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“CIAO SPLENDORE, SONO ALLA 506”: BOBO E “LA REGINA DI TOKYO”

Giugno 12th, 2015 Riccardo Fucile

MARONI, DA ASPIRANTE STATISTA A ESTREMISTA? PER RESPINGERE LE ACCUSE PIU’ CHE I PROFUGHI

Di Roberto Maroni, almeno nella Lega, ce ne è sempre stato uno. Equilibrato, rassicurante, al limite grigio ma non esente da guizzi, sposato con una compagna classe, tre figli, sempre uguale a se stesso.
Di recente, pare invece che da uno si sia fatto bino: e il bello è che nessuno dei due Maroni di oggi sembra somigliante al Maroni di ieri.
Ce ne è uno, per dire, grafomane: due lettere ai prefetti lombardi in quattro giorni, roba che nemmeno Angelino Alfano.
Grafomane e appassionato alla causa no-immigrati persino più di Matteo Salvini e Beppe Grillo messi assieme: diffida i comuni lombardi ad accoglierli, dice che il governo ha una gestione “inadempiente” e “improvvisata” nella distribuzione dei migranti alle regioni, spiega che bisogna “sospendere Schengen”, “impedire le partenze con il blocco navale”, “fare campi profughi in Libia”.
L’altro Maroni, quello che spunta dalle carte dell’inchiesta milanese condotta dal pm Eugenio Fusco, è altrettanto inedito: uno che scrive “ciao splendore” alla sua ex collaboratrice Maria Grazia Paturzo, secondo i magistrati legata a lui da una “relazione sentimentale”, la invita in camera al berinini bristol “sono alla 506”, si impegna per un (poi mancato) viaggio a Tokio, e soprattutto per far ottenere a lei e un’altra amica un paio di contratti di lavoro, in Expo e in Eupolis.
Ancora non è ufficialmente stabilito se si tratti di comportamenti penalmente rilevanti: ad ogni buon conto, nell’avviso di conclusione indagini, il pm ipotizza induzione indebita e turbata libertà  nella scelta del contraente.
Insomma, sul Maroni supposto gaudente pende ora la tegola giudiziaria, potenzialmente in grado di abbattersi anche sotto forma di legge Severino, ossia di sospensione dalla guida della Regione. Si vedrà .
Ma intanto, che imbarazzo, che disagio, che disdetta.
Proprio adesso che il governatore della Lombardia per dirla col Foglio era “uscito dal coma”, rilanciando la Lega verso Forza Italia, lanciando Salvini verso le primarie.
Proprio adesso che dopo anni da pacato amministratore, pareva pronto a lanciarsi di nuovo nell’agone della politica sanguinolenta.
E va bene che, dopo i Belsito e Trota e i diamanti, la Lega di un tempo non c’è più da un pezzo, e va bene che non ci sono più le mezze stagioni, però che l’ultima primavera portasse via anche l’immagine che Maroni si è costruito in oltre un ventennio di politica leghista toglie anche l’impressione che qualcosa il tempo lo salvi.
Immalinconisce, oltretutto.
Nella Lega bossiana di lotta e di governo, Bobo era quello di governo. Ragionevole, sorridente, accomodante, al limite di sinistra (e non solo per il passato remoto, da ragazzo, nel gruppo marxista-leninista o in Democrazia proletaria), appassionato di musica e addirittura suonante l’Hammond o il sax nel suo gruppo, il Distretto 51.
Mai un pettegolezzo, mai un capello fuori posto, figurarsi inchieste.
Poi, dopo tante stagioni da autorevole secondo, il grande passo: sfilare al bossismo decadente il Carroccio, farselo intestare, diventare lui il capo.
Ricostruire un minimo sindacale di credibilità , a colpi di ramazza. E, dopo diciotto mesi di transizione difficilissima, il capolavoro politico, l’accordo di spartizione che (salvo il caso Tosi) ha funzionato magnificamente: chiudersi in regione, passando lo scettro — la scopa magicamente tramutatasi in felpa — a Matteo Salvini, l’artefice del risorgimento leghista, dell’inimmaginabile riscossa.
Ma, al di là  della verità  processuale ancora tutta da stabilire, c’è intanto questo pastrocchio di immagine, nel quale l’unità  almeno pubblica del personaggio pare essersi andata a farsi benedire.
E un giorno Maroni tuona contro gli immigrati, un altro litiga con Renzi e con Alfano e smentisce gli accordi che lui stesso aveva siglato da ministro, un altro finisce in prima pagina per gli sms imbarazzanti, i curruculum tutti da inventare (“ma che ci devo scrivere? Io non ho fatto un cavolo”, dice Paturzo ad una amica), le raccomandazioni che la madre della sua ex collaboratrice fa alla figlia: “A Tokio vai a fare la regina”.
E più escono notizie giudiziarie, più il governatore lombardo picchia duro sui migranti, e scrive, e avverte, e minaccia: quasi che respinger loro sia respingere il resto.
O serva, per lo meno, a non pensarci.

Susanna Turco
(da “l’Espresso”)

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FESTINI HARD CON GLI ELETTORI IN CAMBIO DI VOTI, QUESTA ANCORA CI MANCAVA… MA IL PROBLEMA DELL’ITALIA SONO I PROFUGHI

Giugno 12th, 2015 Riccardo Fucile

A PORTO CESAREO PROCESSO A EX VICESINDACO E ASSESSORE, SESSO IN CAMBIO DI VOTI, GRECO FU IL PRIMO DEGLI ELETTI

I festini pre-elettorali organizzati a Porto Cesareo, in provincia di Lecce, alla vigilia delle elezioni amministrative del 2012 è costato il rinvio a giudizio all’ex vicesindaco Antonio Greco e all’ex assessore Cosimo Presicce.
Il gup leccese Antonia Martalò ha accolto in pieno la richiesta della Procura e disposto che entrambi vengano processati per voto di scambio e sfruttamento della prostituzione.
A partire dal 4 novembre la vicenda dei festini hard alla vigilia delle elezioni verrà  dunque sviscerata in un’aula di tribunale.
Come testimoni saranno chiamate diverse ragazze romene che in una villetta alla periferia di Porto Cesareo ballavano e poi si offrivano agli uomini invitati alle feste.
Le serate a luci rosse – secondo le ipotesi dei carabinieri di Campi salentina – sarebbero state organizzate da Greco e Presicce. I quali, è scritto nel capo d’imputazione, “sfruttavano giovani donne di nazionalità  romena, facendo sì che gli elettori ne fruissero gratuitamente e ottenendo la preferenza elettorale per Greco”.
Sesso in cambio di voti, dunque.
Come hanno già  testimoniato davanti al pm Carmen Ruggiero decine di uomini che tra l’autunno del 2011 e la primavera del 2012 parteciparono gratuitamente ai festini, senza dimenticare di manifestare la loro riconoscenza a Greco nel momento delle votazioni.
Lo stesso Greco, candidatosi con la lista Progetto futuro a sostegno del sindaco poi eletto Salvatore Albano, ottenne all’epoca ben 348 preferenze, risultando in tal modo il primo degli eletti e conquistando l’ambita carica di vicesindaco, poi abbandonata dopo lo scandalo.

Chiara Spagnolo
(da “La Repubblica”)

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BLITZ DEL GOVERNO, GIUBILEO COMMISSARIATO, AFFIDATO AL PREFETTO GABRIELLI

Giugno 12th, 2015 Riccardo Fucile

L’IRA DI MARINO: “COSI’ IO NON CI STO”

Bisogna lavorarci ancora un po’ ma è quasi tutto pronto per la nomina di un commissario al Giubileo che comincia l’8 dicembre e finisce nel novembre del 2016. Fino a qualche giorno fa il ruolo era rivendicato con forza e senza alcuna apertura a soluzioni differenti da Ignazio Marino.
Adesso è cambiato tutto e Matteo Renzi si prepara a scegliere un’altra persona affiancandola al primo cittadino nella gestione di un evento planetario. La scelta cadrà  sul prefetto di Roma Franco Gabrielli.
Non è un cambio di linea rispetto alla blindatura di Marino nel pieno della bufera di Mafia capitale.
Ma è la presa d’atto che il chirurgo ha bisogno di aiuto, non può gestire pressioni fortissime, lavoro di trasparenza che va avanti e contemporaneamente tutti gli atti di una vetrina mondiale come l’Anno Santo.
Già  ieri gli uffici di Palazzo Chigi avevano preparato il decreto della presidenza da varare nel pomeriggio descrivendo gli ambiti del commissariamento.
Nel testo non si facevano nomi e quindi non si escludeva che potesse essere lo stesso sindaco a guidare la macchina giubilare.
Si descriveva una figura di “raccordo operativo” legata all’appuntamento.
Il decreto è saltato all’ultimo momento e con esso l’inserimento nel dl enti locali dei fondi per gestire il Giubileo.
Un piccolo giallo. Alcuni dicono che la norma non fosse perfetta, quindi da riscrivere. Altri immaginano un Marino furioso per questo primo concreto scollamento tra la sua posizione e la posizione del Partito democratico.
Proprio mentre l’inchiesta travolge il Campidoglio.
La verità  è che il Pd sta provando a convincere il sindaco ad accettare un sostegno. “E’ nel suo interesse condividere le responsabilità “, spiegano a Largo del Nazareno.

Goffredo De Marchis
(da “La Repubblica”)

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