Giugno 15th, 2014 Riccardo Fucile
GLI EX FLI: MENIA, URSO E TATARELLA CON FINI…GRANATA CON GREEN ITALIA..BARBARO DISINTERESSATO, FLAVIA PERINA NON HA NOSTALGIA, DELLA VEDOVA FA IL SOTTOSEGRETARIO
BOCCHINO ECUMENICO
Per chi ha seguito la traiettoria di Italo Bocchino negli ultimi mesi, il suo approdo alla direzione del Secolo d’Italia non è del tutto una sorpresa.
Non riconfermato in Parlamento alle elezioni del 2013, era tornato da tempo a scrivere su il Secolo , seppur con lo pseudonimo Oreste Martino, e nei suoi editoriali invocava una nuova stagione unitaria della destra sotto l’egida di Berlusconi.
Entrato nel cda della Fondazione Alleanza Nazionale su proposta – pare – di Gianni Alemanno e Ignazio La Russa, l’ex colonnello finiano aveva già rivelato la sua nuova ispirazione «ecumenica» lo scorso 5 febbraio, quando aveva moderato il convegno «Centrodestra nella Terza Repubblica», organizzato a Roma dalla Fondazione Tatarella, e si era seduto al fianco dei vari Gasparri, La Russa, Casini, Alfano e Maroni, in una foto di gruppo che sembrava in realtà scattata almeno un lustro fa.
Sorprendente, semmai, è che Bocchino abbia ricevuto il voto unanime di tutto il CdA della Fondazione Alleanza Nazionale.
Nel quale, al di là della forte maggioranza in quota Fratelli d’Italia (La Russa, Alemanno, Meloni ecc) sono rappresentate tutte le anime di un centrodestra oggi quantomai litigioso, compresa una corrente berlusconiana (Gasparri, Matteoli, Martinelli) che più di un motivo avrebbe per detestare l’uomo che, con Fini, guidò lo strappo di Fli nel 2010. Assenti, il giorno della votazione, solo Valerio Lamorte (per motivi di salute) e il finiano di ferro Egidio Digilio. Forse non a caso.
«Bocchino ci ha contattati nei giorni che hanno preceduto il CdA – racconta Gasparri – e ci ha esposto il suo progetto. Vuole rilanciare il Secolo che versa in gravi difficoltà e le sue prime dichiarazioni sul 2010 dimostrano che ha fatto mea culpa. Non aveva senso impedirgli di tentare».
Che il Secolo abbia bisogno di rilancio, peraltro, è innegabile, se è vero che a causa delle perdite – un rosso di oltre un milione di euro l’anno – c’era una corrente in Fondazione che ne auspicava persino la chiusura.
Invece Bocchino proverà a salvare la redazione del giornale on line composta da sedici giornalisti, magari facendo valere anche le sua precedente esperienza da editore de Il Roma .
LABOCCETTA INCAZZATO
Caratteristiche che, però non sembrano convincere tutti: «Sono indignato e sbigottito per una decisione che premia, immeritatamente, una figura che ha grandemente contribuito alla deriva della politica italiana e che, nel recente passato, è stato il co-protagonista del golpe contro Silvio Berlusconi» ha tuonato Amedeo Laboccetta, vicecoordinatore campano di Forza Italia e a sua volta ex fedelissimo di Fini.
FINI RIPARTE IL 28: MAI VISTA TANTA GENTE IN FILA DAVANTI AL SUO UFFICIO ALLA CAMERA
Come che sia, il ritorno in campo di Bocchino – sebbene lui sottolinei di voler fare esclusivamente il giornalista – è solo uno dei tanti tra gli ex Futuro e Libertà . A partire, ovviamente, da quello di Gianfranco Fini, che il prossimo 28 giugno terrà un’assemblea a Roma, al Palazzo dei Congressi dell’Eur – per «ascoltare» i militanti di destra e insieme lanciare una serie di idee per ricostruire l’area moderata.
Avrà successo l’ex leader di An? Difficile dirlo.
Da un lato c’è il rancore di un mondo che ancora gli rinfaccia lo strappo del 2010, dall’altro lo smarrimento di un popolo che, in assenza di nuovi leader credibili, è pronto a rituffarsi tra le braccia dell’uomo della svolta di Fiuggi.
Da Montecitorio, peraltro, raccontano che davanti all’ufficio dell’ex presidente della Camera non c’è mai stata così tanta gente in fila.
Compreso qualche esponente di Fratelli d’Italia, deluso dal risultato elettorale del partito della Meloni nonostante l’inserimento del simbolo di An nel logo del partito.
GLI EX DI FUTURO E LIBERTA’
Credere che attorno a Fini si possa ricreare qualcosa di simile all’An che fu, però, è francamente difficile. Soprattutto perchè, oltre a chi è finito in Forza Italia, in Fdi e in Ncd, sono gli stessi ex di Futuro e Libertà a non crederci più di tanto. E a organizzarsi per conto proprio.
Lo sta facendo, ad esempio, Andrea Ronchi, con il quale peraltro Fini non fu tenero nel suo libro Il Ventennio , scrivendo che grazie al successo del Pdl nel 2008, fece il ministro «perfino Andrea Ronchi».
L’ex titolare delle Politiche comunitarie preferisce guardare avanti e, la settimana scorso, ha lanciato a Roma la sua nuova associazione «Insieme per l’Italia». Anche per lui mea culpa sul passato e riconoscimento di Berlusconi come punto di riferimento del centrodestra.
Giulia Bongiorno, invece, ha formalizzato ieri la sua adesione a «Italia Unica» di Corrado Passera.
Fabio Granata ha già da tempo trasferito le sue insegne sotto i verdi di Green Italia; Benedetto Della Vedova è l’unico sopravvisuto in Parlamento nella sparuta pattuglia montiana ed è sottosegretario agli Esteri; Antonio Buonfiglio, dopo aver partecipato all’ormai defunto Movimento per Alleanza Nazionale, si dedica più che altro ai procedimenti giudiziari che ha avviato per contestare la legittimità della Fondazione An. Sarebbe pronto a tornare al fianco dell’ex leader invece Roberto Menia, a sua volta transitato nel Movimento per Alleanza Nazionale lo scorso autunno, e avrebbero espresso simpatie per il progetto finiano anche Adolfo Urso e Fabrizio Tatarella.
Infine quelli che preferiscono rimanere «ex». Come Claudio Barbaro, presidente Asi, si definisce «spettatore disinteressato» del quadro politico. E chi, proprio come Bocchino, ha deciso di tornare all’antica passione giornalistica.
È Flavia Perina, che il Secolo d’Italia l’ha diretto dal 2000 al 2011. E che ora è condirettrice all’ AdnKronos . Lei, a differenza di tanti, della politica non sembra avere nostalgia. E, al limite, preferisce raccontarla.
Carlantonio Solimene
(da “il Tempo”)
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Giugno 15th, 2014 Riccardo Fucile
“FINALMENTE, ORA IL PD NON POTRA’ DIRE CHE BERLUSCONI E’ L’UNICO INTERLOCUTORE”….”BEPPE HAI PRESO UNA SBRONZA?”… TRA I MILITANTI PD PREVALE IL SOSPETTO: “MA ANDIAMO A VEDERE LE CARTE”
LA BASE GRILLINA
Fanno quasi fatica a crederci e più volte tornano su quel “cambiamento di scenario”, su quel “Renzi batta un colpo, il MoVimento Cinque Stelle risponderà “.
Il mutamento di strategia che Beppe Grillo annuncia sul suo blog, aprendo al confronto a Matteo Renzi ed al Pd sulla legge elettorale, sorprende anche i militanti Cinque stelle e sembra riscuotere il consenso della maggioranza di essi.
La discussione si annuncia lunga perchè implica valutazioni sulla natura stessa del moVimento e un ribaltamento di linea: dal muro di gomma, dal no a tutto e tutti, si passa alla richiesta di dialogo.
Dalla protesta alla proposta, dai falchi alle colombe.
Nell’ampio spettro di reazioni si va dalle varie sfumature del grillismo a chi sembra quasi essersi liberato di un peso.
Rga Gro scrive: “Finalmente. Il M5S deve essere sempre propositivo, e deve lasciare agli altri l’eventuale negazione al dialogo su uno specifico argomento”.
Quindi, “se il Pd non accetta il dialogo, sarà un effetto negativo per loro. Se accettano e se si riesce a ottenere una legge elettorale decente, sarà positivo per tutti: I Win You Win”.
Antonio B. aggiunge: “Sono d’accordo? Andiamo avanti.? Ma ho paura che risponderanno picche”.
Vincenzo da Taranto legge tutto in chiave anti-berlusconiana e apprezza il tentativo, sul tema delle riforme, di staccare il Pd da Forza Italia: “Bene – scrive – , mi sembra una saggia proposta. Sicuramente è una grande svolta e speriamo che Berlusconi si dedichi a scontare la sua pena e si tolga dalle scatole”.
E Donato Marsico, da Potenza, ipotizza anche i passi successivi all’eventuale accordo sulla legge elettorale.
Mettendo la buona riuscita del dialogo sotto il segno del ritorno alle urne: “È giusto fare insieme una legge elettorale a patto che poi si torni al voto”.
Mirko Zappà , invece, approva ma solo se tutto resta trasparente: “Finalmente una mossa intelligente. E mi raccomando: diretta streaming”.
La maggior parte dei commenti, però, si concentra sul cambio di strategia del MoVimento, apprezzando l’apertura al dialogo perchè può sottrarre a Renzi e al Pd uno degli argomenti centrali intorno a cui è cresciuto il loro consenso negli ultimi mesi.
Francesco da Roma: “Altro che “Beppe esci dal blog”! Matteo, ora che fai? Esci allo scoperto restando rintanato al Nazareno col condannato o è il caso di riveder le cose? Quale il tuo cambiamento?”.
E F. Bettini aggiunge: “Ovvio che Renzi e il Pd vogliono fare la legge elettorale con Silvio Berlusconi e Denis Verdini. Ma almeno così usciranno allo scoperto e non potranno più dire che non avevano altri interlocutori perchè il movimento diceva sempre no”.
Il fronte del no permanente è ovviamente scontento e si sente tradito da Grillo e Casaleggio.
Davide Lak: “Beppe e Gianroberto, ma cos’è?? Vi siete sbronzati ieri?”.
Sergio Nave tenta l’ironia: “La prossima sarà una proposta d’accordo con Dudù”.
Anna Finsi: “Certo che per accordarsi sulla legge elettorale con quelli del Mose, MPS, Carige, Unipol-Fonsai ed altre porcate da peste rossa, ci vuole coraggio”.
E c’è chi restituisce al mittente le storiche formule retoriche del MoVimento. Piero scrive: “Inciucietti da larghe intese? Il solito magna, magna…”.
LA BASE DEL PD
Smaltita la sorpresa, davanti all’apertura di Grillo per un confronto sulla legge elettorale, nella base del Pd prevalgono l’orgoglio e il sospetto. Certo, un anno passato a chiedere invano “responsabilità ” al MoVimento Cinque Stelle non può essere cancellato d’un tratto.
Ma nessuno tra i militanti del Partito democratico, a giudicare dai commenti sui social network, ha dubbi sul dovere quasi morale di “andare a vedere le carte”.
Così, le prime reazioni, diverse da quelle della base M5S, sono da un lato improntate all’orgoglio – come dire: il nostro successo ha scongelato Grillo – e dall’altro recepiscono con favore e curiosità , ma anche con timore e sospetto, la mossa del M5S. E se Roberto Giachetti twitta che “la proposta di incontro è una novità di grande interesse che spero sia subito raccolta”, Manuela Cirone invita invita ad “andarci con i piedi di piombo”.
Paolo Trande commenta: “L’apertura sulla legge elettorale è una obiettiva opportunità per il Pd. Via Berlusconi e dialogo con tutti gli altri, con Pd unito”.
E qui si tocca un nodo importante: pochi pensano che al tavolo delle riforme possano sedere insieme Grillo e Berlusconi.
Il Pd invece sarà messo di fronte a una scelta tra l’ex Cavaliere e il leader del MoVimento.
E qui, però, tra i militanti prevalgono la diffidenza e gli inviti a valutare bene un eventuale “abbraccio” con Grillo.
Come quello di Angiolara: “Consiglio a Renzi molta prudenza con Grillo e Salvini fin quando non si capisce cosa c’è sotto”.
Paola Ferranti aggiunge: “Grillo e Casaleggio parlano con Renzi? Tra buon senso e strategia: a caccia dei voti persi e la speranza di affondare qualche colpo”. Antonella va giù dura: “Un dialogo con gli alleati di Farage? Non facciamoci fregare da Grillo”.
Altri militanti guardano già a quelli che potrebbero essere gli ostacoli a un eventuale accordo.
Scrive Corrado Gregori: “Immaginarsi se il Pd a vocazione maggioritaria accetta il proporzionale con soglia di sbarramento e preferenza”.
E Orazio Tuccio: “Finalmente parole di buon senso da parte di Grillo. Ma un accordo sul proporzionale sembra quasi impossibile”. Marilia Amari mette in discussione l’apertura stessa del MoVimento: “Grillo non ha il 51% e chiede in prestito al Pd i voti necessari per fare le riforme del M5S: bella apertura…”.
Molti, poi, vedono nella svolta grillina un tentativo per uscire dalle difficoltà interne seguite al voto europeo e a quello del popolo M5S sull’alleanza con Farage.
Davide Catalano scrive: “Grillo aspetta solo un rifiuto per passare da vittima”. Poi Nicola Fiore rivolge l’ennesimo invito alla prudenza: “Le richieste di Grillo e Casaleggio mi sanno tanto di trovata pubblicitaria”.
E Gianna Rosa Alberti legge tutto come l’ultima difesa dell’ex comico genovese: “Grillo è all’angolo e cerca di uscirne in qualche modo”.
Infine, c’è chi si affida totalmente alle capacità di Renzi: “Renzi ha dato prova di sapere come muoversi – scrive Caio Ancona – . Saprà come fare. Sono fiducioso”.
(da “La Repubblica“)
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Giugno 15th, 2014 Riccardo Fucile
“SE GRILLO DIVENTA UN ALTRO ‘FORNO’ DI RENZI RISCHIAMO DI BRUCIARCI”… NCD E SCELTA CIVICA: ” I CINQUESTELLE CI PORTANO NELLA PALUDE”
Il Movimento Cinque Stelle tende la mano al Pd sulla legge elettorale: “Batta un colpo”.
I democratici il colpo lo battono con il vicesegretario Lorenzo Guerini.
E così bastano un post e una risposta mezzo agenzia di stampa per gettare nel panico sia i mini-alleati di governo sia i cofirmatari del Nazareno.
“Renzi sia coerente” intima Altero Matteoli. “Grillo è solo l’ultimo forno di Renzi” esorcizza Osvaldo Napoli. Fin qui Forza Italia.
Poi ci sono Scelta Civica e Nuovo Centrodestra, usciti nanetti dalle Europee.
“Grillo ci porta nella palude” avverte Gianfranco Librandi. “Anche Ncd vuole dire la sua” aggiunge Fabrizio Cicchitto.
Il risultato è che ora il presidente del Consiglio Matteo Renzi, costretto solo pochi giorni fa a rimuovere di peso alcuni senatori dalla commissione Affari costituzionali, rischia di non avere abbastanza orecchie per ascoltare tutti.
I primi a rivendicare un ruolo sono quelli di Forza Italia, il cui è atteggiamento è ambiguo sulla riforma del Senato (e si attende un possibile nuovo incontro tra Renzi e Berlusconi), ma non sull’Italicum, frutto di un patto messo giù quasi al dettaglio.
L’intervento inaspettato di Grillo e Casaleggio rischia di rimettere in forse quella piattaforma che sembrava accontentare tutti tranne un po’ di sinistra Pd e il Nuovo Centrodestra (che vogliono le preferenze, invise all’ex Cavaliere).
E difatti la dichiarazione di Matteoli è nel merito: “Grillo apre a Renzi e al Pd ma propone come condizione di dibattito una legge elettorale proporzionale. Ossia un modello che non garantisce nè un vincitore certo nè il bipolarismo. Probabilmente è utile solo a lasciare il Paese nel marasma. Tanto basterebbe perchè Renzi, finora convinto bipolarista e assertore della necessità che dalle urne esca un vincitore, non perdesse altro tempo sulla legge elettorale. Sta a lui esprimersi e dimostrare di essere coerente. Auspico che Forza Italia prenda posizione netta e contraria a una simile ipotesi che ricaccerebbe il Paese indietro di venti anni”.
Quello che non viene detto è che il “bipolarismo” è un’ansia soprattutto del centrodestra che è spezzettato in 4-5 partiti il più grande dei quali — Forza Italia — non è arrivato neanche al 17% e che solo tutto unito potrebbe sperare — con le cifre di due settimane fa — di imbastire una qualche resistenza al tornado renziano.
Il consigliere politico di Berlusconi Giovanni Toti sceglie di parlare d’altro: “Renzi incontri pure chi vuole in streaming o meno, ma dedichi la sua attenzione soprattutto ai problemi dell’Italia: le tasse e il lavoro. Ben venga il dialogo sulle riforme e sul fatto che le regole del gioco siano condivise. Forza Italia ne è convinta e per prima ha accettato di partecipare al confronto per cambiare le istituzioni”. L’europarlamentare aggiunge che “più le riforme sono condivise e meglio sarà . Ma mentre i partiti si accordano su riforme per cui occorrerà tempo, bisognerebbe fare qualcosa per ridurre le tasse e far ripartire l’economia. Altrimenti l’Italia sarà sì un Paese con istituzioni rinnovate, ma che governano su un deserto industriale e su una nazione popolata solo da disoccupati”
In una situazione del genere Osvaldo Napoli auspica un fronte comune di tutto il centrodestra, dalla Lega a Fratelli d’Italia: “In uno scenario diventato all’improvviso tanto mutevole — aggiunge Napoli — il rischio è che le riforme finiscano bruciate se entrano nel forno sbagliato. Un risultato fin qui utile per Renzi, ma decisamente dannoso per l’Italia, è la raffica di trattative avviate con i singoli interlocutori del centrodestra senza che questo schieramento abbia potuto mettere a punto una posizione comune su Titolo V, riforma del Senato e della legge elettorale”.
E diventa una gara alla carta più alta, un’asta da Christie’s: “Ferma restando la positività di tutti i percorsi alternativi (referendum, ddl di iniziativa popolare, ecc) — alza la posta Raffaele Fitto — La strada maestra è quella di emendare al più presto in Parlamento, di comune accordo, l’intesa Forza Italia-Pd, convincendo il Pd e la maggioranza ad accettare la nostra integrazione presidenzialista”.
Scelta Civica, che esprime un ministro e ha una pattuglia non indifferente di parlamentari ma è praticamente sparita nelle urne, mette invece Renzi in allerta.
“E’ giusto e positivo che il confronto sulla riforma della legge elettorale coinvolga tutte le forze presenti in parlamento — spiega Gianfranco Librandi — Per questo ben venga l’apertura del Movimento Cinque Stelle. A Renzi però dico di stare attento, perchè è molto probabile che si tratti di un tentativo di Grillo, ormai allo sbando dopo aver portato il M5s sulle posizioni della destra xenofoba, per rallentare il percorso delle riforme, e in particolare di quella piຠimportante, la legge elettorale. Nella palude, infatti, Grillo ci sguazza mentre con un governo che fa le cose il M5s perde ogni ragione di esistere”.
Il vicepresidente vicario e reggente del fu partito montiano, Renato Balduzzi, aggiunge: “E’ molto importante che sulle regole istituzionali ed elettorali il confronto sia a tutto campo. E siccome il Movimento 5 Stelle ha un consenso parlamentare significativo, estendere il dialogo anche a loro non può che essere un fatto positivo. E’ molto importante però che all’interno della maggioranza ci sia un grado più forte di condivisione sulle riforme, perchè andare oltre il perimetro delle forze che sostengono il governo non può e non deve significare che venga sacrificata la dinamica interna alla maggioranza attraverso rapporti preferenziali con questa o quella parte dell’opposizione”.
La sintesi forse la dà proprio Cicchitto, ma assomiglia più a un avvertimento: “E’ evidente che al Senato è di nuovo in discussione tutto: dalla riforma del medesimo avanzata da Renzi, al problema del titolo V e alla legge elettorale. Ognuno, non solo il Pd, ma anche la Lega e Forza Italia hanno qualcosa da dire. E molto da dire ha anche il Ncd, sia per quanto riguarda la riforma del Senato sia per la legge elettorale che cosi come è uscita dalla Camera va cambiata da varie parti: dalle preferenze alle quote”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 15th, 2014 Riccardo Fucile
“RENZI LEGITTIMATO DAL VOTO POPOLARE”… DISSIDENTI GRILLINI: “MEGLIO TARDI CHE MAI”
“Renzi batta un colpo, il Movimento 5 stelle risponderà ”. Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio compiono il passo impensabile solo fino a qualche mese fa e cercano il confronto con il Partito democratico sulla legge elettorale.
L’annuncio arriva sul blog dopo settimane di poche apparizioni pubbliche, polemiche sulla scelta del gruppo con cui allearsi in Ue e la confusione di un’autocritica post elezioni fatta a metà tra il silenzio e i regolamenti di conti in assemblea.
Oggi la decisione di lanciare un messaggio al presidente del Consiglio: “Se Renzi ritiene che la legge M5S possa essere la base per una discussione comune, il cui esito dovrà comunque essere ratificato dagli iscritti al M5S, Renzi batta un colpo. Il M5S risponderà . La nostra legge è di impronta proporzionale, non è stata scritta su misura per farci vincere come è stato per l’Italicum, scritto per farci perdere”, chiariscono i due.
La risposta arriva poco dopo dal vicesegretario del Partito democratico Lorenzo Guerini: “Pronti a confrontarci con tutti, nel rispetto e delle posizioni diverse. Per noi la priorità restano le riforme istituzionali, Senato, titolo V e legge elettorale che garantisca governabilità e certezza di chi vince e chi perde, secondo il percorso che abbiamo individuato”.
Si rivolge alla Lega Nord di Matteo Salvini e ai grillini. “Visti i precedenti con i 5 Stelle, suggeriamo comunque l’adozione dello streaming per eventuali incontri futuri”. Possibilista anche Debora Serracchiani: “L’annuncio di una apertura non ci coglie impreparati, perchè la nostra disponibilità a un confronto a tutto campo l’abbiamo dichiarata da molto tempo. Dopo l’annuncio però bisogna vedere come intende passare alla prova dei fatti”.
Il Movimento 5 stella cambia strategia e prova a uscire dall’angolo del post elezioni: “Ci candidiamo a diventare l’ago della bilancia”, commenta a SkyTg24 il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio.
“Il Patto del Nazareno è sempre più debole e noi siamo a un bivio, ovvero la legge elettorale deve farla Berlusconi o il M5S? E’ Berlusconi l’ago della bilancia? Vogliamo esserlo noi. Lo streaming? Non credo sia essenziale. Dal Pd aspettiamo una risposta, lasciamo trascorrere la domenica, poi vediamo che succede”. Poi ribatte: “Sì allo streaming”.
Proprio l’ex Cavaliere diventa così la pedina che potrebbe saltare nel caso di un accordo tra le parti.
Scenari prematuri, ma che diventano possibili se nell’arena parlamentare scendono in campo anche i 5 stelle. E nei giorni scorsi qualcosa era già cambiato, prima con la lettera al ministro Orlando per collaborare sulla giustizia, poi con il governo che è andato sotto nel voto sulla responsabilità civile dei magistrati. Lunedì 16 giugno è prevista una conferenza stampa dei 5 stelle per chiedere ufficialmente l’incontro.
Sedersi allo stesso tavolo del Partito democratico. E’ una strategia politica che i leader e i più fedeli del Movimento non hanno mai accettato.
L’ultimo confronto in streaming era stato con Matteo Renzi il giorno delle consultazioni per il nuovo governo. Poco meno di dieci minuti, il tempo di sedersi e finire ad alzare la voce. Grillo se ne andò dicendo: “Non voleva nessun accordo con noi, non aveva senso restare”. Ma quella scena divise le due anime del Movimento: da una parte i dialoganti indignati per i toni, dall’altra i puri del “con gli altri partiti mai”.
Oggi qualcosa sembra essere cambiato, anche se il risultato del voto europeo li mette in una posizione di debolezza. Un invito al dialogo era arrivato dal Pd a inizio gennaio, in quel caso ci fu un secco no. “Sono avvenute due cose che hanno cambiato lo scenario”, spiegano i fondatori sul blog.
“Il M5S ha una legge approvata dai suoi iscritti (e non discussa a porte chiuse in un ufficio in via del Nazareno)” e Renzi “è stato legittimato da un voto popolare e non a maggioranza dai soli voti della direzione del Pd. Quindi qualcosa, anzi molto, è cambiato”.
La legge uscita dalla consultazione online, accompagnata dalle delucidazioni tecniche del professor Aldo Giannuli, è sostanzialmente un proporzionale corretto. Quanto al testo Renzi-Berlusconi, dopo vari ritocchi a marzo la Camera ha approvato una legge proprzionale sì, ma con premio di maggioranza per chi supera il 37% dei consensi.
Grillo e Casaleggio chiedono esplicitamente un faccia a faccia con il presidente del Consiglio: “All’incontro eventuale con il Pd — scrivono -, che speriamo ci sia, parteciperanno i due capigruppo M5S di Camera e Senato, oltre a Danilo Toninelli, estensore tra altri della versione definitiva della legge e Luigi Di Maio come massima rappresentanza istituzionale in Parlamento nel suo ruolo di vicepresidente della Camera”. La prima risposta da casa Pd arriva da Maurizio Martina, ministro delle Politiche agricole: “Se davvero siamo di fronte a un’apertura sincera, sarebbe impossbile sottrarsi al confronto”, ha replicato a l’”Intervista” di Maria Latella su Sky Tg24.
“Anzi, sono certo che il Pd deve farsi avanti, se Grillo ha deciso di scongelare i suoi voti e di metterli veramemente a disposizione del cambiamento, vuol dire che il Pd ha prodotto un effetto non banale che va oltre se stesso”. Insomma, “bisogna andare a vedere le carte, bisogna andare a vedere effettivamente dove vuole arrivare e sperare che non sia un bluff“.
Ma la nuova partita tra i 5 Stelle e il Pd rischia di fare una vittima illustre, Silvio Berlusconi.
Perchè oltre alla legge elettorale, contrattata da Renzi con il leader di Forza Italia in mezzo a mille polemiche legate alla condanna definitiva per frode fiscale e alla conseguente decadenza da senatore, pochi giorni fa le prove tecniche di dialogo tra grillini e democratici sono state avviate sulla giustizia, tema ultrasensibile per Berlusconi. Una delegazione del Movimento 5 Stelle ha incontrato il ministro della Giustizia Andrea Orlando per proporgli l’appoggio sul ddl anticorruzione ora fermo al Senato, in attesa di un testo governativo che i parlamentari pentastellati hanno chiesto di non presentare. “Berlusconi dal canto suo decida come stare in questa partita e il Pd -ha concluso Martina- guidi questo cambiamento. Non c’è un motivo per escludere nessuno in via pregiudiziale”.
Un annuncio che ha lasciato a bocca aperta la base, ma soprattutto molti tra i parlamentari.
“Svegliarsi la mattina”, commenta il deputato Cristian Iannuzzi, “e scoprire che la linea del Movimento 5 stelle è cambiata non ha prezzo”.
Perplessi alcuni dei critici che invocano più partecipazione nel metodo decisionale. Mara Mucci scrive su Twitter: “In politica il metodo è sostanza. Il metodo a 5 stelle prevede la partecipazione nei percorsi decisionali. Dov’è?”.
Le risponde subito il critico Walter Rizzetto: “Io mi son addormentato pure oggi e ho sognato cambiamenti #montagneverdi forse è meglio se torno a dormire”.
Sorride Luis Alberto Orellana, espulso nei mesi scorsi dal gruppo e noto per essere tra i promotori dell’apertura. “Sono contento della disponibilità del M5S ad incontrare il premier Matteo Renzi sulla legge elettorale e auspico che sia l’inizio di un diverso approccio, di un cambio di passo nella politica”.
Sottolinea poi come “questa apertura al dialogo corrisponda a quanto da me richiesto più e più volte. Dopo l’espulsione, gli insulti, le minacce di morte, ecco la conferma di essere ed essere stato sempre nel giusto. Lo sapevo che questo momento sarebbe arrivato e ora anche i fatti mi danno ragione”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 15th, 2014 Riccardo Fucile
IL 20 MAGGIO 2013 IL “GRANDE BURATTINAIO” MAZZACURATI INCONTRA IL TESORIERE DELLA FONDAZIONE DELL’ALLORA PREMIER E POI CONFIDA: “MI HA DESTABILIZZATO”
I rapporti tra Enrico Letta e mister Mose iniziano nel 2007 e proseguono — in modo continuativo — dal 2010 al 2012 quando, con tre versamenti da 20mila euro ciascuno, Giovanni Mazzacurati finanzia VeDrò, la fondazione dell’ex presidente del Consiglio. Dagli atti della procura di Venezia era già emersa, con la testimonianza di Roberto Pravatà , il rapporto tra Mazzacurati ed Enrico Letta: “L’ingegnere mi convocò per dirmi che il Consorzio Venezia Nuova avrebbe dovuto concorrere al sostenimento delle spese elettorali dell’onorevole Enrico Letta, che si presentava come candidato per un turno elettorale, attorno al 2007, con un contributo dell’ordine di 150mila euro”.
In quell’occasione, racconta Pravatà , il “finanziamento illecito” avvenne con “l’intermediario” di Letta per il Veneto, Arcangelo Boldrin, per il quale fu “predisposto un incarico fittizio per un’attività concernente l’arsenale di Venezia”.
Letta ha smentito di aver preso un solo centesimo e lo stesso Boldrin, che ha ammesso di aver incassato 200mila euro per una consulenza, nega di aver mai versato soldi all’ex premier.
Dai documenti in possesso del Fatto Quotidiano, però, emerge che in altre occasioni Mazzacurati ha, però, direttamente finanziato la fondazione di Letta jr.
“Siamo lieti di collaborare a sostegno del progetto”
È il 26 giugno 2012 quando mister Mose firma una lettera con il seguente oggetto: “Contributo al progetto Vedrò 2012”. Mazzacurati la spedisce “all’attenzione del dottor Riccardo Capecchi”.
Chi è Roberto Capecchi? Il tesoriere di VeDrò sin dalla fondazione. “In riferimento alla vostra cortese comunicazione datata 25 maggio scorso”, scrive Mazzacurati, “vi comunichiamo che il Consorzio Venezia Nuova è lieto di collaborare con voi a sostegno del progetto VeDrò con un contributo di 20 mila euro iva esclusa”.
Un mese prima, quindi, VeDrò ha contattato il Consorzio Venezia Nuova per chiedere un “sostegno” che Mazzacurati è pronto a erogare. “Tale contributo verrà versato a mezzo bonifico bancario, dietro presentazione di fattura o altra documentazione in regola con le vigenti norme tributarie, sul conto corrente che gentilmente ci verrà indicato. In particolare, vi preghiamo di volerci indicare il codice Iban completo. Venezia, 26 giugno 2012, Cordiali Saluti, Giovanni Mazzacurati”.
Il Cvn finanzierà VeDrò per tre edizioni dal 2010 al 2012. L’anno successivo risulterà decisivo per entrambi: Letta jr diventa presidente del Consiglio e cancella l’evento, Mazzacurati negli stessi mesi viene arrestato per l’indagine veneziana sul Mose, mentre Capecchi viene perquisito dalla Guardia di finanza, nella sua abitazione di Perugia, che gli sequestra materiale contabile e informatico.
I rapporti tra Capecchi — che non risulta indagato — e Mazzacurati sono descritti in un’informativa della Gdf allegata agli atti dell’indagine sul Mose.
I finanzieri annotano che il 20 maggio 2013 Mazzacurati dice d’aver “avuto un incontro con Capecchi, che è tornato da Palazzo Chigi e ha tirato fuori il discorso del punto critico dell’alimentazione dell’energia elettrica”.
L’incontro con Capecchi — “che è tornato da Palazzo Chigi” — si svolge appena un mese dopo l’insediamento di Letta jr alla Presidenza del Consiglio, avvenuta il 24 aprile 2013, e Mazzacurati parla con Capecchi — che è anche dg di Poste Energia — di un “punto critico”: “l’alimentazione dell’energia elettrica” che si presume riguardi il Mose e la città di Venezia. Il dato più interessante, però, è racchiuso nel brogliaccio del giorno successivo.
“Gli avevamo chiesto una sponsorizzazione”
Mazzacurati dice a Flavia Faccioli, responsabile della comunicazione, che il giorno prima Capecchi “lo ha destabilizzato”.
Il tesoriere di VeDrò, dg di Poste Energia e — soprattutto — amico e uomo fidato di Enrico Letta, a soli venti giorni dall’insediamento del premier, è in grado di “destabilizzare” l’uomo che gestisce 5 miliardi di euro per il Mose, la più imponente opera d’ingegneria in Europa.
“Può essere che abbia parlato con lui”, spiega al Fatto Quotidiano Capecchi. “Mi occupo di energia elettrica, ma non ricordo questo episodio, e poi Mazzacurati può raccontare quel che vuole. Sui finanziamenti, confermo che VeDrò è stata finanziata dal Cvn, l’ho dichiarato anche alla GdF, quando sono stato perquisito, spiegando che è stato tutto regolarmente fatturato. Avevo conosciuto Mazzacurati tempo prima, ci aveva presentato il progetto, gli avevamo chiesto una sponsorizzazione. Letta non aveva incarichi di governo in quel periodo”.
Stando agli atti dell’inchiesta sulla cricca del Mose, il tramite tra Capecchi e Mazzacurati è Andrea Collalti, al quale, secondo gli uomini delle fiamme gialle, il Cvn ha “corrisposto, nel periodo dal 2007 ai 2011 l’importo complessivo di circa 5 milioni di euro”.
Le somme corrisposte alle società di Collalti, secondo l’accusa, sono “riconducibili ad operazioni (consulenze) in tutto o in parte inesistenti”.
In questo contesto è emersa la figura di Capecchi e i suoi “attuali e diretti contatti” con Mazzacurati.
Capecchi è amministratore unico nonchè tesoriere della società a responsabilità limitata Italia Futuro Servizi, interamente controllata dal gruppo VeDrò, messa in liquidazione il 15 aprile 2014.
Una società con un capitale versato di 10 mila euro e un bilancio 2013 chiuso con 797 mila euro di ricavi.
Per il think tank dell’ex premier, Capecchi è “responsabile del found raising, dei rapporti con gli stakeholder e della gestione amministrativa”.
In pratica Capecchi è per Enrico Letta quello che Marco Carrai è per Renzi. Raccoglitore di fondi. Ed è bravo, come mostrano i bilanci.
Riesce a ricevere fondi, tra gli altri, da Eni, Enel, Finmeccanica. Tutti sponsor che dal 2006 al 2012 finanziano interamente le settimane in cui la fondazione riuniva i lettiani presso l’ex centrale elettrica di Cle a Dro, provincia di Trento.
“Allora, io mi ricordo di Gianni Letta, Tremonti…”
I contatti tra Capecchi e Mazzacurati confermano, quindi la frequentazione dell’ex premier con mister Mose della quale — dinanzi ai pm Stefano Ancilotto, Stefano Buccini e Paola Tonini — aveva parlato anche Pio Savioli.
Il “raccoglitore” di fondi neri, per conto del Cvn, elenca le frequentazioni di Mazzacurati con la politica: “Allora, io mi ricordo Gianni Letta, Tremonti, Milanese, Matteoli, mi ricordo del presidente del Consiglio attuale”.
E il “presidente attuale”, nel momento in cui Savioli viene interrogato, è proprio Enrico Letta.
Il Riesame per Savioli, che è agli arresti, è previsto mercoledì. E la prossima settimana i pm potrebbero raccogliere molte testimonianze utili.
Sono quattro, infatti, gli indagati che attraverso parziali ammissioni stanno confermando ai pm l’esistenza del sistema. A cominciare dal “mazziere rosso” Lino Brentan, che ha raccontato i finanziamenti al Pd Veneto, e Patrizio Cuccioletta, ex magistrato delle acque, che — pur definendoli “regali” — ha ammesso di aver ricevuto soldi dal Cvn.
Antonio Massari e Davide Vecchi
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 15th, 2014 Riccardo Fucile
I GRILLINI POTREBBERO FINIRE TRA I NON ISCRITTI, VISTO CHE ALL’EFD MANCANO ALL’APPELLO DUE PARTITI NAZIONALI: PER FARE UN GRUPPO CE NE VOGLIONO SETTE… E IN GIOCO CI SONO ANCHE FINANZIAMENTI
Il voto nel referendum online per scegliere le future alleanze del M5S in Europa potrebbe non salvare i 17 eurodeputati pentastellati dal limbo dei non iscritti al Parlamento europeo.
Sì perchè per formare, o confermare, un gruppo politico ci vogliono almeno 25 deputati da almeno sette Paesi Ue.
L’Ukip da sola di seggi ne ha già 24 ma ad oggi mancano due Paesi per raggiungere la soglia minima.
Le regole del referendum M5S erano chiare: se non va in porto l’opzione vincitrice (Efd) si passa alla seconda, appunto i non iscritti, una scelta che potrebbe essere obbligata anche vista l’assenza di alternative.
Il tempo stringe: la data ultima per la formazione di nuovi schieramenti è il 24 giugno e le prossime mosse saranno decisive.
Il gruppo Europe of Freedom and Democracy (Efd) conta ad oggi cinque Paesi Ue: l’Ukip, il lituano Tvarka ir teisingumas, il ceco Strana svobodnà½ch obÄanů, l’olandese SGP e, appunto, l’italiano M5S.
Nelle scorse settimane il gruppo ha subìto gli abbandoni dei finlandesi del The Finns party e dei danesi del Dansk Folkeparti.
Com’è noto, la Lega Nord ha optato per il gruppo nazionalista ed euroscettico di Marin Le Pen già nei mesi scorsi — un gruppo che tra l’altro non ha ancora i numeri per formarsi. Sempre nei giorni scorsi sembravano pronti di andarsene anche i lituani, che però nelle scorse ore hanno ufficializzato il loro desiderio di restare.
Farage si dice ottimista: “Il risultato del referendum del Movimento 5 stelle ci fa ben sperare. E’ un forte incentivo a unirsi a noi per altre delegazioni”.
Un bottino di 17 deputati, infatti, costituisce per l’Efd un bell’effetto catalizzatore nei confronti di tutta una serie di indecisi che nei giorni scorsi si sono guardati attorno e diretti verso lidi più sicuri, come il gruppo dei Conservatorgi (Ecr) dei tories inglesi, che ha accolto i danesi e finlandesi ex Efd e ha fatto acquisti anche nel resto d’Europa, ad esempio con i neo eletti del partito no Euro tedesco AfD.
Fonti Ukip parlano di negoziazioni in corso con altre 5 delegazioni nazionali, ma fino alla settimana prossima è mantenuto il massimo riserbo.
Il paradosso è che lo stesso Farage si starebbe preparando a fare le valigie e a lasciare Bruxelles in caso di elezione l’anno prossimo alla House of Commons.
Lo ha fatto capire lui stesso in questi giorni, affermando che qualora lui o altri “senior Ukip members” avessero la possibilità di trasferirsi a Westminster verrebbero sostituiti in Europa dai primi non eletti.
Questo perchè, dopo l’exploi delle europee, l’Ukip si aspetta di ottenere almeno 5-6 seggi alle elezioni del maggio 2015.
Non a caso non è più Farage il capo delegazione dell’Ukip al Parlamento europeo, bensì il settantenne Roger Helmer, un passaggio di consegne che sembra proprio preparare il terreno al trasloco di Farage da Bruxelles a Londra.
Insomma per i 5 stelle il paradosso è che “il naso turato” di molti che hanno votato a favore de “l’alleanza tattica” con l’Ukip, alla fine non serva ad evitare la caduta libera nei “non iscritti”.
Questo non solo perchè non stringere alleanze rappresenta la seconda opzione del referendum online, ma perchè è possibile che il M5S non trovi più porte aperte dopo aver cercato di far gruppo con gli euroscettici di Farage.
Il capo delegazione M5S, Ignazio Corrao, mette le mani avanti: “In questo caso bisognerà valutare di nuovo, ma sono sicuro che ce la faremo”.
Ma cosa vuol dire finire nei non iscritti?
In parole povere vuol dire non avere alcun peso nel processo legislativo europeo visto che si finisce fuori dal cosiddetto “sistema d’Hondt” con il quale vengono distribuite tutte le presidenze e vice presidenze delle commissioni parlamentari, i dossier legislativi e non, la possibilità di assumere personale qualificato, ad esempio policy advisor, e perfino determinati finanziamenti.
Non è un caso, infatti, se partiti euroscettici come il Front National e il PVV di Geert Wilders — formazioni poco interessate al processo legislativo europeo in quanto contrari all’Ue stessa — stiano cercando di uscire da questo limbo e di formare un gruppo politico, euroscettico ma pur sempre un gruppo.
Alessio Pisanò
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Giugno 15th, 2014 Riccardo Fucile
DAI 15.000 GIOVANI ASSUNTI NELLA P.A., AI 100 KM DI TRASFERIMENTO COATTO: L’IMPORTANTE E’ TRASMETTERE IL MESSAGGIO PUNITIVO E FAR PAGARE AI PICCOLI
“Quindicimila giovani assunti dallo Stato”. Ragazzi, mi tocca il compito di comunicarvi, quasi da solo, che non è vero.
Evidentemente quei quotidiani hanno pensato che bisognava pur dare un titolo sensato alla Riforma Renzi-Madia detta “della Pubblica amministrazione”, una riforma che non c’è.
Vediamo.
Per la giovane ministro del giovane governo presieduto dal giovane presidente Renzi, una riforma è una promessa molto ripetuta e gridata tenendo le dita incrociate tipo scout.
Si comincia subito col dare numeri a caso, tanto non tutti e non subito possono verificare.
Esempio: fino a quanti km si può spostare un padre o una madre di famiglia (che per sventura siano impiegati dello Stato in questa fase della storia) perchè possano sopportare il trasferimento coatto (è questo che si promette, il trasferimento non voluto, come riforma)?
Ripeto la domanda: fino a quanti chilometri? Cento va bene? Che ne dite? Sembra una riforma coraggiosa, perchè è dura, cattiva, oltrechè inutile.
Passa un giorno dall’annuncio che getta molti dipendenti pubblici nella costernazione, e poi si viene a sapere che 100 km sono troppi, li spendi in viaggio o devi farti, con lo stesso stipendio, una seconda casa.
Facciamo 50? 50, quasi nessun ufficio, nel quale le persone interessate e angosciate lavorano per lo Stato, dista 50 km da un altro ufficio uguale o con funzioni simili, a meno che la buona e moderna riforma preveda il passaggio dall’archivio dei Beni culturali ai Vigili del fuoco, tanto per farti vedere chi comanda.
Ecco un’altra caratteristica della Riforma della Pa che porterà le firme del giovane premier Renzi e della giovane ministro Madia: essere cattivi come i veri manager privati, e far pagare ai piccoli.
Fate caso: qualunque cosa accada, trasferimento, spostamento, nuova mansione, buon compleanno, l’indicazione è “con stipendio anche minore” o addirittura “ridotto del 30%” oppure “con riposizionamento a rango inferiore”.
Come dire: ti prometto un futuro di stipendi più bassi e di luoghi più scomodi e, se sei già specializzato in qualcosa, avrai subito una mansione diversa.
Perchè queste sono le vere riforme: spiacevoli.
Strano che tutti coloro che, insieme al ministro, hanno messo mano alla Riforma della Pubblica amministrazione italiana non abbiano ricordato che chi occupa, bene o male, posti nello Stato, lo ha fatto e lo fa per concorso, e il bando di concorso, che ha un valore impegnativo per il datore di lavoro Stato, oltrechè per il personale assunto, precisa ogni dettaglio su trattamento, funzioni, doveri e garanzie
Ma allarghiamo un po’ lo sguardo su ciò che ci dicono della riforma anche dopo lo storico Consiglio dei ministri del dopo Vietnam, e che è quasi niente, solo un decreto legge. Il resto è (sarà ) delega.
Dunque saltano i 100 km. Ma si insiste che la grande novità è lo spostamento. Chiunque può essere messo in mobilità e te lo annunciano e ripetono in modo da farti sapere che non puoi star tranquillo.
Chiunque voglia vendicarsi di te, nel tuo ufficio, d’ora in poi ha il suo strumento per farlo.
Ah, poi c’è l’idea, molto giovanile, da London School of Economics, di stabilire che lo stipendio dei dirigenti dipende dall’andamento del Pil.
Serve a cancellare ogni traccia del premio per chi lavora e produce. Ma che legame ci può essere fra una persona e il Pil?
Tanto vale, allora, decidere uno scatto tutte le volte che escono, su ruote prestabilite, da uno a cinque numeri indicati dal dipendente che aspira al premio.
Poi c’è il ricambio generazionale .
Puoi credergli se ti dicono che, abolendo l’abitudine di trattenere in servizio (di solito per due anni) dei pensionandi utili nel lavoro che fanno, si sbloccano di colpo 15 mila posti per i giovani? Si sbloccano come?
Sono già lì sui gradini e poi entrano come a scuola, oppure bisognerà mettere su un concorsino che porta sempre via un paio d’anni?
Non dimenticate la “semplificazione”. Hanno deciso che, di tre uffici di registro automobilistico ne faranno uno solo. È giusto, è poco, non conta niente, non incide su nulla. Risparmio del personale: da tre a cinque persone. Certo, in momenti di crisi tutto conta.
E qui viene la seconda parte del discorso. La Pubblica amministrazione è la macchina che fa funzionare lo Stato. Persino nell’America che viene continuamente descritta come liberista e fai da te, la macchina dello Stato è immensa e tende a essere rapida e perfetta.
Ripeto un esempio che ho fatto altre volte, quando si parla di scardinare la burocrazia col bulldozer.
A New York nessuna ristrutturazione può iniziare in case private (neppure una cucina o un bagno) senza verifica e permesso del comune, la presentazione, la firma il progetto, e assicurazioni anti infortunio individuali per ciascuno dei prestatori d’opera, anche se sono imbianchini di interni.
Se i documenti mancano, stop immediato e multa, a cura di una burocrazia implacabile.
È la stessa, competente, efficiente, rapidissima, che ha reso rischiosissima l’evasione fiscale.
Abbiamo, credo, chiarito una cosa su cui volentieri si fa confusione: la Pubblica amministrazione di cui è riformatrice la giovane ministro Madia, è la burocrazia, la stessa contro cui il suo giovane primo ministro Renzi voleva buttarsi con il bulldozer. È dunque una macchina grande e complessa che richiede conoscenza di ciò che è adesso, e progetto di ciò che dovrebbe essere dopo.
Richiede anche una visione politica: Ronald Reagan sosteneva che bisognava chiudere tutta la baracca perchè “è lo Stato il problema”.
Roosevelt, Kennedy, Carter, Clinton e Obama dicono “È lo Stato che deve intervenire, a cominciare dalla scuola pubblica e dalla salute”.
Prima di spostare i piccoli pezzi del loro gioco, Madia e Renzi devono prendere posizione su queste due visioni dello Stato, della vita, della politica.
Devono scegliere e farlo sapere.
Furio Colombo
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 15th, 2014 Riccardo Fucile
ANCHE VEGAS (CONSOB) NELLA PARTITA…. LA REGIONE SVENDE LE AZIONI NASCONDENDO IL RISCHIO DI UNA PENALE
Prima il tribunale di Firenze, poi la Consob e infine il Tar.
Il governatore della Toscana Enrico Rossi esibisce tre pronunciamenti favorevoli e annuncia l’uscita della Regione del patto di sindacato tra enti pubblici che controlla l’aeroporto di Pisa con oltre il 50 per cento delle azioni.
Consegnerà un decisivo 12 per cento della società di gestione quotata in Borsa, la Sat, alla Corporacion America del magnate argentino Eduardo Eurnekian, che sulla Sat ha lanciato un’offerta pubblica di acquisto (Opa)
La mossa del governatore — per anni rivale di Matteo Renzi sulle scene granducali — spiana la strada a un disegno caro al cerchio magico del premier: fondere l’aeroporto di Pisa con quello fiorentino di Peretola (già consegnato a Eurnekian) e dare finalmente a Firenze quel grande aeroporto internazionale (pagato dallo Stato) che la nuova capitale d’Italia sogna da anni.
Lo squilibrio delle forze in campo è chiaro.
Da una parte il governatore, il sindaco di Firenze Dario Nardella, il presidente dell’aeroporto di Firenze Marco Carrai e Riccardo Nencini, sottosegretario alle Infrastrutture e segretario fiorentino del partito socialista.
Tutti schieratissimi con il plenipotenziario in Italia di Eurnekian, il fiorentino Roberto Naldi. Eurnekian vanta anche l’amicizia con Vito Riggio, presidente dell’Enac, e con Giuseppe Bonomi, consulente per gli aeroporti del ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi.
Tutti uniti contro l’unico vero oppositore, il sindaco di Pisa Marco Filippeschi, che si batte a colpi di carta da bollo contro una privatizzazione assurda: mai discussa, mai decisa, si è dispiegata come utile e indifferibile solo di fronte all’offerta argentina, alla quale la mano pubblica può solo dire sì o no, senza porre alcuna condizione.
Ma sull’operazione rimane una pesante incognita giudiziaria.
Secondo la legge, la regione Toscana, rompendo il patto di sindacato per aderire all’Opa, rischia di pagare agli altri enti azionisti una penale doppia del ricavo ottenuto.
Rossi, che affida all’operazione le residue speranze di ottenere da Renzi la ricandidatura nel 2015, per scongiurare la contestazione del danno erariale ha chiesto un via libera alla Consob, sapendo di avere un alleato sicuro nel presidente Giuseppe Vegas, un altro che vede la poltrona traballare — a causa dell’inchiesta sull’affare Unipol-Sai — ed è alla ricerca di benemerenze renziane.
Ma sulla sua strada si sono messi i tecnici della Consob, che si sono rifiutati di firmare tesi compiacenti per stilare un parere gelido: se Rossi dovrà o no pagare la penale lo deve dire il giudice civile, la materia non è di nostra competenza.
Ma una via d’uscita è stata trovata. Il testo è stato trasmesso alla Regione molte ore prima della pubblicazione, consentendo a Rossi di annunciare un “parere positivo”, prima che altri potessero leggerlo.
Un falso, sostiene il presidente dell’Adusbef, Elio Lannutti, che ha già presentato un esposto alla procura della Repubblica: “Il presidente Rossi, se non vuole essere chiamato a rispondere di tasca propria dei 35 milioni di euro a titolo di danno erariale dovrà trovare un altro modo per accedere a buon diritto nel ristretto club degli Amici di Matteo.” Intanto però il ritardo nella pubblicazione ha dato modo alla giunta regionale di deliberare la vendita, anche se con una clausola preoccupante: “Pur non potendo escludere in modo categorico una diversa evoluzione del contenzioso”.
Il clima di fuoco è reso da una dichiarazione di Nardella contro Filippeschi: “La politica la smetta di mettere i bastoni tra le ruote alle imprese che vogliono investire sul nostro territorio”.
Sembra non fare velo al sindaco di Firenze il fatto che il curriculum di Eurnekian come investitore prezioso per la Toscana offra il fianco a qualche dubbio.
Eurnekian e Naldi sono già sotto processo per la bancarotta della compagnia aerea Volare.
Le ipotesi dell’accusa vedono Eurnekian comprare delle azioni di Volare dal fondatore Gino Zoccai, che per sdebitarsi fa comprare da Volare una compagnia uruguaiana di Eurnekian. la Bixesarri. “Peccato soltanto che ormai Bixesarri avesse soltanto un aereo e per di più sotto sequestro perchè utilizzato per il traffico della droga”, scrissero gli inquirenti.
L’ultima ombra sulla sua Aeropuertos Argentina 2000 arriva dal procuratore federale di Buenos Aires, Eduardo Taiano.
La settimana scorsa ha aperto un fascicolo bomba che vede tra gli indagati, oltre a Eurnekian, il ministro dell’Economia, Axel Kicillof, e il presidente della compagnia di bandiera Aerolàneas Argentina, Mariano Recalde.
Secondo l’accusa, Aa2000 non avrebbe realizzato le opere di messa in sicurezza dell’aeroporto Jorge Newbury previste dalla concessione.
Un’indagine parallela riguarda Gustavo Lipovich, passato dai consigli di amministrazione di Aa2000 e Aerolinas Argentinas alla presidenza dell’Orsna, l’organismo di controllo del sistema aeroportuale: il controllato diventato controllore.
Eurnekian è abituato agli scenari dove Stato e imprese sono una cosa sola, come piace a Nardella.
Non a caso da tempo in Argentina si parla di ri-nazionalizzare gli aeroporti. La stampa locale ha attribuito agli altalenanti rapporti di Eurnekian con la “presidenta” Cristina Kirchner la nomina alla presidenza di Aa2000 di Rafael Bielsa, fino al giorno prima capo dell’organizzazione per la lotta al narcotraffico, ma in passato già al servizio di Eurnekian.
Giorgio Meletti e Alessio Schiesari
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Giugno 15th, 2014 Riccardo Fucile
“IN CARCERE VORREI FARE IL BIBLIOTECARIO”
A torso nudo, sorpreso dal sonno con la Divina Commedia ancora aperta sulla pancia.
Lucio Barani, l’ ex collega senatore di Forza Italia, ha trovato così Marcello Dell’Utri, detenuto da due giorni nel carcere di massima sicurezza di Parma per scontare la condanna definitiva a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa.
«La battuta è venuta spontanea – racconta Barani, segretario del Nuovo Psi di Riccardo Nencini – e gli ho detto: “T’ho beccato. Stai leggendo l’Inferno, dove ti hanno portato”.
E lui mi ha risposto: “No, ti sbagli. Sto leggendo il Paradiso, dove andrò. L’Inferno lo lascio agli altri che mi hanno condannato per un reato che non esiste, inventato con la stessa funzione dell’antica imputazione di quello antico di lesa maestà : far fuori gli avversari politici”».
Musica per le orecchie di un craxiano di ferro come Barani, che ha passato tre quarti d’ora in cella con Dell’Utri: non hanno parlato solo di Dante e della bibliofilia del detenuto, che all’altro parlamentare ex Publitalia Massimo Palmizio in visita ieri ha detto di voler diventare bibliotecario del penitenziario di via della Burla.
Ma anche di Berlusconi e Renzi, di «poteri forti» e di «politici mercenari che hanno fatto gli interessi di cancellerie straniere a danno dell’Italia e ora uno ancora in auge ha rischiato di essere eletto presidente della Repubblica».
Nonchè di magistrati che «sperperano il denaro pubblico in pedinamenti e intercettazioni e che prima o poi dovranno pagare».
Oltre che del caldo da «forno crematorio». «Sono uscito fuori che pensavo di avere un malore» riferisce Barani, mentre l’avvocato di Dell’Utri, Giuseppe Li Peri protesta e chiede di spostare il suo cliente cardiopatico in una cella con aereazione.
«Ma lì non ce ne sono – spiega Barani – l’impianto e’ previsto nel cdt (centro diagnostico terapeutico) ma non sono arrivati i fondi».
“A Beirut c’erano 25 gradi, qui ce ne saranno 45” ha scherzato Dell’Utri, mangiando passato di verdura e stracchino, in attesa del pasto per diabetici che arriverà da oggi.
Mostrandosi ancora stupito per l’arresto, scattato in realtà dopo che la magistratura di Palermo lo aveva scoperto irreperibile anche per i suoi cari a pochi giorni dalla sentenza definitiva.
Mi ha detto: “Ero andato in Libano da uomo libero, usando il mio passaporto e la carta di credito. Se mi avessero detto ‘rientra’ sarei rientrato. Io non sono un pericoloso sociale. Sono una persona per bene. Forse meno per bene sono gli altri che hanno sperperato soldi in pedinamenti. Se ci fosse una giustizia che funziona, e anche una Corte dei Conti, adesso glieli chiederebbero indietro. Ma prima o poi dovranno pagare”».
Pensieri cullati assieme nella cella con letto e scrittoio, secondo quanto riferisce Barani. Parlando dello «sbaglio di Berlusconi che andando da Renzi al Nazareno, invece di ricevere agibilità politica, ha accreditato quello nel centrodestra ed è stato fregato».
E rievocando l’«omicidio» del «martire» Craxi. «Anche Dell’Utri è convinto che sia stato fatto fuori dalle cancellerie europee perchè aveva l’autorevolezza per difendere i parametri di Maastricht. Invece, ha detto, mercenari della politica hanno trattato a sfavore dell’Italia con l’ingresso nell’euro. Uno è stato premiato con la presidenza Ue e stava per diventare capo dello Stato. Era chiaro che si riferiva a Prodi. E, secondo me, alludendo ai magistrati, ha concluso: “bisogna sempre chiedersi di chi si fanno gli interessi. Quali poteri criminali si tutelano. Perchè niente è come sembra”».
Virginia Piccolillo
(da “il Corriere della Sera”)
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