Giugno 5th, 2014 Riccardo Fucile
UN BEL SEGNALE: IL PRESIDENTE GARRONE ACCOGLIE L’APPELLO DEL SINDACO CHE AVEVA CHIESTO DI RINUNCIARE ALLE SPONSORIZZAZIONI DEI COLOSSI DELLE SLOT
La Sampdoria è “una signora vestita coi colori della sera”. Dall’anno prossimo, con ogni probabilità , potremo godere a pieno della bellezza delle tinte blucerchiate della “regina sotto i riflettori” di cui parla Lettera da Amsterdam, l’inno della squadra genovese.
“Stiamo trattando con una realtà locale, se non chiuderemo l’accordo giocheremo senza sponsor sul petto” ha spiegato il presidente doriano Garrone.
La società ha rescisso il contratto con Gamenet. Dopo tre anni le loro strade si separano per una scelta consapevole e non indolore da parte del club.
Gamenet, gruppo nato nel 2006, è uno dei maggiori concessionari dei monopoli di stato per il gioco d’azzardo. “Rappresentiamo una realtà tra le più complete del settore” si legge sul sito.
La loro offerta comprende la gestione di sale slot e di siti per le scommesse sportive e il poker.
Una branca dell’azienda fornisce formazione agli operatori del gioco legalizzato. “Sono soddisfatto — ha detto Marco Doria — il club dimostra grande sensibilità e ha il mio pieno sostegno”. Da quando è diventato sindaco di Genova, Doria si è ritrovato davanti al dilagare della ludopatia in città e ha provato a mettere un argine.
Poco più di un anno fa, in una delle sue ultime uscite pubbliche, don Andrea Gallo portò in piazza oltre mille persone per protestare contro l’apertura di una sala slot nel quartiere Pegli.
Nelle settimane successive l’amministrazione ha emanato un regolamento che contiene norme restrittive sull’insediamento di nuovi locali per il gioco d’azzardo e stabilisce una distanza minima di trecento metri da parchi, scuole, campi sportivi e luoghi di culto.
Genova ha anche dato vita a una Consulta permanente sul gioco con premi in denaro e proprio in questi giorni ha lanciato la campagna “Non azzardatevi, qui il gioco resta fuori”.
Un’adesivo con questa scritta sarà attaccato alla vetrina degli esercizi commerciali che rinunceranno agli introiti dell’azzardo.
Al capoluogo ligure, ha spiegato di recente l’assessore alla legalità Elena Fiorini, spetta il primato italiano di città con il maggior numero di sale slot tra quelle sopra i 200 mila abitanti: sono oltre 70, una ogni 10 mila persone e ogni 235 metri.
I genovesi si giocano in media 755 euro a testa l’anno.
L’appello a rinunciare alle sponsorizzazioni dei colossi dell’azzardo era arrivato proprio da Palazzo Tursi.
A dire il vero l’invito era rivolto a entrambe le squadre della città , ma per ora solo una ha risposto. Sì, perchè anche il Genoa è sponsorizzato da un’azienda concessionaria dei monopoli di stato.
Si tratta della Izyplay che, come Gamenet, gestisce scommesse, bingo e poker online. Dal 2010 il marchio dell’agenzia appare sulla t-shirt rossoblu, Izyplay è tra gli sponsor anche di Lazio e Milan.
Mentre il calcioscommesse ritorna a fare parlare di sè, il rapporto tra le aziende del gioco d’azzardo e il mondo del calcio è sempre più stretto.
La lega cadetta si chiama Serie B Eurobet e sono numerose le squadre che ricevono finanziamenti da realtà che operano nel settore, con grande predominio da parte delle agenzie online di scommesse sportive.
La Gazzetta dello Sport, quotidiano di riferimento per gli appassionati di pallone, ha nei suoi piani un accordo con la multinazionale Playtech per lanciare il sito di scommesse Gazzabet.
Un’ipotesi contro cui i giornalisti si sono battuti sin dall’inizio, ma che alla fine pare proprio si farà . Le agenzie del gioco d’azzardo, inoltre, comprano decine di spot televisivi durante le partite e riempiono gli stadi dei cartelloni con il loro nome.
Non solo in Italia funziona così: l’austriaca Bwin ha sponsorizzato negli anni Milan, Bayern Monaco, Real Madrid e la Liga Portoghese, per rendere l’idea della sua potenza d’investimento.
In Premier League il Fulham e l’Aston Villa hanno un contratto rispettivamente con MarathonBet e Dafabet.
Dopo gli scandali di match fixing degli ultimi mesi, che non hanno risparmiato il calcio britannico, la federazione ha deciso di non accettare come sponsor principale una società di scommesse.
In Italia, per ora, il buon esempio è circoscritto a una sponda del Ponente ligure.
Dario Falcini
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Giugno 5th, 2014 Riccardo Fucile
ANNUNCI RIPETUTI PER RILANCIARE UN TEMA SU CUI ORA IL GOVERNO DOVREBBE PRESENTARE UN DISEGNO DI LEGGE
Tra 24 ore sapremo se il governo Renzi passerà dalle parole ai fatti nella lotta alla corruzione.
Venerdì, infatti, durante il consiglio dei ministri, dovrebbero essere stabiliti i poteri di Raffaele Cantone in merito al suo ruolo di controllore di Expo 2015, dopo gli arresti per gli appalti ottenuti, secondo la procura di Milano, a colpi di tangenti.
Tanto per essere chiari, ci sarebbero i fatti e non gli annunci, per esempio, se Cantone avrà il potere di revoca di un appalto, nel caso in cui non dovesse corrispondere a requisiti di trasparenza.
Ma Renzi, il 9 maggio, dopo aver indicato in Cantone il “controllore” di Expo 2015, ha detto che bisogna essere cauti sui poteri straordinari: “Va fatta una verifica dal punto di vista amministrativo. E poi Cantone non è un supereroe … non può essere un sostituto del pm a Milano, ma neanche un passa-timbri”.
L’ex magistrato anti camorra, comunque, è stato chiaro, non vuole essere uno specchietto per le allodole: “Non ho intenzione nè voglia di fare gite milanesi”, ha detto il 15 maggio, rispondendo agli studenti di Giurisprudenza dell’Università di Napoli, “allo stato non c’è possibilità che l’Autorità anticorruzione possa occuparsi delle vicende dell’Expo.
Il tema è provare a individuare poteri specifici transitori e che riguardino solo quell’evento. Questi poteri servono e dovranno essere tali da lasciare indipendente l’Autorità ”. Appena il giorno prima La Repubblica aveva titolato: “Renzi: ‘Interdizione perpetua per chi prende tangenti’”. E il 18 maggio: “Corruzione, giro di vite sul falso in bilancio. Più poteri a Cantone”.
L’esecutivo guidato dal premier-rottamatore, che vuole fare tutto e subito, da febbraio ad oggi ha fatto diversi annunci, ma nessuna legge, per altro a costo zero, su riforma della prescrizione, sul reato di autoriciclaggio, sulla riforma del falso in bilancio, depenalizzato dal governo Berlusconi 2001-2002 e mai rivisto.
Addirittura non c’è stato neppure un annuncio sulla lotta alla corruzione, il 22 febbraio, quando Renzi si è insediato con il discorso di rito in Parlamento.
Eppure l’Europa ha continuato a strigliarci.
L’ultima stoccata ce l’ha tirata lunedì: la Commissione Ue ci ha chiesto di riformare “in particolare la prescrizione entro la fine del 2014” e di rafforzare i poteri dell’Autorità nazionale anticorruzione.
Il riferimento della Ue è al fatto che l’Autorità ha poteri di indagare ma non ha poteri sanzionatori. Insomma ha le armi spuntate.
Lo ha osservato anche Cantone, nominato il 16 aprile presidente dell’organismo. Ed è stato lui stesso a chiedere più poteri.
Ma ad oggi non ci sono, come non c’è la nomina di altri 5 commissari indipendenti. Forse saranno designati entro la prossima settimana.
Appena tre mesi fa, a febbraio, la Ue aveva segnalato le criticità anche della legge Severino sul cosiddetto spacchettamento del reato di concussione, per costrizione o per induzione; e ancora sulla corruzione privata, l’autoriciclaggio e la prescrizione, la bestia nera.
L’Italia, infatti, è un caso più unico che raro in Europa: la prescrizione si conta dall’anno in cui sarebbe stato commesso il reato, a prescindere da quando viene scoperto e perseguito e continua per tutto l’iter giudiziario, processi compresi. Anche su questi punti tutto tace.
Sembrava che potesse cambiare ad aprile. Il 21 si è parlato di lotta alla corruzione nel documento economico e finanziario, ancora una volta con promesse di intervento su falso in bilancio, prescrizione e autoriciclaggio, ma è un nulla di fatto.
Il ministro della giustizia Andrea Orlando assicura che si affronterà tutto dopo la fine di un “clima di rissa permanente”.
Solo una settimana prima il Corriere della Sera aveva titolato: “Giustizia: riforme a tappe. Un decreto sugli arretrati”.
Il 22 maggio, dopo le critiche di Raffaele Cantone contro il ddl anticorruzione, il governo scrive un testo sull’autoriciclaggio e lo inserisce nel progetto fermo alla Camera.
Il magistrato aveva definito la vecchia proposta sull’autoriciclaggio “inapplicabile perchè prevede che ci sia ‘nocumento all’economia’, un meccanismo assolutamente vago”.
Il voto sul ddl, previsto per il 10 giugno al Senato, probabilmente slitterà . E venerdì il consiglio dei ministri potrebbe presentare un disegno ad hoc.
Antonella Mascali
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 5th, 2014 Riccardo Fucile
L”AUTHORITY ANTICORRUZIONE DOVREBBE COMBATTERE IL MALAFFARE IN ITALIA CON 26 DIPENDENTI
Reduce da un’ora e più a Palazzo Chigi, faccia a faccia con Renzi, Cantone si rifugia nel suo ufficio di piazza Augusto Imperatore.
Prevale, ma solo per un breve attimo, il fatalismo della sua napoletanità . Gli scappa un «e che vuo’ fa… qua ogni giorno ce n’è una…».
Poi torna il puntiglioso Cantone di sempre. Riservatissimo sull’incontro col premier. Preoccupato per l’indagine di Venezia. Estremamente critico sulla legge che regola gli appalti, che «va cambiata», perchè «troppe opere fatte con deroghe finiscono quasi sempre con fatti di corruzione».
Quanto agli appalti finiti a imprenditori corrotti ricorda che nella legge Severino già esiste il «patto di integrità » per cui già oggi potrebbero essere revocati.
Venezia, l’indagine, che ne dice?
«Nel merito non parlo. Ma quello che inquieta è il coinvolgimento trasversale di soggetti diversi, non solo imprenditori e politici, ma anche pezzi del sistema dei controlli, a dimostrazione di come la corruzione riesca a pervadere ambiti più vari. L’indagine verificherà i fatti, ma le cifre pagate appaiono subito molto rilevanti ».
Scusi, ma a guardarsi bene qui intorno, non è un po’ troppo piccola questa sua struttura?
«In che senso?».
In senso fisico. Ma in quanti siete qua dentro?
«26».
Mi sta dicendo che l’Authority anticorruzione che lei guida ha meno di 30 dipendenti?
«Sì, ne ha 26».
E lei con 26 persone vuole fare lo zar anti-corruzione? Ma non ha chiesto più uomini a Renzi?
«Non sono abituato a lamentarmi dopo aver assunto un impegno. Ho evidenziato le criticità nella normativa e su questo ho rimesso il giudizio alle valutazioni politiche. Ma con 26 persone e quello che mi daranno in futuro garantisco comunque il massimo impegno possibile. E non dico di più».
Gli occhi del Paese sono puntati su di lei. E lei lo sa. Su di lei e su Renzi, in attesa che sferriate un colpo serio contro i corrotti. Ma ci vogliono gli strumenti però. Che gli ha chiesto?
«Mi dispiace, la mia riservatezza è assoluta. Posso solo dire che abbiamo parlato di quale potrebbe essere il ruolo dell’Autorità anti-corruzione nell’Expo, gli ho spiegato quali sono i nostri problemi e le nostre criticità ».
E sarebbero?
«Bisogna migliorare la qualità ispettiva, ampliare il potere sanzionatorio e consentire all’Anac di essere più efficiente nei controlli che fa».
Lei aveva detto «non faccio gite a Milano ». Adesso dovrà andare anche a Venezia, diventerà commissario pure per il Mose?
«Di questo non si è parlato e non credo affatto che si farà ».
Perchè non è possibile? Forse perchè non si può commissariare tutta l’Italia?
«Sarebbe una soluzione che ha senso solo per casi specifici, ma una Anac che tappa i buchi dove emergono corruzioni è fuori dal mondo e nessuno francamente ci ha pensato».
Però c’è la sua Authority che può vigilare su tutto, ma deve essere messa in grado di farlo, visto che fino ad ora è stata una scatola vuota…
“Non credo che questo giudizio così tranchant sia giusto. Teniamo presente che la legge Severino è in vigore da un anno e le Pubbliche amministrazioni stanno facendo fatica ad adeguarsi alle regole. È fisiologico che non ci siano ancora risultati. E poi voglio insistere sul fatto che l’Anac non si occupa di singoli fatti di corruzione, ma del rispetto delle regole sulla prevenzione alla corruzione. Non necessariamente dove c’è stata una violazione delle regole si è verificata anche una corruzione, nè avviene il contrario. Gli anticorpi che noi possiamo via via immettere, e che però non hanno una funzione salvifica, dovrebbero almeno ridurre gli effetti ».
Uno scandalo alla settimana e lei parla di anticorpi? Pensa che gli italiani disgustati e che pagano la corruzione di tasca loro la capiscano?
«Mi rendo conto che la reazione può essere questa, ma non si può pensare che ciò possa diventare responsabilità di una singola autorità . Bisogna affrontare la corruzione fuori dall’emergenza, quando non ci sono fatti corruttivi, perchè lavorare sull’emergenza è la soluzione peggiore ».
Si è già reso conto che potenzialmente, in ogni comune che appalta, si può nascondere un caso di corruzione? Non è una lotta impari e sicuramente perdente? Questo l’ha detto a Renzi?
«Non siamo entrati nello specifico. Ma c’è un problema sulla legge per gli appalti. Opere fatte con deroghe finiscono quasi sempre con fatti di corruzione. C’è una legge inadeguata a gestire le grandi opere. C’è troppo formalismo per le piccole amministrazioni e un difetto per le grandi. C’è sempre bisogno di deroghe, giustificate per fare le opere, che poi producono corruzione. La legge sugli appalti non è adeguata e va cambiata».
Lei è qua da 40 giorni, prova a dirmi che cosa le manca di più?
«Nonostante le difficoltà , abbiamo avviato un numero incredibile di attività , dai controlli sulla trasparenza e sui piani anti-corruzione, all’aver attivato meccanismi ispettivi in moltissime stazioni appaltanti. Per il momento, e con la situazione che ho in termini di forze, mi posso dire soddisfatto».
Ispezioni sugli appalti? Di che si tratta?
«Della verifica se i piani anti-corruzione e i piani di trasparenza sono partiti. Il nostro compito è questo. Applicare appieno la Severino».
Bisogna cambiare o aggiornare questa legge?
«Sì, la legge merita un tagliando, ci sono cose da cambiare, soprattutto sui poteri dell’Anac e sulla prevenzione».
Expo, Mose e gli altri appalti corrotti. Si possono revocare? Lei ha chiesto questo potere?
«Non ne ho parlato con Renzi, ma sicuramente è uno dei temi da affrontare. Bisogna farlo ab origine, perchè è difficile intervenire adesso. Ma quando dimostri che un appalto è oggetto di attività corruttiva è moralmente paradossale che il soggetto che lo ha conseguito continui a lavorare. Servono meccanismi a monte. La Severino prevede il patto di integrità , una clausola nei contratti che consente la revoca se si verifica un fatto di corruzione. È uno strumento utilissimo che già esiste e che mi auguro che venga applicato…».
Liana Milella
(da “La Repubblica“)
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Giugno 5th, 2014 Riccardo Fucile
“E’ STATO CREATO UN MOSTRO SENZA CONTROLLO, UN’OPERA DI SETTE MILIARDI AFFIDATA A UN CONCESSIONARIO UNICO”… “NEL 2006 FUI L’UNICO A OPPORMI, MA PRODI NON MI DIEDE ASCOLTO”
Professor Cacciari, lei è stato il principale sostenitore del sindaco Orsoni, già dalle primarie. Cosa ha pensato, quando ha saputo che era stato arrestato per una faccenda di soldi?
«Ho provato una grande angoscia. Le dico onestamente che in alcuni casi qualcuno può dire: io sapevo. Ma su Orsoni, è difficile dire che si sapesse qualcosa. Anzi, era assolutamente impossibile immaginare qualcosa del genere. Per me è stata un’enorme sorpresa. Dolorosissima. Non perchè sia particolarmente amico di Orsoni, ma perchè credo che, come me, nessuno a Venezia potesse sospettare lui di cose meno che lecite. Quindi non so, starò a vedere. Certo che ti viene da pensare: forse questi meccanismi sono talmente logorati e pieni di crepe, che quando ci sei dentro ci cadi. Ma il caso di Orsoni mi lascia davvero sconcertato. Gli auguro di poter chiarire tutto e di uscirne presto e benissimo, anche se non so nulla delle accuse».
Questo Mose sembra proprio nato sotto una cattiva stella.
«Ma questa stella, nelle sue dimensioni strutturali, brillava alta su nel cielo. E qualche re magio poverino la seguiva da tempo…».
Cioè lei.
«Certo. Non c’è nulla di misterioso in questa stella del Mose. Che è nata nel 1985-86, e ha brillato ininterrottamente fino a ieri nel cielo di Venezia. Sotto qualsiasi governo, sotto qualunque presidente del Consiglio. E qui vorrei ricordare alcuni fatti che non hanno nulla a che vedere, in sè, con la dimensione giudiziaria »
Per esempio?
«La sua nascita, per cominciare. Se una grande opera pubblica come questa, che alla fine verrà a costare circa sette miliardi di euro, non so se rendo l’idea, viene fatta decidendo che chi la fa è un concessionario unico, che può seguire l’opera e realizzarla in tutte le sue fasi praticamente senza mai ricorrere a una gara di trasparenza pubblica che sia una, che può strafottersene per venti anni e passa di una serie di posizioni che vengono periodicamente dal Consiglio comunale e da altri organi amministrativi, che può spendere al di là di ogni controllo, si crea una situazione poco chiara e poco trasparente… ».
È stato creato un mostro senza controllo, dice lei. Con il consenso di tutti i governi.
«E non ho finito. L’ultimo capitolo è stata la riunione del “comitatone”, 22 novembre 2006, presieduto da Romano Prodi. Dopo due anni di intenso dibattito condotto in prima persona dal sottoscritto, come sindaco di Venezia, io presentai a quella riunione un’amplissima documentazione e una relazione nella quale ricordavo le perplessità , uso un eufemismo, sulla conduzione di un’opera di questa mole attraverso la procedura di un concessionario unico, e ricordavo che c’era stato un solo giudizio di impatto ambientale, uno solo, ed era stato negativo. Ricordavo anche che mancava il progetto esecutivo. Perchè se io come sindaco avessi mandato in appalto un’opera cento volte più piccola senza l’esecutivo finale, sarei finito direttamente nelle patrie galere. Dissi tutto questo, e votai no: contro Prodi».
Ricordo perfettamente che lei era contrario al Mose. Però forse la corruzione sarebbe arrivata lo stesso anche se si fosse preferito un altro progetto.
«Io non sono un ingegnere, ma avevo proposto le soluzioni alternative suggerite da autorevolissimi esperti. Nessuno ci ha ascoltati. Il sottoscritto, quando andava ad esporre le sue perplessità , era tollerato. Sono riuscito a parlare sì e no cinque minuti manco con Prodi, ma con Enrico Letta, allora sottosegretario. E non parliamo dei giornali. Viva l’opera! Comunque, una fatta la scelta, io dissi: io non sono contrario all’opera, sono contrario a un’opera fatta così. La mia opposizione nasceva dalla certezza che la procedura scelta avrebbe potuto portare ad esiti ed effetti come quelli che si sono verificati oggi».
La corruzione, secondo i magistrati, sarebbe cominciata nel 2005.
«Ma certo. Se c’era un giro di mazzette sarà partito anche prima. Io non so nulla di questa indagine e mi auguro che tutti vengano assolti o prosciolti. Che gli venga chiesto perdono, persino. Ma non mi si venga a dire che la cosa non poteva essere seguita diversamente. Non si possono fare le opere pubbliche così. Perchè oggi è il Mose, ieri L’Aquila e l’Expo, domani chissà . Lavorare costantemente con l’emergenza, o dire che le grandi opere vanno date in mano al Napoleone di turno, è una logica criminogena ».
Ecco, ma è possibile che in questi anni a Venezia nessuno abbia sentito l’odore di questa corruzione? L’assessore Bettin ha detto: qualcosa si sapeva.
«Una qualche vox populi c’era. Soltanto che io non faccio il magistrato e non faccio il poliziotto. Quello che so e che ho detto era più che sufficiente perchè si sorvegliasse e si controllasse in modo più pervasivo questa colossale operazione da sette miliardi di euro. Questo non è stato fatto. Neanche dalla Corte dei conti: io sono andato anche lì a portare il malloppo delle mie contestazioni, in una seduta pubblica».
E com’è andata?
«Ho parlato cinque minuti, nell’indifferenza totale».
Oggi a Venezia la politica è in ginocchio. Come può rialzarsi? Come se ne esce?
«Intanto dobbiamo aspettare le sentenze, che potranno aggravare o ridimensionare le accuse ad alcuni dei personaggi coinvolti. Certo, la catastrofe è grande ed è del tutto trasversale. Se ne esce con una grande riforma culturale e politica. Se ne esce con partiti che selezionano in modo più adeguato la loro classe dirigente, con partiti che hanno delle idee e dei programmi e non solo la volontà di occupare il potere…».
Sebastiano Messina
(da “La Repubblica“)
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Giugno 5th, 2014 Riccardo Fucile
L’IMPRENDITORE: “QUEI 200.000 EURO CONSEGNATI IN ALBERGO”…E SPUNTA ANCHE UN TENTATIVO DI BLOCCARE L’INDAGINE DEI PM
Il penultimo governatore del Veneto, Giancarlo Galan, era a libro paga dei costruttori del Mose. Per cinque anni almeno. Uno stipendio annuale, tra i novecentomila euro e il milione.
Ricevuti tra il 2005 e il 2008, gli anni in cui il presidente doveva velocizzare gli uffici tecnici, ammorbidire la commissione di salvaguardia e pure la sezione controllo della Corte dei Conti di Venezia, chiamata a verificare le procedure dell’opera.
Gli inquirenti hanno individuato un altro «stipendio da un milione» intascato da Galan nel 2012, stagione in cui i cantieri in laguna presero velocità . Corruzione contro i doveri d’ufficio, è ora l’accusa.
La cifra di «profitto» stimata è di 4-5 milioni di euro.
A questa contabilità giudiziaria dovrà essere aggiunta l’evasione fiscale: «Galan non ha pagato alcuna imposta sul reddito sulle persone fisiche», si legge nell’ordinanza. Gli «stipendi annuali» girati dal presidente del Consorzio Nuova Venezia, Giovanni Mantovani, avevano un percorso lungo, per non farli emergere.
L’assessore regionale alle Infrastrutture, Renato Chisso (ora in carcere), ritirava i contanti dall’imprenditore Mazzacurati, quindi li consegnava alla sua segretaria che portava il denaro direttamente a Galan
La Procura di Venezia sostiene che il presidente regionale abbia fatto lavorare imprese legate alla Mantovani (capofila del consorzio Mose) con le quali «era in debito di favori».
E ancora, Galan e il suo assessore faccendiere Chisso, tramite prestanome, avevano quote sociali (il 7%) nella Adria Infrastrutture, controllata direttamente dalla Mantovani spa e formalmente rappresentata da Claudia Minutillo, 51 anni, per molto tempo potente segretaria dello stesso Galan.
Il presidente della Regione avrebbe agevolato le richieste di Project Financing dell’Adria Infrastrutture. Attraverso un architetto di fiducia, poi, Galan controllava anche il 70% di Nordest Media, altra società del gruppo Mantovani.
La segretaria particolare, Claudia Minutillo, era stata incaricata di portare a San Marino i fondi neri «Regione Veneto-Mose».
Da lì, i contanti venivano dirottati (e riciclati) in una serie di conti all’estero da William Colombelli, burattinaio della finanziaria Bmc.
L’ex segretaria personale, ribattezzata a Venezia La Dogetta, a San Marino era diventata un’aggressiva imprenditrice e con la Bmc Broker attivava appalti banditi dalla Regione e l’organizzazione di eventi da celebrare in Laguna.
Nel febbraio 2013 la Minutillo è stata arrestata per frode fiscale insieme con l’ex amministratore delegato della Mantovani spa, Piergiorgio Baita, lo stesso che ha raccontato di avere consegnato 200mila euro alla Minutillo «come contributo elettorale alla campagna del presidente Galan all’hotel Santa Chiara».
In cinque interrogatori (l’imprenditore Baita, il suo braccio destro Buson, la stessa segretaria Minutillo) si parla dell’architettura finanziaria creata da Galan per far ristrutturare la sua villa a Cinto Euganeo, nella provincia di Padova, senza spendere un euro e occultando i lavori in una serie di sovrafatture mascherate da lavori per il Mose
La ristrutturazione della prestigiosa villa costò 1,8 milioni. Galan l’aveva acquistata nel 2007 e, subito, aveva affidato i lavori di ristrutturazione all’architetto amico Danilo Turato.
Il cantiere durò due anni e, su consiglio del commercialista di Galan, Paolo Venuti, l’architetto emise fatture gonfiate per alcuni lavori realizzati nella sede della società Mantovani e al mercato ortofrutticolo di Mestre.
Da quei sovrapprezzi si riuscì a ricavare un milione e centomila euro: il costo della ristrutturazione eccetto il rifacimento della Barchessa, il corpo laterale dell’edificio.
I 700 milioni mancanti Galan li troverà nel 2011.
Come? Farà chiamare l’ad della Mantovani, Piergiorgio Baita, «tramite l’addetto stampa Miracco» e gli chiederà di mettersi in contatto con il suo commercialista.
Sarà il professionista a chiedere a Baita un aiuto per una parte delle spese.
«Ma Galan ha voluto incontrarli di persona», ha raccontato l’amministratore ai pm, «e nel suo ufficio mi chiese esplicitamente di coprire le fatture dell’architetto Turato». Nel 2009 Galan inaugurò la villa con il suo matrimonio con Sandra Persegati: trecento invitati, tra cui Berlusconi e Dell’Utri.
Nel 2010 chiuse il mandato in Regione, «…pure il presidente ha continuato a chiedermi denaro: diceva che era diventato ministro e che avrebbe avuto ancora più potere sui miei affari». È sempre Baita a parlare a verbale
L’ordinanza racconta di un tentativo di influenzare l’indagine in corso da parte dello stesso Galan e della Minutillo .
L’imprenditore Mantovani aveva acquistato a caro prezzo (un milione e mezzo di euro) il 51 per cento del giornale «Il Punto». Questo perchè «era un contatto romano di gente appartenente ai servizi», Cicero e Manganaro, e Mantovani doveva pagarli «per avere informazioni e per vedere di deviare l’inchiesta».
Lo ha raccontato nell’interrogatorio del 19 marzo 2013 la Minutillo: «Gli inquirenti venivano pedinati e controllati». A settembre, sulla questione, è stato arrestato il vicequestore di Bologna Giovanni Preziosa, già assessore in quella città .
Infine, sarebbe stato il magistrato Raffaele Tito, detto «lo zio», a rivelare la presenza una microspia della procura nell’auto della segretaria.
Corrado Zunino
(da “La Repubblica“)
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Giugno 5th, 2014 Riccardo Fucile
FINANZIAMENTO PER 560.000 EURO: “AVEVA CHIESTO UNA CIFRA, POI L’HA AUMENTATA”
Nella casa veneziana dove è agli arresti domiciliari, «alla fermata San Silvestro del vaporetto, prima di Rialto», raccontano le intercettazioni telefoniche, il sindaco Giorgio Orsoni incontrò otto volte il collettore delle tangenti del Mose, Giovanni Mazzacurati, presidente di Venezia Nuova, il consorzio a cui la costruzione della grande opera da 5,5 miliardi di euro era stata affidata.
Gli incontri si svolsero tra l’8 maggio 2010 e il 6 aprile 2011. E quattro volte servirono a consegnare del denaro. Prima e dopo le elezioni comunali che Orsoni vincerà al primo turno per la coalizione di centrosinistra
«L’ho visto una sola volta in Comune, la sede istituzionale», dirà Mazzacurati in uno dei due interrogatori dedicati al sindaco, «una volta ci siamo dati appuntamento all’Hotel Monaco e in tutte le altre occasioni sono andato a casa sua».
Già , al telefono l’industriale confesserà : «Giorgio è un mio grande amico».
I pm hanno ricostruito finanziamenti per 560mila euro totali al sindaco e al suo comitato elettorale. Quelli portati a Orsoni, di persona, in contanti, sono considerati tutti «fondi neri». «Sono il 90 per cento», ha specificato a domanda il presidente del Consorzio.
I procuratori hanno ricostruito così la suddivisione delle consegne pro-elezioni: 110mila euro al comitato sostenitore del sindaco, 450mila consegnati direttamente a Orsoni. «In tre mesi ho saturato la cifra richiesta… Anche tranche da 150mila euro»
Ecco, negli interrogatori Mazzacurati ha rivelato che la parte in nero è lievitata «perchè Orsoni prima ha chiesto una cifra e poi l’ha aumentata… aveva fatto dei conti ma poi quei soldi non gli sono bastati… subito voleva 100mila euro».
Alla fine la cifra consegnata sarà cinque volte tanto. In alcune occasioni il sindaco di Venezia ha preferito mandare avanti uomini dello staff: «Ci ha chiesto di consegnare il denaro a qualcuno che lo copriva», ancora il presidente del Consorzio Nuova Venezia.
Giorgio Orsoni è accusato di finanziamento illecito, ma in un passaggio dell’ordinanza dell’inchiesta Mose si legge: «Solo in parte quei soldi sono stati usati per l’attività politica». L’aspetto grave, secondo le accuse, è che il sindaco fosse a conoscenza della provenienza del denaro.
Cinquantamila euro provenivano dalle scorte dell’imprenditore Piergiorgio Baita, amministratore delegato della Mantovani: «Il sindaco ne aveva chiesti di più, ne voleva 80mila». Trentamila euro li portò la Clea Scarl di Sandro Zerbin, 50mila euro la Coop San Martino, altri 30mila euro la Cam Ricerche dei fratelli Falconi.
In alcuni casi per «saturare» la campagna elettorale le singole imprese consorziate hanno emesso fatture false: «Prestazioni di servizio» si è archiviato a bilancio.
Al Laguna Palace di Mestre, durante un convegno preelettorale, il sindaco Orsoni venne preso da parte dall’imprenditore-sostenitore Nicola Falconi. Così Falconi racconta al telefono: «Giorgio era stupito della quantità del finanziamento. Mi ha detto: «Voi della Bosca e della Clea siete un gruppo forte, lo sforzo è superiore alle mie attese».
E la seconda volta, ancora il sindaco: «Grazie davvero, abbiamo una certa urgenza». Gli industriali, nelle loro telefonate interne, spiegano: «I soldi dobbiamo mandarli prima delle elezioni, che poi può essere utile battere cassa». E batteranno cassa.
Lo stesso Falconi sarà eletto alla presidenza della società che gestisce l’aeroporto di Venezia Lido, nonostante le resistenze del sindaco.
Rivelerà agli amici le pressioni post-elettorali: «Ho visto Giorgio e gli ho detto: sindaco io sono un uomo suo».
Corrado Zunino
(da “La Repubblica”)
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Giugno 5th, 2014 Riccardo Fucile
SE IL RIENTRO AVVERRA’ CON MODALITA’ TRADIZIONALI E BIZANTINISMI PRODURRA’ SOLO UN EFFETTO MELANCONIA, SE RIUSCIRA’ A ESSERE INNOVATIVO POTREBBE ASSUMERE IL RUOLO DI CHI RICOSTRUISCE
“Ho deciso di impegnarmi di nuovo. Ritorno a fare politica attiva anche se con modalità diverse da quelle tradizionali”.
Ecco, è lo stesso Gianfranco Fini, già presidente di An, vicepremier e ministro degli Esteri, vicepresidente della Convenzione europea per le riforme e presidente della Camera, a individuare, parlando con il Tg3, il cuore del problema del suo ritorno.
Se torna con modalità “tradizionali”, il suo tentativo rischia di avere un effetto malinconia e poco altro, oltre che di dividere ancora di più un campo già abbastanza diviso; se torna con modalità davvero “diverse da quelle tradizionali”, allora il discorso è un po’ differente e si allontana il pericolo del velleitarismo.
Se Fini interpreta il suo ritorno semplicemente come funzionale al progetto di mettere assieme tutti i “brandelli” di centro e di destra che non ne vogliono più sapere di stare anche soltanto a (ravvicinata) distanza con Silvio Berlusconi (e la nuova Lega antieuro), tra tatticismi, personalismi e retroscena, il tentativo fallirà nelle spire dei rancori passati.
La politica (di oggi, in particolare) non premia i bizantinismi di palazzo. Anzi.
Altre voci vedono invece Fini impegnato in un indiretto dialogo a distanza con l’iniziativa di Corrado Passera, che il 14 giugno presenta a Roma la sua Italia Unica. Qui la cosa cambia un po’, per una ragione semplice.
Passera decise di restare fuori dall’operazione montiana di Scelta civica perchè non la ritenne sufficientemente innovativa. Fini invece fu di quella operazione il principale sconfitto perchè escluso dalle liste comuni, a differenza di altri leader nazionali, in particolare dell’Udc.
Con il senno di poi quella sconfitta può essere interpretata perfino come una fortuna, visto che, dal punto dell’analisi, prima Fini su Berlusconi e poi Passera su Scelta civica hanno visto riconosciuti alcuni loro meriti.
Dal punto di vista dell’analisi però, ora tocca all’azione.
Da tempo Fini ha ripreso a girare l’Italia, anche per presentare il suo interessante libro sul Ventennio berlusconiano, e a utilizzare in modo fresco e genuino i social network. Questi sono modi non tradizionali, magari non per tornare al centro della politica, ma per cominciare a ricostruire.
Passera sta cercando di partire (almeno un po’ a prescindere dai palazzi, dalle correnti, dalle sigle e dalle conventicole) con qualcosa di nuovo.
La tentazione e l’attrazione della politica da talk show & retroscena resta forte sempre, soprattutto per chi, come Fini, a pane e politica è cresciuto.
Ma come dimostra l’ascesa veloce di Renzi oggi vengono premiati i modi non tradizionali per tornare o per partire.
Chi li trova, questi modi non tradizionali, anche sul fronte centrodestro, se non vince, almeno esiste.
Per esempio una Leopolda Blu…
Daniele Bellasio
(da “il Sole24ore”)
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