Luglio 25th, 2014 Riccardo Fucile
UNA CORDATA DI SUOI AMICI HA VINTO LE ELEZIONI PER L’ACI DI MILANO…E UN VIDEO CELEBRATIVO DEL VOTO ANNUNCIA IL SUO COINVOLGIMENTO
Qualche tempo fa, Geronimo La Russa faceva sapere di non essere interessato a tornare in pista per guidare l’Automobile Club di Milano, l’ente che gestisce il circuito di Formula 1 di Monza.
«Per impegni personali ho declinato l’invito di amici che mi hanno chiesto di far parte della loro squadra», aveva risposto al “l’Espresso” nel marzo scorso, commentando le voci che lo davano interessato alla presidenza.
Oggi, però, la situazione potrebbe cambiare. Anche perchè il gran rifiuto di qualche mese fa del primogenito di Ignazio La Russa, ex ministro della Difesa, sarebbe in parte diversa rispetto alla versione che lui stesso aveva dato a suo tempo.
Secondo un articolo apparso sul sito brianzolo infonodo.org, La Russa Jr era veramente tra i candidati della lista “Sport e Rinnovamento”, capitanata dall’ex pilota della Ferrari Ivan Capelli, che lo scorso 23 luglio ha vinto le elezioni tra i soci dell’Aci milanese per il rinnovo del Consiglio direttivo.
Geronimo avrebbe dovuto fare un passo indietro non soltanto per i troppi impegni della sua professione di avvocato, ma anche per questioni burocratiche: avrebbe infatti rinnovato la tessera con qualche mese di ritardo rispetto ai tempi utili indicati per le candidature presentate all’assemblea dei soci.
A elezioni finite, però, La Russa junior potrebbe comunque essere coinvolto nel rilancio del club promesso da “Sport e Rinnovamento”, che oltre a Capelli ha portato nel consiglio anche Marco Coldani, Pietro Meda ed Enrico Radaelli.
E’ quanto rivela un video celebrativo dei risultati del voto postato su Facebook dalla stessa lista vincitrice, che lo stesso Geronimo ha linkato sul suo profilo.
Al minuto 2:24 del filmato lo speaker annuncia infatti che nella nuova gestione sarà impegnato anche La Russa, insieme a Massimo Ciceri, “perchè sono due risorse preziose” per dare a Monza “il futuro che la sua leggenda merita”.
Il circuito brianzolo, celebre per le gare di Formula 1, è in uno stato di completo abbandono.
E Bernie Ecclestone minaccia di portare via dalla Lombardia i gran premi. Ma prima di lui sono già scappati in tanti
Quello di Geronimo all’Aci milanese sarebbe in realtà un ritorno. Nel 2010 era infatti stato issato alla vicepresidenza assieme a una pattuglia di conoscenti, dal fidanzato dell’allora ministro del Turismo, Michela Brambilla, al figlio di Bruno Ermolli, uomo-ombra di Silvio Berlusconi.
La Russa Jr venne poi costretto a dimettersi nel 2012 dal decreto di Mario Monti che vietava i doppi incarichi agli amministratori (preferì conservare la poltrona in Premafin, la cassaforte della famiglia Ligresti).
Il nuovo consiglio dell’Aci dovrà dedicarsi a esaminare i conti della Sias, la società controllata a cui è affidata la gestione operativa dell’Autodromo, e realizzare in fretta i lavori di riqualificazione della struttura se si vuole che il circuito faccia parte del tour Expo 2015. Non solo.
Qualche settimana fa il gran capo della Formula 1, Bernie Ecclestone ha annunciato: “Non credo che faremo un altro contratto con Monza, dopo il 2016 bye bye….”.
Uno choc per le autorità locali, considerato che nel 2013 il Gran Premio ha generato sul territorio lombardo un indotto del valore di circa 60 milioni.
E che da quest’anno Monza ha già perso il Mondiale Superbike per colpa dello “scandalo bolle” (le deformazioni dell’asfalto sul manto stradale della parabolica, taciute dai gestori della struttura), finito sotto i riflettori della magistratura assieme ad altri aspetti della gestione.
Entro fine mese si riunirà il Consiglio con l’elezione scontata di Ivan Capelli alla presidenza dell’Aci, mentre al vertice della Sias salirà il presidente di Confindustria Monza e Brianza, Andrea Dell’Orto.
Le prossime sfide saranno impegnative.
Fortuna che Geronimo c’è.
Camilla Conti
(da “L’Espresso”)
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Luglio 25th, 2014 Riccardo Fucile
RISPONDE DI PECULATO ANCHE IL SEGRETARIO REGIONALE PD… SPESE INGUSTIFICATE PER 300.000 EURO…CI SONO ANCHE 150 EURO PER UN FRIGO
Quarantadue consiglieri regionali delle Marche sono indagati dalla Procura di Ancona per peculato in relazione alle spese sostenute da singoli e gruppi consiliari.
Tra gli iscritti nel registro degli indagati anche il presidente della regione Gian Mario Spacca e il segretario regionale del Pd Francesco Comi, oltre ad alcuni addetti alle segreterie dei gruppi.
Non ci sono invece il presidente del Consiglio regionale Vittoriano Solazzi e la consigliera Letizia Bellabarba, entrata nell’Assemblea nel 2013.
I nomi degli indagati figurano nella richiesta di proroga delle indagini presentata dalla Procura al gip.
Le indagini della Guardia di finanza erano partite nell’ottobre 2012 con l’acquisizione di una mole di documenti (rendiconti annuali dei gruppi, scontrini, bolle, fatture, pezze d’appoggio e supporti informatici), andata avanti per mesi.
Il materiale era stato poi passato al setaccio dalle Fiamme Gialle, che hanno successivamente trasmesso due informative alla Procura.
Il Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza avrebbe ricostruito la gestione dei fondi dei gruppi consiliari, dei consiglieri regionali e dell’ufficio di Presidenza del Consiglio Regionale delle Marche, acquisendo gli ultimi documenti e segnalando spese ritenute non regolari.
Il lasso di tempo finito sotto la lente d’ingrandimento andrebbe dall’ Ottobre 2008 al 2011. La spese sospette ammonterebbero ad una cifra di circa 300mila euro. Tra le spese più bizzarre, il rimborso di 150 euro per un frigo, e quello di 16 euro per un libro dal titolo ‘Segreto delle donne, viaggio nel piacere”.
Questo l’elenco degli indagati: Fabio Badiali, Gianluca Busilacchi, Antonio Canzian, Francesco Comi, EnzoGiancarli, Sara Giannini, Marco Luchetti, Almerino Mezzolani, Rosalba Ortenzi, Paolo Perazzoli, Paolo Petrini, Mirco Ricci, Roberto Oscar Ricci, Angelo Sciapichetti, GinoTraversini, Francesco Silveri Massi Gentiloni, Francesco Acquaroli, Giacomo Bugaro, Mirco Carloni, Graziella Ciriaci, Giancarlo D’Anna, Elisabetta Foschi, Giulio Natali, UmbertoTrenta, Giovanni Zinni, Gian Mario Spacca, Raffaele Bucciarelli, Daniele Silvetti, Franca Romagnoli, Erminio Marinelli, Enzo Marangoni, Roberto Zaffini, Moreno Pieroni, Massimo Binci, Maura Malaspina, Valeriano Camela, Luca Marconi, Fabio Pagnotta, Dino Latini, Paolo Eusebi, Sandro Donati, Paola Giorgi, Luca Acacia Scarpetti, Andrea Filippini, Adriano Cardogna, Giuseppe Canducci, Claudio Olmeda.
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Luglio 25th, 2014 Riccardo Fucile
IL RETROSCENA, L’EX CAVALIERE: “L’ACCORDO DEL NAZARENO È FATTO PER QUESTO E PER L’ITALICUM”
Incipit: “Ma cosa volete che m’importi del Senato, quella è una cosa di Renzi, io il patto del Nazareno l’ho fatto per la giustizia e la legge elettorale. Se non c’è l’Italicum con i nominati io come vi riporto alla Camera?”.
Risata generale di sollievo, anche un po’ ruffiana. Così parlò Silvio Berlusconi a tavola, l’altra sera in un ristorante nel centro di Roma.
Da lui l’ennesima conferma che nel patto segreto del Nazareno c’è anche la riforma della giustizia da fare insieme al Pd di Matteo Renzi.
È il terzo decisivo step previsto da un testo scritto e firmato dai due contraenti. Sceneggiata al ristorante contro le “maldicenze”
Da buona napoletana del popolo, di Fuorigrotta per la precisione, il quartiere dello stadio San Paolo, Francesca Pascale ha organizzato mercoledì sera una sceneggiata in piena regola per smentire le tante e vere voci sui suoi continui litigi con il “fidanzato” malato di satiriasi. Un classico della tradizione del sud: “L’ostentazione in pubblico per sopire e troncare le “maldicenze”.
A dare l’ ultima scossa al traballante rapporto di coppia è stata una trasmissione radiofonica di Radio24, La Zanzara, che ha riferito di una “rottura certa”.
Di qui l’esigenza di mettere in moto la propaganda del nuovo pink tank berlusconiano (in origine fu Alfonso Signorini) con a capo la stessa Pascale e la Badante Mariarosaria Rossi, sua corregionale.
Le due, di solito,s’improvvisano pure detective, modello Sherlock Holmes & dottor Watson, per individuare e cacciare la talpa.
“Che volete m’importi di Palazzo Madama”
Stavolta a finire nella lista nera, per le ultime indiscrezioni, è il medico personale di B., il professore Alberto Zangrillo, altra vittima illustra del cerchio magico che circonda il Condannato e che conta, oltre le due detective, il barboncino Dudù e il consigliere pacioccone Giovanni Toti.
A tavola i due “fidanzatini” e la Badante non erano soli. Con loro un piccolo corteo formato da: l’ex ministra Mariastella Gelmini, l’ex deputata Melania Rizzoli, i senatori Maria Rizzotti e Andrea Mandelli, il già citato Toti. E proprio quest’ultimo ha dato la stura a un lungo monologo di Silvio che via via è diventato una vera apologia del renzismo.
Ha obiettato Toti: “Presidente così Renzi non lo fermiamo più. Sta occupando tutto, mettendo i suoi in ogni posto…”.
B. lo ha stoppato e ha iniziato questa analisi che il Fatto riporta in maniera testuale: “Renzi è un fuoriclasse, un grande comunicatore , è determinato, è cattivo. Con me ha preso degli impegni precisi. A me del Senato non importa nulla, lui si è impegnato con me sull’Italicum e sulla giustizia. E a me questo interessa. Sulla giustizia faremo insieme quello che io da solo non sono riuscito a fare. In ogni caso lo staneremo in autunno, sull’economia. Renzi non ha alternative a una manovra complessiva da trenta miliardi euro, Dove li prende i soldi? Deve mettere per forza le mani nelle tasche degli italiani, vedrete ci sarà il prelievo forzoso sui conti correnti”.
Il “tavolo Ghedini” e le trattativa globale
Sulla giustizia, il patto del Nazareno avrebbe da tempo insediato un tavolo “riservato” in merito. Dentro Forza Italia lo chiamano “il tavolo Ghedini”, dal nome del legale di Berlusconi che ha storicamente in mano i dossier più sensibili in materia.
Ed è da questo tavolo che è nata un mese fa la voce di un tandem Ghedini-Violante per la Consulta, di nomina parlamentare e bipartisan.
L’ipotesi è tramontata e adesso il nome su cui puntano gliazzurri è quello di Donato Bruno, senatore di origine previtiana.
Un altro punto del patto prevede infine la condivisione del prossimo presidente della Repubblica: nel 2015 quando probabilmente Napolitano lascerà , alla fine del semestre europeo a guida italiana.
Un berlusconiano “nazareno” la mette così: “L’accordo è su una donna. Il diritto di scelta è di Renzi poi toccherà a Berlusconi rispondere”.
Di qui le voci circolate negli ultimi tempi su Roberta Pinotti, ministro della Difesa di matrice diessina ma diventata renziana di strettissima osservanza.
La minaccia del voto . Gli sms di Renzi a Romani
Sul caos del Senato, nonostante le drammatiche evoluzioni, Berlusconi a tavola non si è dato molto pensiero: “Vedrete che la riforma passerà perchè nessuno vuole andare alle elezioni anticipate”.
In realtà , qualche preoccupazione in Forza Italia c’è. Ieri Denis Verdini, ultrà renzusconiano e custode del patto, ha messo in giro una voce per drammatizzare i toni: “Matteo quando è andato al Quirinale aveva la lettera di dimissioni in tasca”.
E lo stesso premier ha reiterato le minacce con un sms duro a Paolo Romani, capogruppo di Forza Italia a Palazzo Madama: “O ci appoggiate o andiamo al voto”. Riuscirà il patto a circumnavigare l’abolizione di Palazza Madama?
Un anti-renziano come Renato Brunetta traduce l’ira del premier come un azzardo: “L’arma del voto è spuntata perchè Napolitano non scioglierà mai le Camere adesso”. La verità è che la “ciccia” per gli azzurri sta nella tenuta prossima dell’Italicum. È lì che la partita rischia di complicarsi.
Il divieto di espatrio: no a Provenza (e Sardegna)
Per Berlusconi sarà un’estate lungo l’asse Roma-Milano-Cesano Boscone.
Con i servizi sociali da svolgere, all’ex Cavaliere è stato rinnovato il divieto di espatrio (voleva andare in Provenza da una figlia). No anche a un soggiorno nella reggia di Villa La Certosa, in Sardegna, altra storica location del bunga bunga. Berlusconi si dividerà tra Palazzo Grazioli e Arcore, blindato e ingabbiato dal cerchio magico.
Quanto durerà ?
L’unico motivo di sollievo è il patto con Renzi, più forte dopo l’assoluzione per Ruby.
Ieri si è concesso finanche un colloquio con Raffaele Fitto, a capo dell’opposizione interna di FI. Gli ha detto no su tutto: primarie e organizzazione del partito.
Ma se non altro i due si sono parlati dopo tanto tempo.
C’è chi si accontenta di poco.
Fabrizio d’Esposito
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Luglio 25th, 2014 Riccardo Fucile
IL VICEPRESIDENTE EMERITO DELLA CONSULTA: “LA RIFORMA DI RENZI FACILITA I POTERI FINANZIARI PERCHE’ TOGLIE RAPPRESENTATIVITA’ AL POPOLO”…”MA CHE GOVERNO DEL FARE, FANNO COSE SENZA GUARDARE AI CONTENUTI”
Paolo Maddalena, vicepresidente emerito della Consulta, non è l’unico giurista ad avere più di una perplessità sulla riforma costituzionale.
E vuol precisare subito una circostanza dirimente: “La riforma costituzionale va letta in un quadro più ampio, cioè quello della politica internazionale. Qualora andasse in porto, costituirebbe un’ulteriore facilitazione per i poteri finanziari, perchè si toglierebbe rappresentatività al popolo. Ho l’impressione che il potere finanziario orienti la politica italiana, che va a scatafascio. Ogni giorno aumenta il debito pubblico, ogni giorno cresce la disoccupazione. Le istituzioni europee e internazionali — mi riferisco alla Bce, al Fondo monetario internazionale — mi pare siano state occupate dalle banche e dagli speculatori.
“E dunque le politiche di cui siamo destinatari, fanno gli interessi delle banche e non dei cittadini italiani. Nel Paese va avanti una politica recessiva: le responsabilità sono dei governi che hanno sottoscritto e dato esecuzione al fiscal compact. Siamo divenuti schiavi della speculazione finanziaria. In tutto questo, ci stiamo gingillando su modifiche costituzionali che a mio avviso sarebbe molto meglio lasciar perdere”.
Il premier continua a ripetere che intende andare fino in fondo…
Il nuovo esecutivo mi pare abbia ansia di dimostrare all’opinione pubblica di essere “il governo del fare”. Il guaio è che fanno delle cose, ma trascurandone il contenuto: non è per nulla detto che il nuovo sia meglio del vecchio. Soprattutto quando si tocca la legge fondamentale della Repubblica. È un documento che molti c’invidiano e che moltissimi ci hanno copiato. È pericoloso toccare l’ordine costituzionale in questo momento. La riforma, che si lega inscindibilmente alla legge elettorale, non mi convince affatto: una minoranza di maggioranza potrà incidere anche sugli organismi di garanzia.
Perchè?
La Costituzione italiana si fonda sull’equilibrio dei poteri, che viene infranto da questa pseudo-riforma costituzionale. Vorrei fare una semplice constatazione, che parte dal 37 per cento del premio di maggioranza previsto dagli accordi del Nazareno, che potrebbe essere portato al 40, ma poco conta. Considerando che votano in media metà degli italiani, la percentuale scende al 18,5. Cioè il 18,5, se va bene il 20 per cento degli italiani decide tutto. Ma la democrazia dove va a finire? Dove va a finire il bilanciamento dei poteri? La cosa mi pare grave: sento l’eco del piduismo, della riforma di Gelli. Noi diamo un potere enorme al capo del governo che poi potrà fare tutto ciò che vuole. E sarà l’esecutore delle prescrizioni delle banche internazionali, che governano la politica monetaria. Non dimentichiamo poi che il premio di maggioranza consente al governo di incidere sulla composizione della Corte costituzionale e sul Colle.
Cosa pensa del Senato dei cento?
Ritengo che il Senato debba essere elettivo, per un principio di democraticità . Sono d’accordo con la riduzione del numero dei senatori, ma non sulla modalità di scelta: penso che si debba lasciare al popolo la possibilità di eleggere i propri rappresentanti. Sarebbe auspicabile che la scelta avvenisse tra persone che abbiano dato prova di alta cultura istituzionale, che abbiano agito nell’interesse esclusivo della nazione, che non abbiano conflitti d’interesse nè mai abbiano avuto a che fare con la giustizia. Per quanto riguarda le competenze, sarebbe opportuno limitarle a questioni di grande rilevanza e di spessore costituzionale. In tal modo si abbrevierebbero i tempi per l’approvazione delle leggi.
Proprio questo Parlamento, delegittimato dalla sentenza della Consulta, doveva fare le riforme?
No, certo: è un parlamento di nominati. Ci vorrebbe una Costituente . Io ho 78 anni, ho memoria della prima Assemblea, ma quella Costituente non era composta da persone a caso, magari di bell’aspetto ma non si sa quanto di cultura. Allora avevamo grandi uomini, di altissimo profilo scientifico, etico, culturale. Ora io nell’agone politico non vedo persone in grado di fare una riforma costituzionale: sarebbe davvero meglio che lasciassero la Carta così com’è.
C’è stato un grande dibattito sull’immunità .
I rappresentanti del popolo non hanno bisogno dell’immunità : anzi penso che l’unico punto in cui la Carta dovrebbe essere modificata, visti i tempi, è quello che mantiene l’immunità . Dovrebbe valere per tutti quanto afferma la Costituzione all’articolo 54: “I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina e onore”.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Luglio 25th, 2014 Riccardo Fucile
LE OPPOSIZIONI NON RITIRANO GLI EMENDAMENTI E ALLA FINE ARRIVA LA “TAGLIOLA”
“Anche noi andremo al Quirinale”. Vito Petrocelli, capogruppo del Movimento Cinque Stelle in Senato prende la parola durante un dibattito infuocato, dopo che il presidente del Senato, Pietro Grasso ha annunciato la tagliola.
Poche decine di minuti, ed ecco il corteo della dissidenza esce in blocco da Palazzo Madama e si dirige in processione verso il Colle.
Quasi in contemporanea Maria Elena Boschi, subito ritwittata da Renzi, annuncia su Twitter: “Referendum comunque!”.
Il tardivo colpo ad effetto, e insieme il muro contro muro.
L’ennesima giornata convulsa in Senato si conclude così. Fino a metà pomeriggio, era scivolata quasi lenta, nel tentativo del capogruppo Pd, Zanda di convincere le opposizioni a ritirare gli emendamenti.
Una prima capigruppo viene convocata alle 11. Sospesa intorno alle 13, si riconvoca alle 14 e 30. Riunione fiume.
In origine, era iniziata una trattativa con Sel: i seimila emendamenti erano stati presentati da Loredana De Petris. Ma al momento che i Cinque Stelle li sottoscrivono (e dunque sarebbero anche loro a doverli ritirare) diventa chiaro che da parte di governo, Pd e maggioranza, non c’è modo di uscirne.
Non c’è soglia sull’Italicum che serva, non ci sono contropartite possibili. La trattativa abbozzata si interrompe. È muro contro muro.
“Non c’è stato nessun tentativo di mediazione: non vogliono cedere su nulla”, raccontano i senatori di Sel. “Renzi vuole vincere e basta”, la sintesi.
I renziani continuano ad agitare le elezioni. D’altra parte, non si può dire che il governo stia facendo nulla per evitare incidenti irrimediabili, che potrebbe additare al pubblico ludibrio come causa finale della chiamata alle urne.
Renzi vuole fare le riforme, ma le elezioni sono sempre una via d’uscita. E una tentazione. Sta a Grasso annunciare il contingentamento dei tempi.
Quando intorno alle 17 appare nell’Aula di Palazzo Madama per comunicare le decisioni della capigruppo inciampa sulle parole. “La Conferenza dei Capigruppo prevede il voto finale per l’8 agosto per complessive 115 ore”.
Quasi non riesce a finire di annunciarne la ripartizione, che la De Petris, occhiaie scurissime, toni altissimi, con la voce che a tratti si strozza, denuncia: “Signor Presidente, vogliamo sapere, ed insieme con noi lo vogliono sapere i cittadini, se debbono essere totalmente espropriati del loro diritto sacrosanto di eleggere i deputati o i senatori e se ci stiamo avviando verso un sistema in cui le elezioni dirette non sono più previste o in cui il suffragio universale viene coartato, per cui siamo destinati ad avere solo nominati”.
Poco prima ha riunito le opposizioni, con i dissidenti di Fi e Pd. Dalla riunione è uscita una lettera con l’indicazione di alcuni punti su cui aprire il confronto: immunità , norme sul referendum, mantenimento di un Senato eletto.
Sui primi due, le modifiche sono possibili, ma l’eleggibilità dei senatori è esattamente il punto su cui Renzi non cederà mai.
Morra del M5s scrive su Facebook: “Non c’è proprio alcuna vergogna nell’esercitare l’abuso della forza. Renzi pensa che il Senato sia come Gaza”.
Tocca ancora a Zanda fare la parte del pasdaran. In questi giorni è apparso grigio e stanco. Ieri è paonazzo, combattivo: “Non dovevamo arrivare al contingentamento, questa è la vergogna. Noi vogliamo discutere delle riforme costituzionali, non vogliamo contare gli emendamenti. Mi ribello a questa assenza di democrazia”, dice, tra le urla dell’opposizione.
Mentre definisce “luride” le parole di Morra.
La domanda che serpeggia insistente in Senato è: basterà la tagliola per finire l’8 agosto?
Probabilmente no: anche se si taglia il tempo per ogni dichiarazione di voto, comunque bisogna votarli gli emendamenti.
E le opposizioni dalla loro possono chiedere continuamente la verifica del numero legale. Renzi ha già detto di essere pronto ad andare avanti a oltranza.
Punta a fiaccare le resistenze nel nome delle ferie.
Il punto è: quanto tempo davvero serve? Nessuno sa quantificarlo. E poi, ci sono i voti segreti, uno in particolare della Lega sul numero dei deputati, può essere il classico incidente. “Se andiamo sotto su qualcosa, aggiustiamo alla Camera”, ancora una volta i renziani. C’è chi commenta in battuta: “Sono 4 letture, ma poi, noi facciamo su e giù, a oltranza”.
In effetti, il rischio c’è. Da Palazzo Chigi ci tengono a far sapere che la trattativa è interrotta. Renzi si sente forte, pensa che il paese abbia recepito il suo messaggio, la strumentalità nell’ostruzionismo. Poi, magari qualche apertura la mostrerà . Ora no. Martedì si ricomincia. Tutto è possibile.
Wanda Marra
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Luglio 25th, 2014 Riccardo Fucile
GLI UOMINI LIBERI DI TUTTI I PARTITI CONTRO L’ARROGANZA DELL’UOMO SOLO AL COMANDO, PADRE PADRONE DEL PARLAMENTO E DEL NOSTRO FUTURO
Senza eccedere in enfasi retorica, possiamo dire che quella di ieri è una giornata da segnare sul calendario.
Dopo tre anni di pensiero unico, quello delle larghe intese, è risorta l’opposizione.
Nel corteo di parlamentari di Sel, 5Stelle, Lega e dissidenti del centrodestra ci sono anche persone che non ci piacciono.
Ma la battaglia che hanno portato fin dentro il Quirinale è giusta, perchè è l’Abc della democrazia: difendere il ruolo delle minoranze, cioè del Parlamento.
Non è dallo stato di salute delle maggioranze, ma delle minoranze che si distinguono le democrazie dalle dittature e dai regimi autoritari.
Il Fatto, con la petizione che in una settimana ha raccolto oltre 160 mila firme, segnala la minaccia prossima ventura del grumo autoritario che spurga dal combinato disposto Italicum-Senato-Quirinale-Csm.
E paradossalmente chi l’ha architettata, mentre si sforza di smentirla, non fa che confermarla con le sue condotte quotidiane.
Noi denunciamo la futura autocrazia dell’uomo solo al comando: e Renzi, mentre irride all’accusa di autoritarismo, già si comporta da uomo solo al comando minacciando i suoi dissidenti e quelli dei partiti alleati, trattando il Senato come il consiglio comunale di Firenze o di un paese limitrofo (l’orizzonte è quello).
Noi denunciamo i deragliamenti incostituzionali del presidente della Repubblica: e Napolitano, mentre monita contro chi evoca spettri autoritari, chiama “paralisi” l’opposizione democratica, le intima di ritirare gli emendamenti, interferisce nella sovranità del Parlamento proprio nel momento del voto di una legge (costituzionale!), manda pizzini al Csm per salvare il procuratore di Milano che garba a lui e per bloccare la nomina del procuratore di Palermo che non piace a lui, infine rifiuta di ricevere la più ampia delegazione di parlamentari mai vista in piazza del Quirinale. Noi denunciamo il rischio di partiti sempre più personali comandati a bacchetta da un pugno di leader che si nomineranno senatori e deputati vieppiù servili: e già ora Renzi & B. tentano di spegnere ogni dissenso interno minacciando chi non obbedisce di espellerlo o di non ricandidarlo.
Noi denunciamo il piduismo strisciante di un modello di democrazia sempre più verticale e personalizzato, contro quello orizzontale e partecipato che ci lasciarono i Padri Costituenti: e il premier, mentre si fa una risata, irreggimenta la democrazia in base a un papello occulto detto “Patto del Nazareno” che conoscono in tre o quattro (Renzi, B., Letta Zio e Verdini) ma che subiamo tutti.
Noi denunciamo il futuro svuotamento del Parlamento, ridotto a cortile di casa del premier-padrone che potrà scegliersi anche un presidente della Repubblica di stretta obbedienza: e il capoccia del governo, con la complicità di quello dello Stato, pressa il presidente del Senato fino a indurlo al cedimento finale.
Cioè alla gravissima decisione di ieri di contingentare il dibattito sulla riforma costituzionale in tempi da regolamento condominiale, con una “tagliola” (la scadenza ultima all’8 agosto) palesemente incostituzionale: “La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale” (articolo 72 della Costituzione). Chiunque si renda complice di questo scempio, magari dopo aver difeso per anni le ragioni dell’ostruzionismo quando stava all’opposizione, dovrà prima o poi vergognarsi e renderne conto davanti ai propri elettori. Tutto ciò accade in piena estate, mentre gli italiani sono distratti dalle ferie: come tutti gli altri i colpi di mano contro la democrazia e la legalità , dal decreto Biondi nel 1994 alla legge Cirami nel 2002, dal lodo Schifani nel 2004 all’indulto salva-Previti nel 2006, dal lodo Alfano nel 2008 allo scassinamento dell’articolo 138 nel 2013.
Il resto lo fanno la disinformazione della stampa di regime (di larghe intese) e la rassegnazione di una cittadinanza stremata dalla crisi e dalla malapolitica, che chiede soltanto di arrivare viva a fine mese e di non essere più disturbata.
“Tanto sono tutti uguali”. Ieri il corteo di oppositori al Quirinale ha dimostrato plasticamente, dopo anni di “tutti uguali” (o quasi), che c’è anche un altro pensiero.
E che persino nei partiti di potere sopravvivono alcuni uomini liberi.
Finora l’opposizione era confinata nel recinto dei 5Stelle e a volte di Sel, in ordine sparso e in un asfissiante isolamento anche mediatico.
Ora, per fortuna, ci sono anche pezzi di Pd e di Forza Italia, com’è giusto che sia per una battaglia senza bandiere che non può essere nè di destra nè di sinistra, nè di sistema nè antisistema.
È una battaglia di democrazia che riguarda tutti noi.
In attesa di gridarlo in piazza, cominciamo a dirlo con una firma.
Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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