Settembre 7th, 2012 Riccardo Fucile
LA BCE FA SUL SERIO, ACQUISTI ILLIMITATI DI DEBITO PUBBLICO PER I PAESI CHE CHIEDONO AIUTO
Il sito della Bce crolla attorno alle 14.30, tutto il mondo si è sintonizzato per vedere in streaming Mario Draghi annunciare l’uso del “bazooka”, come si chiama in gergo finanziario l’intervento estremo della Banca centrale europea.
Il presidente della Bce spiega che cosa intende fare per garantire che l’euro sia davvero “irreversibile”: comprare, senza fissare in anticipo limiti di tempo e di quantità , titoli di Stato con scadenza 1-3 anni dei Paesi che pagano interessi troppo alti.
In cambio di “condizionalità ”, cioè dell’impegno dei beneficiari a rispettare un programma di riforme e risanamento contabile.
Dopo settimane di abili negoziati, Draghi riesce a imporre una linea fino a poco fa impensabile per i tedeschi ma ora approvata, sia pure senza entusiasmo, anche da Angela Merkel.
Resta contrario Jens Weidmann, il capo della Bundesbank, la banca centrale tedesca, che nel consiglio della Bce vota contro e poi in un comunicato durissimo spiega che “considera questi acquisti equivalenti al finanziamento dei governi attraverso la stampa di banconote” e che così “la politica monetaria rischia di essere soggiogata alla politica fiscale”.
Ma la situazione è questa e Draghi ha preso su di sè — e sulla Bce — il compito di salvare l’euro e di fornire di basi più solide la costruzione europea nel medio periodo. “Non è una italianizzazione della Bce”, ha risposto a un giornalista tedesco che vedeva nelle scelte di ieri un regalo a Italia e Spagna (che infatti sono le prime beneficiarie).
I mercati reagiscono con entusiasmo: lo spread italiano cala.
Ecco come funzionerà il bazooka di Draghi.
ACQUISTI ILLIMITATI
Il nuovo programma di acquisto di titoli da parte della Bce si chiama OMT, Outright monetary transactions (transazioni monetarie in blocco) che prende il posto dell’SMP (Securities Market Program) dell’estate 2011.
La differenza è cruciale: allora la Bce decideva di settimana in settimana quanto comprare, sulla base dell’andamento dei mercati.
Decisioni che venivano comunicate ex post.
Questa volta Franco-forte avverte da subito che il potenziale di fuoco è illimitato, “nessun tetto quantitativo è fissato in anticipo”.
Chi vuole speculare al ribasso, quindi, è avvertito che la Bce può intervenire comprando in qualunque momento e mandandolo in perdita.
Gli acquisti saranno sterilizzati, cioè la Bce venderà titoli per somme equivalenti. Così la massa monetaria (e l’inflazione) non dovrebbero aumentare
LE CONDIZIONI
Se un Paese come l’Italia vuole beneficiare del “bazooka” della Bce, deve prima chiedere l’aiuto del fondo salva Stati (oggi l’Efsf, tra breve l’Esm).
Il governo firmerà un memorandum con gli impegni da rispettare in cambio dell’aiuto. Ancora non si sa quanto saranno dure, ma un Paese può beneficiare di un aiuto complessivo (come la Grecia) o di un sostegno sul mercato (come potrebbero fare Italia e Spagna), cosa che implica condizioni più leggere.
Sarà poi la Bce a valutare se gli impegni vengono rispettati. In caso contrario smetterà di comprare i titoli.
Nel fissare le condizioni può essere coinvolto il Fondo monetario internazionale, da sempre l’organismo più duro con i Paesi indebitati.
COSA COMPRA
Draghi ha spiegato che gli acquisti del programma OMT si concentreranno sui titoli a breve termine, cioè quelli “con scadenza tra uno e tre anni”.
Ancora non è chiaro se siano compresi titoli con durata maggiore ma vicini alla data del rimborso.
La ragione di questa scelta è che così si limita nel tempo l’impegno della Bce, visto che tutti i soldi saranno (o non saranno) restituiti nel giro di tre anni massimo. Inoltre influenzando i titoli a breve, la Bce si assicura di trasmettere subito nell’economia l’effetto delle sue scelte.
Lo spread che guardiamo di solito è quello tra titoli a 10 anni, esclusi dal programma, ma è in calo perchè il sostegno a uno Stato sul debito a breve gli permette di pagare con maggiore facilità quello a lungo termine.
AIUTI EXTRA
La Bce adotta altre due misure aggiuntive che piacciono ai mercati. Francoforte rinuncia al suo status di creditore privilegiato .
In futuro se un Paese non riuscirà a rimborsare le obbligazioni, la Bce soffrirà le perdite come tutti gli altri creditori, a differenza di quanto è successo per la Grecia. Inoltre la Bce non rivenderà sul mercato gli oltre 219 miliardi di euro di titoli di Stato comprati con il programma di assistenza del 2011 e li terrà fino a scadenza.
Questo limiterà l’offerta di titoli, sostenendo il loro prezzo (cioè tenendo basso lo spread).
EFFETTI SPERATI
La speranza di tutti è che non ci sia neppure bisogno di usare questo piano anti-spread. Sono bastate le parole di Draghi a far scendere i rendimenti dei debiti dei Paesi a rischio.
Se continua così, sia Italia che Spagna avranno spread più bassi e quindi pagheranno meno interessi e, soprattutto, banche, imprese e famiglie avranno minori difficoltà nell’accesso al credito.
E SE NON BASTA?
Ci sono diversi rischi nel piano Draghi: il primo è il caos istituzionale.
Ora non si capisce più bene a chi risponderanno i Paesi beneficiari di aiuti.
A Bruxelles? A Francoforte? A Berlino?
E se la Bce boccia le politiche di bilancio e la Commissione le approva? Chissà .
Se le condizioni imposte a chi chiede gli aiuti saranno troppo pesanti, i Paesi ad alto debito rischiano di trovarsi con spread bassi ma disoccupazione elevata, a causa di pesanti recessioni.
Non sarebbe un gran miglioramento.
Nel caso poi un grosso Paese, diciamo la Spagna, dovesse andare in default, la Bce dovrebbe svalutare i titoli spagnoli in suo possesso.
E potrebbe essere costretta a chiedere un aumento di capitale agli altri Paesi membri.
Stefano Feltri
(da “Il Fatto Quotidiano“)
argomento: economia, Europa, Monti | Commenta »
Settembre 7th, 2012 Riccardo Fucile
“LEI HA UN SOLO DIFETTO: TIFA INTER”… BATTUTE, GAFFE, GALANTERIE ALLA PM SAVA, PERSINO L’INVITO A INGROIA A ENTRARE IN POLITICA….”A PALERMO HANNO TUTTI LA FACCIA DA MAFIOSI”
Per ora Silvio Berlusconi rimane testimone, com’era l’altroieri all’entrata dell’interrogatorio davanti ai tre pm di Palermo, e ancora tre ore dopo all’uscita. Nessuna delle parole dettate a verbale al procuratore Francesco Messineo, all’aggiunto Antonio Ingroia e al sostituto Lia Sava, nemmeno le più inverosimili, sono bastate a farlo passare alla veste di indagato per false dichiarazioni al pm: nessuna prova immediata della falsità della sua versione a proposito dei 40 e più milioni elargiti a fondo perduto all’amico senatore Marcello Dell’Utri, indagato per averlo ricattato. Altrimenti i procuratori avrebbero fatto subito entrare gli avvocati Niccolò Ghedini e Piero Longo che attendevano impazienti fuori della porta, nel corridoio della caserma della Guardia di Finanza in via dell’Olmata, un tempo sede della Santa Inquisizione romana (e su questa coincidenza storica Ghedini ha molto ironizzato con i pm).
Il Berlusconi che s’è dovuto arrendere a comparire, dopo vari rinvii, al cospetto della Procura di Palermo è un Caimano più mutante che mai.
Chi si aspettava un atteggiamento duro e sprezzante, quello dell’eterna guerra alle toghe rosse (“matti, antropologicamente estranei alla razza umana”), è rimasto sorpreso.
Berlusconi ha esternato tutta la sua “grande simpatia” soprattutto a Ingroia: “Ma lo sa — gli ha detto al termine dell’interrogatorio — che quel che dicono di lei le tv e i giornali non rende giustizia alla sua immagine? Lei oggi mi è apparso un magistrato affabile ed equilibrato. Peccato che abbia solo un difetto: lei tifa Inter e non Milan. Ma voi interisti vi pentirete di averci portato via Cassano. Quello ci mette poco a mettervi in subbuglio lo spogliatoio”.
Poi ha addirittura incoraggiato il pm a entrare in politica: “Leggo sui giornali che lei si appresterebbe a scendere in campo: le assicuro che noi professionisti prestati alla politica siamo gli unici che possono salvare questo Paese…”.
Al che Ingroia gli ha confermato la sua ferma intenzione di partire il mese prossimo per il Guatemala, accettando l’offerta di un incarico delle Nazioni Unite.
E il Cavaliere: “Ma lo sa che in Guatemala sto investendo un sacco di soldi in un progetto umanitario? Stiamo costruendo un nuovo ospedale, appena torna dall’Africa ci mando Bertolaso”.
Poi, durante la rilettura del verbale, ha dato fondo al solito repertorio, di captatio benevolentiae e di presunto umorismo.
Prima le galanterie all’unica donna presente, la pm Sava, poi la solita barzelletta che ha raggelato la stanza.
Riguardava alcuni killer mafiosi che fanno stragi e i vani tentativi dei loro avvocati di giustificarli.
Nessuno dei pm accenna neppure a un sorriso, e lui si giustifica: “È una storiella che potevo raccontare molto meglio, ma non abbiamo tempo, mi pare”.
Poi attacca una lamentazione già accennata durante l’interrogatorio sull’esosità dei suoi legali: “Voi non avete idea di quanto mi costano i miei avvocati”.
L’audizione ha riguardato tutti i temi che già dieci anni fa i pm tentarono di sottoporgli nell’interrogatorio a Palazzo Chigi, nell’ambito del processo Dell’Utri, dove però Berlusconi era in veste di indagato di reato connesso e archiviato, dunque potè avvalersi della facoltà di non rispondere.
Primo fra tutti, l’assunzione del boss Vittorio Mangano come fattore della villa di Arcore, nel ’73-’74: “Cercavamo uno stalliere per badare ai cavalli, in Lombardia non ne trovammo nessuno, allora Dell’Utri lo fece venire da Palermo. Aveva ottime referenze di ‘artigiano agricolo’. Marcello garantì per lui, come facevo a non fidarmi? Oltretutto Mangano, finchè rimase da me, si comportò sempre da persona a modo e perbene”.
Serviva anche da guardaspalle contro le minacce di sequestro a lui e ai suoi figli?
“No, da quelle minacce, che non sapevo da dove provenissero, mi difesi trasferendomi per qualche mese all’estero e ingaggiando un servizio di vigilanza privato”.
Ma perchè se lo tenne in casa anche dopo che fu sospettato di aver sequestrato un suo amico appena fuori dalla villa e poi quando lo stesso B. e Dell’Utri lo additarono in una celebre telefonata come l’autore di un attentato dinamitardo nell’altra villa, quella di via Rovani a Milano?
“Solo chiacchiere, dicerie, sospetti senza fondamento” per il Caimano che nella telefonata dice di avere “scherzato”, perchè in fondo si trattava solo di “una bombetta”.
E come fu che nel 1976 Mangano se ne andò?
Licenziato, come ha sempre detto Dell’Utri, o uscita spontanea, come ha sempre detto Mangano?
“Si allontanò spontaneamente per non mettermi in difficoltà ”.
Possibile che abbia continuato a elogiarlo anche in anni recentissimi come eroe, dopo che era stato imputato da Falcone e Borsellino e condannato per mafia,droga e omicidio:“Sì, ma questo s’è saputo solo dopo. E poi a Palermo è difficile distinguere i mafiosi dalle persone perbene. Io per esempio, ogni volta che ci vado, qualunque faccia veda ho l’impressione che sia la faccia di un mafioso”.
In tutto l’interrogatorio, il Cavaliere scarica elegantemente tutte le questioni spinose e imbarazzanti su Dell’Utri: non solo l’iper-referenziato Mangano, ma anche le continue richieste di denaro (“sapete com’è, Marcello ha una moglie spendacciona”).
I prestiti “infruttiferi”, cioè mai restituiti, per una ventina di milioni e l’acquisto a prezzo gonfiato della villa di Como non furono iniziative del Caimano, ma risposte a pressanti richieste dell’amico bisognoso: “Quando un vecchio amico chiede, non posso lesinargli nulla”.
Ma non perchè fossero richieste che non poteva rifiutare: “Nè Dell’Utri nè persone legate a lui han mai coartato la mia volontà ”.
E i 21 milioni per una villa che valeva la metà proprio alla vigilia della sentenza di Cassazione?
“So che Marcello temeva di finire in carcere: mi disse che in quel frangente voleva dare stabilità alla sua famiglia e io lo accontentai, convinto come sono che sia innocente, vittima di una persecuzione”.
Non sapeva però che Dell’Utri fosse già volato precauzionalmente a Santo Domingo, dove poi una parte del denaro fu trasferita con strane operazioni: “Questo l’ho letto sui giornali e lo apprendo ora da voi”.
Quel che sapeva è che la villa valeva molto meno: “Lui chiedeva 27 milioni, io la feci stimare e scoprii che valeva meno di 20, alla fine ci accordammo per 21”.
Il punto più critico, quasi insuperabile, della versione berlusconiana è proprio questo: la causale di tanta munificenza per un manager già superpagato dal Gruppo: “Quei 20 milioni di prestiti erano in realtà donazioni, perchè sapevo fin da subito che non gli avrei mai chiesto di restituirmeli”.
Ora le rogatorie, l’esame dei conti correnti, dei flussi finanziari e delle carte consegnate dal Cavaliere l’altroieri permetteranno alla Procura di chiarirsi le idee sulla veridicità della sua testimonianza.
Al termine della quale, mentre si ricongiungeva con Ghedini e Longo, Berlusconi ha salutato i magistrati con una simpatia particolare per Ingroia: “È stato un vero piacere conoscerla di persona, lo dico senza ipocrisia. Auguri per il Guatemala. E mi raccomando: se passa da Milano, venga a trovarmi”.
Le facce degli avvocati e di Ingroia le possiamo soltanto immaginare.
Davide Vecchi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
argomento: Berlusconi, Giustizia | Commenta »
Settembre 7th, 2012 Riccardo Fucile
DOPO IL FUORI ONDA TRASMESSO SU LA7, IL CONSIGLIERE REGIONALE 5 STELLE SCRIVE SU FB: “TRA QUALCHE MESE RASSEGNERO’ LE MIE DIMISSIONI, POI SARANNO I CITTADINI A VALUTARE SE RESPINGERLE O ACCETTARLE”
Non ritratta quanto ha dichiarato nel fuori onda, che è “colpa sua” e non è stato concordato in nessun modo.
Anche se quelle parole lo porteranno a rassegnare le dimissioni “tra qualche mese”. Poi “saranno i cittadini dell’Emilia-Romagna tramite votazione, a valutare se respingerle o accettarle”.
Le parole di Giovanni Favia che ieri sera sono andate in onda a Piazzapulita lo hanno spinto a fare chiarezza di fronte ai suoi elettori e al movimento e sulla sua pagina Facebook ha fatto chiarezza intorno a quanto ha dichiarato su Roberto Casaleggio.
Ci tiene a chiariere che “le liste dell’m5s, dalle comunali alle regionali, nascono spontaneamente ed in democrazia diretta. I suoi consiglieri agiscono in piena autonomia, con una libertà a disposizione che non ha eguali”.
E poi puntualizza quanto è stato trasmesso ieri sera da La 7: “Chi è così bravo da poterci dare lezioni? Nel mio sfogo del fuori onda, parlando di assenza di democrazia, non attaccavo il Movimento, ma un problema che oggi abbiamo e che presto dovrà risolversi. Ovvero la mancanza di un network nazionale dove poter costruire collettivamente scelte e decisioni, comprese le inibizioni e le attribuzioni del logo. Questa falla concentra tutto in poche mani, seppur buone e fidate, generando una contraddizione che spesso sul territorio ci viene rinfacciata. Non è un problema di sfiducia, è un problema d’efficienza, d’organizzazione e di principio. Basta leggere il nostro non-statuto”.
Spiega perchè finora non aveva parlato in modo altrettanto “chiaro” (“Se di questi ed altri dubbi non ne parlavo in pubblico, è perchè, come tanti altri di noi, avevo ed ho fiducia nel superamento di queste criticità , come abbiamo sempre fatto in questi anni, evolvendoci costantemente) e si rimprovera di essersi lasciato “andare ad uno sfogo privato e scomposto, rubato da un cronista di cui mie ero fidato. Capita in famiglia, capita tra amici, capita al lavoro, anche tra persone che si vogliono bene, avere reazioni esagerate in momenti di tensione”.
Parla anche del suo rapporto con Casaleggio: “Ricordo che a Maggio, mese in cui mi fu fatta l’intervista, il MoVimento 5 Stelle dell’Emilia-Romagna era in ebollizione per l’espulsione di Valentino Tavolazzi di cui io ero un grande amico e che ho visto piangere. I miei rapporti con Gianroberto Casaleggio estremamente critici, anche se la storia è molto lunga. Lo scherzo del destino è che proprio in prima serata mi ero sentito al telefono con lui, per la prima volta chiarendo alcune cose e dopo tanti mesi di chiusura comunicativa e di voci riportate da terzi, che forse hanno scavato ancor più un solco tra noi. Ma oggi è secondario”.
Sulle ‘confidenze’ rilasciate al cronista (Gaetano Pecoraro, ndr), poi, puntualizza: “A prendermela col giornalista sarei ridicolo. La colpa è mia. Due anni in mezzo agli squali non mi hanno fatto crescere sullo stomaco tutto quel pelo che serve per reggere la pressione che c’è oggi intorno al MoVimento. In questi anni, dando anima e corpo, credo d’aver portato tanta acqua al mulino del movimento. Ieri ne ho fatta drenare un po’. Non avete idea di quanto questo mi colpisca al cuore. Tra qualche mese, come ogni semestre, rassegnerò le mie dimissioni e saranno i cittadini dell’Emilia-Romagna tramite votazione, a valutare se respingerle o accettarle”.
Gli eletti nel Movimento 5 Stelle infatti, ogni sei mesi, organizzano un incontro con i militanti per rendere conto del proprio operato ed, eventualmente, per rimettere il mandato nelle mani del movimento.
In rete, già ieri sera, correva il sospetto che quelle parole non fossero un errore dovuto all’ingenuità , ma il consigliere intende mette a tacere qualsiasi sospetto: “E’ fantascienza ed un’offesa all’intelligenza — conclude nel suo messaggio sul social network- pensare che un fuori onda, per me così degradante, potesse essere concordato”.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
argomento: Grillo | Commenta »
Settembre 7th, 2012 Riccardo Fucile
MESSO SOTTO ACCUSA DA FAVIA, NON AMA I RIFLETTORI… GUIDA UNA SOCIETA’ DI COMUNICAZIONE E MARKETING E HA UNA FORTE INFLUENZA SULLE SCELTE DEL MOVIMENTO
“Ce n’è abbastanza per rinchiuderlo. È un individuo oggettivamente pericoloso e socialmente utile”.
Il ritratto di Gianroberto Casaleggio è del fratello acquisito, cioè Beppe Grillo.
Si incontrarono per la prima volta in una sera d’aprile a Livorno, dopo uno spettacolo del comico.
Grillo era ancora quello che spaccava i computer durante le sue performance, ma da quel giorno cambiò tutto.
“Venne in camerino – scriveva Grillo nella postfazione di Web Ergo Sum – e cominciò a parlarmi di Rete. Di come potesse cambiare il mondo. Non conoscendolo lo assecondai. Gli sorrisi. Cercai di non contrariarlo. Temevo di ritrovarmi una chiocciola o un puntocom in qualche posto sensibile. Era molto convinto di quello che diceva. Pensai che fosse un genio del male o una sorta di San Francesco che invece che ai lupi e agli uccellini parlasse a Internet. (…) Ebbi, lo confesso, un attimo di esitazione. Strinsi gli occhi. Casaleggio ne approfittò. Mi parlò allora, per spiegarsi meglio, di Calimero il pulcino nero, Gurdjieff, Giorgio Gaber, Galileo Galilei, Anna di York, Kipling, Jacques Carelman e degli adoratori del banano. Tutto fu chiaro, era un pazzo. Pazzo di una pazzia nuova, in cui ogni cosa cambia in meglio grazie alla Rete. Aziende democratiche, persone al centro di ogni processo, intermediazioni economiche e politiche soppresse, libera circolazione di idee, abolizione della proprietà intellettuale”.
Classe 1954, milanese, un’espressione da primo della classe, occhialini e capelloni ricci brizzolati.
“Un tizio che sembra Angelo Branduardi ingrassato”, lo canzonò Filippo Facci. Dopo la puntata di “Piazzapulita” è diventato improvvisamente famoso.
Ma è soprattutto un manager di successo, proprietario della Casaleggio Associati, società specializzata – ovviamente – in comunicazione e marketing.
È la Casaleggio Associati che cura direttamente il blog di Grillo, la rete dei meetup, le strategie sulla rete, la casa editrice che cura tutte le pubblicazioni del comico e che organizza i suoi tour.
Siano essi spettacoli o comizi.
Gianroberto però preferisce le retrovie rispetto alla luce dei riflettori.
Beppe è il megafono, è il volto, è l’umore di un intero popolo.
Casaleggio è la mente, lo stratega, il tecnico, il fidato consigliere.
Una specie di Gianni Letta del movimento. Un uomo-macchina: coordina, dà seguito e sostanza a idee e progetti.
Fino a pochi anni fa l’azienda gestiva anche il sito-blog di Antonio Di Pietro.
Poi la fine dei rapporti, sia di lavoro che politici con l’ex pm.
Nel 2007 la società ha chiuso il bilancio con un fatturato di 2,4 milioni e un utile di 668 mila euro.
Nel 2008 l’attivo è salito a 807 mila, per flettere nel 2009 e nel 2010 (rispettivamente a 584 mila e 447 mila).
La nascita del M5S non ha portato più guadagni, ma certamente un peso politico inimmaginabile solo tre anni fa.
Casaleggio non ama le interviste e quando ha avuto qualcosa da dire ha preso carta e penna e inviato una lettera al Corriere della Sera: “Mi hanno attribuito dei legami con i cosiddetti poteri forti, dalla massoneria, al Bilderberg, alla Goldman Sachs con cui non ho mai avuto nessun rapporto, neppure casuale. Dietro Gianroberto Casaleggio c’è solo Gianroberto Casaleggio. Un comune cittadino che con il suo lavoro e i suoi (pochi) mezzi cerca, senza alcun contributo pubblico o privato, forse illudendosi, talvolta forse anche sbagliando, di migliorare la società in cui vive. Sono stato definito il “piccolo fratello” di Beppe Grillo, con riferimento al Grande fratello del romanzo 1984 di George Orwell. È evidente che non lo sono. La definizione contiene però una parte di verità . Grillo per me è come un fratello, un uomo perbene che da questa avventura ha tutto da perdere a livello personale”.
Le voci sui suoi presunti collegamenti con i poteri forti da dove nasce?
Il presidente della Casaleggio Associati è Enrico Sassoon.
Giornalista, dal 1977 al 2003 nel gruppo Il Sole-24 Ore, già direttore responsabile di L’Impresa-Rivista Italiana di Management, della rivista Impresa Ambiente e del settimanale Mondo Economico, attualmente direttore responsabile del mensile di management Harvard Business Review Italia (rivista edita da StrategiQs Edizioni, di cui è co-fondatore e amministratore delegato), Presidente di Leading Events (The Ruling Companies Association) e Presidente di Global Trends, società di studi, ricerche e comunicazione.
Dal suo curriculum pubblico si spiega anche che “è stato direttore scientifico del gruppo Il Sole-24 Ore”.
Nel 1998 Sassoon è amministratore delegato dell’American Chamber of Commerce in Italy, di fatto una lobby “con lo scopo di sviluppare e favorire le relazioni economiche, culturali e politiche tra gli Stati Uniti d’America e l’Italia, di promuovere e tutelare gli interessi dei propri associati nell’ambito dell’attività di business tra i due Paesi e di diffondere tra i propri associati le informazioni relative alla propria attività “.
E risiede ancora nel board of directors della società .
Lì è affiancato da personaggi che contano: il presidente onorario David H. Thorne, ambasciatore in Italia degli Stati Uniti d’America; il vicepresidente Eugenio Sidoli, presidente e amministratore delegato di Philip Morris Italia; e poi, tra gli altri, Cesare Romiti, presidente onorario Rcs; Veronica Squinzi della Mapei, figlia di Giorgio presidente di Confindustria; Giuseppe Cattaneo, senior advisor to the chairman Aspen Institute Italia; Nicola Ciniero, presidente e amministratore delegato Ibm Italia; Carlo D’Asaro Biondo, presidente per l’Europa Meridionale e Orientale, Medio Oriente e Africa di Google; Stefano Lucchini, direttore relazioni istituzionali e comunicazione Eni; Alessandro Minuto Rizzo, senior strategic advisor Enel; Carlo Persico, responsabile servizio international network, direzione internazionale IntesaSanpaolo; Giancarlo Villa, presidente e ad Esso Italia.
Traduzione basica: banchieri, petrolieri e industriali di livello internazionale.
Ma anche lo stesso Gianroberto ha un curriculum di tutto rispetto.
Inizia la sua carriera in Olivetti, poi la Webegg Spa e infine la Casaleggio Associati. Nel mezzo, una joint-venture, rapporti e contatti ai massimi livelli con Telecom – la stessa presa di mira con preveggenza, per anni, da Beppe Grillo.
Ma la scoperta del web, per Casaleggio, va di pari passo con la riproposizioni di termini internettiani del concetto di opinion leader: la presunta capacità persuasoria dei (vecchi) media non sarebbe diretta, ma mediata da individui riconosciuti appunto come opinion leaders, cioè persone ritenute punti di riferimento relativamente a questioni specifiche (per fare un esempio, i sacerdoti nel campo della morale).
In internet questi soggetti vengono chiamati influencer: “Online il 90 per cento dei contenuti è creato dal 10 per cento degli utenti, queste persone sono gli influencer – scriveva in un articolo Casaleggio – quando si accede alla Rete per avere un’informazione, si accede a un’informazione che di solito è integrata dall’influencer o è creata direttamente dall’influencer.
Un prodotto, un servizio online è fortemente influenzato dall’opinione dei cosiddetti influencer, molto più per esempio dalla promozione diretta o dalla ricerca che viene creata dalle società con forti investimenti, se pensiamo per esempio a un prodotto di elettronica, il 60 per cento degli acquisti on line viene orientato dagli influencer, quindi se per esempio il prodotto di elettronica viene osteggiato dall’influencer non viene venduto on line”.
La strategia comunicativa e aziendale di Casaleggio tiene conto di questo fattore ed è per questo che risulta vincente.
Se il blog di Beppe Grillo è diventato praticamente un fenomeno di massa, il merito è sì del messaggio, ma anche del modo con cui viene veicolato.
E visto che il verbo grillino impera nella rete, con frotte di militanti pronti a commentare in decine ogni contenuto critico verso il movimento, è per caso grazie ad un controllo continuo e sistematico di ciò che viene pubblicato con successivo “pronto intervento”?
Il dubbio sorge spontaneo e non sono in pochi a evocare scenari da “gabinetto di guerra”: cioè un’attenta regia che scannerizza il web, pronta a sguinzagliare decine di nickname in difesa del M5S.
La (nuova) visione del mondo di Casaleggio è sintetizzabile in tre frasi, l’insegnamento principe del libro Tu sei rete: “Fino a qualche anno fa, le relazioni tra persone, oggetti ed eventi erano attribuite al caso. L’unico modo per ipotizzare il funzionamento dei sistemi complessi era attribuirne le ragioni ad avvenimenti casuali. La vita e l’evoluzione delle reti seguono invece leggi precise e la conoscenza di queste regole ci permette di utilizzare le reti a nostro vantaggio”.
Utilizzare le reti a nostro vantaggio, quindi: un vantaggio economico, quindi.
Ma pure, perchè no, politico.
Solo strategia commerciale e di marketing?
Secondo la visione di Casaleggio le potenzialità del mezzo – internet – stravolgeranno il mondo.
Gaia, il futuro della politica è un video postato da YouTube su casaleggio. it che, partendo dai grandi (nel bene e nel male) personaggi dell’antichità , capaci di sfruttare a proprio favore i nuovi mezzi di comunicazione che via via venivano inventati, finisce per ipotizzare l’immediato futuro: nel 2018 il mondo sarà diviso sarà diviso in due blocchi, quello con il web libero e quello con la rete controllata dai governi (Russia, Cina, e una bella fetta dell’Asia); nel 2020 scoppierà una terza guerra mondiale, durante la quale verranno distrutti i monumenti simbolo dell’occidente e verranno utilizzate armi batteriologiche; la popolazione sulla terra si ridurrà ad un miliardo, causa anche i cambiamenti climatici; nel 2046 tutti avranno un’identità su un nuovo social network creato da Google e tutti saranno collegati a internet per ogni tipo di bisogno; nel 2051 verrà abolita la pena di morte nel mondo attraverso un referendum votato dal proprio pc; infine, nel 2054, nasce Gaia, un nuovo governo mondiale: “Ogni essere umano può diventare presidente e controllare il governo attraverso la Rete. In Gaia i partiti, la politica, le ideologie e le religioni scompaiono”.
Matteo Pucciarelli
(da “La Repubblica”)
argomento: Grillo | Commenta »
Settembre 7th, 2012 Riccardo Fucile
SPESSO IN ROTTA DI COLLISIONE CON GRILLO CHE NON GLI HA RISPARMIATO MAI TIRATE D’ORECCHIO
“Stasera a La7 puntata sul Movimento 5 Stelle. Ho un brutto presentimento. Stiamo a vedere”. Queste le parole su Facebook di Giovanni Favia, pochi minuti prima che scoppiasse il caos.
Un terremoto che rischia davvero di rompere il giocattolo di Beppe Grillo e di Gianroberto Casaleggio.
Ma tutto quanto era in un qualche modo prevedibile.
Le parole di Favia stupiscono non per il contenuto in sè, visto che lo stesso consigliere regionale le aveva fatte intendere in passato; stupisce più che altro la “chiarezza espositiva” e il fatto che il solitamente abbottonato Favia si sia lasciato andare così facilmente e così pesantemente con un giornalista.
Trentadue anni, Favia è un grillino degli albori.
Prima della fatwa primaverile del comico genovese contro le trasmissioni in tv, non disdegnava di parteciparvi.
Viso pulito, look apolitico, gioviale e sbarazzino, educato ma deciso sui contenuti. A volte esitante di fronte ai vecchi volponi catodici, ma perlomeno una faccia fresca e dei concetti chiari da esprimere.
Anche un po’ sfrontato: uno capace di collegarsi su Facebook durante un talk su La7 e scrivere: “Ragazzi, hanno un alito che non potete immaginare….”.
All’inizio candidato sindaco a Bologna, poi candidato presidente in Emilia Romagna. In entrambi i casi un successo.
Prima di fare politica a tempo pieno aveva provato con i più svariati lavori.
Senza particolare fortuna: magazziniere, cameriere, manovale edile, apprendista elettricista, rappresentante di commercio, fotografo, poi mise su una ditta individuale per la produzione di materiali audio-visivi.
Politicamente può vantare la propria partecipazione alle manifestazione no-global di Genova del 2001, ma riuscire a stanarlo adesso è impossibile: neanche sotto tortura dirà mai che sì, dopotutto ha un background di sinistra.
Si avvicina al blog e poi al primo meetup nel capoluogo emiliano, storicamente il più attivo di tutti.
Ci crede, si impegna anima e corpo nella nuova avventura e riesce a farla diventare un lavoro vero e proprio.
A Roma, durante la manifestazione a piazza Navona dell’Idv (28 gennaio 2009) venne strigliato dalle forze dell’ordine per uno striscione che recitava “Napolitano dorme, il popolo insorge”.
Per la prima volta i giornali parlarono di lui.
L’esordio pubblico ufficiale — dicevamo – è da candidato primo cittadino sotto l’insegna della lista beppegrillo.it.
Anno 2009. Presenta un programma semplice (più raccolta differenziata, energia pulita, uso della rete per divulgare le sedute del consiglio comunale, aree verdi al posto delle ex caserme, no alla privatizzazione dell’azienda di trasporti pubblica, stop ai privilegi di sindaco e assessori) porta a casa il 5 per cento e viene eletto a Palazzo d’Accursio.
Impegno massimo, intransigenza istituzionale pure, ma allo stesso tempo un ragazzo capace di parlare con tutti, dai tranvieri ai dirigenti d’azienda.
Poi però il sindaco Flavio Delbono si dimette dopo uno scandalo a tinte rosa e lui scalda i motori per le regionali.
Un altro successo: alle Regionali nel 2010 conquista un 7 per cento clamoroso.
Durante quella campagna elettorale spiegò che, in caso di elezione, con 1400 euro al mese avrebbe vissuto benissimo.
Una volta eletto, il movimento — magnanimo — decise in assemblea che poteva pure tenersi 2500 euro al mese, per 13 mensilità .
Cifra poi di nuovo ritoccata a 2700 euro.
Ma è, soprattutto, un grillino “flessibile”: “Resta anche per lei il limite dei due mandati?”, gli chiese perfido il giornalista del Corriere della Sera, subito dopo la seconda elezione nel 2010.
Risposta: “Sono cose che valuteremo collettivamente. Noi non siamo dei talebani, ma posso dire che non ci sposteremo dal limite dei dieci anni. Del resto, De Gasperi ha governato per otto”.
Detto da uno appena eletto per la seconda volta, rendeva bene l’ambizione del personaggio.
Già , l’ambizione.
A sentire i suoi detrattori, tutti nessuno escluso, la vanità e l’arrivismo di Favia sarebbero il vero motore delle sue imprese politiche.
Un ragazzo con un piccolo grande sogno nel cassetto: Roma.
Magari da candidato premier dei 5 Stelle.
O se fosse andata male perchè no, in lista con l’Italia dei Valori. Questo però lo dicono i maligni.
Chi gli sta accanto, invece, parla di “legittime aspirazioni” e ne loda le capacità : instancabile lavoratore, sempre sul territorio, abile nell’uso dei social network e con un certo fiuto politico.
Però era evidente che con Grillo qualcosa si fosse rotto. O anzi, con Casaleggio.
Pochi mesi fa venne punzecchiato sul blog di Grillo proprio sulla questione Tavolazzi. “So che un consigliere regionale appoggia la sua candidatura…”, diceva il post.
Il riferimento era diretto proprio a lui. Che rispose per le rime: “Prego chi ha fornito questa falsa informazione allo staff del blog di dichiararsi e chiedere scusa. Ed allo staff di verificare prima le informazioni che pubblica”.
E quando Tavolazzi venne espulso Favia dichiarò: “Non so, ma io stimo molto Tavolazzi”.
Da notare che Favia, nonostante il post fosse firmato da Beppe Grillo in persona, parlò due volte di “staff del blog”.
Cioè la Casaleggio Associati.
E sui suoi rapporti con Tavolazzi andrebbe aggiunta una postilla: il famoso incontro di Rimini, quello per cui l’ex manager è stato fatto fuori, aveva un punto all’ordine del giorno un po’ particolare.
Cioè la candidatura di Favia a premier, nel 2013. Incontro cui Favia avrebbe dovuto partecipare, ma avuto il sentore delle ire di Beppe avrebbe disdetto all’ultimo secondo.
Appena in tempo. E quell’ordine del giorno? “Ma no, era stato presentato da una ragazzo di non ricordo neanche dove, una cosa isolata”, garantisce Tavolazzi.
Seconda tirata di orecchi pubblica di Grillo a Favia è quella avvenuta poche settimane fa. In Regione ad agosto scoppia lo scandalo, ma più che altro è il segreto di Pulcinella: tutti i consiglieri regionali, tranne quelli della Federazione della Sinistra, pagavano le emittenti locali per farsi intervistare. Favia incluso.
Per i giornali una notizia sensazionale: ma come, il fustigatore della Casta che fa politica sul web sgancia soldi pubblici per farsi vedere in tv?
Lui all’inizio si difende, spiega che è un modo per far conoscere la voce dei 5 Stelle, della quale altrimenti i media non darebbero conto.
Ma Grillo lo sgrida sempre attraverso il blog: “È come pagare per il proprio funerale”, con relativa accusa implicita di ‘intelligenza col nemico’.
Favia prima prova a minimizzare. “Beppe non mi ha scomunicato – dice a Repubblica in quei giorni – Avrei preferito che spiegasse meglio la questione. Capisco che si senta attaccato, ma non ho fatto un utilizzo illegale dei finanziamenti della Regione”.
Poi il giorno dopo fa retromarcia su tutta la linea e si scusa.
Sul suo profilo Facebook aggiunge: “Con Grillo ci siamo sentiti sia prima che dopo il suo post. Continui da battitore libero a scrivere ciò che pensa e quelle che sono le sue opinioni, che nella stragrande maggioranza dei casi condivido. Lo faccia anche senza troppe carezze o giustificazioni se coinvolti degli eletti M5S, e poi è il suo stile”.
Ora le sue parole a Piazzapulita.
Un fendente che può far male ad un movimento finora in costante crescita.
La sua carriera politica finisce qui? Di certo con Grillo sarebbe finita lo stesso: il non-statuto parla chiaro, due mandati e poi a casa.
L’immagine di copertina della pagina Fb di Favia — ha diecimila e passa fan — è una foto: lui insieme al comico genovese, braccia al cielo e urla di gioia.
Un grande amore politico.
Ma anche gli amori, molto spesso, finiscono.
Matteo Pucciarelli
(da “La Repubblica“)
argomento: Grillo | Commenta »