Giugno 14th, 2014 Riccardo Fucile
DOPO UN ANNO ALLA CORTE DEL DISCUSSO IMPRENDITORE ROMEO, GLI EX COLONNELLI DI AN LO NOMINANO DIRETTORE EDITORIALE DEL “SECOLO D’ITALIA”
Scomparso. Per 14 mesi Italo Bocchino non si è fatto vedere nè sentire: niente dichiarazioni, nessun dibattito, neanche un tweet.
La notizia è che l’ex colonnello di An e vicepresidente Fli, classe 1967, da lunedì torna in pista: è il nuovo direttore editoriale del Secolo d’Italia, storica testata prima dell’Msi, poi di An.
Il “lancio” avviene attraverso un’intervista a “Libero”, quotidiano berlusconiano ortodosso che in passato lo aveva “massacrato” anche per le sue vicende giudiziarie e private.
Ecco il testo dell’intervista-presentazione.
Scusi Bocchino, ma dove è stato?
«Mi sono preso un anno sabbatico, ho staccato tutto, letto poco i giornali, non ho rilasciato una sola dichiarazione nè partecipato a dibattiti. Ho detto no anche agli inviti in tv».
E come ha trascorso il suo anno-off, dopo un ventennio di Parlamento, sempre in prima fila?
«Ho lavorato nel privato, alle relazioni esterne di un gruppo importantissimo, la Romeo Gestioni. È stata una esperienza impagabile e, soprattutto, utile: chi fa politica spesso non si rende conto di quanto la burocrazia ostacoli le aziende».
Fatto sta che si è deciso a tornare. La politica è una malattia…
«È una passione, più che altro. Chiariamoci, però: io non torno alla politica attiva, non ho alcuna intenzione di farlo per molte ragioni».
Tipo l’operazione Fli, che non è stata proprio un successo?
«Il risultato non buono che abbiamo avuto alle Politiche è certamente una ragione. Anzi, guardi, chiamiamola col suo nome: è stata una sconfitta. E io mi sento corresponsabile».
Mica era solo. C’era pure Gianfranco Fini che, invece, torna alla politica attiva. In che rapporti siete rimasti?
«Siamo amici, ovviamente i rapporti sono ottimi».
Fini organizza un’ «assemblea» a fine mese. Non parteciperà ?
«Gianfranco è convinto che si possa dare un contributo al centrodestra dall’esterno, ma io la penso diversamente. Credo che la storia dimostri che gli elettori non gradiscono le novità , vorrebbero innanzitutto ricostruzione».
Quindi non andrà all’assemblea e, invece, tornerà al suo primo mestiere, il giornalismo
«Esattamente. Io penso che sia possibile dare un contributo al centrodestra, soprattutto di idee, e che si debba farlo partendo da quello che già c’è e che non è poco».
Beh, Matteo Renzi, alle Europee ha spianato tutti…
«È una analisi superficiale. Il centrodestra sta meglio di come lo raccontano: alle Politiche era al 29%, oggi al 31%. Nel mentre sono successe alcune cose tipo che il suo leader è stato condannato, cacciato dal Senato, assegnato ai Servizi sociali…».
C’era – o avrebbe dovuto esserci – il resto del centrodestra, no
«Fdi ha raddoppiato i voti, la Lega ha avuto un buon risultato, Ncd è di centrodestra, no? Sei milioni di moderati non hanno votato: vanno recuperati».
Come sarà il suo Secolo d’Italia?
«L’obbiettivo è diventare punto di riferimento per tutta la destra e per coloro che si sentono di destra, in qualunque partito militino e chiunque abbiano votato tra Fi, Fdi e Ncd. La redazione è solida, di 16 giornalisti, consapevole che la missione è importante: favorire la ricostruzione del centrodestra a partire dalle idee».
Ai tempi dello “strappo”, ebbe duri scontri con i Colonnelli, per esempio La Russa: l’hanno perdonata ?
«Quando la Fondazione An ha proposto la mia nomina c’erano tutti: Ignazio, Altero Matteoli, Maurizio Gasparri, Gianni Alemanno e Giorgia Meloni. Il voto è stato all’unanimità . In politica le cose cambiano e i rapporti personali sono sempre stati buoni. Bisogna mettere da da parte il passato e lavorare per il futuro: un giornale può essere strumento utile».
Pensa che il Cavaliere, dopo tutto quello che vi siete detti, leggerà mai il suo Secolo d’Italia?
«Me lo auguro, visto che vogliamo dare un contributo al centrodestra e che lui, piaccia o no, è l’azionista di maggioranza del centrodestra».
Berlusconi accusa Fli di avere partecipato ad un complotto internazionale ai danni del suo governo. È andata così ?
«Sicuro ci sono state spinte internazionali perchè il suo governo cadesse e qualcuno in Italia si è prestato al gioco. Ma ciò non significa nè che ci sia stato un complotto, nè che lui non avesse qualche responsabilità : la politica estera era troppo schiacciata su Putin e Gheddafi, la politica economica di Giulio Tremonti non convinceva e anche se le sue vicende personali lo avevano indebolito agli occhi dei partner stranieri. È una vicenda complessa, che a tempo debito andrà approfondita. Verrà quel tempo».
In verità , secondo fonti giornalistiche di un anno fa (vedi Lettera 43 e Dagospia), Italo Bocchino sarebbe stato reintegrato da subito come “inviato parlamentare a 3.000 euro al mese” al Secolo d’Italia.
Abbinando a questo un incarico di collaborazione con Alfredo Romeo, l’imprenditore napoletano a capo di un impero, il gruppo Romeo, che prende appalti dalle pubbliche amministrazioni e dalle società pubbliche.
Romeo è stato condannato, pena sospesa, per corruzione e turbativa d’asta, dopo un’inchiesta che tirò in ballo proprio Italo Bocchino per una serie di intercettazioni.
«Siamo un sodalizio», diceva Bocchino in una delle telefonate. «Quindi poi ormai…siamo una cosa…quindi…consolidata, un sodalizio, una cosa solida…una fusione di due gruppi».
Secondo i magistrati della procura di Napoli in quelle intercettazioni c’era “l’evidenza di un canale privilegiato tra Romeo e Bocchino per orientare le decisioni del gruppo di An al Comune di Napoli in merito a un mega appalto, il Global Service, che stava molto a cuore a Romeo”.
Nella conversazione intercettata vi è la dichiarazione di «un soddisfatto Bocchino», commentano i pm, «per l’esito del ritiro degli emendamenti più ‘fastidiosi’ proposti dal gruppo consiliare di An con riferimento alla delibera avente a oggetto il progetto Global Service».
In pratica Bocchino avrebbe avuto in questo anno “un incarico di lobbista per un gruppo che lavora con la pubblica amministrazione”.
Nel frattempo ha ricucito i rapporti con gli ex colonnelli An, fino ad arrivare alla nomina all’unanimità a direttore editoriale del “Secolo”.
Un incarico (ben remunerato) per “ricostruire il centrodestra”.
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Giugno 14th, 2014 Riccardo Fucile
DI NUOVO POLEMICHE SULLA GESTIONE DEL FONDO DA PARTE DELLA FONDAZIONE AN
Torna a far discutere il «tesoro» di Alleanza Nazionale, gestito dalla Fondazione An dopo lo scioglimento del partito nel Pdl.
Si tratta di un patrimonio di oltre 150 milioni di euro tra liquidità (55 milioni dai rimborsi elettorali) e beni immobili, del valore di un altro centinaio di milioni.
Negli ultimi anni, complici anche alcune grane giudiziarie ancora in via di risoluzione, il patrimonio è rimasto di fatto bloccato, se si eccettua l’organizzazione di alcune iniziative andate in scena nelle ultime settimane per commemorare la figura di Giorgio Almirante a cento anni dalla sua nascita.
La situazione sembrava essersi sbloccata nel luglio 2013, quando il CdA della Fondazione decise di emettere due bandi per utilizzare finalmente parte del patrimonio.
Da un lato si mettevano in palio poco più di un milione di euro – frutto degli interessi maturati relativamente alla parte «liquida» – per progetti inerenti l’ambito culturale «di destra». In secondo luogo, si offriva a varie associazioni – sempre riconducibili all’area politica della vecchia Alleanza Nazionale – la possibilità di affittare una settantina degli immobili di proprietà della Fondazione.
Un sistema che, tra l’altro, avrebbe permesso all’ente anche di far fruttare economicamente un patrimonio che, altrimenti, avrebbe costituito esclusivamente un costo in termini di imposte.
Nonostante i bandi indicassero termini perentori – entro il 30 settembre dovevano pervenire le varie proposte e poi una commissione apposita le avrebbe valutate – nel corso dei mesi non se ne è più parlato.
Almeno fino allo scorso aprile, quando il cda della Fondazione ha deciso di annullare entrambe le iniziative.
Spiegando la scelta con le incognite giuridiche generate dalla nuova legge sul finanziamento ai partiti.
«A seguito dell’entrata in vigore della Legge n.13/2014 – si leggeva nel comunicato ufficiale della Fondazione – si è reso necessario procedere a un riesame completo del lavoro di selezione dei progetti / domande, già svolto dalle rispettive Commissioni competenti, onde evitare possibili violazioni di legge».
Il «riesame completo» finora non è ancora stato completato.
Tanto che nel CdA della Fondazione svoltosi giovedì di tutto si è parlato – compreso l’eventuale rilancio del Secolo d’Italia on line – tranne che degli immobili.
Al punto che Maurizio Gasparri, membro dello stesso CdA, ieri ha preso carta e penna e ha scritto una lettera agli altri consiglieri per chiedere quali siano le reali intenzioni della Fondazione riguardo la gestione di un patrimonio finito da troppo tempo in un «limbo» inspiegabile.
«Sono diverse riunioni del Consiglio d’Amministrazione della Fondazione che chiedo lumi sulla gestione del patriomonio immobiliare di proprietà della Fondazione stessa» scrive il vicepresidente del Senato.
«Dopo le numerose richieste – prosegue – al CdA del 12 giugno scorso mi è stata consegnata solamente una relazione stringata sulla gestione di una sola società immobiliare. Da tre anni, i bilanci vengono chiusi con forti perdite. In virtù di questa situazione alquanto confusa chiedo di effettuare una riunione del CdA della Fondazione con all’ordine del giorno l’analisi, immobile per immobile, di tutto il patrimonio, per poter individuare in che stato si trova, chi ne è in possesso, i costi annuali, le potenzialità reddituali».
«Nella stessa riunione del CdA – scrive ancora Gasparri – si dovrà anche discutere e prendere una decisione sulla strategia di gestione del patrimonio al fine di evitare ulteriori perdite d’esercizio causate dal ritardo della messa a reddito degli immobili». «Tutto ciò – la conclusione del senatore di Forza Italia – anche al fine di evitare responsabilità degli amministratori delle società immobiliari nonchè dei membri del CdA della Fondazione».
Peraltro, alcuni degli immobili citati nel bando risulterebbero «occupati» senza che alla Fondazione sia corrisposto alcun affitto.
È il caso, ad esempio, dei 12 vani di via Paisiello 40, a Roma, nei quali Francesco Storace ha aperto la sede del suo Giornale d’Italia .
Per questo immobile, però, è stato già avviato un confronto con la Fondazione che potrebbe portare presto alla stipula di un regolare contratto d’affitto.
Carlantonio Solimene
(da “il Tempo”)
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Giugno 14th, 2014 Riccardo Fucile
E’ TUTTO SUO, SOFFRE DI SINDROME DEL POSSESSO… I MERITI SONO I SUOI, LE COLPE SEMPRE DEGLI ALTRI
Chissà cos’hanno pensato i dirigenti del più grande Partito Comunista del mondo quando hanno visto Matteo Renzi occuparsi di Corradino Mineo.
Abituati a leader occidentali che vanno lì a parlare dei dissidenti loro, vederne uno che da Pechino si occupa dei dissidenti suoi li avrà divertiti un bel po’.
Poi, appena tornato in patria, il premier ha fatto tutta la classifica delle sue proprietà .
Mio il 41%, miei i voti delle europee, mio il partito, e mio anche il paese, che “non si può lasciare in mano a Corradino Mineo” (che è un po’ come sparare alle zanzare con un lanciamissili, diciamo)
Tipica sindrome del possesso: è tutto suo, ce ne sarebbe abbastanza per uno studio sul bullismo.
Studio già fatto, peraltro, perchè pare che il paese proceda di bulletto in bulletto.
Prima quello là , il Bettino degli “intellettuali dei miei stivali”, che Renzi ha voluto rivisitare con i “professoroni”, con contorno di gufi e rosiconi (al cicca-cicca manca pochissimo, prepariamoci).
Poi quell’altro, Silvio nostro, parlandone da vivo, che rombava smarmittato dicendo che “dieci milioni di voti” lo mettevano al riparo dalla giustizia.
Non diversissimo dal nuovo venuto, secondo cui “dodici milioni di voti” (suoi, à§a va sans dire) sono un’investitura per fare quello che vuole senza se e senza ma. Insomma, che le elezioni europee fossero un voto per la riforma del Senato era meglio dirlo prima, non dopo.
Ora, si trema all’idea di cosa, ex-post, tutti quei voti possano giustificare, dallo scudetto alla Fiorentina alla riforma della giustizia, dalla rimozione dei senatori scomodi alla renzizzazione selvaggia del partito.
Come sempre quando si va di fretta, non mancano i testacoda.
Il “lo cambieremo al Senato” (il voto della Camera sulla responsabilità dei giudici), detto da uno che il Senato lo vuole abolire.
Oppure il famoso lodo “Daspo e calci nel sedere” ai politici corrotti, che si è tramutato in silenzio di tomba quando il sindaco di Venezia è tornato, dopo un patteggiamento, al suo posto. Se n’è andato lui, Orsoni, e sbattendo la porta, senza nessun Daspo e nessun calcio nel sedere (pare che intenda tirarne lui qualcuno al Pd, piuttosto).
Ora, forgiata una falange di fedelissimi (persino i giornali amici e compiacenti ormai li chiamano “i colonnelli”) è bene dire che nessuno si sente al sicuro.
Ne sa qualcosa Luca Lotti che per zelo ebbe a dire che Orsoni non era del Pd: Renzi lo sbugiardò a stretto giro, come dire, va bene essere più realisti del re, ragazzi, ma ricordiamoci chi è il re.
Tanto, che uno sia del Pd oppure no è irrilevante: quel che conta è si è di Renzi oppure no. Perchè Giggi er bullo vince sempre .
Se il Pd va bene è il suo Pd. Se va male è quello vecchio e mogio di Bersani.
Un po’ come il Berlusconi padrone del Milan, che si intestava le vittorie e scaricava le sconfitte sugli allenatori.
Lo stile è quello
L’avesse fatto Bersani, di levare da una commissione un senatore sgradito (magari renziano, toh) avremmo sentito gemiti e lezioncine di democrazia fino al cielo, perchè anche nel “chiagni e fotti” le similitudini non mancano.
E qui c’è un po’ di nemesi, a volerla dire tutta.
Perchè se fino a qualche tempo fa si poteva sghignazzare sulla gesta di Renzi, “Ah, l’avesse fatto Silvio”, ora siamo arrivati al punto di dire: “Ah, l’avesse fatto Pierluigi!”.
Che è poi la storia di come procede a passi rapidi l’uomo solo al comando: si teorizzava qualche mese fa da parte renziana che come alleato Berlusconi fosse meglio di Grillo.
Oggi si teorizza (anche coi fatti) che come socio per le riforme Berlusconi è meglio di alcuni senatori Pd, eletti per il Pd da elettori del Pd.
Quanto ai soldatini, ai pasdaran e ai guardiani della rivoluzione renziana, che sgomitano per farsi notare dal capo, devono per ora limitarsi all’arte sublime del benaltrismo.
Ad ogni nota stonata del loro conducator sono costretti ad argomentare: e allora Grillo?
Come se davanti a una bronchite un medico intervenisse dicendo: e la polmonite, allora?
Nel merito, niente.
Poveretti, come s’offrono.
Alessandro Robecchi
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 14th, 2014 Riccardo Fucile
“E’ UN TEORICO DELLA GRANDE SVELTEZZA”…”CHE TE NE FAI DI UNA VITTORIA SE NON HAI IDEE DA PROMUOVERE, UNO STILE DA AFFERMARE, UNA VISIONE DELLA VITA DA ILLUSTRARE?”
“Matteo Renzi appartiene alla schiera dei “figli-padroni”. Un figlio-padrone fa più simpatia di un padre-padrone, non è mica Andreotti? È giovane, teorico di quella che si chiama la grande sveltezza. È infatti sveglio e svelto, ma resta che simpaticamente comanda come un padrone”.
Un renziano le risponderebbe così: Salvatore Settis è pura archeologia, è il simbolo della sinistra chic, elitaria e perdente.
Ho dispiacere di non apprezzare la speranza che cova in così tanti animi. Purtroppo quando guardo alla sostanza delle cose mi convinco che la mia diffidenza affonda in un terreno fertile.
Iniziamo allora a dire che il continuo, insopportabile richiamo alla volontà popolare è il frutto di una possente alterazione della realtà . Ha lo stesso stampo del trucco berlusconiano sul mandato del popolo. Ho fatto due conti: il 40,8 per cento degli italiani ha votato Pd. E pure ammesso che siano tutti voti per Renzi, dal primo all’ultimo, verifico che il primo partito è di chi si è rifiutato di votare: ha il 41,32 per cento. Se aggiungo astenuti e nulle, assisto al miracolo rovesciato. Renzi ha ottenuto il 40,8 per cento del 50 per cento che ha votato. Dunque possiede tra le sue mani il favore del 20,62 per cento degli italiani. È questo venti per cento una maggioranza strabiliante? Una moltitudine senza pari? A me appare molto più drammatico per la democrazia che la maggioranza degli italiani si sia rifiutata di consegnarsi a questa politica.
Nonostante i suoi calcoli siano corretti le si potrebbe opporre che la cifra assoluta è comunque elevatissima, mai toccata finora.
Resta che in termini reali non raggiunge il 21 per cento. E resta che questa concezione dell’investitura come di un mandato a fare quel che si vuole è la limpida proiezione dell’idea berlusconiana del comando.
Salviamo qualcosa a questo Renzi.
Ottimo comunicatore, ha l’anagrafe davanti a sè. Ma con tutto il rispetto la giovane età non sembra coniugata a una competenza straordinaria. E da quel che vedo anche i suoi collaboratori , malgrado l’anagrafe, non paiono godere di conoscenze particolari, non mostrano attitudini portentose.
E dove mette la speranza, il governo della speranza, la possibilità che questo giovane premier cambi l’Italia e lo faccia per il meglio?
Invidio chi ha speranza e chi la ripone in lui. Trovo che sia poco per costruire tutto questo palazzone di fiducia. Trovo che finora i fatti non esistano, ma solo slogan. Che i problemi più duri per l’Italia, la corruzione e l’evasione fiscale, siano lì nella loro dolorosa integrità . Penso che questo consenso trasversale non sia un esclusivo merito di Renzi quanto il frutto della nullità dei suoi antagonisti. Il premier è veloce e scattante. E qui mi fermo. Siamo alla teoria della grande sveltezza, dizione molto appropriata
Anche molto determinato il premier. Ha visto come ha fatto fuori i dissidenti del Senato?
Renzi dovrebbe ricordarsi con quale agilità e spregiudicatezza la sua parte politica promosse la riforma del titolo V della Costituzione. La cambiò di fretta e furia e s’è visto com’è andata a finire: mi pare che adesso siano decisi a rimetterci mano. La Costituzione può essere cambiata. Ma ha bisogno di una prudenza maggiore, un equilibrio superiore e un garbo istituzionale, un’attenzione alle minoranze indispensabile perchè la Carta fondamentale sia sentita da tutti come la tavola su cui fondare la convivenza civile. Ma qui e di nuovo siamo al concetto berlusconiano dell’investitura popolare. Mi hanno votato e faccio come mi pare. Un falso doppio.
Il Pd sembra vicino al suo premier.
Lei dice? A me pare di no. Magari lo teme. È un atteggiamento silente, non un sostegno convinto, nè noto una condivisione della strategia. La sinistra dovrebbe fare quel che non ha mai fatto: autocritica vera e dura. Dalla caduta del muro di Berlino in poi ha sbagliato ogni previsione. Ed è stata dentro alla cultura del ventennio berlusconiano. Ricordiamoci gli otto inutili anni del governo di centrosinistra. Ha mai sentito un pensiero autocritico? Una riflessione su quel che è successo? Nulla.
Adesso hanno vinto
Infatti dicono soltanto questo: ma Renzi ci fa vincere! E che te ne fai di una vittoria se non hai idee da promuovere, uno stile da affermare, una visione della vita da illustrare?
Antonello Caporale
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Giugno 14th, 2014 Riccardo Fucile
RENZI: “CORRUZIONE: CHI NEL PARTITO SA QUALCOSA PARLI” (E POI GUIDA IL CORTEO VERSO PALAZZO DI GIUSTIZIA)… IL FINTO OPPOSITORE ORFINI NOMINATO PRESIDENTE: LA TRISTEZZA AL POTERE… RENZI SI RIAPPROPRIA DELLE SALAMELLE DELLA FESTA DELL’UNITA’…TOCCI HA LE PALLE: “CARO RENZI, NON SEI DE GASPERI. MINEO E CHITI SONO PIU’ LEALI DI TANTI CHE ORA TI APPLAUDONO”
Il risultato elettorale delle Europee non è il punto d’arrivo, ma di partenza.
Il presidente del Consiglio e segretario del Pd affronta l’assemblea nazionale del partito che deve eleggere il presidente (Matteo Orfini è stato eletto a larghissima maggioranza) e spara i soliti fumogeni.
Nel 40,8%, dice Renzi, “non c’è solo un buon risultato del Pd, del governo, di un singolo o gruppo dirigente. E’ molto di più: un’attestazione di speranza sconvolgente. Se lo consideriamo come un investimento per provare a cambiare l’Italia diventa il modo per ripartire consapevoli di ciò che è accaduto”.
“Ciascuno avverta l’emozione che questo risultato” del 40,8% alle Europee, “lo carica di una responsabilità che fa tremare i polsi”. “Gli italiani hanno detto non ce n’è più”, bisogna cambiare.
“Il M5s ha preso 3 capoluoghi in 3 anni. In 105 anni prenderà l’Italia”
E le amministrative? “Dopo il ballottaggio alcune dotte analisi di editorialisti e commentatori ci hanno spiegato che le elezioni sono finite con pareggio. Poi uno si domanda perchè loro perdono copie e noi prendiamo voti”.
Ai ballottaggi “il fatto che ci sono state delle sconfitte non può mettere in secondo piano il fatto che in quelle sfide dove noi potevamo immaginare una rivincita, non solo si è vinto, ma si è dato messaggio cambiamento profondo”.
Ed è qui che il leader democratico si lascia andare a una battuta, a fronte dell’entusiasmo dei Cinque Stelle per la vittoria a Livorno: “In tre anni hanno preso tre capoluoghi di provincia. Mancano 105 anni e avranno in mano l’Italia. Basta avere un po’ di pazienza e toccherà a loro”.
Il ritorno della Festa dell’Unità (e verso l’eliminazione di uno dei due giornali)
Poi le questioni politiche. Il primo tema è legato alle divisioni interne che si riverberano in questi giorni nel percorso delle riforme istituzionali. “Renziani, cuperliani, bersaniani… Dividiamoci sulle idee — è l’appello di Renzi — non sui cognomi”. Il problema forse è averle delle idee.
Il segretario definisce “ridicole le discussioni interne che sono talvolta collegate a pregiudizi che” non tengono conto della “convinzione di essere insieme per cambiare un comune destino”.
Un nuovo tentativo di ricomporre le fratture, che passa anche per gli stand delle feste estive: ”La tradizione non va messa nel Museo delle cere, ma è un investimento per il futuro. Dobbiamo tutelare il nostro brand, tornare a chiamare le nostre feste Feste dell’Unità “. Una concessione ai nostalgici…
Di più: “Ho visto la sofferenza de l’Unità , noi abbiamo bisogno di mettere insieme e ripartire, non più permettendoci due giornali diversi”. Il riferimento è ai due quotidiani vicini all’area, l’Unità (che sta cercando una strada per salvarsi) e Europa.
Renzi a Mineo: “Di me dite cosa vi pare, ma non offendete famiglie di disabili”
Ma è sui 14 senatori autosospesi che lo scontro raggiunge l’acme della demagogia.
I toni più duri il segretario li rivolge a Corradino Mineo che in un’intervista a Repubblica Tv aveva definito Renzi “un ragazzino autistico: lo vorresti proteggere, perchè tante cose non le sa, però se lo metti a ragionare di politica e di rapporti di forza, suona”.
“Di me dite quello che vi pare — replica l’attore Renzi — ma chi ieri ha detto che sono un ragazzo autistico ha offeso milioni di famiglie che soffrono. Lo dico a mia nipote Maria che è ‘down’. Non è giusto. Toccate pure me, ma giù le mani dai ragazzi disabili perchè non conoscete la sofferenza”.
Mineo comunque aveva già chiesto scusa.
Sulle parole di Renzi, “io non vedo che è cambiato nulla purtroppo — ha però aggiunto Mineo — ho sentito Renzi ripetere delle cose che non mi sembravano vere”. Se trarremo delle conseguenze? “Chiedetelo agli altri senatori, oggi mi tocca un solo obbligo, chiedere scusa sulle frasi di ieri”.
“Non mandiamo via nessuno — ha detto ancora Renzi in assemblea — ma non possiamo permettere a qualcuno di ricattare con la sua presenza la posizione del Pd” ha detto il segretario sottolineando che ci sono “regole” per i membri delle commissioni parlamentari e incassando un grande applauso dalla platea dell’assemblea. Regole che non valgono per i franchi tiratori renziani quando si trattò di eleggere il presidente della Repubblca?
La questione morale: “Chi nel Pd sa qualcosa di sbagliato, vada subito dai giudici
Il presidente del Consiglio intende dare un segnale di rottura anche sulla “questione morale“.
Primo scalino: “Non è più immaginabile l’idea di un’esperienza politica che si fa per tutta la vita. Lo dico innanzitutto a me — dice (ma intanto è da 15 anni che vive di politica) — Tutti noi nuova generazione dobbiamo avere il coraggio di dirci che la politica non si può fare per la vita: si deve provare l’ebbrezza di fare altre cose (consigli di amministrazione?). Non è più tempo di politica per sempre”.
Ma il secondo è questo: “Sulla corruzione siamo quelli che non fanno sconti a nessuno, neanche a noi stessi”.
Per dirla meglio: “Quando uno di noi, iscritto o meno, patteggia per una operazione di finanziamento illecito, chiediamo di fare passo indietro. Chi patteggia significa che è colpevole, chi è colpevole è giusto che non faccia il sindaco”.
Balle: non è vero che ci patteggia è colpevole, lo sa anche l’ultimo avvocato di provincia.
Terzo grado del ragionamento: “Chi nel Pd ha notizie di reato vada da magistrati. Non aspettino che i magistrati vadano da loro”.
Questo, dice, per difendere il lavoro di migliaia di volontari del Pd, che gestiscono le Feste dell’Unità e i circoli del partito. “Se c’è qualcuno di noi che sa parli, se c’è qualcuno di noi che ha sbagliato paghi” ribadisce Renzi.
Il partito è “garantista” ma non ci sta a “perdere la faccia” e sul tema della giustizia può camminare “a testa alta”.
A proposito: se verrà confermata la sua condanna dalla Corte dei Conti quindi si dimetterà per coerenza, immaginiamo…
Orfini presidente, civatiani astenuti
Sull’elezione a presidente di Orfini tutta l’area civatiana si è astenuta (690 voti favorevoli, 32 astensioni).
“Le decisioni della maggioranza — ha detto Orfini nel suo primo intervento da presidente — vanno rispettate non perchè ce lo dice il segretario ma per rispetto della nostra comunità . Una comunità che ci chiede di vivere democraticamente. Altro che centralismo democratico come ha scritto qualche editorialista…”, osserva Orfini sulla vicenda Mineo.
“Io chiederò di incontrare gli autosospesi — annuncia Orfini — per cercare di superare questa empasse e recuperare il senso di comunità che ci ha consentito di rimetterci in piedi dopo che eravamo usciti a pezzi dalle elezioni”.
E alcuni dei “dissidenti” è intervenuto, interrompendo una sfilza di interventi a sostegno del segretario, come Lucrezia Ricchiuti e Walter Tocci, due dei senatori che si sono autosospesi dopo la sostituzione di Mineo in commissione Affari costituzionali. Pippo Civati invece ha rinunciato per evitare ulteriori scontri: “L’intervento di Renzi non mi è piaciuto, è stato molto ammiccante sulla sinistra ma sfugge al punto politico su tante cose. Un lungo e enciclopedico affresco” e sulle riforme i toni del premier “sono stati tutt’altro che distensivi” ha detto a margine dei lavori.
“Alla riforma del Senato e alle contrapposizioni che ha generato si è data un’enfasi eccessiva — è intervenuta la Ricchiuti — La mia adesione all’iniziativa dell’autosospensione intendeva rimarcare che il gruppo non può diventare un luogo chiuso in cui sia impedito il dibattito. Dire non è tradire. Non mi sento trasparente al punto da non essere vista e sentita”.
Il dissidente Tocci a Renzi: “Mineo e Chiti più leali di molti che ti acclamano”
Più duro Tocci: “Caro Matteo, quanta energia sprecata per un atto d’imperio di utilità zero! Ti invito a dare un esempio di saggezza, da leader. Ti chiedo un atto politico: invita Chiti e Mineo a prendere un caffè. Troverai le parole per farli sentire dentro casa, non fuori dalla porta. Chiti e Mineo li conosco, saranno certo più leali di alcuni che ti acclamano solo per convenienza. Gli appassionati della Costituzione non hanno mai fatto male a nessuno”.
“Caro Matteo — ha proseguito Tocci — hai alzato la voce contro chi vuole conservato il bicameralismo. Hai dato una sberla alle mosche perchè qui non c’è nessuno a voler conservare il bicameralismo”.
“Sulle riforme siamo impantanati- ha ribadito il senatore Dem — così non se ne esce. Dovete modificare l’impianto e dovete rivolgervi alle opposizioni. Il voto di Chiti o di Mineo non è affatto determinante”.
L’intervento di Tocci è stato molto applaudito da una parte dell’assemblea: “Occupati di riforme come segretario del Pd e non come capo del governo — ha continuato riferendosi a Renzi — Il potere esecutivo deve fare un passo indietro come è accaduto con De Gasperi. Tu non sei ancora De Gasperi, anche se ti auguri di diventarlo. La Carta è come la cappella Sistina, la Divina commedia. Possiamo riscriverla ma occorre solennità , senso dello Stato, spirito costituente. Possono sembrare superate queste parole, ma al Pd non ha mai portato danni chi è appassionato alla Costituzione ma quelli che hanno anteposto l’interesse comune alla Costituzione, e qui c’è molto da rottamare”.
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Giugno 14th, 2014 Riccardo Fucile
MINEO NON PAGA IL PIZZO AL CONFORMISMO PD, RENZI SPECULA SUI DOWN PIU’ DI LUI
“Lei è una ragazza intelligente, è secchiona e ha studiato più di Matteo, anche se non ci vuole molto. Quindi si è convinta che poteva fare tutto, ma non è assolutamente in grado. Si è convinta che lei poteva trattare con Berlusconi, Calderoli, non è in grado”.
Questo il parere di Corradino Mineo espresso ieri sul ministro Maria Elena Boschi . Poi su Renzi il senatore democratico aveva aggiunto: “Matteo è un ragazzino autistico che vorresti proteggere perchè tante cose non le sa”.
Oggi Mineo ritorna su quelle frasi e precisa: “Ieri ho profondamente sbagliato, mi sono scusato, mi scuso con la Boschi, con Renzi, con le famiglie che hanno bambini down. Su questo Renzi ha ragione ma non vorrei che questa mia responsabilità oscurasse la mia battaglia sulle riforme”.
Nel merito, Corradino Mineo non arretra.
Il senatore del Pd, rimosso dalla Commissione Affari Costituzionali perchè contrario al testo del governo sulle riforme, parla con i cronisti subito dopo il durissimo intervento di Matteo Renzi all’assemblea nazionale Dem, all’Ergife di Roma. “Qualcuno mi ha dato del ‘bambino autistico’”, gli ha detto il premier-segretario senza citarlo direttamente ma tra gli applausi fragorosi della platea cui è stato subito chiarissimo il riferimento alle accuse pronunciate ieri da Mineo.
“Potete dirmi tutto ma ci deve essere un codice di comportamento tra di noi”, ha urlato Renzi dal palco corredato di trionfale scenografia con lo sfondo di un gigantesco 40,8 per cento, il risultato del Pd alle europee. “Giù le mani dai bambini down!”.
Da una parte chi ha sbagliato la frase, dall’altra uno speculatore delle parole.
Senatore, ora che fa?
Sull’attacco che gli ho fatto, Renzi ha ragione. Ho chiesto scusa e chiedo ancora scusa, ero stanco…
E sulle riforme ora che fa? Cambia posizione?
Ma anche io voglio la fine del bicameralismo perfetto, tanto quanto Renzi. Non ho fatto nulla per bloccare le riforme. Quella frase è stata infelice, ho chiesto scusa ma dico che è stato sferrato un attacco a me per non confrontarsi nel merito, per eludere il problema.
E qual è il problema?
Noi non sappiamo nulla del testo finale. Si dice che non siamo fedeli a un testo, ma nessuno conosce il testo finale. Perciò non c’è un tradimento del voto del gruppo…
Quindi non arretra?
Nel merito no. Ho sbagliato a pronunciare quelle frasi, chiedo scusa, ma non vorrei che ora questa mia responsabilità oscurasse la mia battaglia.
(da “Huffingtonpost“)
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Giugno 14th, 2014 Riccardo Fucile
ESISTONO NOMI E COGNOMI, BASTEREBBE CHE LA MAGISTRATURA INTERVENISSE, PER MOLTO MENO SONO STATI OSCURATI BLOG E SITI WEB… O FORSE GRILLO GODE DI IMMUNITA’?
Insulti razzisti e antisemiti contro Gad Lerner.
Dopo essere stato indicato da Beppe Grillo come ‘giornalista del giorno’, il conduttore televisivo è stato travolto da un’ondata di messaggi che definire di cattivo gusto sembra davvero poco. Basta guardare il profilo Fb di Beppe Grillo per avere subito idea della portata degli insulti.
Tra i più ‘teneri’, scrive lettera 43, “ebreo di merda”, “sei un ebreo e questo dice tutto”, “orripilante ebreo comunista”, “ebreo, sionista, massone e giornalista”.
Gad nella black list di Beppe Lerner ieri era stato nominato giornalista del giorno sul blog di Beppe Grillo per un graffiante articolo sull’alleanza in Europa tra il M5S e l’Ukip di Nigel Farage.
Come di consueto, Grillo aveva riportato nella rubrica ad hoc contro la stampa considerata faziosa l’articolo sotto accusa.
L’articolo incriminato: “Il comico italiano che si affianca all’istrione britannico lo ha fatto cercando accuratamente lo scandalo, il colpo di scena – si legge – La propaganda di Nigel Farage contro gli immigrati e i musulmani, le sue uscite volgari contro i gay e contro la parità femminile, vengono minimizzate da Grillo quando sul blog deve rintuzzare le critiche. Ma in realtà egli spera di giovarsene. […] Per questo dal referendum pilotato ieri sul blog sono stati anticipatamente esclusi i Verdi come possibile approdo grillino”.
“Se il Pd di Matteo Renzi occupa saldamente lo spazio riformista dell’innovazione politica – scrive ancora Lerner – è da destra che Grillo ritiene di controbatterlo. Optando con il reazionario Farage per l’ideologia dei popoli ribelli all’Unione, non da riformare ma da mandare a gambe per aria. Un’alleanza spaccatutto, nelle intenzioni di chi la battezza sperando che l’architettura dell’Ue non regga questo passaggio difficile. Il referendum online è stato una caricatura imbarazzante della cosiddetta democrazia della rete. […] Nessuno infatti obbligava i grillini a apparentarsi nel Parlamento europeo”.
Come potete notare dalla foto che pubblichiamo sono decine i perseguibili in base alla legge Mancino e hanno quasi tutti un nome e un cognome reale.
Solo gli organi competenti sembrano non accorgersene.
Piccolo dettaglio: è perseguibile penalmente chi non li cancella al pari di chi li scrive.
Utima considerazione: sono stati oscurati blog per molto meno, ma sua Maestà “tutasenzatasche” gode forse di immunità particolare o di passaporto diplomatico rilasciato da qualche ambasciata straniera uso a frequentare?
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Giugno 14th, 2014 Riccardo Fucile
GLI IPOCRITI: QUANDO LA MAGGIORANZA DI BERSANI PROPOSE MARINI ALLA PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA I RENZIANI SI RIFIUTARONO DI VOTARLO
Ma che soave delicatezza, cari colleghi giornalisti!
E qual flautati vocaboli state escogitando per non chiamare con il suo nome la brutale eliminazione dei dissidenti ordinata da Renzi e dai suoi giannizzeri, anche in gonnella, dalla commissione che deve (imperativo categorico) approvare la cosiddetta riforma del Senato, cioè l’abolizione dei suoi poteri e delle relative elezioni!
Eppure le parole giuste le conoscete bene, perchè le avete usate per mesi e mesi, ogni qual volta Grillo e Casaleggio chiamavano gli iscritti a votare sull’espulsione di questo o quel dissenziente: purghe, ostracismi, stalinismo, fascismo, nazismo, metodi antidemocratici, autoritari, populisti.
Ora che toccherebbe a Renzi (caso molto più grave perchè riguarda un partito strutturato che per giunta si chiama Democratico, e coinvolge il premier), invece, siete tutti velluto e vaselina: “tensioni nel Pd”, “stretta di Renzi”(Corriere),“Renzi attacca i ribelli Pd”, “lite sulle riforme”, “pasticciaccio brutto”, “rimozione” (Repubblica), “scontro nel Pd”, “sostituzione”,“Renzi: no veti” (l’Unità ). Solo Pigi Battista — una volta tanto onore al merito — mette il dito nella piaga del doppiopesismo italiota. Intendiamoci.
L’abbiamo scritto per alcuni sabotatori a 5 Stelle, che all’evidenza avevano sbagliato partito e che il Movimento aveva tutto il diritto di espellere (anche se poi lo fece con forme antidemocratiche e inaccettabili, senza dar loro la possibilità di difendersi e chiamando gli iscritti a un unico voto su quattro senatori con storie diverse, un po’ come sulla scelta di Farage che scelta non era perchè mancavano alternative all’altezza e adeguatamente supportate): i partiti e i movimenti non sono hotel con porte girevoli dove uno entra e fa il suo comodo.
La disciplina di partito non è antidemocratica: è una delle basi della democrazia. Esistono regole d’accesso e di permanenza, e chi le viola può essere espulso, purchè con procedure trasparenti e garantiste.
Ora, non pare proprio che Corradino Mineo abbia violato alcunchè: se la degradazione del Senato da Camera Alta del Parlamento a inutile dopolavoro di sindaci e consiglieri regionali nominati dalla Casta fosse stata prevista dal programma del Pd alle elezioni 2013, è ovvio che il dissenso di Mineo&C. sarebbe inaccettabile fino a giustificare l’esclusione dalla commissione e anche l’espulsione dal Pd.
La controriforma del Senato però l’han partorita Renzi&B. a gennaio nel famigerato Patto del Nazareno che nessuno — tranne i due contraenti, leader di partiti che agli elettori si presentano come avversari irriducibili — ha il privilegio di conoscere nei dettagli.
Quindi rispetto a cosa Mineo, Chiti & C. sarebbero traditori da punire?
Mercoledì il renziano Giachetti ha votato con FI, Lega e 70 franchi tiratori Pd la boiata sulla responsabilità diretta dei magistrati, contro il programma del Pd e il parere del governo Renzi: niente da dire?
Intanto è stato appena eletto sindaco di Susa Sandro Plano, Pd e No-Tav: e ha preso i voti non perchè è Pd, ma perchè è No-Tav.
Ora i vertici del Pd piemontese, infischiandosene degli elettori, minacciano di espellerlo perchè osa bestemmiare il dogma dell’Immacolata Grande Opera tanto caro a Chiamparino, Fassino e amici di Greganti assortiti, che però non compare nello statuto del Pd.
Quale regole avrebbe violato Plano? Grillo e Casaleggio — secondo noi sbagliando — contestano la norma costituzionale degli eletti “senza vincolo di mandato”.
Ma con che faccia chi — secondo noi giustamente — la rivendica spegne il dissenso di chi vorrebbe votare secondo coscienza contro il Patto del Nazareno, mai discusso da nessuno prima che fosse siglato aumma aumma?
Renzi dice: “Ho preso il 41% e si vota a maggioranza”. Giusto, anche se il 41% l’ha preso alle Europee (dove non era neanche candidato).
Ma votare a maggioranza non significa eliminare la minoranza, altrimenti il voto è bulgaro. L’anno scorso, quando il Pd di Bersani decise a maggioranza — secondo noi sbagliando — di mandare al Quirinale Franco Marini, i renziani rifiutarono — secondo noi giustamente — di votarlo.
Ora vogliono negare ad altri il diritto di fare altrettanto: le purghe renziane profumano di Chanel numero 5.
Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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