole spese; chiediamo spiegazioni se notiamo scostamenti visibilmente anomali”.
E infatti si ricorda un solo caso di spesa riconosciuta illegittima per 700 euro, tutto quello che hanno speso gli altri 79 consiglieri è passato in giudicato e non c’è capogruppo che ricordi una richiesta di accertamento spese.
Anche la Corte dei Conti lavora così, chiudendo la catena della vigilanza nel solco della coerenza contabile e sotto l’insegna inviolabile della privacy degli eletti.
Thomas Mackinson
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Settembre 21st, 2012 Riccardo Fucile
IN ATTESA DELL’AEREO IN ARRIVO DI NANIA E DI QUELLO IN PARTENZA DI ROSI MAURO
Per riprendermi dalle foto del toga party laziale — deputate travestite da ancelle e maiali travestiti da maiali — sentivo il bisogno di rifugiarmi in un’istituzione seria, il Senato della Repubblica.
Ieri quell’augusto consesso si occupava di violenza sulle donne.
Nell’accostarmi al dibattito, trasmesso dalla tv parlamentare, mi domandavo quali mozioni ed emozioni avrebbero prevalso.
In realtà la domanda che avrei dovuto pormi era un’altra: a che ora sarebbe atterrato l’aereo del vicepresidente Nania.
L’uomo incaricato di presiedere la seduta, Nania appunto, era infatti ancora all’aeroporto di Catania per un ritardo di cui ha subito incolpato il ministero dei Trasporti.
Ingenuamente mi sono chiesto cosa ci facesse il vicepresidente del Senato a Catania di giovedì. Già il Parlamento funziona due giorni e mezzo alla settimana.
Sarà troppo pretendere che almeno quelle sessanta ore i nostri stipendiati le trascorrano a Roma nel luogo di lavoro?
In attesa del decollo di Nania, sullo scranno presidenziale è salita Rosy Mauro, che dopo lo scandalo della Lega si è dimessa da vicepresidente vicario, però non da vice semplice.
La capisco: i distacchi vanno centellinati.
Ma anche lei aveva un aereo in partenza e così «per impegni urgenti e improrogabili» (qualche laurea all’estero?) una donna ha sospeso la seduta dedicata alla violenza sulle donne.
Dopo mezz’ora di buio istituzionale senza precedenti è dovuto accorrere il presidente Schifani, interrompendo un incontro coi beagle della Brambilla.
Sto cercando una battuta per chiudere, ma dalla disperazione mi è caduta la testa sulla tastiera. La rialzerò appena atterra Nania.
Massimo Gramellini
(da “La Stampa“)
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Settembre 21st, 2012 Riccardo Fucile
SILVIO VUOLE MONTI A CAPO DEL GOVERNO E TEME LA SENTENZA RUBY
Il giorno dopo lo tsunami laziale la risacca del Pdl lascia sulla battigia la seconda vittima sacrificale: il capogruppo in regione Francesco Battistoni, costretto da Berlusconi e Alfano a mollare l’incarico (ma il posto da consigliere se lo tengono stretto sia Battistoni che “Batman” Fiorito).
Il segretario Alfano, dopo aver ricevuto a via dell’Umiltà il reprobo, rivendica il repulisti in corso: «Il Pdl ha cacciato Fiorito dal partito, sostenuto il piano di riforme della presidente Polverini, rinnovato i vertici del gruppo e convocato i capigruppo di tutte le regioni».
La riunione con i capigruppo del Pdl di tutte le regioni italiane servirà a «condividere una linea comune che rafforzi gli elementi di trasparenza nei confronti dell’opinione pubblica sulla gestione dei fondi pubblici».
Ma per quanto Alfano si sforzi, il Pdl ormai appare una nave in balia della tempesta.
Persino Mario Monti, incontrando Antonio Martino prima della presentazione del libro di Federico Rampini, si sente in dovere di chiedere: «Cosa sta succedendo nel Pdl?».
Risposta: «Di tutto, ma finirà bene».
Dall’interno si moltiplicano le voci che chiedono una sterzata radicale, non i pannicelli caldi visti finora.
Guido Crosetto si augura che Fiorito «venga mandato a spaccare le pietre».
Laura Ravetto chiede che il Pdl faccia «pulizia» e prende in prestito dalla Lega l’immagine delle «ramazze».
In mattinata una delegazione di sindaci guidata dal primo cittadino di Pavia e leader dei “formattatori”, Alessandro Cattaneo, viene ricevuta da Alfano e alza la voce.
Ci sono i sindaci di Lecce, Verbania, Ascoli, Pescara, esprimono «forte malessere rispetto la gestione a livello locale del partito» e chiedono al segretario di fare di più: «O ci diamo una mossa oppure andiamo tutti a picco. È il momento di scelte drastiche».
Intanto a palazzo Grazioli Berlusconi riunisce i capigruppo e la prima linea dei dirigenti per cercare di fermare l’ondata di panico.
«Il nostro – dice – non può passare per un partito dei ladri». La prima cosa da fare «è convincere la Polverini a restare al suo posto».
In serata il Cavaliere la contatta prima della sua partecipazione a “Piazzapulita” ma ancora non riesce ad ottenere una risposta definitiva.
Il fatto è che anche Pier Ferdinando Casini sta facendo pressioni su «Renata», ma tira dalla parte opposta.
Ieri mattina il leader dell’Udc ha chiamato infatti la governatrice per consigliarle di dare le dimissioni, evitando di restare «altri due anni sulla graticola con il Pdl che ti farà la guerra su tutto».
Senza contare che al consiglio regionale si frigge per le voci di nuove indagini e rivelazioni che farebbero cadere altre teste del Pdl.
Ma non c’è solo lo scandalo laziale a turbare i sonni del Cavaliere.
Nella cerchia stretta di Berlusconi raccontano che al primo posto tra le preoccupazioni di questi giorni c’è il processo Ruby, con l’interrogatorio fissato per il 19 ottobre e una sentenza che l’ex premier è convinto sia di condanna.
Sentenza che arriverebbe prima delle elezioni, scombinando tutti i piani.
Sarebbe questa la ragione della cautela di questi giorni verso un’ipotesi di ricandidatura.
Ieri a palazzo Grazioli si è discussa l’idea di spacchettare il Pdl, lasciando che gli ex An si fondano con Storace in una “Cosa” nera.
La parte restante del Pdl – con Berlusconi costretto al passo indietro dal processo di Milano – sarebbe a quel punto una casa accogliente per Luca Cordero di Montezemolo.
Si dice che Alfano e Montezemolo si siano visti domenica scorsa per parlarne, ma la notizia non trova conferme.
L’altra idea del Cavaliere riguarda Monti: «E se fossimo noi – ha buttato lì – a chiedergli di restare a palazzo Chigi?»
Francesco Bei
(da “La Repubblica“)
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Settembre 21st, 2012 Riccardo Fucile
FIORITO: “COSI’ SI RUBAVA IN REGIONE”… I VERBALI DELL’EX CAPOGRUPPO PDL IN REGIONE LAZIO
Su 17 consiglieri che formano il gruppo Pdl alla Regione, sette avrebbero presentato fatture false.
E così mettendo tutto nero su bianco, Franco Fiorito, il consigliere finito nel registro degli indagati con l’accusa di peculato, cala l’unico asso che ha tra le mani: le ricevute rimborsate agli ex colleghi.
Le ha consegnate tutte ai magistrati che ieri lo hanno tenuto sotto interrogatorio per sette ore, anche se il reale interesse della procura è quello di ottenere spiegazioni non tanto sui conti degli altri, quando su quei 109 bonifici che hanno portato 753mila euro dalle casse del partito su conti esteri intestati al consigliere o ai familiari.
Su questo Fiorito è stato molto chiaro: “Erano i soldi del mio guadagno. E li ho riposti in conti esteri. Non sapevo di doverlo dichiarare al fisco.”
E così, con il suo avvocato Carlo Taormina, spiega ai pm che in un anno, in qualità di capogruppo ha diritto a 300mila euro di rimborsi.
E per tre anni sarebbero 900mila euro .
Il consigliere ha consegnato tutta la contabilità degli ultimi anni, anche quelli della gestione precedente, quando era capogruppo Alfredo Pallone.
Oltre alle fatture alla Majakovskij o all’associazione Lazzaroni, spuntano anche altre fatture.
Come quelle presentate da Battistoni per partecipare alla 112sima edizione di ‘Fiera cavalli Verona’, dal 4 al 7 settembre del 2010.
Ed ecco che spuntano: 10mila euro di hotel, 22.780 euro per il trasporto dei cavalli.
E ancora: 3mila euro tra stampe, tende a spioventi, e attrezzature varie.
Poi le fatture all’Agriturismo San Lorenzo di 2.440 euro.
Nello stesso agriturismo vengono prenotate anche 104 camere, tutte per Battistoni.
Per non parlare delle fatture alla società italiana del cavallo e dell’ambiente onlus di Blera, in provincia di Viterbo: la prima di 1.530 euro la seconda di altri 653 euro, oltre ai 30mila euro per “promozione e valorizzazione dei pony di Esperia”.
Poi durante l’interrogatorio Fiorito attacca anche la consigliera regionale Livia Nobili. Lei come tutti gli altri non faceva altro che chiedere denaro al consigliere, ovviamente da prendere nelle casse del partito.
Si dice infatti “ossessionato” dalla “moglie di Sant’Antonio”.
“Ormai era diventata una vicenda umana, mi perseguitava per chiedermi soldi, più di quanti gliene spettassero”: continue telefonate e squilli al cellulare, ‘posti di blocco’. E ieri si è sfogato dicendo tutto ai magistrati durante l’interrogatorio: “Ero perseguitato dalla Nobili”, soprannominata dai suoi colleghi, per il suo look eccentrico, “albero di Natale” o “moglie di Sant’Antonio”, in riferimento alle cerimonie religiose in cui i fedeli reatini ricoprono di doni il loro patrono con bracciali, collane e vestiti.
Insomma Fiorito ai pm consegna tutto ciò che ha anche se sono in corso tutti gli accertamenti per verificarne la veridicità .
Il suo è una sorta di autoassoluzione che continua anche a Porta a Porta, dove è stato intervistato ieri sera. Da Vespa, Fiorito suda e si agita, alza voce e sovrasta gli altri. Poi esonera la Polverini da qualsiasi responsabilità : “Io di queste cose alla Polverini non ho mai parlato. Lei in questo momento purtroppo ha anche troppi problemi. Non credo che lei sapesse. Il presidente del Consiglio Regionale sono certo che sappia, ma la presidente della Regione non lo so”.
E infine dopo aver definito vergognosa la quantità di denaro in politica, fa lo spaccone e aggiunge “purtroppo guadagno più del Capo dello Stato e del presidente del Consiglio insieme”.
“Mi sento di aver avuto più soldi di tante persone e capisco che per la mia immagine sia negativo, ma anche per la situazione in cui versa il Paese”.
Ma rubare no. “Tutti pensano che io abbia preso soldi e che li abbia tenuti in qualche cassaforte”, aggiunge Fiorito. “Invece, come ho dimostrato anche alla magistratura, le mie spese sono state tutte rendicontate”.
Su tutte queste spese intanto sono in corso gli accertamenti della procura e della Guardia di finanza, che ieri per la seconda volta dall’esplosione del caso è entrata in regione.
Sono stati acquisiti altri documenti e sono state fatte diverse domande a Nazzareno Cecinelli, segretario generale al consiglio regionale Lazio.
Valeria Pacelli
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Settembre 21st, 2012 Riccardo Fucile
DA ALEMANNO A PICCOLO, IL “REGIME ORA FA COMODO”…C’E’ CHI E’ FINITO IN CARCERE E CHI USAVA IL FONDO SPESE RAI
Domandina innocente, ma fino a un certo punto. Come mai gli ex missini sono, o appaiono, o comunque risultano, in tutte queste storie, i più famelici?
Quale misteriosa energia spinge questi attempati giovanotti?
Sono cresciuti con il mito della Patria, dell’Ordine, della Gerarchia, dell’Onore, della Tradizione e via dicendo.
E ora perchè sono lì ad abboffarsi senza requie nei ristoranti di lusso?
Quale maligno incantesimo, quale invincibile demonio li obbliga oggi a smaniare e a vendersi l’anima e la reputazione per una casa con un buon indirizzo o per una villa, un Rolex d’oro, una macchina di alta cilindrata, un autista servizievole, uno champagne millesimato, una vacanza esotica, una consulenza alla Rai, una escort che lo è, ma non lo sembra?
Quando Francone-Batman rivendica di sentirsi «il federale» non viene più nemmeno in testa quella fantastica pellicola con Ugo Tognazzi (1961).
E a guardare tanti suoi ex camerati, quegli stessi che in gioventù rischiavano o prendevano le botte nelle scuole o sotto casa, si resta attoniti come dinanzi a un sogno che è svanito.
Adesso fanno anche un po’ ridere gli effetti del risveglio.
Però il ripudio degli ideali, la secolarizzazione nera, come quella bianca e quella rossa, si rivela col tempo una faccenda molto seria e anche un po’ triste.
Ma quale fascismo! Questi che saturano le cronache con i loro grossolani desideri hanno in realtà acchiappato il peggio dei loro nemici, quegli stessi che per anni e anni li avevano rinchiusi in un recinto per appestati, o li avevano seppelliti nelle catacombe a lucidare mortiferi labari e polverose reliquie; prima che il Cavaliere gli restituisse la vita all’aria aperta, ma sempre stando bene attento che ai nuovi alleati un po’ rimanesse appiccicato il complesso d’inferiorità , che nel caso specifico ha tuttora e a buon ragione il nome di «impresentabilità ».
No, non è nostalgia, «ah, i buoni fascisti di una volta!». E’ che ora la compromissione dei postmissini in ciò che un tempo definivano «il regime» s’è intensificata e accelerata, e la trasformazione non solo li ha visibilmente e definitivamente stravolti, ma li sta anche perdendo, forse per sempre.
Famelici, sì. «È ora famelica, l’ora tua, matto./ Strappati il cuore» (Ungaretti). E se pure non esiste un attendibile strumento che misuri il primato della bulimia di potere degli ex missini rispetto ai leghisti, per dire, o ad altri eroi dell’appropriazione selvaggia.
Ma certo a Roma, con Alemanno, il processo è vistoso, asfissiante, spesso ridicolo perchè al tempo stesso sorcio e tracotante.
Fecero impressione, quando fu eletto, i saluti romani, ma oggi francamente spaventano di più le parentopoli Ama e Atac, gli sprechi pazzeschi, le arcane consulenze, i capricci di elicotteri acquistati, i «Punti verdi» di sospetto lucro a schermo ecologico, gli orrendi e costosi alberi di Natale commissionati ad agenzie amiche, poi ritirati e ripiantati in periferia, gli uffici di comunicazione che proliferano improbabili professionalità , a loro volta da girare ad altri enti a prova di elezioni ormai date per perse.
E gli incredibili videoclip di santificazione del sindaco, i sogni di bolidi sfreccianti, i pomposi Stati Generali e milionari, gli ex banditi della Magliana e gli ex terroristi dei Nar «sistemati» su comode poltrone.
La tentazione è che si tratti di fame antica, atavica, ancestrale.
Una sorta di risarcimento che lega i poveri pasti dei padri epurati, le minestre degli enti di assistenza, oppure i «ranci» militareschi, al massimo le porchettate nel ristorante vicino al Luna Park all’odierno raffinato magnamagna, agli smoking, ai Suv, ai red carpet, alle hostess e ai buttafuori con l’auricolare in vista, insomma all’odierna e ostentissima pacchia.
L’inventore della «Festa dei nonni», il giovanissimo Samuele Piccolo, recordman di preferenze al Consiglio comunale, è finito in prigione con qualche parente.
Durante la perquisizione agli uffici del clan volavano i documenti dalla finestra e gli armadi sigillati dalla Guardia di finanza sono stati violati.
Si è poi scoperto che i Piccolo si erano anche agganciati alla cabina dell’Enel per recuperare elettricità .
In Campania ci sono esponenti, come l’onorevole Landolfi, sotto accusa per avere avuto impicci con la Camorra; mentre da qualche mese l’onorevole Laboccetta è nei guai per i suoi stretti rapporti con il mondo delle società del gioco d’azzardo.
Ma dietro le questioni giudiziarie tuttora aperte, per gli ex missini del Pdl ma anche per Fini e per quelli che l’hanno seguito nel Fli, s’intravede un andazzo di villana ostentazione, una voglia pazza o forse addirittura un destino di edonismo disperato e a buon mercato.
Vita comoda, case all’estero, viaggi esotici, servizi fotografici patinati, le carte di credito della Rai utilizzate per le spesucce dall’onorevole Rositani, i premi Almirante in prima serata, l’«Ignazio Jouer» di Fiorello, le poltroncine bianche di Vespa, l’amichetta che presenta il 150°, le fiction futuriste, i quotidiani che durano mesi, l’imitatrice che la Polverini («A’ bellaaa!») ha voluto portarsi a pranzo in regione, le sfilate di moda baby, i compleanni con Novella2000, le maxi-torte, Malgioglio e la principessa Borghese.
Peppino Ciarrapico, in fondo, insediato com’era nel formaggio dell’andreottismo all’ultimo stadio, era un profeta della trasformazione degli «esuli in Patria» in gaudenti uomini di potere, e più in generale del percorsoì che dal trittico «Dio Patria e Famiglia» inesorabilmente li avrebbe convertiti, o adeguati, o perfino addomesticati lungo l’asse degeneratasi in: «Io Patrimonio e Tengo Famiglia».
Hai voglia poi a intitolare qualche strada «via Almirante».
E hai voglia a invocare le foibe e intanto prendersela con Berlusconi.
Il vuoto di ideali si è riempito di soldi, voglie, esibizionismo, vanità . In altre parole si è colmato di nulla, del Nulla.
La fine della diversità è l’inizio della fine. Francone-Batman, Polverini e gli altri ex-camerati non possono farci nulla.
Dopodomani, d’altra parte, non importerà a nessuno sapere chi vinse il campionato di voracità , avendolo perso l’intero paese.
Filippo Ceccarelli
(da “la Repubblica“)
Il commento del ns. direttore
Caro Filippo,
il tuo articolo contiene tante verità , purtroppo confermate, più che dalle analisi sociologiche, dalla cronaca.
Il passaggio dal Msi, partito di “alternativa al sistema”, ad An “partito di governo” ha di certo segnato una prima linea di confine.
Non a caso tanti che, come me, avevano militato nellle file del Msi se ne andarono proprio in seguito alla svolta di Fiuggi.
Non parliamo poi del successivo inglobamento nel contenitore Pdl, a fianco dei Verdini e dei Dell’Utri, dei Cosentino e dei cultori del bunga bunga.
Per chi aveva aperto per 10 anni una sede a livello stradale a Genova negli anni di piombo, per chi faceva “movimentismo di destra” in una città “rossa”, per chi andava alle superiori con futuri brigatisti rossi, per chi organizzava cortei studenteschi lasciando allibiti i compagni di “Lotta Continua”, non può che far male al cuore leggere della parentopoli di Alemanno o dei party a tema in costume romano di quattro cialtroni.
Personaggi che a quei tempi sarebbero volati dalle scale delle federazioni a calci nel culo e che oggi invece “impersonificano” una comunità umana che non meritava questa fine.
Di chi è la resposabilità ?
Certo è innegabile che essa è sempre personale e ognuno risponde per sè, ma non è sufficiente fermarsi qua nell’analisi.
Essa è anche il frutto di una mal gestita marcia verso il governo che è diventata marcia verso il “potere” fine a se stesso.
Se i vertici del partito avessero non solo “vigilato”, ma avessero trasmesso valori e riferimenti etici, avessero veicolato “esempi” e puntato sulla “selezione” della classe dirigente, magari in nome di quella “meritocrazia” di cui spesso si riempiono la bocca, non saremmo arrivati a questo degrado.
Chi aveva intravisto già allora un “imborghesimento” del proprio mondo umano lasciò con la svolta di Fiuggi: troppa foga nel voler dimenticare non tanto il passato che andava sicuramente storicizzato, ma nel volersi accreditare nei salotti buoni della politica italiana.
Forse quelli che abbandonarono la scialuppa, diventato yacht di lusso, compresero in tempo dove saremmo approdati: in un partito dove contano le clientele, le preferenze, i favori, i compromessi, gli agganci col mondo finanziario, la rinuncia quotidiana ai propri valori di riferimento.
Tutto quello contro cui si era combattuto nei decenni per sopravvivere ora diventava una meta da conquistare per “essere come gli altri”.
No, caro Filippo, non tutti hanno voluto diventare come gli altri.
Ci sono ancora coloro che sono rimasti “puliti” nel cuore e nell’anima, che hanno visto, come me, morire a pochi metri un operaio missino durante un comizio di Almirante nella “civile” Genova (e il cui assassino è ancora in libertà ) che non dimenticano e non perdonano.
Come non perdonano chi ha fatto entrare nella comunità umana della destra italiana mafiosi e corrotti, puttanieri e arrivisti, marchettari e venduti.
Tutti coloro che hanno di fatto impedito che anche nel nostro Paese possa esistere una destra “normale”, attenta ai bisogni della gente più umile e modesta e non prona ai voleri delle lobbies economiche e finanziarie.
Questa avrebbe dovuto essere la naturale evoluzione del vecchio Msi, non le feste in costume a botte di 20.000 euro.
E pensare che allora non avevamo neanche i soldi per la colla dei manifesti, ma eravamo felici…
Per molti quella ormai datata esperienza è rimasta una importante scelta di vita e merita rispetto, come quella di tanti altri giovani che scelsero di militare nella parte opposta.
Altra dignità , altri valori, altra Italia.
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Settembre 21st, 2012 Riccardo Fucile
ALLA VOCE “RAPPRESENTANZA ISTITUZIONALE” E’ STATO INSERITO DI TUTTO, COMPRESE CENE DA 2.000 EURO…70.000 EURO PER UNA MISSIONE IN USA
Aragoste, vini pregiati, soggiorni negli Stati Uniti, biglietti aerei, cene, pasticcini e fiori: il giovanissimo Matteo Renzi, quando era presidente della Provincia di Firenze, si è adeguato con estrema disinvoltura al modus operandi dei politici di professione.
E così, tra gli spaghetti al caviale di Luigi Lusi e gli sprechi della giunta regionale di Renata Polverini per la comunicazione, l’attuale sindaco di Firenze e possibile candidato premier per il centrosinistra si insinua tra i due esponenti simbolo dello sperpero del denaro pubblico.
Anche la Corte dei Conti vuole vederci chiaro sui conti della Provincia dell’era renziana: ci sono troppi rimborsi senza giustificativi adeguati e un uso allegro delle carte di credito da parte del rottamatore.
Dal 2005 al 2009, nel periodo in cui Renzi è stato presidente, la Provincia ha speso 20 milioni di euro. Il capo di Gabinetto Giovanni Palumbo, nominato da Renzi, ha firmato decine e decine di delibere per rimborsi di spese di rappresentanza per il presidente che aveva a disposizione una carta di credito con limite mensile di 10mila euro di spesa.
Nell’ottobre 2007 però, durante un viaggio (ovviamente di rappresentanza) negli Stati Uniti, la carta viene bloccata “a garanzia di un pagamento da parte di un hotel a Boston”, si legge nella delibera del 12 novembre 2007.
Renzi, trovandosi senza carta di credito della Provincia è costretto a usare la sua per pagare 4 mila dollari (pari a 2.823 euro) all’hotel Fairmont di San Josè, in California. Come torna in Italia si fa restituire la cifra con una delibera, ma senza fornire giustificativi.
Tolta la dicitura “spese regolarmente eseguite in base alle disposizioni contenute nel disciplinare delle attività di rappresentanza istituzionale”.
Nei soli Stati Uniti la Provincia, con Renzi, ha speso tra biglietti aerei, alberghi, ristoranti 70mila euro. Spese di rappresentanza. Ovviamente.
In tutto arriva a sfiorare i 600 mila euro.
Tra i 20 milioni di euro al vaglio della Corte dei Conti ci sono anche centinaia di migliaia di euro ricostruiti con numerosi scontrini e ricevute. Non molti. In tutto 250 circa. In prevalenza di ristoranti.
Gli elenchi depositati agli atti mostrano una intensa attività di rappresentanza da parte di Renzi.
Per lo più svolta alla trattoria Garibaldi, al Nannini bar, alla taverna Bronzino e al ristorante da Lino.
Locali prediletti dal candidato alle primarie del Pd che, in particolare nel 2007 e nel 2008, riesce a spendere qualcosa come 50mila euro per il cibo.
Con conti singoli che spesso superano i mille euro.
Il 31 ottobre 2007 la provincia paga 1300 euro alla pasticceria Ciapetti di Firenze.
Il 5 luglio alla Taverna Bronzino viene saldato un conto di 1.855 euro. ll ristorante non è tra i più economici di Firenze, del resto. Ma a Renzi piace.
Per tutto il suo mandato alla guida della Provincia frequenta assiduamente i tavoli della taverna.
Con conti che oscillano tra i 200 ai 1.800 euro.
Renzi ogni tanto cambia ristorante.
Alla trattoria I due G in via Cennini il 29 aprile 2008 ordina una bottiglia di Brunello di Montalcino da 50 euro per annaffiare una fiorentina da un chilo e otto etti. Alla Buca dell’Orafo in via dei Girolami il 13 giugno 2008 si attovaglia con due commensali e opta per un vino da 60 euro a bottiglia.
E ancora: al ristorante Lino, dove è di casa (anche qui), riesce a spendere per un pranzo 1.050 euro. 1.213 li lascia al ristorante Cibreo.
Nei soli mesi compresi da maggio a luglio 2007 spende in ristoranti circa 17mila euro. Nel lungo elenco di ricevute e spese che gli inquirenti stanno verificando ci sono anche le fatture di fioristi, servizi catering, biglietti aerei e società vicine all’attuale sindaco.
A cominciare dalla Florence Multimedia che riceve complessivamente 4,5 milioni di euro dall’ente.
La Florence Multimedia srl è la Società in house della Provincia che svolge attività di comunicazione e informazione per la provincia.
Nel 2009 Renzi è diventato sindaco. In bici. Ora sta girando l’Italia in camper, con lo sguardo rivolto a Roma.
Ieri, Renzi era alla sfilata milanese di Armani.
A Firenze, intanto, l’aspetta Alessandro Maiorano, ex dipendente del Comune che ha denunciato la gestione del sindaco e promette di dar battaglia alla “sprecopoli renziana”.
Anche rottamare costa. §
Davide Vecchi
(da “Il Fatto Quotidiano”)
Ps Qualora qualcuno ritenesse l’indagine collegata alla candidatura di Renzi alle primarie del centrosinistra, precisiamo che la Corte dei Conti l’ha avviata molto prima, quindi in tempi non sospetti (n.d.r.)
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Settembre 21st, 2012 Riccardo Fucile
PROFITTI PRIVATI E SOLDI PUBBLICI: DAL 1977 UNA PIOGGIA DI CONTRIBUTI A FRONTE DI SOLI 5,2 MILIARDI DI INVESTIMENTI
La cifra più appariscente è quella fornita dalla Cgia di Mestre, l’associazione degli artigiani specializzata in statistiche.
Dal 1977 a oggi la Fiat avrebbe ricevuto dallo Stato circa 7,6 miliardi di euro.
“Una stima approssimativa” chiarisce l’Ufficio Studi che non tiene conto degli ammortizzatori sociali e che, comunque, vuole precisare il segretario della Cgil, Giuseppe Bertolussi, “è stata integrata, tra il 1990 e i giorni nostri, da oltre 6,2 miliardi di investimenti realizzati”.
Se anche fosse così, però, mancherebbero all’appello 1,4 miliardi che rappresentano una cifra considerevole.
Tra l’altro, la Cgia non tiene conto degli ultimi contratti approvati dal Cipe nel biennio 2010-2011 che, invece, vengono ricordati dal giornalista Marco Cobianchi, autore del libro Mani Bucate (Chiare lettere).
“L’ultimo aiuto di Stato”, racconta Cobianchi sul suo blog, “risale al maggio del 2011” e riguarda tre contratti: “22,5 milioni alla Fiat Powertrain di Verrone (Biella), 18,7 all’Iveco di Foggia e 11,2 milioni alla Sevel di Chieti”.
Solo un anno fa, quindi, dopo aver annunciato la rinuncia agli aiuti pubblici, Marchionne ha ricevuto dallo Stato “58,4 milioni di euro”.
In realtà , gli aiuti sono stati molto di più.
E per arrivare a una cifra più recente, si può far ricorso al Rapporto sulla spesa delle Amministrazioni dello Stato del 2012, redatto dal Ministero dell’Economia.
Dopo aver evidenziato l’importo complessivo degli aiuti di Stato alle imprese — 32,9 miliardi in cui c’è di tutto, anche le Ferrovie o le Poste — il rapporto si concentra su “quelle specifiche risorse finanziarie che lo Stato e gli enti territoriali destinano alle imprese non già in cambio di una qualche fornitura di beni o servizi, ma semplicemente sotto forma di sostegno, senza che l’operatore pubblico richieda in cambio alcuna controprestazione”.
Insomma, gratis.
Sono i veri e propri incentivi alle imprese, pari a circa 10 miliardi di euro — come conferma anche il rapporto del professor Giavazzi — e, anche in questo caso, non comprendono gli ammortizzatori come cassa integrazione o mobilità .
Si può così leggere che dal 2007 al 2011, cioè in piena “era Marchionne”, il settore Automobilistico, che in Italia è in assoluto monopolio Fiat, ha beneficiato di 2,7 miliardi di aiuti, al terzo posto dopo il settore Aeronautico e quello Navale.
Si tratta, fondamentalmente, di interventi dovuti al credito di imposta.
Non comprendono, ad esempio, nè i fondi per la rottamazione auto nè quei 300 milioni di euro che, ancora nel 2009, il Cipe assegnava, con delibera numero 36, “al fine di fronteggiare le situazioni di grave crisi degli stabilimenti Fiat di Pomigliano d’Arco e di Termini I m e re s e ” di cui, al momento, non siamo riusciti a reperire il rendiconto.
Il problema di sapere come la Fiat spende i soldi che le vengono assegnati è molto serio.
Lo conferma uno studio del ministero dello Sviluppo economico (Unità di valutazione degli investimenti pubblici” e della Rete dei Nuclei di Valutazione e Verifica degli investimenti pubblici) del 2006 che ha come oggetto i Contratti di programma, cioè quei rapporti tra Stato e imprese con i quali il privato si impegna a un piano di investimenti concordato e la parte pubblica sostiene una parte del costo.
Stiamo parlando di una quota importante che ammonta, tra il 1987 e il 2004, acirca 7 miliardi di somme stanziate. In cinque dei sette casi esaminati — tra cui Barilla, Saras o StMicroelectronics — la valutazione è stata positiva.
Ma, specifica il rapporto, nel caso del contratto di programma per la Fiat a Melfi, il più grande realizzato in Italia, “non sembra essere stato raggiunto il risultato di dar vita a un sostrato industriale più autonomo e completo”.
“Delle 25 imprese subfornitrici attive, nessuna sembra avere una direzione strategica radicata nell’area”.
Una bocciatura in piena regola.
Chissà se Mario Monti, che alla Commissione europea si è sempre opposto agli aiuti di Stato, ne parlerà con Marchionne sabato prossimo.
Intanto il ministro Fornero ha annunciato che incontrerà anche i sindacati la prossima settimana.
Salvatore Cannavò
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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