Giugno 4th, 2014 Riccardo Fucile
BERLUSCONI EVITA DI METTERCI LA FACCIA: DIFFICILE GRIDARE AL COMPLOTTO CON UN PROCURATORE COME NORDIO
Il telefono bolle: “Giancarlo, questa storia è incredibile, sono con te. Vedrai che ne verrai fuori”.
Di telefonate di solidarietà Galan ne ha ricevute a decine, da parlamentari, amici, compagni di partito nel giorno da segnare sul calendario “cum nigro lapillo”.
Ne ha ricevute a decine la sua collaboratrice, l’efficiente Francesca, quando l’ex governatore ha staccato il telefono per mettere a punto, con i suoi avvocati, la dichiarazione diramata alla agenzie sulla questione Mose.
“Mi riprometto, di difendermi a tutto campo nelle sedi opportune con la serenità ed il convincimento che la mia posizione sarà interamente chiarita”.
Tra le tante però la telefonata da palazzo Grazioli non è arrivata, nè da quel cerchio magico con cui il fedelissimo dell’ex premier stava combattendo l’ennesima battaglia contro le primarie.
“Aspettiamo e vediamo” trapela dall’inner circle di Berlusconi. I messaggi pubblici sono al minimo sindacale.
Deborah Bergamini, responsabile comunicazione di Forza Italia, solo all’ora del tramonto dirama una nota per mettere in guardia dalla spettacolarizzazione delle inchieste e dire: “Siamo certi che Giancarlo Galan saprà dimostrare la sua estraneità ai fatti che gli vengono imputati”.
Altri tempi, le crociate contro i processi “mediatici”, la giustizia politicizzata, la raffica di dichiarazioni. Oggi nessuno mette la mano sul fuoco sulla innocenza dell’ex governatore.
Nell’era di Cesano Boscone, franano le antiche certezze garantiste. Non scatta quel riflesso che, di fronte a un qualsiasi atto della magistratura, prima si dava torto ai giudici, poi si leggevano le carte.
Scatta, al contrario, l’imbarazzo. E la paura.
Perchè Galan non è uno qualunque. Prima a Publitalia dalla fine degli anni Ottanta, poi in Forza Italia, è uno che ha passato gli ultimi trent’anni nel cuore dell’Impero berlusconiano.
Un fedelissimo, sempre al fianco del “presidente”. Due anni fa si candidò alle primarie contro Alfano per far saltare l’operazione, d’accordo con Berlusconi. Ora si è schierato contro Fitto.
Sconcertati, sotto shock, i fedelissimi di Berlusconi evitano di mettere la propria faccia sull’ennesima inchiesta.
Evitano i parlamentari che ne parlano sottovoce finita la seduta. “Aspettiamo e vediamo”, è la linea che il “cerchio magico” trasmette alle truppe.
Perchè è l’ora della grande paura sulla nuova Tangentopoli. E perchè le accuse sono enormi. E il retropensiero è che i magistrati non si sarebbero spinti a tanto se non avessero “qualcosa in mano”. Nessuno ci vuole credere, però l’accusa pare circostanziata: “La storia della ristrutturazione della villa, i milioni che avrebbe incassato come fosse uno stipendio. O i giudici sono matti, oppure…”.
Ma nel vuoto attorno a Galan c’è anche una svolta tutta politica, forse anche cinica come solo la politica sa essere.
In Forza Italia, nell’era dei servizi sociali a Cesano Boscone, c’è spazio per un solo Condannato. Tutto il resto è sacrificabile.
Berlusconi si è tenuto alla larga dal commentare su Dell’Utri, si è tenuto alla larga dall’affaire Scajola. Su Galan qualche parola di circostanza. “Non sovrapporre la faccia di Berlusconi a quella di altri casi giudiziari” è la nuova linea del cerchio magico, all’insegna di quel rinnovamento di cui parla Toti in tutte le lingue.
E ora nessuno sa cosa possa succedere: “1X2” dice chi è di casa a Grazioli. Il Pd si è diviso su Giorgio Orsoni. Cosà farà in Aula quando arriverà la richiesta di arresto è imprevedibile. Per qualcuno è prevedibilissimo, visto come si è comportato su Genovese, uno dei suoi. Appunto, è l’ora della grande paura.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 4th, 2014 Riccardo Fucile
ARMANDO DANELLA: “PRODI IMPOSE L’INIZIO DEI LAVORI, NONOSTANTE FOSSERO EMERSE TROPPE CRITICITA'”
È un fiume in piena Armando Danella, ex dirigente del Comune di Venezia e per vent’anni responsabile della Legge Speciale regionale del Veneto per la salvaguardia della laguna di Venezia.
La valanga che ha travolto gli appalti del Mose, il sistema di dighe mobili per la salvaguardia di Venezia, lui la stava aspettando da anni, almeno dal 2006.
E non perchè sia un ‘gufo’, per utilizzare il linguaggio renziano, ma perchè a lui il Mose puzzava di tangenti da allora, quando il governo Prodi interruppe la discussione del comitato per la tutela della laguna e decise unilateralmente di autorizzare l’avanzamento dell’opera, malgrado la valutazione di impatto ambientale negativa e il parere sfavorevole degli allora ministri dell’Ambiente e della Ricerca Scientifica, rispettivamente Alfonso Pecoraro Scanio e Fabio Mussi.
“Il punto — spiega Danella all’HuffPost — è molto semplice: nel corso delle riunioni del Comitatone, nel 2006, emersero chiaramente i punti deboli di un progetto già vecchio e vennero presentate delle alternative. Ma il governo Prodi scelse di non ascoltare, convocò un Cdm e impose l’autorizzazione a procedere con i lavori. Per me e altri esperti presenti, fu subito chiaro che c’era qualcosa sotto. Per questo presentammo anche un esposto alla Corte dei Conti, in cui affermavamo che la verità sul Mose andava cercata in quel periodo. Suggerimmo anche di imporre il sequestro preventivo sui conti bancari delle persone, sia tecnici che politici, che erano presenti a quelle riunioni. Perchè era irragionevole, di fronte alle evidenze presentate da professori come Luigi D’Alpaos, ordinario di Idraulica all’Università di Padova, non optare per soluzioni alternative”.
Danella ricorda che nel 2003, quando il Mose ricevette il primo via libera, non esistevano progetti alternativi.
“Allora l’approvazione fu comprensibile: non c’erano ancora molti studi, nè tantomeno un piano B. Ma nel 2006 il quadro era radicalmente cambiato: avevamo ricevuto delle segnalazioni sulla tenuta delle paratie e sull’effetto deleterio dell’ingessatura, prevista dal Mose, delle tre bocche da cui l’acqua marina entra in laguna. Alcuni studi hanno dimostrato che queste bocche non possono essere ingessate senza compromettere l’equilibrio lagunare. Dimostrammo che diminuendo la sezione della bocca del Lido (che ora è a 12 metri di profondità ) e facendola arrivare a 7, avremmo beneficiato la laguna”
Idraulici illustri si confrontarono: da una parte il professor D’Alpaos e altri esperti, dall’altra i tecnici del Consorzio Venezia Nuova.
“D’Alpaos dimostrò, prove alla mano, che il Mose non salvaguardava affatto la laguna di Venezia, e che la soluzione migliore prevedeva una riduzione di quelle sezioni. Ma a un certo punto il governo Prodi interruppe i lavori, convocò un Cdm e diede l’autorizzazione all’avanzamento dell’opera”.
All’epoca Danella collaborava direttamente con il sindaco Massimo Cacciari, che difatti votò contro l’apertura dei cantieri nel 2006.
Oggi l’ex dirigente ricorda le sensazioni di quei giorni: un mix di rabbia e stupore. “Le persone di scienza, di fronte a delle critiche argomentate, si fermano e le affrontano. Dovrebbe essere questo il modus operandi di un tecnico. Eppure in quel caso si scelse di non ascoltare. Si preferì non discutere e andare avanti a spada tratta. Ci vennero subito dei sospetti, poi rafforzati dai primi arresti due anni fa. Di qui la decisione di presentare la denuncia alla Corte dei Conti. Di solito non dispiace aver ragione, ma quando la verità inizia a emergere solo dopo 8 anni è tutta un’altra storia”.
(da “Huffingtonpost“)
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Giugno 4th, 2014 Riccardo Fucile
LO RIVELA UNO STUDIO DELL’ISTITUTO CATTANEO
Matteo Renzi è il primo leader del centrosinistra che traina elettoralmente il proprio partito: il suo contributo vale almeno il 6% dei voti in più.
Lo sostiene una ricerca dell’Istituto Cattaneo di Bologna che ha tracciato un parallelo fra i voti presi dai partiti alle elezioni comunali e quelli presi alle europee.
Il confronto è particolarmente interessante nella serie storica, reso possibile dal fatto che spesso, in contemporanea con le elezioni europee, si è andati al voto in molti Comuni importanti.
Si scopre così che, almeno nelle ultime due tornate europee (2004 e 2009), i partiti di centrosinistra andavano meglio alle comunali che alle europee, mentre l’andamento di Forza Italia era esattamente opposto.
Sintomo evidente, osserva Filippo Valbruzzi, ricercatore del Cattaneo che ha curato lo studio, che il centrosinistra non poteva fare affidamento sul valore aggiunto dei propri leader, mentre Forza Italia poteva contare sulla forza propulsiva della leadership di Berlusconi.
Dinamica che dieci giorni fa si è completamente ribaltata.
Nel 2009 lo scarto per il Pd tra voto europeo e voto comunale era negativo (-0,1%) nel 2014 lo scarto non solo è diventato positivo, ma è aumentato notevolmente (+5,8%).
“Se in passato era il partito dei sindaci a trainare il centrosinistra – osserva Valbruzzi – oggi è il partito dell’ex sindaco di Firenze a trascinare gli amministratori locali”.
La leadership berlusconiana, invece, sembra essersi appannata e decisamente ristretta: +1,3%, molto meno delle cifre più alte delle scorse stagioni.
Tuttavia, benchè in questo caso non siano possibili confronti, è la leadership di Beppe Grillo quella che più di ogni altra contribuisce al successo del proprio partito: la differenza fra europee e comunali, nel caso del M5S, è addirittura del 7,3%.
(da “Huffingtonpost“)
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Giugno 4th, 2014 Riccardo Fucile
EMOLUMENTI DA FAVOLA PER I BUROCRATI REGIONALI NONOSTANTE I NUOVI TETTI DI RETRIBUZIONE
L’intesa formalmente non c’è ma il presidente dell’Ars Giovanni Ardizzone, nel corso di una conferenza stampa, imprime un’accelerazione probabilmente decisiva alla trattativa sindacale.
Annunciando i nuovi tetti di retribuzione per i burocrati dell’Assemblea regionale siciliana. Il limite, per i consiglieri parlamentari, sarà quello di 240 mila euro lordi annui. A seguire gli stenografi (200 mila), i segretari (145 mila), i coadiutori (110 mila) e gli assistenti (92 mila euro).
“Sia per Cuffaro che per altri undici ex deputati è scattata la sospensione del vitalizio. Tra l’altro, questi uffici hanno avviato l’iter per la verifica dei requisiti già a febbraio”, ha detto il presidente Ardizzone nel corso della conferenza stampa confermando quanto anticipato nei giorni scorsi da Repubblica.
Cuffaro, attualmente in carcere, e gli altri titolari dei vitalizi sono stati condannati per reati contro la pubblica amministrazione. Le verifiche sono in corso, ma intanto sono scattate le procedure di sospensione.
Quanto al tetto degli stipendi, l’unica eccezione dovrebbe essere fatta per il segretario generale, la figura di vertice dell’amministrazione, che percepirebbe un’indennità speciale pari al dieci per cento dello stipendio del “semplice” consigliere parlamentare. Quest’intesa, se confermata, comporterà una sensibile riduzione dei compensi dei dipendenti dell’Assemblea, oggi equiparati a quelli del Senato.
Basti pensare che oggi, nell’organigramma dell’Ars, almeno una dozzina di superburocrati – il segretario generale, i tre vice, il datore di lavoro (cioè il gestore dei servizi tecnici), i nove direttori di servizio – stanno al di sopra, ben al di sopra, in qualche caso, del tetto massimo che si va a introdurre.
E nelle qualifiche più basse, riferiscono fonti sindacali, i tagli arriverebbero anche al 50 per cento, in considerazione del fatto che attualmente sulle buste paga pesano molto anzianità di servizio e altre indennità . E che le mensilità sono 15.
Ma se da un lato il presidente dell’Ars fa calare la scure sugli stipendi dei dipendenti per il futuro, dall’altro salva i grand commis più anziani e benestanti.
La proposta che si va a concretizzare, infatti, contiene una clausola di fuoriuscita: chi lascia l’amministrazione entro un anno mantiene il superstipendio e il “maturato contributivo”.
Significa che conserva pure il diritto a una pensione d’oro. Pare sia la norma grazie alla quale Ardizzone ha trovato il lasciapassare dei pezzi da novanta dell’amministrazione.
Rimane aperta la questione della trasparenza.
Da tempo, da più parti politiche, vengono richiesti all’amministrazione i dati sullo stipendio dell’attuale segretario generale Sebastiano Di Bella (che si aggirerebbe sui 500 mila euro lordi) e sulla pensione del suo predecessore, Giovanni Tomasello, andato in quiescenza nello scorso ottobre a 57 anni.
Quei dati, però, rimangono top secret, per una questione di privacy che fa a pugni con la doverosa pubblicità dell’impiego di risorse pubbliche.
“Bisogna prima di tutto rendere pubblici i trattamenti economici dei dirigenti e poi procedere subito a normalizzarli riportandoli nella media di quelli nazionali”, dice Claudio Barone (Uil).
Ma tant’è: poco alla volta, l’Ars si mette in linea con il generale clima.
Emanuele Lauria
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Giugno 4th, 2014 Riccardo Fucile
DIMISSIONARI SEGRETARIO DEL PARTITO E CAPOGRUPPO ALLA CAMERA
Scelta Civica, dopo il pessimo risultato del 25 maggio (in un anno e poco più il partito è passato dai 3 milioni di voti delle politiche ai meno di 200mila delle Europee), continua a perdere pezzi e si avvia verso un futuro incerto.
Dopo l’addio dato, prima del voto, dal presidente Alberto Bombassei, oggi è il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini ad annunciare le sue dimissioni dal ruolo di segretario del partito.
Sebbene respinte, il ministro le ha però confermate e rese irrevocabili.
A ruota si è dimesso dal ruolo di capogruppo alla Camera anche Andrea Romano, alfiere della collaborazione fattiva con il Pd di Renzi. E spiega le ragioni della sua scelta su Facebook.
La guida di una nave sul punto ormai di affondare è stata affidata a Renato Balduzzi, già vicepresidente vicario del partito.
A lui il delicato incarico di presentare, entro il 18 giugno, una o più proposte finalizzate all’organizzazione di un’assemblea che avrà il compito di verificare come dovrà continuare il progetto politico di Scelta Civica.
Il partito ormai è a un bivio e deve scegliere se confluire nel Pd o guardare al centrodestra di Alfano. Lo stesso fondatore Mario Monti ha detto senza tanti giri di parole che l’agenda Renzi è in linea con il suo programma.
La prima strada, che come abbiamo detto ha come promotore Andrea Romano, prevede una prospettiva di centrosinistra, di collaborazione fattiva con il Pd renziano.
Altri deputati di Scelta Civica, come Gianfranco Librandi, Andrea Causin e Pier Paolo Vargiu, sono tentati invece di confluire in Ncd, seguendo l’ appello lanciato dal coordinatore Gaetano Quagliariello.
(da “Huffngtonpost“)
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Giugno 4th, 2014 Riccardo Fucile
PERDERE CI STA, PERDERE MALAMENTE ANCHE, MA PERDERE LA BATTAGLIA CON IL RIDICOLO E’ DURA
Saranno anche parole antiche “base” e “vertici”, “elettorato” e “leadership”, uh, che vecchiume, tutto annullato da quel divertente ritornello che “uno vale uno” e che dunque una cosa che dice la signora Pina al verduraio ha lo stesso peso di quella che dice un segretario di partito, un capogruppo alla Camera o un tecnico che studia seriamente un problema.
Bello, divertente e vagamente edificante nella sua squillante utopia.
Peccato che non sia vero. Punto.
Così se sui social media rimbalzano balzanissime riflessioni sul conteggio delle Europee, conti che non tornano, mele sommate a pere, deliri percentuali e calcoli lisergici, uno può dire: bè, si sa, è la ben nota prevalenza del cretino.
Caso di scuola, una signorina che, indignatissima e fuiribonda, argomentava su Twitter — derisa dall’universo mondo — che avendo votato il 60 per cento degli italiani, le cifre non tornavano (solo Pd, più M5S, più Forza Italia, fanno il 78 per cento e passa, com’è possibile?).
Grasse risate, e dovrebbe finire lì.
Un po’ diversa è la questione se su quella lunghezza d’onda si mette il leader indiscusso, il capo supremo, il “megafono”, cioè Beppe Grillo.
Perdere ci sta. Perdere malamente anche. Perdere oltre le aspettative pure. Ma perdere la battaglia col ridicolo sempre in agguato è dura assai.
Eppure. Probabilmente i brogli elettorali esistono in natura. Altrettanto probabilmente esistono casi storici ed esempi.
Ma si tratta di una faccenda molto grave, che andrebbe argomentata prove alla mano. Invece il venticello di sospetto che spira dal blog di Grillo è piuttosto bislacco.
In poche parole si invoca una specie di “logica” che è una specie di sillogismo: noi dovevamo vincere, però abbiamo perso, quindi qualcuno ha barato.
Con contorno di divertenti allegati, come questo: “L’affluenza è stata circa del 60% e tenendo conto che gli elettori 5 Stelle per loro peculiarità vanno a votare, la perdita di 3 milioni di elettori è statisticamente molto improbabile”.
A garantire che ci sarebbe stato un broglio, dunque sono due cose: la “peculiarità ” (mah) e la statistica.
Che si ricordi è il primo caso al mondo in cui si dà più credito alle previsioni (sondaggi, exit-poll, mesmerismi, magia nera, lettura di fondi del caffè o interiora di pollo) che allo spoglio effettivo delle schede.
E il massimo del dadaismo elettorale si raggiunge quando (sempre in un post molto letto e commentato sul blog di Grillo) si portano presunte pezze d’appoggio.
Tra le quali dei misteriosi “Exit-poll italiani ufficiali (?, ndr) diffusi in Gran Bretagna negli ambienti della finanza” (ri-?, ndr).
Insomma, seguendo la logica, i risultati elettorali sarebbero “uno stupro alla logica” e forse addirittura truccati perchè ambienti della finanza in Gran Bretagna davano cifre diverse.
Si ammetterà che l’idea è parecchio balzana.
Può essere che dietro cotanto ardire ci sia una acutissima strategia, al momento imperscrutabile. Tipo per esempio mostrare l’avversario (il Pd) molto più subdolo, organizzato, diabolico, abile e disonesto di quello che è.
Va bene: un modo come un altro per ricompattare e motivare l’esercito sconfitto. Peccato che a una buona parte dell’esercito sconfitto queste motivazioni insinuino ancor più il dubbio e facciano un po’ cadere le braccia.
Alla fine, riassumendo, la spiegazione dei possibili brogli sta tutta lì: “Dannazione, abbiamo perso quando la logica diceva che avremmo vinto”.
Un po’ poco per basarci una denuncia sensata, e anche la “logica” avrebbe da ridire.
Alessandro Robecchi
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Giugno 4th, 2014 Riccardo Fucile
IL GOVERNATORE PD BURLANDO CRITICATO DURAMENTE DAI LAVORATORI IN LOTTA: “VAI ALL’INCONTRO AL MINISTERO DOVE SI DECIDE IL NOSTRO FUTURO SU UN MEZZO MESSO A DISPOSIZIONE DAI PROPRIETARI DELL’AZIENDA?”
Quando la tensione è altissima, anche la forma è sostanza.
L’incontro sulla Piaggio sta iniziando al ministero dell’industria, mentre scoppia già la prima polemica perchè il presidente della Regione Claudio Burlando è andato a Roma, all’incontro, sull’aereo dei vertici aziendali.
“Per noi lavoratori Piaggio Aero di Genova è una giornata di grande apprensione – dicono i lavoratori in un comunicato – molto probabilmente, il vertice al MISE sulla nostra vertenza produrrà un esito. Non sappiamo nulla sul nostro futuro, che è attualmente nelle mani di altre persone. La situazione è estremamente delicata. L’atmosfera dentro lo stabilimento di Sestri Ponente è simile a quella che si vivrebbe restando all’interno di una cristalliera piena di calici, in attesa di una scossa tellurica.”
Per questo i lavoratori si dicono “allibiti, arrabbiati, delusi e contrariati nell’assistere al viaggio verso Roma del Presidente della Giunta Regionale Claudio Burlando, all’interno di un nostro P180, in compagnia dei vertici della Piaggio.”
“Intanto una nostra delegazione di comuni mortali come noi, insieme ai segretari sindacali, sta viaggiando verso Roma, lungo l’autostrada, con il fiato sospeso – conclude la lettera aperta – è inutile ormai domandare un minimo di rispetto ed almeno una parvenza di correttezza, in questo mondo di ciniche slot machine politicamente taroccate che insistiamo a definire industrie”.
(da “La Repubblica”)
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Giugno 4th, 2014 Riccardo Fucile
RECLUTATO IN PUBLITALIA, PADRE FONDATORE DEL PARTITO, PIU’ VOLTE MINISTRO, PRESIDENTE DELLA REGIONE VENETO… SEMPRE POCO “ORTODOSSO” RISPETTO ALLA LINEA BERLUSCONIANA
“Marcello mi vede e mi fa: ‘Ti stavo aspettando’. A me! Rinunciai al contratto all’Efim da 40 milioni l’anno e accettai di andare a Publitalia per 19 milioni e 200 mila lire lorde l’anno. Un milione e due al mese. E ne pagavo 700 mila d’affitto per un buco davanti a San Vittore”.
Era giovane, allora, Giancarlo Galan, ma Marcello Dell’Utri intravide immediatamente in quel giovanotto dall’imponente statura fisica e dall’altrettanto importante appetito, l’uomo giusto da far crescere al suo fianco nell’azienda di Berlusconi e in vista di più alti incarichi.
E, infatti, Galan, con quell’aria da buontempone sempre pronto a spassarsela, dalla battuta pronta e mai banale, fece breccia immediata nel cuore di un Cavaliere pronto alla discesa in campo politica.
Era il 1993, sei anni dopo il primo incontro con Dell’Utri. E lo stipendio di Galan era nel frattempo lievitato in modo impressionante, dai 19 milioni iniziali ai 416 di quel momento.
Quando, cioè, Silvio Berlusconi in persona gli chiese di aiutarlo ad fondare un partito politico partendo dalla struttura aziendale del Biscione. “Fu come se me lo avesse chiesto il Messia”, racconterà in seguito Galan.
Nacque Forza Italia. E la politica non fu più la stessa.
Ne ha fatta di strada Giancarlo Galan prima di arrivare, quasi in contemporanea con alcuni suoi sodali degli esordi, alla richiesta di arresto della Procura di Venezia per sospetta corruzione nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti per la costruzione del Mose.
Per chi lo conosce, però, un suo coinvolgimento così stretto con l’inchiesta è stata una sorpresa, soprattutto per quel suo essere fuori dagli schemi, “sono iperliberale e iperindividualista”, ha sempre detto di sè, che lo rendeva difficilmente omologabile ai costumi berlusconiani in molte materie, specie quelle giudiziarie.
Invece. Il Cavaliere, d’altra parte, ha sempre avuto grande stima di lui, dei suoi modi affabili da gentiluomo veneto e malgrado la sua autonomia di pensiero che lo ha sempre reso scomodo e piuttosto ingestibile.
Galan, infatti, è stato parlamentare forzista in pratica senza soluzione di continuità dal ’94 ad oggi e più volte ministro dei governi Berlusconi, Politiche Agricole e Beni Culturali, fino alla Presidenza della Regione Veneto.
I segreto di tanto successo? “Aver sempre fatto come gli orsi: stare dove saltano i salmoni e cogliere le occasioni”.
Le similitudini con l’ambiente marino e acquatico sono un’altra peculiarità dell’uomo, appassionato di pesca d’altura (che ha sempre praticato con invidiabile successo), che lo hanno portato anche a definirsi “un tonno”, genere di pesce tra i pochi che ama la vita solitaria e conduce un’esistenza “fuori dagli schemi”.
Per dire: dopo essere diventato Presidente del Veneto, cominciò a battagliare con Roma, più in stile leghista che berlusconiano, arrivando al punto di mandare a dire, all’allora presidente Scalfaro, di non farsi vedere dalle parti di Venezia perchè “non è il benvenuto”.
E’ uno che attacca briga, insomma, Galan. A parte avercela avuta sempre parecchio con Roma, vista come Capitale di ogni nefandezza e inefficienza, l’ex governatore ha sempre litigato ferocemente con Massimo Cacciari e con alcuni colleghi di Forza Italia, come il presidente della Provincia di Padova, Vittorio Casarin, sempre forzista, che lo querelò per alcune battute scritte nel libro “Il Nordest sono io” (Marsilio, pubblicato nel 2008 con Paolo Possamai).
E quando, poi, il Pdl si è diviso in “falchi” berlusconiani e “colombe” alfaniane, si è schierato con i primi, consigliando ai “traditori” un viaggio in Antartide: “A loro, trascorrere qualche giorno con i pinguini, che sono animali fiduciosi, farebbe molto bene”.
Non solo: dentro Forza Italia ha sempre colto l’occasione di marcare la distanza da alcuni colleghi come Giovanardi e Rotondi, dai cui lo distanziano anni luce sul fronte dei temi etici e delle leggi sociali.
Quando, nel febbraio 2014, la Corte costituzionale ha bocciato la legge Fini-Giovanardi sul traffico e il consumo di stupefacenti, in barba all’alzata di scudi di quasi tutto il suo partito, lui se n’è uscito così: “Basta con il proibizionismo, bisogna ristabilire la differenza tra droghe pesanti e leggere”.
Sui gay, per dire, arrivò a smentire pure il Cavaliere in persona che se n’era uscito con l’intemerata “gli omosessuali stanno tutti dall’altra parte”, intendendo, ovviamente, a sinistra.
E Galan, in modo quasi poetico, lo “redarguì” così, citando Auden: “I boschi sono tutti verdi e lustri ai lati del binario, anche gli alberi hanno i loro amori, pur diversi dal mio”.
Una laicità e un’apertura che, certo, Galan deve ai suoi esordi politici, quando ancora ragazzo cominciò a frequentare la microcorrente centrista-patuelliana del microscopico (allora come sempre) partito Liberale che dava guerra alle micro-fazioni della sinistra tecnocratica di Zanone e della destra di Sterpa.
“Quando fecero fuori Alfredo Biondi — raccontò nel suo libro — restai così disgustato che chiusi. E per dieci anni non aprii più una sola volta le pagine di politica”.
Poi, certo, ci è ricascato, grazie a Berlusconi e, soprattutto, a Marcello Dell’Utri.
Con il quale, da oggi, ha una cosa in comune in più della nostalgia per “i bei tempi di Forza Italia…”.
Sara Nicoli
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 4th, 2014 Riccardo Fucile
AL SINDACO ORSONI (PD) CONTESTATO IL FINANZIAMENTO ILLECITO AI PARTITI
Terremoto giudiziario a Venezia.
L’inchiesta sugli appalti del Mose, il sistema di dighe mobili per la salvaguardia di Venezia, approda alle alte vette della politica e del management che fa capo alle società che partecipano alla realizzazione dell’operan una delle grandi opere indicate dalla Legge Obiettivo.
GLI ARRESTI
Venticinque persone sono in carcere, 10 ai domiciliari, due sono colpite dagli stessi provvedimenti ma si tratta di parlamentari e quindi ci vuole l’autorizzazione specifica. Questi ultimi sarebbero l’ex governatore del Veneto Giancarlo Galan, di Forza Italia e l’ex europarlamentare non rieletta dello stesso partito, Lia Sartori.
Ai domiciliari, tra gli altri, anche il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, Pd, coinvolto con l’accusa di finanzamento illecito di partito.
IL BLITZ
Un terremoto che covava dal 2009 quando iniziarono le indagini della Finanza con accertamenti fiscali nell’ambito delle società collegate al Consorzio Venezia Nuova. Lo scorso anno il primo arresto eccellente, quello di Piergiorgio Baita, ad della Mantovani Costruzioni, colosso del settore che partecipava ai lavori del Mose e che oggi è presente anche tra le aziende per l’Expo di Milano. Pochi mesi dopo, finì in manette l’ingegner Giovanni Mazzacurati, presidente del Consorzio Venezia Nuova, considerato il «padre» del Mose. ( All’alba, 300 finanzieri hanno eseguito i 35 arresti e operato sequestri di beni per 40 milioni di euro con un blitz che ha gelato la città lagunare.
FATTURE FALSE
Alla base dell’indagine ci sono triangolazioni di denaro attraverso false fatture maggiorate per un totale accertato di 25 milioni .
Il procuratore capo Luigi Delpino ha spiegato che «è venuto alla luce un sistema ben radicato di illegalità ad un certo livello». Il procuratore aggiunto Carlo Nordio ha aggiunto: «Paragonabile alla vecchia Tangentopoli, ma più complessa e sofisticata». Le indagini hanno evidenziato un giro di sovrafatturazioni false da parte di società create ad hoc in Svizzera e a San Marino per rastrellare fondi neri che servivano poi per oliare politici e funzionari ad alti livelli.
Sono appena iniziate anche le verifiche fiscali con la scoperta di circa 15 milioni evasi da tre società , ma si tratta dell’inizio. Le indagini proseguono, ma il sistema illegale è stato letteralmente decapitato: «Abbiamo prove ben documentate – ha assicurato il procuratore Nordio – per questo i provvedimenti sono risultati tanto severi».
IL RUOLO DI ORSONI E GALAN
Il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, è stato arrestato e posto ai domiciliari, per l’accusa di finanziamento illecito relativa alla sua campagna elettorale per le comunali del 2010. «E’ doveroso precisare che al sindaco di Venezia Giorgio Orsoni non è stato contestato il reato di corruzione. E’ indagato, invece, per finanziamento illecito ai partiti», ha puntualizzato il procuratore aggiunto di Venezia Carlo Nordio nel corso della conferenza stampa.
L’altro indagato eccellente è Giarcarlo Galan, ex governatore del Veneto ed ex ministro con Berlusconi e ora deputato (e non senatore come scritto precedentemente). La Procura ha chiesto l’arresto. È accustato di aver ricevuto fondi illeciti per almeno 800mila euro dal Consorzio Venezia Nuova (Cvn).
Lui non commenta: «È a Roma e non ha potuto ancora vedere le carte», spiega l’avvocato. Sono stati portati in carcere invece l’assessore regionale alla Mobilità e alla Legge speciale per Venezia, Renato Chisso, il generale in pensione della Gdf, Spaziante Emilio e l’ad di Palladio Finanziaria, Roberto Meneguzzo.
Le dazioni, da fondi neri realizzati dal Consorzio e dalle società che agivano in esso, risalirebbero agli anni tra il 2005 e il 2008 e il 2012
(da “La Stampa”)
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