Giugno 6th, 2014 Riccardo Fucile
PREDICANO LA LOTTA ALL’EVASIONE, MA IN PATRIA IL LEADER DEL UKIP E I SUOI HANNO DOVUTO RISPONDERE DI RECENTE DI ALCUNE OPERAZIONI POCO CORRETTE …E ALL’EUROPARLAMENTO IL GRUPPO EDF HA SUBITO MOLTE DEFEZIONI
Mentre i grillini decideranno entro la fine del mese se aderire all’Edf, Nigel Farage deve affrontare nuove polemiche in Gran Bretagna.
Gli argomenti su cui si dibate sono la lotta all’evasione fiscale e l’immigrazione su cui il M5S dovrà pur fare alcune attente riflessioni prima di chiudere definitivamente l’accordo.
Sul primo tema Nigel Farage è recidivo.
Già lo scorso anno si scoprì che aveva aperto un fondo in un paradiso fiscale offshore, per aggirare il fisco e ridurre l’importo delle tasse da pagare. In quell’occasione si scusò con gli elettori: “Sono stato uno stupido, ma in fondo non sono ricco e non lo sarò mai”.
Pochi giorni or sono il leader dello Ukip ha ammesso di aver fatturato nel 2013, attraverso una società di cui è proprietario, la Thorn in the Side Limited, tutti i cachet delle apparizioni televisive e degli eventi a cui era stato invitato.
Così facendo ha pagato al fisco solo il 20% delle 40mila sterline guadagnate anzichè il 40%.
Non male per chi in campagna elettorale si è battuto, a parole, contro l’evasione fiscale dei ricchi e delle aziende.
Non male per chi aveva attaccato il sindaco di Londra Livingston per aver fatto altrettanto: “Un’ipocrisia tipica della sinistra inglese”, aveva tuonato.
Ora sono i suoi colleghi alla Camera dei Deputati a urlargli contro. Primo fra tutti il Ministro del Tesoro: “E’ un pessimo esempio per i cittadini inglesi”.
E a poco sono valse le sue scuse – “un’ingenua distrazione, la legge me lo permette, in pratica è una forma legale di evasione” – quasi peggio del silenzio.
E se il giochetto gli ha portato un bel risparmio, 9 mila sterline al Fisco inglese contro le 20mila circa se avesse fatturato individualmente, la polemica monta a dovere.
E lui non fa nulla per spegnerla: “In fondo è legittimo se si riesce a non pagare più tasse del dovuto”.
Chi lo decida non è chiaro, ma Farage non si scompone.
Il che deve essere una caratteristica comune a molti dei membri dello Ukip.
E’ il caso anche dell’europarlamentare Nathan Gill, “smascherato” da un quotidiano gallese mentre ammette di impiegare nelle proprie aziende numerosi immigrati filippini e dell’est Europa, affollati in dormitori, a dispetto di una campagna elettorale fondata sul blocco immediato dell’immigrazione che ruberebbe il lavoro agli inglesi (“Stop Open Door, Enough’s Enough” recitava uno dei più popolari slogan dello Ukip).
Anche Gill, come il suo leader, non ha perso tempo a cadere dall’albero: “Ma noi non diciamo che bisogna bloccare l’immigrazione ma solo porvi un limite”. In realtà non è così e per farsi un’idea basta leggere il programma elettorale.
Ma a seconda delle situazioni, per lo più personali, lo Ukip cambia versione facilmente.
Lo stesso Manifesto del partito, redatto nel 2010 sulla falsariga delle politiche liberiste thatcheriane, è oggi ripudiato da Farage (“Un centinaio di pagine di spazzatura che onestamente non l’ho mai letto”) e sostituito con un cocktail di politiche assistenzialiste e generiche promesse di riduzione delle tasse.
Nel frattempo il gruppo di Farage all’Europarlamento subisce continue emorragie di adesioni.
L’Europe of Freedom and Democracy, che nella precedente legislatura contava ben tredici nazioni e 25 europarlamentari ora si vede costretta a fare a meno del “Partito del Popolo Danese” e dei “I Finlandesi” che sono stati accolti due giorni fa nel Gruppo dei Conservatori e Riformisti.
Al momento l’EDF ha come membri certi solo lo UKIP e i fiamminghi dello Staatkundig Gereformeerde Partij. Mentre il Partija Tvarka ir Teisingumas (Lituania) e i nazionalisti slovacchi sono in trattativa per aderire all’Alleanza per la Libertà di Marine Le Pen. La Lega Nord, ex membro dell’EDF nella precedente legislatura, aveva già optato per la leader del Front National.
Così in poche ore Nigel Farage si trova con soli due partiti e una trattativa promettente con Beppe Grillo, nonostante le molte perplessità dei neoletti grillini.
Un lavoro che potrebbe rivelarsi del tutto inutile a fronte dell’esigenza di trovare almeno altre quattro Nazioni per fare finalmente gruppo.
Pensieri e problemi, soprattutto per i grillini che si trovano davanti un alleato scomodo se non addirittura sconveniente.
Marzio Brusini
(da “L’Espresso“)
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Giugno 6th, 2014 Riccardo Fucile
“ALL’ESTERO GLI ARMATORI INGAGGIANO CONTRACTORS, LA RUSSA HA VOLUTO I MILITARI SENZA DELINEARE UNA LINEA DI COMANDO”…”QUANDO SONO TORNATI BASTAVA UN AVVISO DI GARANZIA PER TRATTENERLI”
Una sequela di tragici errori, che ha raggiunto l’acme con la gestione dell’esecutivo guidato Mario Monti: per giungere a una positiva soluzione della questione marò Fabrizio Cicchito, presidente della Commissione Esteri della Camera, esorta a evitare propaganda e strumentalizzazioni, proseguendo sulla strada dell’internazionalizzazione della querelle giudiziaria con l’India e di un delicato negoziato con il nuovo governo nazionalista da poco insediatosi a Nuova Delhi.
Onorevole Cicchitto, i fucilieri del San Marco sono prigionieri da ventotto mesi. Di chi è la responsabilità ?
«Allo stato gravano errori non ascrivibili all’attuale governo. Gli indiani hanno giocato una partita tattica, come il gatto col topo, favoriti dagli errori dei precedenti esecutivi».
Ne sono stati commessi tanti?
«Il primo risale al governo Berlusconi, il ministro della Difesa era Ignazio La Russa. Fu assunto un provvedimento per contrastare il dilagante fenomeno della pirateria. All’estero gli armatori ingaggiano contractors. In Italia si è scelto di incaricare i militari del servizio antipirateria, e non sono nemmeno pagati moltissimo. Bisognava definire regole d’ingaggio e la linea di comando nel caso di interventi armati. La gestione non doveva rimanere interamente nelle mani dell’armatore e del capitano della nave. Ci voleva l’intervento del nucleo presente sulla nave, insieme alla Difesa».
Poi c’è stato l’incidente sulla Enrica Lexie.
«Dalla nave si è sparato. Non sappiamo come nè in che circostanze, nè chi ha sparato. Trovandosi in acque internazionali, doveva prevalere il diritto giuridico italiano. Qui si è fatto il madornale errore».
Attraccando in India?
«Sì. È passata la vulgata che gli indiani avevano arrestato i privati e noi li dovevamo riconoscere. Una linea più avveduta avrebbe dovuto prevedere il rientro in patria della nave. Non si sa se la decisione sia stata del comandante della nave o se è stata consultata la Marina. Questo è uno dei segreti della vicenda. Dopo c’è stato un nuovo passo falso, facendo scendere i militari a terra».
Una commedia degli equivoci.
«Successivamente si è lasciato intendere che se non si fosse troppo alzata la voce, passata l’emozione in Kerala per la morte dei pescatori, il tempo sarebbe stato il “grande medico”, risolvendo la crisi. Una colossale presa in giro degli indiani».
Cosa viene addebitato a Latorre e Girone?
«I magistrati indiani non hanno mai indicato un’imputazione. I marò sono prigionieri da due anni senza un atto di accusa».
C’era da attendersi un intervento di Sonia Gandhi?
«Era in crisi il precedente establishment. La Gandhi non poteva muoversi come “italiana” per non alimentare la ventata nazionalistica che andava crescendo. L’unica conquista negoziale dell’ambasciatore Staffan de Mistura è stata di aver attenuato le condizioni di privazione della libertà dei soldati, passando da uno stato carcerario alla destinazione nell’ambasciata. E comunque è stata cosa non da poco per quanto riguarda le condizioni di vita dei nostri fucilieri».
Eppure i marò sono tornati due volte in Italia.
«E qui dovevano rimanere. Sarebbe bastato un avviso di garanzia per i fucilieri e in presenza di uno scontro tra ordinamenti giudiziari avrebbe prevalso la giurisdizione nazionale. Non si è mai capito perchè ciò non sia avvenuto».
Il governo Monti aveva in un primo momento scelto di non rimandarli in India. Perchè ha cambiato orientamento?
«L’esecutivo del tempo ha incarnato aspetti tragici e grotteschi, assumendo una linea zigzagante, con decisioni prese contro il parere del ministro degli Esteri, Giulio Terzi, costretto a dimettersi in Parlamento. Sul penoso dietrofront si possono fare ipotesi, come quella di una presunta minaccia di arresto nei confronti dell’ambasciatore italiano in India. In questo caso bisognava disporne il rientro in Italia, come misura precauzionale. Altri paventano pressioni di tipo economico delle imprese italiane operanti in India, come Finmeccanica. Di sicuro il risultato è stato uno dei momenti più bassi nella storia del prestigio dell’Italia nel mondo».
Il governo Letta e quello Renzi?
«Si sono trovati a muoversi con questi macigni sulle spalle. Non può esistere un governo che manda un commandos a riprenderli».
Le prossime mosse di Palazzo Chigi e Farnesina?
«La prima: proseguire sulla strada di una vertenza internazionale. La seconda: aprire un negoziato con il nuovo esecutivo del nazionalista Narendra Modi, accompagnato da un canale diplomatico che faccia riflettere l’India sul caso. È auspicabile che ci sia una comprensione complessiva».
Cosa può fare il Parlamento?
«Sul tema si è verificato un miracolo, l’unità di tutte le forze politiche nelle Commissioni Difesa e Esteri di Camera e Senato. A luglio promuoveremo una nuova missione per prendere contatti con l’assemblea parlamentare indiana».
Il pallino resta nelle mani dell’India.
«Vanno evitati gli atti dimostrativi. Ci vuole grande equilibrio. Bisogna convincere gli indiani, non offenderli».
Michele De Feudis
(da “il Tempo”)
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Giugno 6th, 2014 Riccardo Fucile
LA DENUNCIA DI RITA BERNARDINI, SEGRETARIA DEI RADICALI: “HANNO TRASFERITO 800 DETENUTI DA POGGIOREALE PER POTER FAR QUADRARE I CONTI: MA ORA I FAMILIARI COME POTRANNO FARE VISITA AI CONGIUNTI IN SARDEGNA?”
Fa inorridire il giudizio del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa sulla situazione carceraria italiana: «significativi risultati», quasi si possa stabilire una gradazione della tortura, dei trattamenti inumani e degradanti.
Hanno accettato «il gioco dei tre metri» dei «tre cartari» italiani, in primis il presidente del Consiglio Matteo Renzi del quale abbiamo chiesto le dimissioni; tre metri quadri a disposizione di ogni detenuto, calcolati chissà come e ottenuti violando altri diritti umani come la deportazione di migliaia di reclusi in istituti lontani centinaia di chilometri dalla propria famiglia.
Per garantire, infatti, al detenuto tre metri quadri, il ministero della Giustizia ha provveduto a deportazioni di massa distribuendo qua e là i detenuti, così provocando sofferenze inimmaginabili a migliaia di detenuti che si trovano a centinaia di chilometri di distanza dalla propria famiglia.
Parliamoci chiaro: in questi ultimi giorni i tre cartari del governo italiano hanno spostato dal carcere di Poggioreale ottocento detenuti che ora scrivono a noi disperati perchè non possono più vedere i propri figli, o i propri genitori, o i propri coniugi. Molti li hanno mandati in Sardegna, il che significa che solo i detenuti ricchi – e non ce ne sono – possono permettersi il viaggio in aereo e il soggiorno con prole al seguito.
Secondo la Corte Costituzionale italiana devono obbligatoriamente cessare gli effetti normativi lesivi della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo: per questo avrebbero dovuto adoperarsi i poteri dello Stato.
Sono cessate queste violazioni, per cui siamo stati condannati dalla Corte Europa dei Diritti dell’Uomo?
Noi siamo convinti di no e lo abbiamo documentato con il dossier che abbiamo inviato proprio al Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa.
Le condizioni inumane e degradanti o ci sono o non ci sono.
La nostra Corte Costituzionale nel 2013 aveva detto che questa situazione deve cessare, non che deve diminuire, e le autorità pubbliche devono adoperarsi per questo. Dal nostro dossier – ma chiunque visiti le carceri anche in questi giorni potrebbe confermarlo – è evidente che per tutta una serie di ragioni questi trattamenti inumani non sono cessati.
Basti pensare alle condizioni igieniche disastrose (in carcere sono presenti malattie infettive debellate all’esterno, come la tubercolosi o la scabbia), alla mancanza di cure anche per malati con patologie gravissime, allo stato di salute dei detenuti non curati in maniera adeguata in carcere (il 32% sono tossicodipendenti e il 25% sono malati psichiatrici, senza pensare ai malati gravissimi di tumore o di malattie cardiovascolari non curati adeguatamente); alle attività trattamentali di lavoro e studio praticamente inesistenti; alle sofferenze indicibili per i tossicodipendenti e per coloro che essendo troppo lontani non possono più vedere figli, coniugi o genitori: gli atti di autolesionismo, le morti e i suicidi sono l’indice di questo sconforto che spesso arriva alla disperazione.
C’è poi la questione della droga. Nei giorni scorsi il procuratore aggiunto di Milano Nunzia Gatto, che coordina i magistrati dell’esecuzione penale, ha invocato lei stessa il provvedimento di amnistia e indulto richiesto dal presidente della Repubblica nel suo messaggio alle Camere, perchè gli uffici giudiziari saranno letteralmente sommersi dalle richieste di revisione della pena inflitta quand’era in vigore la legge Fini-Giovanardi abrogata dalla Corte Costituzionale.
Il governo sta per varare un decreto legge «in materia di rimedi risarcitori in favore dei detenuti e degli internati che hanno subito un trattamento in violazione dell’articolo 3 della convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali»: vedremo quale sarà il «prezzo della tortura» e della vergogna dell’Italia.
Un conto è decidere di risarcire situazioni passate avendone rimosse le cause per tutti. Altro conto è dover continuare a risarcire coloro che ancora oggi vivono nelle condizioni descritte negli istituti penitenziari italiani.
Come Radicali proseguiamo la nostra lotta per l’amnistia e l’indulto subito, forti dell’attualissima sentenza Torreggiani della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e del messaggio del presidente Napolitano: ci vuol pure qualcuno che, come Marco Pannella, sappia scorgere e denunciare con forza i segni del degrado democratico che porta con sè i crimini che si credevano debellati già nel secolo scorso.
Rita Bernardini
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Giugno 6th, 2014 Riccardo Fucile
APPUNTI SCRITTI SU “CARTA MANGIABILE”… “ORSONI SAPEVA DA DOVE VENIVANO I SOLDI”
Si sentivano sicuri, gli uomini di Giovanni Mazzacurati, il “doge” degli appalti in Laguna.
Al limite della sfacciataggine.
Talmente certi di farla franca che erano arrivati al punto di riscrivere le relazioni della Corte dei Conti al computer di casa, cancellando interi passaggi, sfumando le critiche, aggiungendo postille, con il più banale dei copia e incolla. Sicuri, dunque.
A tal punto da tenere nel cassetto dell’ufficio 500mila euro in contanti, così, come se fosse cosa di tutti i giorni.
Salvo poi buttarli alla rinfusa dietro un armadio durante le ispezioni della Finanza.
Sfacciati, anche. «Mi raccomando scrivi le cifre (delle mazzette, ndr) su carta mangiabile, che se arriva qualcuno un giorno…», ridevano al telefono.
Soldi, tanti soldi, 22,5 milioni di euro, “olio” per il sistema. Passano di mano con una facilità che spiazza anche i magistrati: «Nessuno ha mai resistito alla loro opera corruttiva». Nemmeno chi dei conti del Mose doveva essere il garante supremo.
LE DUE VERSIONI NEL SERVER€
I finanzieri del nucleo tributario di Venezia se ne accorgono quando guardano dentro i server del Consorzio Venezia Nuova, di cui Mazzacurati è stato presidente per otto anni.
Trovano due file word, denominati “delibera finita pulita” e “delibera ing. neri con correzioni”, uno di 51 e uno di 57 pagine.
Si riferiscono alla relazione della Corte dei Conti, datata dicembre 2008, sullo stato di avanzamento del Mose.
Un testo che è stato modificato, limato, corretto dall’ingegner Luciano Neri, funzionario del Consorzio, prima della pubblicazione definitiva.
«Una vicenda assolutamente anomala – scrive il gip nell’ordinanza di custodia cautelare – non solo quella relazione doveva rimanere segreta, tra la seduta e la data del deposito, ma l’ente controllato vi apporta addirittura della modifiche, poi recepite dall’organo di controllo»
Modifiche che ne ribaltano completamente il senso.
Interi passaggi critici vengono fatti sparire. Come questo: «Ha prevalso la decisione di tipo politico di procedere, nelle fasi progettuali ed esecutive del Mose, a prescindere dal parere perplesso del Consiglio superiore dei Lavori pubblici e dal parere negativo della Commissione Via del 1998».
Nella versione pubblicata sul sito della Corte il 2 febbraio seguente, non ve ne è traccia. Indicativi che si ammorbidiscono in condizionali, negazioni che diventano affermazioni.
«I fondi per la manutenzione ordinaria della città non dovrebbero essere sacrificati per la realizzazione del Mose », scriveva il vero relatore, Antonio Mezzera. «I fondi devono procedere parallelamente alla realizzazione dell’opera», scrive l’ingegner Neri.
E l’affondo più grave che veniva fatto al sistema messo in piedi da Mazzacurati, «risulta indifferibile porre termine alla situazione di monopolio e posizione dominante », viene addolcito in un generico: «Va aperto il mercato alla concorrenza». Questione di ottica, di come si vede il bicchiere
Come è stato possibile? Mazzacurati sapeva di avere una carta da giocare: il sodale Vittorio Giuseppone, «a libro paga fin dagli anni 90», si era trasferito alla Sezione centrale di controllo di Roma. Sarà lui a coprire e far approvare le correzioni al testo fatte dall’ingegner Luciano Neri.
LE QUOTE DI GALAN
Proprio lui, il factotum che dà il suo nome al “fondo Neri”, una cassaforte comune di denaro contante dove finivano le quote delle imprese che partecipavano alla torta degli appalti e da cui Mazzacurati e gli imprenditori attingevano a piene mani per riempire bustarelle. «Neri era il depositario di tutta la contabilità parallela», «i soldi in uscita dalle aziende venivano giustificati e “ripuliti” con contratti per prestazioni fittizie e istanze di anticipazioni sulle riserve sovradimensionate».
Ma non c’era solo il contante a stimolare gli appetiti dei commensali.
L’ex ministro Giancarlo Galan, ad esempio, aveva chiesto e ottenuto di intestare il 7 per cento delle quote di Adria Infrastrutture spa alla società Pvp srl del suo commercialista Paolo Venuti, «al fine di poter partecipare agli utili dell’approvazione del project financing presentate da Adria». Con lo stesso giochetto, aveva in mano il 70 per cento di Nordest Media, «per gli utili derivanti dalla raccolta pubblicitaria».
CONTANTI PER IL SINDACO
E poi c’era il finanziamento illecito in campagna elettorale, l’accusa costata i domiciliari al sindaco di Venezia (sarà interrogato oggi nell’aula bunker di Mestre).
Il 31 luglio scorso, Mazzacurati racconta ai pm: «Noi abbiamo sostenuto Giorgio Orsoni e abbiamo speso quella cifra, tra i 400 e i 500 mila euro… diciamo il risultato è che ha vinto al primo turno.
La somma era contante… di quelli lì ce ne saranno il 10 per cento di regolari». Il magistrato chiede se è stato lui a consegnarli. «Ogni volta gli portavo a casa 100 mila euro, 150 mila euro… tutto durante la campagna elettorale ».
Nelle annotazioni seguenti la posizione di Orsoni si aggrava, perchè – si legge – «si può ritenere che il candidato sindaco non solo fosse a conoscenza delle attività finalizzate al finanziamento del comitato elettorale, nonchè della sua origine, ma che ne avesse addirittura sollecitato l’effettuazione ».
IL PELLEGRINAGGIO DA LETTA
Il primo a “cantare” è stato però Piergiorgio Baita, ex presidente della Mantovani Spa, colosso delle costruzioni pubbliche.
Il 6 giugno del 2013 si siede davanti ai tre pm della procura di Venezia, Stefano Ancilotto, Paola Tonini e Stefano Buccini, e vuota il sacco.
«Pagavamo tutti i partiti… I finanziamenti del Cipe andavano benissimo fino a che non arriva Tremonti… Questa volta non riesce neanche il pellegrinaggio da Gianni Letta del nostro presidente Mazzacurati. Anzi, Letta dice: “Io non riesco a fare niente, ci siamo scontrati in Consiglio dei ministri con Tremonti”, mi ha accusato di avere qualche interesse personale sul consorzio Nuova Venezia.
Dovete trovare una strada per contattare Tremonti”». La strada è Roberto Meneguzzo, direttore della Palladio Finanziaria.
È lui a fissare un appuntamento con l’allora ministro dell’Economia: «Mazzacurati va a Milano da Tremonti, torna, convoca i soci e dice: se volete sbloccare il Cipe (400 milioni di euro, ndr) sono 500mila euro da consegnare all’onorevole Milanese».
FIRMANO LA CARTA IGIENICA
Ed è di Baita anche la battuta che riassume meglio di tanti discorsi il potere accumulato della cupola. «Basta portare lì anche la carta igienica usata che te la firmano».
“Lì” è l’ufficio del Magistrato alle acque, un controllore cieco e sordo. Un pezzo del mosaico criminale nato attorno al Mose: «Nessun ostacolo, nessuna vigilanza, nessun rilievo importante è arrivato dal magistrato delle Acque di Venezia », mette a verbale il 12 settembre del 2013, Pio Savioli, il consigliere del consorzio.
Giuseppe Caporale e Fabio Tonacci
(da “La Repubblica“)
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Giugno 6th, 2014 Riccardo Fucile
IL GOVERNO HA RINVIATO IL DECRETO CON I POTERI A CANTONE
“Il problema della corruzione non sono le regole che non ci sono, sono quelle che non si rispettano. Un politico che viene indagato per corruzione io lo indagherei per alto tradimento. Uno che prende tangenti tradisce la fiducia, l’onore su cui aveva giurato”. Matteo Renzi, dopo l’ennesima retata di arresti, quella sul Mose, usa parole forti, nella conferenza stampa dopo il G7 di Bruxelles.
Però mentre annuncia “per le prossime ore, i prossimi giorni” nuove norme sull’anticorruzione chiarisce: “Non possiamo dire sempre che il problema sono le regole, sono i ladri”.
Una notazione quasi antropologica, che però tradisce le difficoltà di mettere mano a una situazione deflagrante.
Prima l’Expo, adesso il Mose. Tant’è vero che il decreto previsto per oggi, quello che doveva dare i “super poteri” a Raffaele Cantone, non entrerà nel Cdm.
La situazione è troppo complessa. E una cosa è fare annunci in campagna elettorale, una prendere di petto un problema endemico in Italia come la corruzione.
Renzi in questi giorni si è definito arrabbiato. Eppure sembra piuttosto preso alla sprovvista. Quello che poteva andare bene per l’Expo non va bene per tutto.
Spiega Cantone: “Se il Mose finisce con due anni di ritardo, non succede niente. Ma l’Expo ha una scadenza ben precisa”.
E questo mette l’accento su uno dei punti in discussione: alle società colpevoli si possono togliere gli appalti, o almeno si possono commissariare?
O in nome dell’urgenza è il caso di far arrivare i lavori in fondo?
Il testo a Palazzo Chigi sarebbe quasi pronto a livello tecnico, ma politicamente i nodi sono da sciogliere.
E il premier domenica parte per la Cina e per quando torna ha già pronto il decreto Pa, che dovrebbe andare in Cdm il 13 giugno.
Cantone ieri si è affrettato a dichiarare che non ci sono conflitti tra lui e il premier. Eppure l’impressione è che voglia garanzie difficili da ottenere.
Intanto, slitta anche la legge anti corruzione, che era calendarizzata per la prossima settimana.
Ieri il sottosegretario Cosimo Ferri ha annunciato in Commissione Giustizia al Senato che il governo presenterà un suo ddl.
Questo – a norma di regolamento – basta a far slittare tutto di un mese.
L’intento – ufficialmente – sarebbe migliorativo.
Per ora quel che si vede è solo un allungamento dei tempi.
E i rumors a Palazzo Madama raccontano di uno scambio: Forza Italia otterrebbe che nel falso in bilancio non venga prevista la possibilità di procedere in automatico, in cambio del sì alla riforma del Senato.
Wanda Marra
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Giugno 6th, 2014 Riccardo Fucile
“200.000 SCHEDE ELETTORALI CON VOTO AI CINQUESTELLE RITROVATE NEI CASSONETTI”: IL CORRIERE DEL MATTINO BEFFA I GRILLINI CHE CI CREDONO E DIFFONDONO IL TAROCCO SUL WEB
La lotta ai canali d’informazione tradizionali può essere controproducente.
E’ il caso della bufala sui presunti brogli alle Elezioni europee, diffusa dal “Corriere del Mattino”, un sito che pubblica articoli “inventati”, come specificato nel disclaimer del giornale satirico.
Nell’articolo si parla di 200mila schede elettorali “crocettate M5S rinvenute in alcuni cassonetti appena fuori dalla provincia di Milano da parte delle autorità preposte”. Non solo: l’Unione Europea avrebbe anche ordinato il riconteggio dei voti. Naturalmente si tratta di una notizia falsa, ma tantissimi grillini poco attenti diffondono l’articolo gridando allo scandalo sui social network
Dopo i sospetti espressi dal blog di Beppe Grillo all’indomani della consultazione elettorale, la teoria di un complotto ai danni del Movimento 5 Stelle diventa così sempre più condivisa sul web.
Il numero di persone che condividono l’articolo è notevole: “Brogli elettorali, è scandalo: trovate 200mila schede del M5S non conteggiate”.
“Ca..o, se c’era anche la mia mi arrabbio come una iena”, twitta un utente.
Un altro esprime preoccupazione: “Ci sono un sacco di persone che fanno dello spirito su questa vicenda, io sarei un tantino più serio e preoccupato”.
E poi: “Inizia la caccia a brogli elettorali. Lo scrivo da tempo, è successo, schede non conteggiate trovate nei cassonetti”; “Sarà verò? Se sì, c’è da chiedersi in che cavolo di paese incivile ci troviamo”; “Evvai!, ai seggi i comunisti corrotti e paraculo sanno fare solo questo, mi fanno pena sono persone incapaci”.
C’è anche chi prova a segnalare la notizia ai parlamentari del Movimento 5 Stelle: “Angelo (Tofalo) guarda qui che cosa ho trovato, l’ho gridato dal primo giorno”.
La bufala è confezionata ad arte, e diventa virale sui social.
Molti utenti ironizzano però sulla vicenda: “Naturalmente i grillini stanno condividendo a manetta… credendoci”;
“Solo gente del M5S può credere agli articoli del Corriere del Mattino”.
(da “Huffingtonpost“)
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Giugno 6th, 2014 Riccardo Fucile
AI CENTRI PER L’IMPIEGO NESSUNO TI CHIAMA, COMPILI IL MODULO PER VEDERE LE OFFERTE IN BACHECA: 1.400 EURO LORDI PER VESTIRSI DA PUPAZZO A DISNEYLAND
La giornata del disoccupato inizia presto.
La sveglia è tra le 7 e le 8 di mattina: tempo da perdere non ce n’è. Almeno per chi non ha rinunciato definitivamente al miraggio del lavoro.
La colazione è necessariamente frugale. L’analisi del disoccupato è spietata: ogni gesto corrisponde a un costo.
I piccoli piaceri sono eliminati oppure vissuti con ansia.
Il nostro giovane disoccupato non compra i giornali, si affida alla lettura dei quotidiani online. Il titolo di questa mattina è uguale a quello di tre mesi prima, sei mesi prima e via dicendo. Ci sono le parole: “disoccupazione”, “Istat” e “record”.
Per capire quale sia la notizia si può saltare il testo, basta aggiornare i numeri.
Nei primi tre mesi del 2014 — apprende il ragazzo — il tasso di chi non riesce a trovare un lavoro è cresciuto per l’undicesimo trimestre consecutivo dal 2004.
La percentuale è salita quasi di un punto rispetto all’anno scorso: siamo al 13,6 (12,6% il tasso di aprile, i disoccupati sono 3,5 milioni) .
Tra i 15 e i 24 anni, resta a casa quasi una persona su due: il 46 per cento. Al sud il tasso generale vola al 21,7 per cento, tra i giovani al 60,9.
La cifra, peraltro, non tiene in considerazione la massa di chi il lavoro ha smesso di cercarlo.
Il nostro giovane disoccupato vive a Roma, è laureato da qualche mese in una disciplina umanistica, ha svolto una serie di piccole attività in nero per pagarsi gli studi.
Non vive in centro, paga un affitto a prezzo di mercato (quindi clamorosamente alto) e resiste con i soldi dei genitori, sotto la minaccia che il rubinetto stia per essere chiuso.
Nemmeno lui rientra nelle statistiche dell’Istat: formalmente non è disoccupato ma “inoccupato”, poichè ancora alla ricerca del suo primo contratto d’impiego.
Dopo la colazione, si mette “al lavoro”. Il ferro del mestiere è il curriculum vitae, aggiornato freneticamente seguendo i consigli incrociati di decine di “esperti” dentro e fuori la rete. I
Il cv modello europeo è indispensabile, ma il nostro disoccupato ne tiene da parte anche un altro meno rigido: è convinto che metta in risalto le sue qualità personali.
Le prime ore sono passate alla ricerca estenuante delle offerte di lavoro più adatte al proprio profilo.
Di nuovo, per risparmio, usa quasi esclusivamente internet. Di rado compra Porta Portese o altre riviste di annunci. Meglio i siti. Un’infinità : InfoJobs, Monster, Kijiji, Subito, JobSoul, CareerJet, JobAdvisor.
Il numero di portali specializzati è inversamente proporzionale alle possibilità di farcela.
Il nostro disoccupato è laureato ma non è choosy: negli ultimi mesi viaggia a una media di 25-30 curricula spediti al giorno.
Confessa con imbarazzo di aver ottenuto appena un paio di colloqui di lavoro e di non aver mai superato lo scoglio del primo incontro. In alcuni casi i curricula li porta in sede, di persona, ma il suo telefono rimane in silenzio.
Dopo qualche ora di fronte al monitor, il nostro disoccupato studia il percorso del giorno tra le agenzie interinali della città .
Pensa ai brevi, gelidi colloqui che lo aspettano agli sportelli. Anche oggi gli verrà detto che è troppo qualificato per metà delle offerte di lavoro e troppo poco specializzato per l’altra metà .
Dopo un tramezzino, è pronto per l’ultima tappa, verso il “centro d’impiego” (l’ex ufficio di collocamento).
Quello del nostro disoccupato è a Cinecittà , estremo est all’interno del raccordo anulare di Roma.
Il viaggio in scooter è scandito dalla malinconica fermata al distributore di benzina: 5 euro per sollevare la lancetta dalla riserva. Il centro è al piano terra di un palazzone in via Rolando Vignali. Non c’è posto nemmeno in piedi, nonostante i sette sportelli aperti.
Meglio nel pomeriggio. In queste ore l’esercito dei senza lavoro si dirada.
Il nostro disoccupato ottiene un cedolino che certifica il suo status: per essere iscritto nelle liste di disoccupazione bisogna avere un reddito inferiore agli 8 mila euro lordi.
Ora nessuno ti chiamerà mai, sei tu che può iniziare la ricerca sulle bacheche del centro e — tanto per cambiare — inviare le sue candidature.
Incontra Gianmaria, 27 anni, che osserva le vetrine semivuote e dice: “È sempre così: una valanga di persone per pochissime offerte. Riguardano quasi sempre collaboratori, apprendisti o tirocinanti”.
In bacheca un’offerta per andare a Disneyland — Parigi. Profili richiesti: “personaggio Disney e ballerino”. Per fare Topolino per qualche mese: 1.490 euro lordi. Gianmaria ha un diploma scientifico e lavora part-time per un call center di recupero crediti. “Mi pagano a rendimento. Più sono aggressivo, più soldi porto a casa”.
Ha fatto di tutto: barista, postino, fattorino. Spesso in nero. Oppure a tempo determinato: “Il trucco — sostiene — è iniziare a cercare il tuo prossimo lavoro quando quello che stai facendo non è ancora scaduto. Non sempre ci si riesce: io, a quasi 30 anni, sono dovuto tornare a vivere da mamma e papà ”.
Tommaso Rodano
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Giugno 6th, 2014 Riccardo Fucile
LE ELARGIZIONI DELLA COOP COVECO, IMPEGNATA NELL’APPALTO… ZOGGIA CHIARISCE: “SOLDI REGISTRATI PER LA CAMPAGNA ELETTORALE E PER UNA CONSULENZA”
Il foglio che pubblichiamo qui accanto è considerato dai pubblici ministeri veneziani una prova contro l’ex europarlamentare di Forza Italia Lia Sartori, in carica dal 1999 al 2014.
Il foglio infatti indica il pagamento al politico del centrodestra di una somma pari a 25 mila euro da parte del Coveco, società cooperativa impegnata nella costruzione del Mose e parte del CVN, il Consorzio Venezia Nuova.
La cosa interessante non è tanto il fatto che una coop rossa finanzi un politico berlusconiano, siamo ormai abituati anche a di peggio e comunque in questo caso era Giovanni Mazzacurati del CVN, secondo i pm, a usare il Coveco come un ufficiale pagatore, ma il fatto che oltre alla Sartori nell’elenco figurano anche due politici del Pd: il consigliere regionale Sergio Reolon, allora in corsa per essere rieletto presidente della Provincia di Belluno.
Accanto al nome di Reolon sono segnati 10 mila euro come ‘ contributo volontario candidato’.
Soprattutto nell’elenco spicca un politico di livello nazionale: Davide Zoggia, già presidente della Provincia di Venezia, ma poi nominato nel 2009 (fino all’avvento di Renzi) responsabile enti locali del Pd, infine eletto deputato e divenuto celebre come uno dei fedelissimi di Pierluigi Bersani.
Sul foglio sono riportati tre pagamenti nei suoi confronti: “40. 000 euro contributo volontario candidato Zoggia” e poi due fatture da 7. 428, 72 euro ciascuna e pagate a Davide Zoggia che dovrebbero esser e state pagate il 28 luglio 2009.
È stato trovato a casa dei genitori di Elena Scacco, una dipendente del Consorzio Nuova Venezia, che lo aveva scritto su richiesta di Pio Savioli, l’uomo che si occupava dei pagamenti per conto della cooperativa rossa che fa parte del CVN, il Coveco.
Secondo le testimonianze raccolte quelle somme provenivano dalle sovrafatturazioni per operazioni inesistenti fatte da Coveco al CVN.
I manager avevano dato disposizione che fosse scritto tutto su “carta mangiabile” però gli investigatori l’hanno trovato.
I pm contestano solo i 25 mila euro alla Sartori anche se nell’elenco ci sono versamenti più ampi (ma probabilmente esclusi dagli accertamenti penali perchè registrati e legali) come per esempio i 100 mila euro dati alla Fondazione Studium Marcianum creata dall’allora Patriarca di Venezia Angelo Scola.
A prescindere dalla loro qualificazione da parte dei pm i versamenti ai politici del Pd sono politicamente sensibili.
Reolon al Fatto dice: “Non ricordo quel versamento di 10 mila euro e non mi risulta tra quelli registrati. Anche i contributi per le provinciali devono essere registrati. Quindi sarà stata un’intenzione del Coveco poi non attuata. Comunque il Mose non c’entra perchè non potevo fare nulla per loro. Io ho lavorato alla Lega delle Cooperative e Coveco fa parte della Lega”.
Così Zoggia risponde al Fatto: “I contributi delle provinciali non vanno denunciati a differenza di quelli per l’elezioni della Camera. I 40 mila euro mi sono stati dati con delibera del CoVeCo. per la campagna elettorale delle provinciali del 2009. Sono stati registrati ovviamente anche nel conto corrente della campagna. Quanto alle due fatture, io dal giugno 2009 al dicembre 2009 ho continuato a svolgere l’attività di commercialista perchè non ero più presidente della Provincia ma solo consigliere provinciale. Divento responsabile enti locali del Pd nel dicembre 2009. La prestazione risale al periodo in cui non ero nè presidente della Provincia nè responsabile enti locali”.
Non riscontra nessun conflitto di interessi?
“No. Mi pare non ci sia nessuna contestazione penale, Co. Ve. Co. non faceva mica solo il Mose”.
Se poi gli si chiede qualche dettaglio sulle prestazioni fatte in cambio dei 15 mila euro, Zoggia si innervosisce: “Ritengo di averle dato la risposta. Ho fatto consulenza varia, sono un commercialista: controllo di contabilità , cose varie dal punto di vista fiscale”.
Chi le ha dato il mandato?
“Non ricordo”.
Marco Lillo
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 6th, 2014 Riccardo Fucile
L’EX DIRETTRICE DI YOUDEM RISPONDE ALLO SCARICA BARILE DEL SOTTOSEGRETARIO
Caro Luca Lotti, scusami tanto.
Ma come fai a dire che Giorgio Orsoni non è del Pd? Orsoni, il sindaco di Venezia. Quello che ha vinto le primarie, sostenuto dal Pd.
E poi le elezioni, al primo turno, sostenuto e festeggiato da tutto il Pd.
Uno dei mitici sindaci del Pd, hai presente? Quelli che volete fare senatori, per il cambiamento. Ma ora lungi da me rinfacciartelo, figuriamoci.
Non eri tu, scusa, il Luca Lotti che in segreteria (segreteria Epifani) da responsabile Enti locali caldeggiava “primarie aperte, apertissime”, sottintendendo che “quelli di prima” l’altra volta non le avevano aperte abbastanza?
Ecco, volevo chiederti: chi è del Pd allora scusa? Solo chi ha la tessera è del Pd adesso?
E come mai allora anche chi non ce l’ha, la tessera, partecipa alle primarie per eleggere il segretario del Pd, dove uno vale uno, e il voto di Orsoni conta come il mio, e come il tuo?
Orsoni, ricorderai, ha partecipato da sindaco di Venezia alle primarie per il segretario del Pd, schierandosi apertamente per Matteo Renzi, ma ora lungi da me rinfacciartelo, figuriamoci. È che mi domando, e non capisco, se ora improvvisamente per essere del Pd si debba essere iscritti, e allora perchè mai chi non è iscritto decide chi dev’essere il nostro segretario, se non è del Pd.
Hai detto che non è del Pd perchè “non è mai venuto alla direzione”, ma ti ricorderai che anche Matteo, quando era sindaco di Firenze, alla direzione non ci veniva, pur avendone diritto. Alla “seduta di autocoscienza” anzi. Non ci veniva.
Eppure Matteo era un sindaco del Pd no?
Il fatto è, vedi Luca, che non solo arriva un momento, quando si assume la responsabilità di qualcosa, in cui continuare a dare la colpa agli altri, a quelli che c’erano prima, diventa un esercizio odioso, patetico e inutile.
Il fatto è che penso che la tua dichiarazione sia una palese violazione dello statuto del Pd.
Quello che recita, articolo 1: “Il Partito Democratico è un partito federale costituito da elettori ed iscritti, fondato sul principio delle pari opportunità , secondo lo spirito degli articoli 2, 49 e 51 della Costituzione”.
Nonchè, articolo 2: “Il Partito Democratico affida alla partecipazione di tutte le sue elettrici e di tutti i suoi elettori le decisioni fondamentali che riguardano l’indirizzo politico, l’elezione delle più importanti cariche interne, la scelta delle candidature per le principali cariche istituzionali”.
Ecco volevo chiederti, non per polemica ma proprio perchè mi interessa: chi è del Pd e chi non lo è?
Te lo chiedo, vedi, perchè tu sei un dirigente importante e molto vicino al nostro segretario. E perchè oggi in tanti ci dicono che “bisogna fare formazione”, “bisogna fare selezione della classe dirigente”, anzi lo dice proprio anche Matteo, e io son d’accordo. E però volevo sapere: come si fa?
Non è che voglio fare la rompiscatole, vorrei davvero discutere di questo.
Mi piacerebbe tanto, ma da tanto eh.
E visto che ora non ci sono le primarie e nemmeno le elezioni alle porte, ti andrebbe se ne parlassimo un po’?
Laicamente, serenamente, fuori dalla retorica e senza evitare qualche argomento un po’ scomodo e impopolare, una volta tanto.
Senza dar sempre la colpa a qualcun altro, anche quando proprio dare la colpa a qualcun altro non è una cosa sostenibile.
Perchè dobbiamo fare in modo che questo partito funzioni no? Lo vogliamo tutti, giusto? E con questo statuto non funziona mica. Dillo a Matteo.
Perchè vedi, lui “faremo pulizia” in questi giorni non l’ha detto, anche se in tanti gli chiedono di dirlo.
E io sospetto di sapere perchè non l’ha detto: perchè non può.Nessun segretario può “fare pulizia” in questo Pd. Nemmeno lui.
E vedi Luca, purtroppo (per me, eh) alla luce dei fatti i numeri per cambiare lo statuto non ce li hanno avuti nè Bersani nè Epifani. Voi sì invece, ce li avete.
Per cui la mia domanda è: che pensate di fare?
Perchè alla fine, o “le primarie sono aperte”, oppure “Orsoni non è del Pd”.
Tutt’e due le cose no, è impossibile.
Chiara Geloni
argomento: Partito Democratico, PD | Commenta »