Giugno 18th, 2014 Riccardo Fucile
L’EFD NASCE GRAZIE A TRE SINGOLI DEPUTATI, UN CECO, UN LETTONE E UNA TRANSFUFA DI MARINE… PER GRILLO E’ “UNA VITTORIA DELLA DEMOCRAZIA DIRETTA”, MA LI UNISCE SOLO L’INTERESSE COMUNE A NON SPARIRE
La squadra europea di Nigel Farage c’è. E’ fragile, ma c’è.
Una fonte di quello che si chiama ancora Efd, gruppo per la Libertà e la democrazia, fa sapere che il leadr dell’Ukip e il suo alleato pesante italiano, il Movimento 5 stelle, hanno messo insieme 48 eurodeputati di sette nazionalità differenti.
Fondamentale l’apporto di Joà«lle Bergeron, la francese eletta col Fronte Nazionale che ha mollato la zarina Marine Le Pen.
E dei due altri soci solitari, il ceco Petr Mach e il lettone Iveta Grigule.
I tre singoli significano il raggiungimento della settima nazionalità necessaria per mettere insieme il team.
Ma sottolineano che basta un capriccio, un dissenso, che porti a una fuori uscita per far saltare tutto.
Equilibrio instabile, insomma. Ma è meglio che niente.
Permette di presentarsi in aula con una bandiera, ambire a poltrone, maggiori tempi di parola e più fondi pubblici.
I grillini, che gli inglesi chiamano “crickets” (grilli), hanno votato a larga maggioranza la scorsa settimana di unirsi all’Efd, per evitare “il suicidio politico” legato alla possibilità di essere nel nulla dei “non iscritti”.
«Una grande vittoria per la democrazia diretta – assicura Beppe Grillo – Per la prima volta in Europa, i cittadini hanno scelto i loro rappresentanti e hanno detto loro dove sedere nel parlamento. Adesso faremo sentire la loro voce senza intermediari. This is great!».
Gli altri componenti del gruppo sono naturalmente i 24 dell’Ukip, il partito indipendentista che ha sbancato nel Regno Unito; i due del partito lituano Ordine e Giustizia; i due democratici svedesi.
Sono uniti dalla volontà di cambiare l’Europa, ognuno però a modo suo.
Farage è nuclearista e vuole uscire dall’euro, i Crickets sono per le rinnovabili e per riequilibrare l’euro, senza il quale non si potrebbero avere gli eurobond.
I democratici svedesi sono estremisti, nazionalisti e ultraconservatori.
Con lo spirito movimentista grillino non hanno molto a che fare.
Riusciranno davvero a essere uniti e andare oltre l’interesse comune a non sparire?
Marco Zatterin
(da “La Stampa“)
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Giugno 18th, 2014 Riccardo Fucile
LA REAZIONE ISTERICA DEL GOVERNO NON RIESCE A NASCONDERE LE BALLE DI RENZI: 165 GIORNI PER PAGARE NEI PRIMI TRE MESI DEL 2014, I TEMPI PIU’ LUNGHI D’EUROPA
Davvero l’Italia è la maglia nera in Europa per i pagamenti alle imprese?
Secondo i dati di Intrum Justitia, società che opera nei servizi di gestione e recupero crediti, la media dei pagamenti della Pa riscontrata nei primi 3 mesi del 2014 è di 165 giorni. Una media nazionale, calcola l’ufficio studi della Cgia di Mestre, superiore di 107 giorni a quella europea.
Chi è il miglior pagatore d’Europa?
Finlandia, Estonia, Islanda e Norvegia pagano a poco più di venti giorni. La Germania, spesso presa d’esempio, a 35.
Chi sono i peggiori?
I 165 giorni di media calcolati dalla Cgia pongono l’Italia dietro a Grecia (155 giorni), Spagna (154) e Portogallo (129).
Qual è la media europea?
È stimata in 58 giorni.
La situazione sta migliorando?
Il governo ha «definito un quadro di norme che hanno il duplice scopo di impedire la formazione di un nuovo stock di debito, e garantire ai creditori pagamenti entro i termini di legge».
E quindi?
Rispetto al 2013, grazie alla nuova normativa che ha recepito la Direttiva europea contro i ritardi dei pagamenti, i tempi di pagamento della P.a. italiana si sono accorciati di soli cinque giorni.
A quanto ammonta il debito da smaltire?
Secondo i dati Bankitalia restano da pagare 75 miliardi, secondo il Ministero del Tesoro 60.
Quali strade si possono percorrere?
Secondo l’Ance, l’associazione dei costruttori edili, l’unica via è l’allentamento del Patto di Stabilità interno per gli investimenti.
E intanto la Confartigianato si fa portavoce del punto di vista delle imprese e parla di «spettacolo curioso a cui ci tocca assistere, con le parti politiche che si schierano per tifoserie pro e contro», quando «è purtroppo incontrovertibile che la Pa non paga» e «nessuna compiacenza può farci dire il contrario».
Giuseppe Bottero
(da “la Stampa“)
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Giugno 18th, 2014 Riccardo Fucile
“MISTER PREFERENZE” COSTRETTO A RINVIARE L’APPUNTAMENTO, COME ERA GIA’ SUCCESSO A NAPOLI: FORZA ITALIA AVEVA CONVOCATO UNA MANIFESTAZIONE ALLA STESSA ORA
Per “senso di responsabilità ” e per “risparmiare ai nostri elettori uno spettacolo che non meritano”, Raffaele Fitto sul suo blog annuncia il rinvio dell’appuntamento a Milano dopo che Forza Italia, sulla falsariga di quanto era già successo a Napoli, ha convocato una manifestazione nella stessa giornata e nello stesso orario di quella organizzata dall’europarlamentare azzurro.
“Era successo a Napoli, e la cosa si ripete a Milano. Per la seconda volta, dopo la notizia di una mia iniziativa pubblica, giunge puntuale (stessa città , stesso giorno, stessa ora!) la convocazione di un altro appuntamento pubblico organizzato da altri colleghi di partito”, premette Fitto sul suo blog.
“Non intendo dare, in questo difficile momento, occasione per rappresentare il nostro partito diviso e rissoso. Ancora una volta, con pazienza e senso di responsabilità , decido di rinviare il mio appuntamento, per risparmiare ai nostri elettori uno spettacolo che non meritano. Per parte mia, continuerò a lavorare per il futuro di Forza Italia e del centrodestra, per programmi rinnovati, per l’emersione in tutta Italia di personalità dotate di idee, merito e consenso, e per un partito che sappia farsi forte dei suoi uomini e delle sue donne migliori”, conclude.
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Giugno 18th, 2014 Riccardo Fucile
META’ DEL GRUPPO DISERTA L’AULA… LA PAURA DI SPROFONDARE NELL’IRRILEVANZA POLITICA
Con 322 favorevoli e 149 contrari, il decreto Irpef riceve anche il via libera della Camera e viene dunque convertito in legge, a 5 giorni dalla sua scadenza.
Ma il voto di oggi invita a leggere tra le righe dei numeri, cominciando dall’alto numero degli assenti: sono 150, tra i quali diversi deputati di Sel in dissenso dalla decisione del proprio gruppo di votare sì al provvedimento.
Alcuni escono allo scoperto: uno di loro, Giulio Marcon (ex portavoce di Sbilanciamoci, intervenuto in Aula insieme all’ex Fiom Giorgio Airaudo) afferma che i dissidenti sarebbero circa la metà del gruppo.
Eppure, l’ordine di Vendola – o forse la presa d’atto del rischio enorme di chiudersi in un angolo, favorendo così l’esodo di altri parlamentari verso il Pd – ha la meglio, e non sfugge il dettaglio che la dichiarazione di voto sia affidata a Titti Di Salvo, certamente meno vicina al Pd rispetto al capogruppo Gennaro Migliore, a voler testimoniare che si tratta di una decisione condivisa da tutto il partito.
Le motivazioni del voto favorevole sono un po’ ballerine (Di Salvo parla di senso di responsabilità , quando certamente alla maggioranza non mancavano i numeri per approvare il testo, e di stimolo all’azione di un governo a cui proprio ieri Sel ha negato la fiducia), ma la scelta politica appare obbligata: il dibattito apertosi nella stessa lista Tsipras, tra chi voleva l’adesione al PSE e chi invece ha preferito la sinistra radicale, dimostra la paura di sprofondare nell’irrilevanza.
E così, in attesa che Vendola chiarisca (se possibile) la linea futura, il partito si spacca e finisce infilzato da più parti: da un lato, il Pd riscuote con soddisfazione e ringrazia; dall’altro, le altre forze di opposizione ironizzano su un’imminente entrata di Sel in maggioranza.
Andrea Sarubbi
(da “La Stampa“)
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Giugno 18th, 2014 Riccardo Fucile
“TUTTE LE REGIONI ITALIANE SI FACCIANO CARICO DELL’ACCOGLIENZA DI MIGRANTI. L’EMERGENZA E’ NEI LORO PAESI, NON DA NOI”
Fogli pieni di numeri e parole piene di passione, questa è Laura Boldrini, Presidente della Camera, quando parla del tema dell’immigrazione, alla vigilia del suo viaggio in Sicilia, venerdì, per la giornata mondiale del rifugiato.
«Conosco le emergenze umanitarie da una vita, ho visto di persona, nelle aree più difficili del mondo, che significa scappare da un bombardamento e vivere in una tenda, cercare solo l’ombra, soffrire l’”habub”, le tempeste di sabbia che ti costringono a ripararti dove la temperatura arriva fino a cinquanta gradi. A Kassala, in Sudan, la sera si dormiva nelle bettole, un buco per terra come bagno, e prima di coricarsi bisognava fare una cortina di polvere intorno al letto per evitare che gli scarafaggi ti camminassero addosso».
E poi l’Angola, l’Afghanistan, il Kosovo, la Macedonia, il Caucaso.
«Gli unici che mi riuscivano a raggiungere in qualsiasi posto del mondo erano quelli di Radio Radicale», ricorda sorridendo.
Presidente Boldrini, cosa dirà ai rifugiati che incontrerà fra due giorni in Sicilia in veste di rappresentante dello Stato italiano?
«A loro dirò: “Welcome, benvenuti in un posto sicuro, qui non vi succederà nulla, nessuno vi torturerà , nessuno vi ammazzerà , nessuno vi perseguiterà più”. E allo stesso tempo però aggiungerei: “Ora che siete qui, organizzatevi, non riposate sugli allori, perchè bisogna essere realistici, l’Italia può fare molto, ma non può fare tutto”».
Le nostre coste sono prese d’assalto, la Sicilia è in affanno. Anche secondo lei l’Europa non sta facendo abbastanza?
«Il senso della mia visita in Sicilia è proprio questo: rendere omaggio ai Corpi dello Stato che stanno lavorando in modo strenuo per salvare le persone e difendere principi sacrosanti del diritto internazionale. Ma vado anche a dare solidarietà a una regione che si sta prendendo il carico più grande dei flussi di richiedenti asilo. Le cifre parlano chiaro: in Sicilia sono ospitati il 33% dei migranti, in Veneto il 3%, in Lombardia il 7%. Il presidente Maroni, quando era agli Interni, aveva lanciato il progetto di una equa ridistribuzione tra Regioni. Oggi che è presidente della Regione però sembra non pensarla più così. Prima di lamentarci con l’Europa pensiamo a come organizzarci meglio al nostro interno».
Parliamo di emergenza: dove va gestita? Qui nei centri di accoglienza, o nei Paesi in cui le fughe cominciano?
«Ecco, intanto intendiamoci sulla parola “emergenza”. Chi sono le persone che arrivano? Il Mediterraneo è passato da rotta di migranti economici a via dell’asilo: oggi la gran parte delle persone — soprattutto siriani, eritrei, somali – scappano dalla morte, e prima di arrivare qui si fermano in ben altre zone. Prendiamo la Siria: 2milioni e 800 persone sono scappate nei Paesi confinanti. Nel Libano, che ha 4 milioni di abitanti, i rifugiati siriani sono 1 milione. E’ come se in Italia ce ne fossero 14 milioni, e invece ce ne sono 65.000, di tutte le nazionalità . Non sono solo numeri: se si ha una quantità così enorme di persone in fuga, è ovvio che una piccola percentuale arriva anche in Europa. Sa quanti ne arrivano in tutti i Paesi europei messi insieme? Meno dell’1%. L’emergenza non è qui, è lì».
Anche tra gli stati dell’Unione Europea la distribuzione dei flussi non è equa, non trova?
«Prima di lamentarci di essere stati lasciati soli chiediamoci quante domande di asilo sono state fatte negli altri Paesi, perchè in quel caso scopriremmo — e mi scusi se torno sui numeri, ma mi sembrano la risposta migliore — che la Germania ha ricevuto nel 2013 109.600 domande d’asilo, la Francia 60.000, la Svezia 54,200, l’Italia 27.800. Quante persone sono arrivate via mare quest’anno? 55.000, tante, ma non tantissime, se paragonate alle 800.000 che stanno in Giordania».
Lei conosce i nostri centri. Le sembrano all’altezza di contenere questi numeri?
«Ci sono carenze nel nostro sistema, le stesse di sempre. La realtà è che gli arrivi via mare sono un dato strutturale, non possono essere gestiti come emergenze».
Si spende poco per l’accoglienza o si spende male?
«Ci vuole una cabina di regia capace di far colloquiare tutti gli attori e un monitoraggio che impedisca quello che avvenne nel 2011, quando si spesero tantissimi soldi per l’accoglienza, ma furono spesi male, con le persone alloggiate nei ristoranti cinesi e nei bed and breakfast, senza i servizi e senza mediatori culturali. Bisogna controllare dove finiscono i soldi, che vengano usati come previsto dalla convenzione».
E un maggiore coordinamento europeo?
«Si, innanzitutto nei valori, nell’assunzione di responsabilità rispetto al salvataggio di vite umane. E poi bisogna pensare a rilanciare processi di pace, a isolare i dittatori e non farci affari, trattare, sanzionare chi non ottempera. E dare delle alternative alla fuga nel Mediterraneo».
In che modo?
«L’operazione “Mare nostrum”, che pure ha il grande merito di salvare le vite, da sola non basterà mai. Per ridurre il numero di persone che si affidano ai trafficanti e prendono il largo, bisogna prevedere nei paesi di transito sedi diplomatiche dell’Ue attrezzate per accogliere domande d’asilo e per trasferire legalmente le persone nei paesi di destinazione. Oppure applicare il programma del “re- insediamento” dell’Unhcr, un sistema di screening dei rifugiati da cui gli stati membri possono poi pescare delle quote. Queste sono proposte concrete, che spero siano prese in considerazione nel prossimo vertice Ue e nell’imminente semestre di Presidenza italiana».
Francesca Sforza
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Giugno 18th, 2014 Riccardo Fucile
INTERVISTA A CLAUDIA MINUTILLO, L’EX ASSISTENTE DI GALAN: CON IL SUO ARRESTO NEL 2013 INIZIAVA LO SCANDALO DELLA LAGUNA
“Ci sentivamo onnipotenti”, così in un’ora d’intervista Claudia Minutillo riassume dieci anni della sua vita.
O meglio, delle sue due vite: assistente di Giancarlo Galan prima (“uomo di grande intelligenza e amante della bella vita, mi ha fatto cacciare senza nemmeno dirmelo in faccia”), lanciatissima imprenditrice a fianco di Piergiorgio Baita, poi.
Con quest’ultimo ha condiviso l’onta dell’arresto, nel febbraio del 2013.
Indagata per false fatturazioni e concorso in corruzione. Cominciava così la tangentopoli della Laguna, e lei, da allora, si è chiusa nel silenzio. Fino ad oggi.
“Non sono una “tangentara”, nè la dark lady descritta dai giornali, concentrati solo su dettagli stupidi e privati. Sono stata trattata in modo sessista dai media, solo perchè sono una donna”.
“Dark lady”, ma anche “Dogessa”, “vicepresidentessa”, “Morticia”: a Venezia le sono stati affibbiati diversi nomignoli. Aveva davvero tutto questo potere?
“Avevo potere solo perchè Galan mi usava come filtro, dovevano tutti passare da me per avere un appuntamento. Fino al 2005 sono sempre stata accanto a lui, lavoravo 18 ore al giorno”.
Galan è accusato di aver “spremuto” Baita e il Consorzio Venezia Nuova per ottenere milioni di euro e la ristrutturazione della casa. Lei lo sapeva?
“Poco prima di andarmene mi ero accorta di un certo andazzo… ma non posso entrare nei dettagli, c’è un’indagine in corso”.
Come lo ha conosciuto?
“L’ho conosciuto nel 1994 in Forza Italia, credevo nel progetto di Berlusconi. Sono stata la sua segretaria fino al 2005 quando la moglie Sandra Persegato ha chiesto di allontanarmi. Non sopportava che fossi io a decidere l’agenda del marito “.
Eppure dopo poco si ritrova amministratrice delegata di Adria Infrastrutture (gruppo Mantovani, ndr ) e nel consiglio della Pedemontana Veneta. Come ha fatto?
“Fu Baita a cercarmi. La Mantovani mi pagava molto bene, perchè mi occupavo di progetti importanti e perchè avevo un’ottima rete di relazioni”.
Quando si è accorta del sistema delle sovraffatturazioni con cui a Baita rimediava denaro liquido da girare a politici e amministratori?
“Subito, era lui stesso a parlarmene. Giravano tanti nomi di beneficiari, ma di Galan e di Renato Chisso (ex assessore alle Infrastrutture della Regione Veneto, ndr ) ne ho la certezza”.
In un’intercettazione telefonica la sentiamo dire all’assessore Chisso “alza il culo e vieni qua”. Lo comandava a bacchetta?
“È una frase che è stata fraintesa. Tra noi c’era un rapporto di confidenza, avevo un modo molto diretto di parlare con lui”.
Lei ha parlato, durante un interrogatorio, di somme per Gianni Letta e Giulio Tremonti. Vuole spiegare meglio?
“Era Baita che mi faceva capire che c’erano soldi che finivano a qualcuno a Roma. Era tutto un sottinteso, però”.
Ai magistrati lei ha raccontato anche di una cena a casa di Niccolò Ghedini, nel 2004, in cui William Colombelli, della Bmc di San Marino, avrebbe parlato apertamente del meccanismo delle sovraffatturazioni per finanziare la politica. Ghedini la definisce una “millantatrice”.
“Non ho fotografie, nè registrazioni. Ma sono convinta di quello che dico. Mi ricordo anche che Ghedini suggerì di non usare quella società per le cose ufficiali della Regione, perchè avrebbe potuto richiamare attenzione”.
È mai stata nella sede di San Marino della Bmc di Colombelli, “la cartiera”, come la definiscono i pm ?
“Sì, aveva un ufficio piccolo, con due stanze, due segretarie e una fotocopiatrice. Con Adria Infrastrutture, di cui ero amministratrice, c’è stato uno scambio di tre o quattro fatture false per 1,8 milioni di euro, non tutte firmate da me. A volte Baita pressava per fare dei contratti urgenti, perchè qualcuno doveva incontrarsi con personaggi importanti a Roma”.
E poi il 28 febbraio dell’anno scorso i finanzieri la portano in carcere
“Una liberazione. Sapevamo da tempo di essere indagati, ce lo aveva detto Baita, spiegandoci che stava cercando di intervenire attraverso Mirco Voltazza (imprenditore padovano, ndr) “.
Perchè non se ne è andata prima?
“Non ne ho avuto la forza, è stato uno sbaglio e lo ammetto. Siamo immersi in un sistema di corruttela troppo strutturato, troppo consolidato, nella pubblica amministrazione e nella magistratura, nella Corte dei conti e nei Tar, fino anche al Consiglio di Stato. Ovunque funziona così. Se vuoi i lavori pubblici, devi fare queste cose. Tant’è che i ricorsi delle gare per gli appalti le vinceva chi pagava di più. Eravamo convinti che quello fosse l’unico sistema possibile, che non si potesse fare diversamente. Solo quando ci hanno arrestato abbiamo capito la gravità delle nostre azioni”.
Quando dice noi, chi intende?
“Io, Baita, Chisso, Buson, Mazzacurati e gli altri…”.
Solo dopo l’arresto avete capito. Pare una giustificazione un po’ debole…
“Il sistema, le mazzette, le buste coi soldi, ci sembravano una cosa normale”.
Come fa a dire una cosa del genere? La Tangentopoli del 1992 se la ricorda?
“Tutti dicevano che da allora erano cambiati i metodi, ma la corruzione nei lavori pubblici era rimasta la stessa e nessuno avrebbe mai scardinato niente. Ci sentivamo un po’ onnipotenti, eravamo convinti di poter vincere tutte le commesse ”
Fino a che punto è arrivata la corruzione in questo settore?
“Anche a livello sovranazionale, nelle istituzioni europee…”.
Si sente vittima o carnefice del sistema corrotto di cui parla?
“Nè vittima nè carnefice, sono uno dei tanti ingranaggi. Ritengo di essere stata molto usata”.
Ora cosa fa?
“Mi dedico a un nuovo progetto che non ha niente a che vedere con i lavori pubblici. Sto collaborando con i magistrati per far emergere tutto il marcio. E ora voto Matteo Renzi, non l’avrei mai detto”.
La terza vita di Claudia Minutillo.
Fabio Tonacci
(da “La Repubblica”)
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Giugno 18th, 2014 Riccardo Fucile
CONTANO GLI UOMINI A DISPOSIZIONE E IL MODULO, LA “FAME” DI VITTORIE E LA LUCIDITA’ DEL REGISTA, GLI ACQUISTI GIUSTI E LE INVENZIONI DI UN FANTASISTA
Il ritorno in campo, nella veste di allenatore della “destra football club”, dell’ex calciatore Gianfranco Fini, sta suscitando nei tifosi sentimenti diversi: chi, ricordando le sue ultime apparizioni, ha minacciato di disertare lo stadio, chi ironizza sulle sue capacità tecniche e lo aspetta al varco, chi lo ritiene invece l’ultima spiaggia per risollevare le sorti di un club prossimo alla retrocessione, chi infine è possibilista ma vuole vedere prima i risultati.
Un nuovo mister spesso divide la tifoseria: ognuno è legato ai propri ricordi ed è anche naturale che sia così. Come per ogni ex atleta c’è chi di lui rammenta lo strepitoso gol in rovesciata, chi il più improbabile autogol.
Alla vigilia della campagna acquisti che dovrà formare l’ossatura della nuova squadra e della successiva preparazione estiva, ci permettiamo di esprimere qualche considerazione tecnica sulla nuova formazione.
Il mister ha espresso l’intenzione di creare una squadra per “puntare a vincere”, ripartendo quindi da zero.
Come dichiarazione d’intenti è un elemento positivo non voler prendere esempio nè da formazioni passate in cui ha militato da calciatore, nè da squadre abituate a confrontarsi in improbabili tornei con il Kurdistan.
Nessuna intenzione di assimilarsi neanche ai moduli tattici dei dilettanti della Garbatella.
Ma quale staff tecnico supporterà mister Fini nei suoi primi passi?
Non è domanda da poco, perchè se i tifosi dovessero rivedere una riedizione, anche se “dietro le quinte”, di ex spompati o responsabili di retrocessioni clamorose, la fiducia verrebbe meno da subito.
Il tifoso è poi molto attento alla campagna acquisti e al modulo tattico prescelto: questa squadra ha probabilmente bisogno di un regista con le idee chiare, di un bomber che buchi la rete (e il video), di un portiere che sappia contrastare gli attacchi altrui e di un modulo che permetta di correre con raziocinio.
Non è proponendo terzinacci da palla in tribuna che si può sperare nei primi piazzamenti.
Così come conta la capacità di sacrificio e l’agonismo: non ci può certo affidare a chi tira la gamba indietro o a chi pensa solo all’ingaggio e ai premi partita.
E dato che a destra di tirapacchi e spocchiosi, fighetti e “passeristi”, i tifosi ne hanno visti fin troppi, ben vengano le giovani leve che hanno fame di vittorie, non di passerelle.
Il modulo, dicevamo.
Ovvio che non basta stare in difesa, occorre attaccare: per farlo necessita spregiudicatezza tattica e un fantasista in grado di fornire assist.
Occorre, caro mister, “giocare a tutto campo”, non consigliare di puntare su formazioni “civiche” bollite o calciatori ceduti in prestito a squadre dilettanti.
Il monitoraggio dei campi minori (che noi seguiamo con interesse) ci ha portato a conoscere giovani e meno giovani con grosse potenzialità e amore per la maglia: ne esistono tanti che potrebbero, se ben indirizzati, ambire a traguardi di prestigio, ma solitamente vengono snobbati o finiscono per essere disgustati dai giochetti di spogliatoio.
Ultimo consiglio: una squadra fa girare la palla, non attacca a testa bassa da un solo lato, diventerebbe prevedibile.
Non è utile intestardirsi a giocare solo sulla fascia destra, anche un destro può giocare a sinistra e poi rientrare per il tiro o per il cross.
Soprattutto quando l’avversario lascia ampi spazi a sinistra: col taglio giusto ci si propone facilmente davanti alla porta in modo imprevedibile.
Occorre insomma decidere l’obiettivo: per vivacchiare è sufficiente iscriversi al torneo dell’oratorio e vendere ogni anno i pezzi migliori, per aspirare a giocare ad alti livelli occorre tecnica, cuore e giocare a tutto campo.
E saper stupire.
Buona fortuna mister.
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Giugno 18th, 2014 Riccardo Fucile
ORA SI VEDRA’ SE GRILLO HA DAVVERO DICHIARATO DI NON GUADAGNARE NULLA COME SOSTIENE NEI COMIZI
“Gentile signor Beppe Grillo, le comunico che ha l’obbligo di consegnarmi brevi manu il quadro della situazione patrimoniale sua e dei suoi parenti fino al secondo grado, nonchè copia della sua dichiarazione dei redditi. Distinti saluti, Pietro Grasso”.
Ovviamente non sono queste le parole usate dal presidente del Senato in una circolare firmata di suo pugno e diramata lo scorso tre giugno.
Ma il senso non cambia di una virgola.
Come si è arrivati a un passo del genere da parte della seconda carica dello stato?
E perchè arriva solo oggi, a quasi un anno e mezzo dall’inizio della legislatura?
La vicenda è complessa e ha inizio quando Sergio Boccadutri, tesoriere di Sel, fa una scoperta: Grillo, secondo lo statuto, risulta anche il tesoriere della sua creatura.
Non viene definito esplicitamente come tale, ma, oltre alla “rappresentanza politica e giuridica”, gli spettano l’amministrazione e gestione dei fondi dell’Associazione.
E, secondo due leggi italiane (una del 6 luglio 2012, l’altra, richiamata dalla prima, del 5 luglio 1982) i tesorieri devono comunicare al Parlamento la propria “situazione patrimoniale e reddituale”.
Boccadutri prese carta e penna e scrisse a Grasso: “Con la presente, dunque, Le chiedo se il signor Giuseppe Grillo vi abbia allo stato provveduto e, in caso contrario, se Ella ritenga di dover diffidarlo formalmente ad adempiere”.
La presidenza di Palazzo Madama si dichiarò incompetente: sia perchè il Movimento 5 stelle non aveva formalmente comunicato alcuno Statuto da cui poter evincere un organigramma di tale tipo, sia perchè la legge non esplicitava quale fosse l’autorità demandata a pretendere da Grillo tale comunicazione.
Da ottobre ad oggi sono successe molte cose.
Una in particolare ha cambiato le carte in tavola: la riforma del finanziamento pubblico ai partiti. Nella formulazione definitiva è stato accolto un emendamento presentato dal parlamentare di Sel che recita così: “Le disposizioni in materia di pubblicità della situazione patrimoniale e reddituale di cui alla legge 5 luglio 1982, n. 441, si applicano, in quanto compatibili, anche ai soggetti che svolgono le funzioni di tesoriere dei partiti o dei movimenti politici, o funzioni analoghe, che non siano titolari di cariche elettive”.
Un testo che ha superato in blocco i due ostacoli.
In primo luogo è la legge dell’82 a stabilire che sia il Senato il luogo del deposito della documentazione.
In secondo, quel “o funzioni analoghe” fa cadere l’obiezione della mancanza di un tesoriere così denominato all’interno del Movimento.
Essendo Grillo – come da Statuto depositato al Viminale – ad amministrare i soldi, la sua figura agli occhi del legislatore risulta assimilata a quella del tesoriere di un partito.
Ma c’è di più: anche i responsabili nazionali di partiti e movimenti hanno l’obbligo di fornire il plico di carte che documentino la situazione reddituale e patrimoniale.
Ruolo, anche in questo caso, ad appannaggio dell’ex comico.
Ha scritto infatti Grasso: “Si informa che coloro i quali, nell’ambito del partito o movimento politico, svolgono le funzioni di tesoriere (o funzioni analoghe), oppure di responsabile o rappresentante nazionale, di componente dell’organo di direzione politica nazionale, di presidente di organi nazionali deliberativi o di garanzia, dovranno depositare la seguente documentazione: una dichiarazione concernente la situazione patrimoniale; copia dell’ultima dichiarazione dei redditi”.
Un plico che deve essere consegnato personalmente (o tramite un incaricato) e che verrà pubblicato online.
Esulta Boccadutri: “il Presidente del Senato prende atto della nuova situazione normativa con una comunicazione che di fatto estende anche a Grillo nella sua qualità di responsabile e amministratore del M5S l’obbligo alla trasparenza. Finalmente anche lui avrà l’occasione di essere coerente”.
Insomma: il 730 di Grillo (insieme alle sue proprietà catastali), dopo le congetture a mezzo stampa e le aspre polemiche che ne sono conseguite, sarà presto di pubblico dominio.
Viva la trasparenza, no?
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 18th, 2014 Riccardo Fucile
IL CAVILLO CHE SERVE A RENZI PER CANCELLARSI LA CONDANNA DELLA CORTE DEI CONTI PER DECRETO
Un articolo “salva-Renzi”. Nel decreto legge Madia sulla pubblica amministrazione, c’è una norma che potrebbe risolvere i problemi del premier con la giustizia amministrativa.
Ma da palazzo Chigi assicurando: “È un errore, la faremo sparire”
Per spiegarla, serve un passo indietro.
Tre anni fa l’attuale presidente del Consiglio è stato condannato in primo grado dalla Corte dei Conti di Firenze per danno erariale.
La sentenza è del 4 agosto 2011: secondo i giudici contabili, quando era presidente della Provincia di Firenze (tra il 2004 e il 2009), Renzi è stato responsabile dell’assunzione irregolare di quattro persone nello staff della sua segreteria, con contratti a tempo determinato
I quattro assunti (con chiamata diretta) sono stati inquadrati in una categoria contrattuale incompatibile con i loro curricula: nonostante non fossero laureati, sono entrati nella segreteria del presidente della Provincia con un contratto di categoria D invece che C.
E quindi con stipendi eccessivi, rispetti al grado di preparazione.
Di conseguenza è stato rilevato il danno erariale: la Corte dei Conti ha condannato in primo grado Renzi al risarcimento di 14 mila e 535 euro, il 30 per cento della cifra complessiva di circa 50 mila euro, divisa con gli altri 20 condannati (tra cui figura l’ultimo presidente della provincia di Firenze, Andrea Barducci).
In attesa della sentenza d’appello prevista in autunno, però, l’illecito amministrativo imputato a Renzi potrebbe essere cancellato grazie a una norma del governo.
Nel testo del decreto legge Madia (“misure urgenti per l’efficientamento della pubblica amministrazione e per il sostegno dell’occupazione”), c’è un articolo tagliato su misura per i guai del premier
L’articolo 12 della riforma (“Disposizioni sul personale delle regioni e degli enti locali”) introduce un paragrafo da aggiungere all’articolo 90 (secondo comma) del Testo Unico degli Enti Locali del 2000. Recita così: “In ragione della temporaneità e del carattere fiduciario del rapporto di lavoro si prescinde nell’attribuzione degli incarichi dal possesso di specifici titoli di studio o professionali per l’accesso alle corrispondenti qualifiche ed aree di riferimento”. Traduzione: con questa norma negli enti locali (comuni, province e regioni), le assunzioni a tempo determinato possono essere decise in modo discrezionale a prescindere dal percorso professionale e dal titolo di studio dei candidati
Tra primo grado e appello, quindi, scomparirebbe la fattispecie che è costata la condanna amministrativa a Renzi
Una condanna che il premier, ai tempi della sentenza, definì il frutto di una “ricostruzione fantasiosa e originale”.
L’indagine nacque da una denuncia anonima sull’assunzione di Marco Carrai.
L’“uomo-ombra” del renzismo, all’epoca ventinovenne, fu sistemato nella segreteria del presidente della provincia di Firenze, nonostante privo del diploma di laurea.
Alla fine la nomina di Carrai non sarà ritenuta illegittima dai giudici, ma nel frattempo le indagini avevano fatto emergere le irregolarità in altri quattro contratti a tempo determinato.
L’ex sindaco di Firenze esultò per il forte sconto della sentenza (un risarcimento di “soli” 50 mila euro a fronte degli oltre 2 milioni richiesti dalla procura) e attribuì ai funzionari della provincia la responsabilità delle assunzioni incriminate: “Non si tratta di amici e parenti— commentò Renzi — e se un dirigente ha sbagliato l’inquadramento ce ne assumeremo le responsabilità , ma è difficile accettare l’idea che siano gli amministratori e non i funzionari i responsabili di questi eventuali errori tecnici”
Non c’è dubbio, in ogni caso, che un’eventuale conferma in appello della condanna della Corte dei Conti per il presidente del Consiglio sarebbe motivo di forte imbarazzo.
Da Palazzo Chigi garantiscono che non c’è nessun trucchetto e spiegano: il presunto aiutino a Renzi è presente solo nella bozza del decreto legge e verrà fatto scomparire dal testo definitivo della riforma del ministro Madia.
Ma allora perchè ce lo avrebbero messo? Nella speranza che passasse inosservato?
Tommaso Rodano
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