Giugno 28th, 2014 Riccardo Fucile
FINI ALL’EUR ILLUSTRA IL SUO PROGETTO A 1.000 PARTECIPANTI, MA “IL GIORNALE” E “LIBERO” NE CONTANO SOLO 100 PER FAR PIACERE AL PREGIUDICATO
Ci riserviamo di entrare in seguito nel merito degli interventi in svolgimento all’Eur di Roma in occasione della presentazione del progetto “Partecipa – La destra che non c’e'”, promossa da Gianfranco Fini.
Ci preme qua sottolineare che l’ex presidente di Futuro e Libertà a qualcuno fa ancora paura se sono costretti a dedicargli le prime pagine delle notizie politiche del giorno.
Non per entrare nel merito di quanto da lui esposto in tarda mattinata, nel corso del suo intervento introduttivo, ma per coprirlo di una serie di insulti e manipolazioni della realtà .
Titola “il Giornale”: Fini, l’illuso ct della destra senza nemmeno la squadra”. Gli fa eco “Libero: “Povero Fini, la sua destra riparte col piattino in mano”.
Abituati a salire le scale padronali in ginocchio e con la lingua di fuori, non avendo il fisico per avvilupparsi al palo della lap dance e neanche il culo tonico di Nicole e di Ruby, notoriamente non sopportano che esista qualcuno che abbia osato puntare il dito contro il loro padrone pregiudicato, segnando l’inizio del suo declino e delle loro fortune.
Abituati a subire attentati misteriosi e condanne per diffamazione con trattamenti preferenziali, inventarsi balle stratosferiche e usare la macchina del fango contro i dissidenti, oggi dedicano le loro virtù giornalistiche al meeting romano di Fini, per urlare in preda ad emorroidi mentali, che Fini è un fallito, che non ha seguito, che deve politicamente “morire”.
Una domanda sorge spontanea: se Fini non conta un cazzo, perchè vi agitate tanto? Leccate la ciotola del vostro padrone e possibilmente non sbrodolate per terra che poi Francesca deve pulire e si incazza.
Pensate ai guai che avete in casa, alla sentenza del 18 luglio sul caso Ruby e sul terzo grado della Cassazione a fine anno: magari preparatevi per la pubblicazione de “Le mie prigioni” a dispense settimanali.
Quello che fa Fini può darsi che non rivesta interesse e che non porti a nulla, ma ciò che distingue un giornalista da un pennivendolo dovrebbe essere almeno quello di riportare la verità dei fatti.
Sostenere che ad ascoltare Fini stamane ci fossero “poche centinaia di persone, forse anche meno” (facciamo poche decine? n.d..r.) non è giornalismo, è mistificare i fatti.
La sala era piena, gli accrediti erano 1.000 e i posti a sedere sono notoriamente 800, come certificato da “il Tempo” di Roma, giornale di centrodestra con altra serietà .
Con una differenza: illusi o stolti che siano, i partecipanti non sono stati prelevati da un ospizio per una gita gratuita, non hanno avuto il ricco cestino da viaggio “pagasilvio” e pensate un po’, si sono anche pagati il viaggio di tasca propria, cose impensabili nel Pdl.
Conclusione: chi non ha rispetto degli altri non lo ha neanche verso se stesso.
Per questo esistono i servi.
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Giugno 28th, 2014 Riccardo Fucile
RACCOMANDAZIONI ANCORA PIU’ RIGIDE DI QUELLE DI GIUGNO… POSSIBILE MANOVRA CORRETTIVA DI ALMENO 25 MILIARDI
C’è un negoziato parallelo che si sta sviluppando a Bruxelles in queste settimane, più al riparo dai riflettori. Non attrae l’attenzione forse perchè si gioca più sui dettagli tecnici che sulle grandi dichiarazioni di principio.
Ma per l’Italia e per le dimensioni della manovra finanziaria in arrivo a ottobre, fa un’enorme differenza. E per il momento non sta andando come il governo avrebbe voluto: i documenti ufficiali dicono che sul proprio specifico piano di finanza pubblica il governo non ha ottenuto la «flessibilità » che chiedeva.
La posta in gioco è quella che ha dichiarato Pier Carlo Padoan nella sua lettera alla Commissione europea del 16 aprile scorso.
In quella comunicazione, il ministro dell’Economia annunciava che l’Italia avrebbe rallentato il passo del risanamento di bilancio: l’obiettivo del pareggio «strutturale », ossia scontando l’impatto della recessione da cui il Paese è appena uscito, sarebbe slittato di un anno.
Padoan scrisse che l’Italia avrebbe raggiunto il pareggio nel 2016, non nel 2015 come concordato in precedenza.
Non si tratta di un dettaglio da poco, perchè ne va della taglia della correzione che dovrà imporre la Legge di bilancio in arrivo ad ottobre. Con lo slittamento degli obiettivi al 2016, poteva essere meno pesante.
Senza, la manovra d’autunno rischia di profilarsi invece come un’operazione da circa 25 miliardi: quanto serve a coprire il bonus Irpef e gli altri impegni presi dal governo, senza perdere il controllo del debito pubblico.
Lo spazio sul debito del resto è ridotto: ieri è emerso che nei primi quattro mesi dell’anno il debito è cresciuto di 77 miliardi, ossia quasi quanto in tutto il 2013. Quest’anno il volume dell’onere dello Stato salirà a quota 2150 miliardi e, superando la Germania, sarà terzo al mondo per volume finanziario dopo Stati Uniti e Giappone. Solo l’anno scorso, i contribuenti hanno pagato 82 miliardi solo in interessi sul debito dello Stato e nel 2014 replicheranno.
Il negoziato in corso a Bruxelles si innesta qui. La novità passata sottotraccia nel vertice appena concluso è che la proposta del governo di rinviare il pareggio di bilancio per ora è stata respinta.
Addirittura i leader, incluso il premier Matteo Renzi, hanno dato il loro « endorsement » (appoggio, approvazione) a un documento ufficiale che raccomanda all’Italia di fare l’opposto di ciò che aveva chiesto: il pareggio già l’anno prossimo, non nel 2016.
Si tratta del testo della «raccomandazione del Consiglio» (cioè dei governi) su proposta della Commissione europea riguardo al programma di stabilità italiano. Si tratta di una risposta ragionata degli altri Paesi al piano finanziario dell’Italia, come si fa per tutti i governi.
Quella raccomandazione contiene una sorpresa importante, perchè è più intransigente persino di quanto suggerito dalla Commissione europea.
Quest’ultima aveva chiesto all’Italia il due giugno: «Nel 2015 (bisogna, ndr) rafforzare in modo significativo la strategia di bilancio per garantire le esigenze di riduzione del debito».
Quel testo ora è stato inasprito e ieri i capi di Stato e di governo hanno dato il loro « endorsemen t » al più alto livello politicolegale in Europa.
Le modifiche sono state apportate in una riunione del Comitato economico e finanziario a Bruxelles. Presieduto dall’austriaco Thomas Wieser, il Comitato Ecofin riunisce i direttori del Tesoro di tutti i Paesi per preparare le conclusioni dei vertici dei ministri finanziari: per l’Italia partecipa il direttore generale del Tesoro Vincenzo La Via, anche se la cooperazione fra Palazzo Chigi con le strutture tecniche del ministero dell’Economia in questi mesi è stata molto meno che eccellente.
Di solito nel Comitato Ecofin si negozia fra sherpa per diluire, non per inasprire, le proposte di raccomandazione ai Paesi avanzate dalla Commissione europea.
Questa volta all’Italia è accaduto l’opposto.
Il testo ora recita: «Nel 2015 (…) Il Consiglio raccomanda all’Italia di garantire le esigenze di riduzione del debito e così raggiungere l’obiettivo di medio termine (il pareggio di bilancio strutturale, ndr) ». Non solo.
Si chiede anche di «assicurare il progresso» verso il pareggio già nel 2014. In sostanza si chiede una maggiore correzione dei conti già quest’anno e si respinge la richiesta di slittamento del pareggio per il prossimo.
Era stato evidente dall’inizio che la strategia di bilancio del governo Renzi sollevava forti perplessità nel resto d’Europa, come anticipato da Repubblica ( «I dubbi di Bruxelles sul piano Renzi», 20 aprile).
Il fatto che la lettera di Padoan in aprile non ebbe una prima risposta a livello politico, ma burocratico, era già una prima spia proprio di un problema politico, non uno sgarbo personale al ministro.
Adesso i nodi sono venuti al pettine. Non sarà facile ribaltare gli equilibri, dopo il via libera di ieri dai capi di Stato e di governo dell’Unione. Ma il vertice Ecofin del prossimo mese si annuncia tempestoso, perchè tutto si deciderà lì.
Federico Fubini
(da “La Repubblica”)
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Giugno 28th, 2014 Riccardo Fucile
“LE RIFORME NON DANNO AUTOMATICAMENTE DIRITTO ALLA FLESSIBLITA'”
«Mi sembra fuori luogo, o perlomeno prematuro, quest’ottimismo sulla “conseguita flessibilità ” in Europa.
Perchè tutti parlano di accordo fra Stati? C’è solo una sorta di intesa fra il premier italiano e il cancelliere tedesco sul relativo ammorbidimento di alcuni parametri ma nulla è deciso, tutto andrà verificato con la nuova Commissione». Daniel Gros, il tedesco che si laureato in economia alla Sapienza di Roma prima di andare a prendere il PhdD a Chicago, direttore del Ceps di Bruxelles (Centre for European Policy Studies), getta acqua sul fuoco.
«Attenzione — insiste — perchè non basterà neanche l’appoggio del presidente Juncker, che pure è stato nominato con il decisivo appoggio italiano e tedesco, perchè servirà una maggioranza forte all’interno della Commissione e soprattutto la convinzione ferma del nuovo commissario agli Affari Economici che, come insegna Olli Rehn, è molto più potente del successore di Barroso».
Però, professore, converrà che un appoggio politico di base è propedeutico a qualsiasi accordo. Oppure è inutile?
«Senta, le ricordo che ci sono delle regole comuni fissate con il Six Pack, molto rigide, precise e cogenti. L’Italia è stata fra i più convinti sostenitori di esse, ora vuole disattenderle? E gli altri, alla prima occasione le bypassano? Non si possono fare e disfare le norme a seconda degli accordi politici».
Insomma Renzi ha sbagliato indirizzo andando a tirare per la giacchetta la Merkel sino a farle ammettere che bisogna essere più flessibili?
«Intendiamoci, Renzi è stato molto bravo nel suo approccio all’Europa. Ha condotto una campagna elettorale basata non sulla lamentazione perchè l’Ue è un “cattivo tiranno” ma tutta in positivo sull’idea dell’integrazione, e ha conseguito una vittoria nettissima. A lui va buona parte del merito se nel Parlamento di Strasburgo c’è una solida maggioranza pro-Europa. Ora però deve fare un uso attento del suo prestigio e non favorire lo scavalcamento di regole comuni che sono invece molto preziose. Mi sembra un po’ arbitrario pretendere che le riforme diano automaticamente diritto alla flessibilità ».
Ma, guardando nel merito, non ritiene che se viene accordata questa benedetta flessibilità all’Italia, ne potrebbe uscire un quadro di sviluppo dal quale alla fine beneficerebbe tutta l’Europa?
«Guardiamola al contrario: l’Italia non dovrebbe chiedere più margini per se stessa. Cosa potrà ottenere? Lo 0,1-0,2% in più? Sarebbe produttivo invece provare a convincere la Germania a spendere di più. È l’unica che se lo può permettere: dovrebbe investire sulle sue infrastrutture, sul mercato interno, la produzione industriale. Allora sì che i benefici per tutta l’Unione sarebbero evidenti e tangibili. Sarebbe una bella prova di unità : quasi miracolosamente da un sondaggio post-elettorale è uscito che il 40% degli europei ancora crede nel Parlamento di Strasburgo, più degli americani che credono nel Congresso. Non dissipiamo questo patrimonio».
Eugenio Occorsio
(da “La Repubblica“)
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