Giugno 2nd, 2014 Riccardo Fucile
TUTTO UN CRESCENDO: “GRAZIE”, “ABBIAMO PERSO”, “PRENDETECI IN GIRO”, “E’ COLPA DEGLI ANZIANI”, “ABBIAMO VINTO”, “CI SONO STATI BROGLI”, “SCHEDE PRECOMPILATE”
Dovevano, nell’ordine: stravincere le elezioni europee, marciare su Roma, circondare il Quirinale e spedire Napolitano all’ospizio, cacciare Renzi e la Merkel, aprire l’europarlamento “come una scatoletta di wurstel”, vivisezionare Dudù, processare pubblicamente imprenditori, politici e giornalisti, per poi prendere finalmente il potere.
Ma al Movimento 5 Stelle restano solamente i cocci di una gigantesca delusione elettorale. Tre milioni di voti persi in un anno, doppiati dalle percentuali dell’“ebetino” di Firenze e costretti a subire gli sfottò di milioni di cittadini.
Se in una prima fase sembrava che Beppe Grillo avesse preso il risultato elettorale con sportività , puntando su Maalox, ironia ed autocritica, ad una settimana dal voto già ci ritroviamo in pieno psicodramma a 5 Stelle.
Si è passati dal “giusto, abbiamo stra-perso, prendeteci pure in giro”, alla denuncia di brogli e complotti di ogni sorta.
Abbiamo quindi deciso di ripercorrere la via crucis post-elettorale del Movimento 5 Stelle soci attraverso le dichiarazioni dei protagonisti, a partire da quelle del loro leader.
Il 26 maggio, a poche ore dal tracollo elettorale del Movimento 5 Stelle, Grillo ringrazia gli elettori, con tanto di poesia di Kipling allegata:
“Grazie ai 5.804.810 italiani che hanno votato il MoVimento 5 Stelle”.
“Se riesci a non perdere la testa quando tutti intorno a te
la perdono e ti mettono sotto accusa.
Se riesci ad avere fiducia in te stesso
quando tutti dubitano di te,
ma a tenere nel giusto conto il loro dubitare (…)”
Subito dopo, sempre il 26 maggio, in un video diffuso attraverso il blog il leader pentastellato sembra accettare la sconfitta: fa un po’ di autoironia e tira in ballo gli elettori anziani, colpevoli di non aver votato 5 stelle.
“Adesso ci state prendendo in giro. Vi capisco. Mettete proprio il coltello nella piaga. Abbiamo perso. Non è una sconfitta, siamo andati oltre la sconfitta. #vinciamonoi, sì #VinciamoPoi. Forse quest’Italia è formata da generazioni di pensionati che forse non hanno voglia di cambiare, di pensare un po’ ai loro nipoti, ai loro figli, ma preferiscono stare così. Son dei numeri che non si aspettava nessuno, però noi siamo lì, siamo il primo movimento italiano, il secondo partito. (…) Ora Casaleggio è in analisi per capire perchè si è messo il cappellino e poi tutti insieme vedremo che cosa fare. State tranquilli, dai, vin… vinciam… Vincono loro. Vincono loro, ma è meraviglioso lo stesso. Intanto io mi prendo un maalox, non si sa mai. Casaleggio, c’è il maalox anche per te, vieni qua!”.
Due giorni dopo, il 28 maggio, come per magia la netta sconfitta si trasforma in una sorta di successo. Sempre da Beppegrillo.it:
“Non vi resta che piangere. Dopo le autoflagellazioni, le richieste di autocritica, il maalox, le dimissioni chieste a Grillo, forse è il caso di cercare un minimo di obiettività e di realismo nel valutare il risultato elettorale. (…) La nostra affermazione, anche se non possiamo nascondere che volevamo arrivare prima del PD, è stata trasformata in una sconfitta storica, una Caporetto, una Waterloo. Ma quanto vino (scadente) bevono prima di scrivere? (…) La maggioranza relativa degli italiani che hanno tra 18 e 29 anni vota M5S. E’ solo una questione di tempo. Poi tutto cambierà e ai partiti e ai loro media asserviti non resterà che piangere”.
In rete continuano a girare le dichiarazioni pre-elettorali di Grillo: “Su una cosa non ho dubbi: o vinciamo, o stavolta davvero me ne vado a casa. E non scherzo” (Ansa, 3 aprile 2014).
Ma sul blog ecco giungere in soccorso il saggista Aldo Giannuli (29 maggio): “Si stanno levando molte voci che chiedono le “dimissioni” di Beppe Grillo, anche in questo blog ci sono interventi che vanno in questo senso e qualche autorevole amico me lo ha scritto in una mail privata. Tutti, più o meno, ricordano la frase con cui Grillo diceva che si sarebbe ritirato se non avesse “vinto”. Bene, allora discutiamone. In primo luogo: dimettersi da cosa? (…)”.
“Se perdiamo le elezioni non ho assolutamente più voglia di continuare. Ma io voglio la prova. Voglio sentire gli italiani”. Queste le parole di Beppe Grillo lo scorso ottobre in una conferenza stampa al Senato. Il leader del Movimento 5 Stelle aveva poi aggiunto, riferendosi a possibili elezioni politiche: “Noi vogliamo rifare lo stato italiano, vogliamo andare al voto il prima possibile”
Ed eccoci al 2 giugno: sul blog di Grillo viene rilanciata la teoria del broglio, con post di “Informare x Resistere”, “La Rete non perdona” ed “E-iglesias”.
Ovviamente, di prove, nemmeno l’ombra:
(…) Con l’ausilio dei moderni mass media, oggi il “divide et impera” viene realizzato in modo assai efficace e mirato, in numerose modalità , sia dirette che indirette. Tra quelle indirette vi è un metodo di cui poco si parla, ma che riflettendoci potrebbe essere tra le principali cause di divisione tra cittadini. Si tratta del broglio elettorale. (…) Con la chiusura degli spogli e la percentuale fantomatica del 41% al PD il sospetto di brogli è ragionevole. In una giornata come quella di ieri dove l’affluenza alle urne è stata circa del 60% e tenendo conto che gli elettori 5 Stelle per loro peculiarità vanno a votare, la perdita di 3 milioni di elettori è statisticamente molto improbabile. (…) Lo stesso entourage del PD ha ammesso l’inaspettato ed iperbolico risultato ottenuto, che mai si sarebbero immaginati. (…) La sinistra europea secondo gli ultimi risultati è stata quasi azzerata in queste elezioni. In controcorrente rispetto al quadro politico europeo ci sarebbe invece l’Italia, mosca bianca che secondo quanto risulta al voto darebbe un 41% al PD guidato da uno yes-man ai piedi della Merkel e dell’Europa. Francamente si deve compiere uno stupro alla logica per credere a questo. (…) Senza un meccanismo di elezione anti-broglio le elezioni non hanno più senso (…).
Wil NonLeggerlo
(da “L’Espresso“)
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Giugno 2nd, 2014 Riccardo Fucile
IL LEADER LUCKE: “NON HO MOLTO DA SPARTIRE CON LORO, NOI SIAMO UNA FORZA SERIA”
La prossima settimana Beppe Grillo potrebbe incontrare i rappresentanti del partito Alternativa per la Germania (Alternative fà¼r Deutschland) in vista della formazione di un gruppo europarlamentare a Bruxelles.
“Altri partiti hanno chiesto formalmente un incontro — si legge sul blog del leader M5S — tra questi Alternativa per la Germania, che Grillo dovrebbe incontrare la prossima settimana”.
Ma arriva subito la smentita di Ulrike Trebesius, eurodeputata tedesca di AfD: “Non è previsto alcun incontro con Beppe Grillo e il Movimento 5 Stelle”, ha dichiarato, “mercoledì prossimo ci vedremo noi 7 eletti di AfD per discutere le strategie. Finora non ci sono stati contatti con italiani”, ha aggiunto.
Il leader di AfD, Bernd Lucke, aveva definito l’M5S un ‘partito di comici’: “Non ho molto a che spartire con Grillo, noi siamo una forza seria”
Alle Europee Afd, formazione euroscettica, ha ottenuto poco più di due milioni di voti (7%), ovvero 7 seggi nell’Europarlamento.
Intanto non si placano le polemiche sulla possibile alleanza con Nigel Farage, leader dell’Ukip.
Ai dubbi di Dario Fo, sul palco con Grillo a Piazza del Duomo per sostenere la campagna elettorale del M5S, si sono poi aggiunte le forti dichiarazioni di Fernando Imposimato, presente a San Giovanni nel giorno del comizio di chiusura.
Secondo il giudice emerito della Cassazione, infatti, “Farage è un pazzo scatenato, la quintessenza del razzismo e del nazionalismo. Il Movimento 5 Stelle deve stare lontano da questo signore”.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Giugno 2nd, 2014 Riccardo Fucile
“FARAGE HA VALORI DIVERSI, VIENE DALLA DESTRA PROFONDA”
“Io mi fido della capacità di analisi di Grillo e Casaleggio. Però ricordo che Farage ha valori diversi, viene dalla destra profonda. Chi si avvicina al movimento è attratto dalla sincerità , dall’onestà , da atteggiamenti e scelte positive, non vale lo stesso per l’Ukip”.
Dario Fo avverte Beppe Grillo: “Stai attento all’alleanza con Farage – dice in un’intervista al Fatto Quotidiano -. C’entra poco con i 5 stelle”.
Dario Fo, è prudente ma perplesso. “Non basta parlare con una persona – dice -. Non basta un pranzo. Sapessi quante volte io sono stato ingannato. Devi essere prudente prima di allearti con Farage”.
Si legge sul Fatto Quotidiano.
Dario Fo lei non sembra convinto dell’alleanza Grillo-Farage. Ma neanche pregiudizialmente contrario…
Credo che per dare un’opinione seria e onesta occorra essere informati. E pochi di noi sanno davvero chi è Nigel Farage. Leggendo i giornali ho notato un’acredine violenta nei suoi confronti.
Lei esprime cautela verso Farage, ma non ostilità ?
“Non è un’analisi facile. Non vorrei poi avere ripensamenti o risentimento nei confronti di quell’uomo. Credo che Grillo non faccia analisi a caso. Lo conosco bene”.
In che cosa l’Ukip e M5s le sembrano distanti?
“Nell’elettorato e nelle sue aspirazioni: il M5s è stato scelto prevalentemente dai giovani, mentre l’Ukip è votato soprattutto dai cinquantenni. Il Movimento poi è sempre stato segnato da uno spirito di apertura, di sguardo diverso verso il futuro, mentre l’Ukip preferisce la chiusura, dei confini prima di tutto. Il M5s è contro questa Europa, nel senso anche di voler andare oltre, di fare perfino di più. Gli inglesi invece vogliono uscirne e basta”.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 2nd, 2014 Riccardo Fucile
CONCESSO PIU’ TEMPO PER IL PAREGGIO DI BILANCIO, MA RICHIESTA UNA MIGLIORE GESTIONE DEI FONDI E UNA MODIFICA DEL CARICO FISCALE…RIMANGONO I PROBLEMI DI SEMPRE, NON BASTANO LE CHIACCHIERE
La buona notizia è che, all’ultimo momento, è saltata la secca bocciatura dei tempi supplementari per correggere il debito chiesto dall’Italia all’Europa.
Quella cattiva è che le raccomandazioni che la Commissione propone di dare a Roma chiedono di «rinforzare le misure di bilancio per il 2014 alla luce del gap che emerge nei confronti degli obiettivi di riduzione del debito».
Con un tocco amaro in più: «considerando», sottolineano, che servono «sforzi aggiuntivi» per correggere la deviazione dagli obiettivi di equilibrio, 0,6 punti di Pil, dunque 9 miliardi di euro. In sintesi vuol dire che l’Italia è lontana dal traguardo, ma anche che la partita si può ancora giocare.
Fosse passata la prima stesura, sarebbe stata tragicamente chiusa.
«E’ necessario garantire una migliore gestione dei fondi Ue con un’azione risoluta di miglioramento della capacità di amministrazione, della trasparenza, della valutazione e del controllo di qualità a livello regionale specialmente nelle Regioni del Mezzogiorno», è una delle indicazioni in particolare contenute nel rapporto.
«L’Italia – si legge ancora nelle raccomandazioni – deve trasferire ulteriormente il carico fiscale dai fattori produttivi ai consumi, ai beni immobili e all’ambiente, nel rispetto degli obiettivi di bilancio».
La Commissione Ue invita poi a rafforzare il sistema bancario, «garantendone la capacità di gestire e liquidare le attività deteriorate per rinvigorire l’erogazione di prestiti all’economia reale; promuovere l’accesso delle imprese, soprattutto di quelle di piccole e medie dimensioni, ai finanziamenti non bancari; continuare a promuovere e monitorare pratiche efficienti di governo societario in tutto il settore bancario, con particolare attenzione alle grandi banche cooperative (banche popolari) e alle fondazioni, al fine di migliorare l’efficacia dell’intermediazione finanziaria».
Il primo ammonimento dell’Ue riguarda il 2015: «Il raggiungimento degli obiettivi di bilancio non è totalmente suffragato da misure sufficientemente dettagliate, soprattutto dal 2015».
E si ribadisce l’appello a centrare i benchmark di riduzione del debito previsti dalla governance Ue.
La valutazione politica offre invece un apprezzamento per il cantiere delle riforme aperto dall’Italia, la cui intensità però «va aumentata per sostenere la crescita e l’occupazione».
C’è poi un incoraggiamento ad avanzare con fermezza sulla strada virtuosa tracciata dal governo, ma anche l’ammissione che i conti si fanno solo alla fine del gioco.
Il successo politico alle europee del premier Renzi, si sottolinea, ha creato migliori condizioni di stabilità potenziale, eppure a Bruxelles resta il timore che in parlamento qualcosa possa andare storto. Certo si guarda a Roma con maggior ottimismo.
Però le regole sono le regole.
Il dato di fatto è che l’Italia deve avere un pareggio di bilancio o quasi.
In altre parole, il deficit strutturale (cioè al netto di congiuntura e una tantum) non deve superare lo 0,5% del Pil.
La Commissione stima che si sia oltre l’1%, e che la frenata debba essere dello 0,7% del Pil, al posto dello 0,1 previsto a Roma, pena una procedura dolorosa per la nostra immagine di superdebitori. Il tutto deve avvenire mantenendo il deficit sotto il 3% del prodotto, cosa che si sta avverando, visto che secondo Bruxelles nel 2014 saremo allo 2,6%. Lo 0,4% di fabbisogno a nostro vantaggio potrebbe essere oggetto di una trattativa costruttiva per maggiori margini di spesa pro crescita.
Bruxelles torna poi a puntare il dito sulla trasparenza del mercato creditizio, sulla necessità di riequilibrare il carico fiscale sul lavoro (avviata), sul dramma occupazionale da contenere (con Jobs Act), sull’apertura incompleta dei mercati dei servizi (in particolare della pubblica amministrazione), sulla Giustizia civile ancora lenta e scoraggiante per gli investimenti, sulla lotta all’evasione da rafforzare ulteriormente, sul sistema scolastico che richiede maggior cura, sulle reti da sviluppare e l’autorità dei Trasporti da lanciare sul serio.
Sono grosso modo le stesse cose dello scorso anno, la sintesi dei problemi di un Paese che non cresce da due decenni.
Marco Zatterin
(da “La Stampa“)
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Giugno 2nd, 2014 Riccardo Fucile
AL FESTIVAL DELL’ECONOMIA DI TRENTO IL PREMIER SI INVENTA L’EFFICIENZA DELLO STATO: “GHE PENSI MI”
Un decreto “sblocca Italia”, la legge elettorale, il ribaltamento delle politiche europee, la nomina del commissario mancante della Consob, l’autorità che vigila sulla Borsa, e la riforma della giustizia civile.
Il Matteo Renzi che arriva sul palco del Festival dell’Economia di Trento è un’altra persona rispetto al leader affaticato, con qualche capello bianco recente e con camice che gli stringono perchè non ha il tempo di rifare il guardaroba dopo essere ingrassato per lo stress, che soffriva guardando i sondaggi una settimana fa.
Dopo il 40,8 per cento del Pd alle europee Renzi sembra perfino più magro, camicia e jeans, entusiasta come non era da mesi.
Il coordinatore scientifico del Festival, Tito Boeri, gli sottopone una lista infinita di domande riassumibili così: che farà ora con questo successo?
Il direttore del Tg di La7, Enrico Mentana, conduce l’intervista, ma Renzi sembra pronto a parlare da solo per ore, ha un ritmo e uno spirito che in campagna elettorale aveva sacrificato al tono da comizio.
E’ chiaro che si considera assolto dal peccato originale: la conquista di palazzo Chigi senza elezioni.
Renzi ora sente di potersi permettere tutto.
Sfida i sindacati che hanno deciso lo sciopero della Rai dopo il taglio di 150 milioni di euro ai trasferimenti statali: “Scioperino pure, se lo avessero fatto nella settimana delle elezioni avrei preso il 42,8 per cento invece del 40,8”.
Gli annunci sono il cardine del renzismo.
Quello pensato per i giornali di oggi è “sblocca Italia”: un decreto da approvare entro luglio in base al quale “i comuni hanno 15 giorni per comunicare dove ci sono interventi bloccati, o investimenti bloccati per interventi pronti a partire, ce li comunichino. Noi creeremo una struttura tecnica per sbloccarli”.
Hai un problema con una sovrintendenza per i beni culturali o altra burocrazia? Chiama palazzo Chigi e Renzi te lo risolverà .
Tanto ora, con il 40,8 per cento, può tutto. Anche affrontare missioni all’apparenza suicide come il rilancio dell’Italicum, la legge elettorale che sembra impossibile da approvare ora che il Pd ha una maggioranza così schiacciante (Forza Italia e Cinque stelle non hanno più incentivi ad approvare un sistema col ballottaggio): “Credo che chiuderemo su questa riforma” e poi, giusto per complicare l’agenda, “in settimana ripartiremo con le riforme costituzionali inclusa quello del titolo quinto”, cioè della divisione delle competenze tra Stato ed enti locali.
E poi il Senato, con l’evoluzione in camera delle autonomie territoriali che si era un po’ arenata in campagna elettorale.
Subito il capo dello Stato Giorgio Napolitano offre la benedizione presidenziale al nuovo corso renziano: “Questa necessità di stabilità , che ho sempre richiamato, è stata largamente compresa dagli italiani”, e la stabilità è la condizione per le “riforme strutturali”.
Dopo il voto della settimana scorsa “l’Italia può parlare a voce alta in Europa e contribuire a cambiarne le istituzioni e le politiche”, dice il presidente nel messaggio per il 2 giugno che diventa un super-spot per Renzi..
L’Europa oggi può portare però cattive sorprese: arrivano le raccomandazioni “country specific”, cioè Paese per paese, della Commissione.
Renzi sa già cosa aspettarsi: ci sarà un plauso per l’impulso alle riforme e una serie di richieste difficili, come quella di rendere permanente il bonus degli 80 euro ma finanziato da coperture stabili (tagli di spesa veri, non una tantum), valutare l’impatto della riforma Fornero sul mercato del lavoro e, se necessario, intervenire ancora sull’articolo 18.
E soprattutto la questione debito: il governo Renzi, come quello Letta, si è rifiutato di applicare la riduzione prevista per il 2014 al deficit strutturale (circa 4 miliardi), di conseguenza il pareggio strutturale di bilancio, cioè al netto degli effetti della recessione, è slittato dal 2015 al 2016.
La Commissione non potrà far finta di niente, ma secondo Renzi c’è una “irripetibile congiunzione astrale” che ha tolto credibilità al rigore estremo sui conti.
Ma oggi la voce della Commissione sull’economia è di nuovo quella del rigido finlandese Olli Rehn che si era messo in aspettativa nelle ultime settimane per fare campagna elettorale come candidato dei liberali dell’Alde all’Europarlamento.
È stato eletto e ora deve scegliere tra le due cariche, deputato o commissario in scadenza, ma ha tempo fino a giugno e non perde l’occasione per l’ultima predica all’Italia.
Eppure non pare più essere tempo per battaglie sugli zero virgola.
Anche perchè con il 40,8 per cento del Pd Renzi si sente — a ragione — al centro della scena europea post-elettorale, è deciso a pesare sulle nomine:
“Per la presidenza della Commissione quello di Jean Claude Juncker è un nome, non ‘il’ nome, il Ppe ha vinto le elezioni ma non ha ottenuto la maggioranza assoluta”. Tradotto: il candidato dei conservatori, che ha ottenuto il poco convinto appoggio di Angela Merkel ma anche l’ostilità della Gran Bretagna di David Cameron, difficilmente guiderà il nuovo esecutivo comunitario.
Renzi si muove nel negoziato sulla presidenza anche per avere più potere contrattuale nella scelta dei commissari: dal suo discorso si capisce che a palazzo Chigi puntano a portafogli di peso come la Politica estera, l’Energia, l’Agricoltura.
In prima fila nella platea di Trento c’è l’amministratore delegato di Fiat Chrysler, Sergio Marchionne, molto soddisfatto: “L’agenda di Renzi è l’unica possibile”. Il premier non avrebbe potuto trovare una sintesi più efficace.
Stefano Feltri
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Giugno 2nd, 2014 Riccardo Fucile
BERLUSCONI GELIDO: “SI AUTO-EMARGINA”… L’EX MINISTRO PREPARA UN TOUR AL SUD
I ras del cerchio magico non sopportano Raffaele Fitto.
Ormai è una questione di pelle, si irritano anche solo ad ascoltarlo in tv: «Ma avete visto come parla? — ha ironizzato Francesca Pascale con i compagni di corrente — E quello sguardo fisso in camera? Pure l’accento, troppo marcato…».
Dettagli, ma raccontano di uno scontro che vive di sgambetti e colpi bassi.
Silvio Berlusconi, a scanso di equivoci, ha già deciso: «Raffaele si sta emarginando da solo». Nulla di meno vero, perchè il big pugliese prepara un tour che nelle prossime settimane lo condurrà in giro per l’Italia.
Batterà soprattutto il Meridione, si spenderà in una prova di forza necessaria a far germogliare le 283 mila preferenze strappate alle Europee.
Nel frattempo ribatte a ogni accusa: «Colpo su colpo»
Chi circonda il Cavaliere lavora per far saltare i nervi all’ex governatore pugliese.
Ieri ci ha provato Paolo Romani: «Le primarie sono ancora premature ha detto il capogruppo azzurro al Senato — Mi auguro che Fitto rimanga e non faccia come Alfano ». Un parallelo irriverente, considerati i pessimi rapporti tra l’eurodeputato e il ministro dell’Interno.
La replica di Fitto non si è fatta attendere: «Spaccare FI? Creare nuovi gruppi parlamentari? Contatti con partiti della maggioranza? Solo veleni, bugie e falsità . Non rispondo alle parole di Romani, pronunciate con sprezzo del ridicolo».
La verità è che Fitto non ha alcuna intenzione di togliere il disturbo. Anzi, con gli amici è sicuro: «Vogliono buttarmi fuori? Non esiste. E poi conoscerebbero il vero Raffaele». Segnali di guerra, accompagnati dalla promessa di rispondere a ogni singola accusa. Come? Magari ricordando, come ha già fatto in privato, che Romani «decise di non seguire Alfano all’ultimo secondo». Oppure che Alessandro Cattaneo «guardava a Monti, ma non è riuscito neanche a farsi candidare».
Quanti veleni, in casa azzurra. C’è Daniela Santanchè che reclama il congresso.
Ma sul piatto c’è soprattutto il sogno proibito, la poltrona di coordinatore nazionale. Crede di meritarla Giovanni Toti, primo avversario di Fitto.
«Asfalterò la vecchia politica», è il programma che gli hanno sentito pronunciare. L’ex ministro salentino, però, non arretra. Già ieri, a Maglie, si è speso nella prima iniziativa territoriale di una lunga serie.
Tirerà le somme con un evento conclusivo, prima della pausa estiva. Anche gli azzurri del Sud, intanto, sono sul piede di guerra.
E la voglia di gazebo, in un partito storicamente monarchico, sembra farsi largo.
«Il primo test sarà in Calabria — promette Pino Galati — perchè qui si vota in autunno e abbiamo chiesto le primarie di centrodestra»
Il cerchio magico, però, si stringe ancora di più attorno al leader. Il Cavaliere, incollato al telefono, già si spende con i ras locali in bilico.
E si lascia andare al vittimismo: «Se facciamo primarie pure per il coordinatore regionale io davvero non decido più niente…».
Tommaso Ciriaco
(da “La Repubblica”)
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Giugno 2nd, 2014 Riccardo Fucile
ALLA PARATA PER IL 68° ANNIVERSARIO DELLA REPUBBLICA LA SEDICENTE DESTRA DISERTA… PER PROTESTARE CONTRO SE STESSA, VISTO CHE E’ A CAUSA DELLA LEGGE LA RUSSA CHE I NOSTRI MILITARI SONO PRIGIONIERI IN INDIA DA DUE ANNI?
Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano è arrivato in via dei Fori Imperiali e ha preso posto nella tribuna delle autorità .
E’ iniziata così la tradizionale parata per celebrare la Festa della Repubblica.
In prima fila, alla destra del Capo dello Stato, il presidente del Senato, Pietro Grasso, e a sinistra la terza carica dello Stato, Laura Boldrini. Accanto a Grasso, a seguire, sono seduti il premier Matteo Renzi, il ministro della Difesa Roberta Pinotti, il vicepresidente della Camera Simone Baldelli, il ministro degli Esteri Federica Mogherini e quello delle Riforme Maria Elena Boschi.
Sul palco anche il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, e il sindaco di Roma, Ignazio Marino e, in tailleur bianco, la signora Clio.
Presenti anche diversi rappresentanti delle forze politiche: dal Pd a Forza Italia, da Scelta Civica al Nuovo Centrodestra. C’e’ anche la Lega, con Sergio Divina.
Ma sul palco non si vedono esponenti del Movimento 5 Stelle.
Assenti anche i rappresentanti di Fratelli d’Italia, che già avevano deciso di non prendere parte alla videoconferenza con i due marò detenuti in India che si è tenuta alle 12.00 davanti ai parlamentari delle commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato. La decisione è stata presa protestare “contro l’immobilismo del governo”.
Ha spiegato Giorgia Meloni: “abbiamo consentito all’India di fare la campagna elettorale sulla pelle dei nostri due militari, illecitamente detenuti in India da oltre due anni in piena violazione del diritto internazionale”.
Detto da chi da due anni specula elettoralmente sulla pelle dei due nostri marò è veramente il massimo dell’indecenza politica.
Allora rinfreschiamo a qualcuno la memoria e la cronaca alle origini del fatto.
Fino al 2010 Confitarma (l’associazione degli armatori) era contraria all’uso di armi a bordo delle navi commerciali.
“Nonostante la situazione sia ogni giorno più gravosa” diceva Paolo D’Amico, presidente Confitarma “confermo che al momento la posizione di Confitarma, conforme alle indicazioni delle principali associazioni internazionali (IMO, Intertanko, Intercargo e BIMCO) e d’intesa con la Marina Militare e la Guardia Costiera, è in linea di principio contraria all’uso delle armi e di personale armato a bordo delle navi mercantili di bandiera, fatte salve alcune fattispecie particolari, come viaggi in zone sensibili di unità da crociera, unità particolarmente vulnerabili o pescherecci d’altura”.
Poi, nel 2011, il cambio di fronte negli ambienti militari.
Il 12 luglio, con Berlusconi presidente del Consiglio, misure urgenti anti pirateria furono, infatti, incluse nel decreto legge 107 sulla “proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonchè delle missioni internazionali delle forze armate e di polizia”.
L’articolo 5 del decreto apriva, a sorpresa, la strada alla possibilità di accordi fra il Ministero della Difesa e il mondo armatoriale per l’imbarco a bordo di navi italiane battenti solo bandiera italiana di personale militare, i cosiddetti Nuclei Militari di Protezione o NMP, provenienti dalla Marina Militare e altre Forze Armate.
Il decreto, rifacendosi a un regio decreto del 18 giugno 1931, apriva anche uno spiraglio, ma a determinate condizioni, ai team privati, ponendoli, tuttavia, sin da subito, in posizione subalterna, ciò che assegnava al Ministero della Difesa il ruolo di attore privilegiato.
Il decreto racchiudeva, cioè, un tentativo di monopolio mascherato, confermato il 2 agosto 2011 con la conversione in legge dell’impianto sostanziale del decreto, ciò che dava al Ministero della Difesa il via libera all’organizzazione di speciali nuclei anti pirateria, senza dover soffrire dell’eventuale concorrenza privata, che, non a caso, è ancora oggi su carta.
Il 1° settembre 2011, con un decreto, il ministro della Difesa Ignazio La Russa individuò gli spazi marittimi a rischio pirateria dove, in virtu del decreto legge 107/2011 e della legge 130/2011, era possibile imbarcare Nuclei Militari di Protezione, e quindi la porzione dell’Oceano Indiano delimitata a nord ovest dallo stretto di Bab el Mandeb, a nord dallo stretto di Ormuz, a sud dal parallelo 12° S e a est dal meridiano 78° E.
L’11 ottobre 2011, poco prima della caduta del governo Berlusconi, il Ministero della Difesa siglò con Confitarma un protocollo d’intesa che disciplinasse, a spese degli armatori, l’impiego dei Nuclei Militari di Protezione destinati al naviglio mercantile. Ancora oggi solo i team militari possono proteggere le navi.
Non così quelli privati, che devono invece essere autorizzati, così come previsto dal regio decreto del 18 giugno 1931, dal ministro dell’Interno e dal prefetto.
Riassumendo:
1) Gli armatori non erano propensi a chiedere alcuna scorta alla Marina italiana
2) Logica commerciale vuole che, in caso di guerra o pericolosità di porti e aree marittime, si stili una black list degli stessi e si eviti la navigazione e gli scali in quelle zone a rischio.
3) Se nello specifico lo Stato indiano non è in grado di garantire la sicurezza delle acque internazionali contigue alla sua costa, si sarebbe dovuto evitare il commercio marittimo con l’India, in attesa che raggiungesse gli standard internazionali dei paesi civili. Nessuno ci obbliga a scortare le navi mercantili predisposte al suicidio.
4) Il governo di allora, invece che gonfiare il petto, bene avrebbe fatto a consigliare agli armatori italiani di evitare certe zone soggette a pirateria e , in subordine, a evitare di mettere a rischio i nostri militari per proteggere traffici privati.
5) Il governo di allora avrebbe potuto, a rischio e pericolo degli armatori, consentire l’utilizzo di personale armato privato, invece di imporre addirittura un monopolio della nostra Marina.
Quanto sopra per denunciare chi oggi si erge a protettore dei nostri due marò, salvo dimenticare che la legge a causa della quale sono sotto processo in India è stata voluta da loro, contro ogni logica e contro gli stessi “desiderata” delle compagnie italiane di navigazione.
Anche il ministro degli Esteri del governo Monti, Emma Bonino, in seguito dichiarerà : «il problema è la legge La Russa, quel decreto che prevedeva inopinatamente militari su navi civili senza stabilire per bene le linee di comando. Alcuni tra coloro che oggi si agitano tanto sono all’origine del “caso marò” disse la ministra intervistata da Mattino 24.
Regole d’ingaggio che equiparano i militari italiani a semplici guardie giurate, a «contractor”; e catena decisionale, prevista dalla convenzione tra Difesa e associazione degli armatori, per la quale i militari italiani a bordo sono di fatto «ufficiali di polizia giudiziaria limitatamente alla repressione di un attacco di pirata, ferme restando per il resto le attribuzioni del Comandante della nave».
Un passaggio non secondario, perchè la Enrica Lexie tornò in porto e i marò scesero a terra, dove vennero subito arrestati in modo da esser sottoposti alla giustizia indiana e non a quella italiana come avrebbe dovuto essere.
Dunque, le basi del pasticciaccio stanno tutte in due documenti: il decreto legge del 12 luglio 2011, che rende possibile imbarcare militari italiani su navi civili, e la convenzione che la Difesa – allora retta da Ignazio La Russa – e la Confitarma firmano pochi mesi dopo, l’11 ottobre.
Hanno fatto bene i Fratelli d’Italia a non salire sul palco della festa della Repubblica: per farlo occorrerebbe avere la coscienza a posto.
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Giugno 2nd, 2014 Riccardo Fucile
L’IRA DI LATORRE E GIRONE IN COLLEGAMENTO DA DELHI: “SIAMO INNOCENTI, CONTINUEREMO A SOFFRIRE CON DIGNITA'”
Il tono è emozionato, ma anche duro e la voce tradisce l’irritazione.
In un videomessaggio Salvatore Latorre e Massimiliano Girone hanno lanciato un appello video da Dehli alle Commissioni Difesa ed Esteri di Camera e Senato: «Abbiamo ubbidito a un ordine, abbiamo mantenuto una parola, quella che ci era stata chiesta, e oggi siamo ancora qui», le parole del fuciliere Salvatore Girone.
Con voce decisa e senza nascondere la sua irritazione, Latorre ha invece chiesto collaborazione ai due Paesi coinvolti: «Italia e India dialoghino: sono due democrazie che devono incontrarsi in nome della nostra innocenza che ribadiamo a gran voce».
«Auguro una buona festa della Repubblica, a tutte le istituzioni, a tutti gli italiani e a tutti i colleghi militari che ho seguito attraverso la tv mentre sfilavano a Roma», ha aggiunto Girone, parlando accanto all’ambasciatore italiano a Delhi Daniele Mancini e al collega Massimiliano Latorre.
«Sono passati più di due anni e anche quest’anno siamo costretti a essere lontani, presenti solo attraverso una webcam», ha aggiunto il fuciliere di Marina con piglio deciso. Andiamo avanti con «onore per il paese e per la nostra bandiera, per tutti i militari che stanno operando nel mondo, italiani e indiani: ognuno deve sentirsi tutelato nel suo diritto. Grazie per il supporto e la tenacia a non abbandonare due soldati, non Salvatore e Massimiliano che possono essere due qualsiasi al mondo», ha concluso Girone.
«Qui non vi è nulla da celebrare ed è per questo che non abbiamo festeggiato qui a Delhi la nostra Festa nazionale, riservandoci di farlo non appena sarà il momento», è invece stato il commento di Daniele Mancini, ambasciatore italiano in India.
Il capo della diplomazia italiana ha comunque espresso «un ringraziamento di cuore» alle commissioni Difesa e Esteri di Camera e Senato per la vicinanza manifestata «in un momento delicato, ma ami cosi’ unitario» da parte delle forze politiche italiane. «Non molliamo» ha ribadito Mancini in riferimento al lavoro per riportare i due militari a casa.
(da “la Stampa”)
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Giugno 2nd, 2014 Riccardo Fucile
IL SONDAGGIO DE “IL TEMPO” SVELA CHE, FORSE DOPO AVER VISTO ALL’OPERA GLI ALTRI, L’ELETTORE RIVALUTA L’EX PRESIDENTE DI AN
Nessuna valenza scientifica, ma vi immaginereste mai che un sondaggio on line lanciato da un giornale tradizionalmente di centrodestra che notoriamente appoggia Forza Italia e l’affiliata sorella della Garbatella e che pone ai lettori la domanda: “Siete favorevoli ad un’alleanza di centrodestra che comprenda anche Alfano e Fini?” sveli un risultato a sorpresa?
E’ come se sul blog di Grillo fossero pubblicati i suoi guadagni o un editoriale di Favia, se su il Giornale si magnificasse De Benedetti o la legalità oppure se sull’Unità del dopoguerra si pubblicassero gli orari delle messe e i finanziamenti dall’Urss.
Eppure “il Tempo” fa accompagnare il sondaggio da un articolo che tende a orientare il lettore: Fini ossessionato «Voglio rifare un’altra destra».
Come se non fosse diritto di chiunque di pensarla come gli pare (e noi non la pensiamo come lui in molte cose) e di operare le scelte che preferisce, giuste o sbagliate che siano.
Ma la sorpresa la riservano i lettori del quotidiano romano che, invece che sputacchiare sull’ex segretario di An (che almeno il 13% di voti li aveva raccolti) che fanno?
Votano in oltre 2.000 (voto non ripetibile, quindi non taroccato) e rispondono così alla domanda “Siete favorevoli ad un’alleanza di centrodestra che comprenda anche Alfano e Fini?”.
Sì, ma solo Gianfranco Fini (49%)
Sì, ma solo Angelino Alfano (11%)
Sì, vanno inclusi entrambi (5%)
No, vanno esclusi entrambi (35%)
Stupore? Meraviglia?
Forse che, dopo aver visto all’opera la Corte dei miracolati, lecchini e badanti, inquisiti e galeotti, fancazzisti da una vita e mantenute, alla fine l’elettore di centrodestra non sia arrivato alla conclusione che sia meglio rivalutare l’ex presidente della Camera che, almeno per una volta, ha rischiato di suo?
Una cosa auguriamo a Fini per la sua salute: di non prendere sul serio il sondaggio e di tenersi alla larga da quartieri frequentati da tagliaborse.
Tagliaborse, sia chiaro, non tagliagola.
Per impersonare i secondi bisogna avere le palle.
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