Giugno 16th, 2015 Riccardo Fucile
GIOLE MAGALDI A PRANZO CON LA SENATRICE M5S LAURA BOTTICI
È un massone e lo rivendica con orgoglio.
Ci ha persino scritto su un librone per Chiarelettere, “Massoni”, un testo che descrive un mondo dominato da super logge Ur-Lodges che “viene molto letto tra i grillini”. Rivendica come sua la vittoria al ballottaggio di Gioia Tauro, che ha visto prevalere Giuseppe Pedà , sostenuto da alcune liste di centrodestra ma “nostro socio fondatore”. Parliamo di Gioele Magaldi, romano, classe 1971, Gran maestro del Grande oriente democratico (nato in polemica con il più noto Grande oriente d’Italia), presidente del “Movimento Roosevelt”, una sorta di meta partito che si propone, dopo il successo calabrese, di partecipare alle prossime comunali a Napoli, Milano, Roma.
Magari proprio in partnership con il M5s, “con cui ci sono contatti politici e alcune visioni comuni”.
Nei giorni scorsi è stato avvistato al Senato, a pranzo con la senatrice grillina Laura Bottici, uno dei pilastri del movimento.
Una lunga conversazione su come riportare alle urne il 50% di astensionisti, bacino potenziale che fa gola a molti.
Su come radicarsi sul territorio, e convincere “i tanti italiani che non guardano i talk politici, ma che hanno bisogno di un contatto diretto”, hanno convenuto i due commensali.
Un dialogo aperto, e del resto Magaldi ormai va per la maggiore tra i grillini.
“Grillo ha citato più volte il mio libro nei suoi post e il blog mi ha intervistato. Mi hanno detto che lo stesso Casaleggio ha trovato il mio libro illuminante”.
Nel volume, Magaldi si definisce “un addetto ai lavori massonico internazionale”, e racconta come l’opinione pubblica, non solo italiana, sia “manipolata” dai grandi media e di come varie personalità della politica e dell’economia siano legate alle super logge.
La stessa Bottici, nello scorso gennaio, ha presentato un’interrogazione a palazzo Madama per chiedere all’allora presidente Napolitano di “riferire sulla sua affiliazione alla loggia massonica segreta sovranazionale aristocratica reazionaria Three Eyes”, denunciata “in un libro molto interessante del gran maestro Gioele Magaldi”.
L’interrogazione non ha mai avuto risposta, ma il sodalizio con il M5s non si è interrotto.
Fino al recente pranzo in Senato.
“Ho visto la Bottici e anche altri parlamentari M5s”, spiega Magaldi ad Huffpost. “C’è molto interesse tra loro sul mio libro”.
In Calabria però il gemellaggio, pur in assenza di una lista Roosevelt, è stato col centrodestra.
“Noi sosteniamo chi segue il nostro programma”, spiega, “siamo un meta-partito, abbiamo iscritti anche del Pd e di Forza Italia, di cui preferisco non fare i nomi”.
Con i grillini però il feeling sembra più forte.
E del resto, nell’intervista al blog di Grillo del gennaio 2015, Magaldi definisce il M5s il “meno peggio” tra i partiti e invita i grillini ad “allearsi” con lui e a “scongelare” i loro voti.
“Solo così potremo avere una svolta politica importante”.
“All’inizio pensavo che loro fossero eterodiretti da qualcuno per congelare dei voti e favorire l’inciucio tra Pd e Forza Italia. Poi mi sono ricreduto, loro sono in buona fede. E il fascino che io esercito su di loro deriva dal fatto che nel libro hanno trovato una descrizione rigorosa e nitida delle dinamiche del potere, al di là di molte tesi complottiste che io confuto. E anche dal fatto che io ho detto loro con chiarezza che le alleanze in democrazia si fanno, che non si può pensare si abolire i partiti”.
A Gioia Tauro l’alleanza però è stata con Forza Italia, “ma il partito locale si è già roosveltizzato”, assicura Magaldi, che annuncia la nascita di coordinamenti locali e di circoli “in tutta Italia”.
“Io sono massone, ma il movimento è aperto a tutti”. Dal porto calabrese, che considera un “esperimento politico archetipico” Magaldi punta alle prossime amministrative 2016 nelle grandi città . Nel frattempo corre il rischio di diventare un nuovo ideologo grillino come il professor Becchi? “Ma per carità ”, replica lui.
“Io non sono in intellettualino o un ideologo. Sono un ex imprenditore, che ha lasciato l’attività per divisioni dentro il mondo della massoneria. Sono uno studioso, un massone orgoglioso che ora intende fare politica”.
L’obiettivo pare ambizioso: “Un’alleanza tra i cittadini comuni e le avanguardie massoniche progressiste internazionali, contro le oligarchie neoaristocratiche, e le involuzioni tecnocratiche della governance italiana, euro-atlantica e mondiale”.
Ce n’è abbastanza per affascinare gli habituè del blog di Grillo.
E chissà che alla fine la partnership non si realizzi davvero.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 16th, 2015 Riccardo Fucile
IL PRIMO CITTADINO DI SEREGNO,”SCHIFOSI, NON SIETE PERSONE”… I LEGHISTI LOCALI LO AVEVANO SFIDUCIATO PER CERTE SUE AMICIZIE CON FAMIGLIE DELLA ‘NDRANGHETA, MA SALVINI HA CACCIATO CHI RECLAMAVA TRASPARENZA
Nel suo ultimo giorno da sindaco, Giacinto Mariani, l’uomo di Matteo Salvini in Brianza, minaccia di
morte i giornalisti di Infonodo.org, un blog locale di inchieste. Lunedì sera Mariani, a fine mandato come sindaco di Seregno e fresco di rielezione per la Lega, riceve i sostenitori in una sala del Comune.
E fa gli auguri al suo successore e alleato, Edoardo Mazza, Forza Italia, appena uscito vincitore dal ballottaggio di domenica contro il candidato del Pd.
È presente anche Fabrizio Sala, assessore regionale a Expo 2015.
Poco dopo Mariani, abbracciato al nuovo sindaco, parla davanti alla telecamera di un’emittente locale: «Spero che il sito anonimo che è andato via questa sera muoia perchè se lo merita», dice riferendosi a Infonodo e al collaboratore Michele Costa, che si era appena allontanato.
Risuonano applausi e grida: «Bravo».
«La città di Seregno ha dimostrato che non ha bisogno di falsità , di cattiverie, di atti anonimi… Basta con le cattiverie, spero che le opposizioni la smettano di rifarsi a siti anonimi gestiti da animali, da banditi, da ladri e da schifosi».
Ancora applausi e grida dei leghisti e degli elettori del centrodestra presenti: «Bravo». «Perchè queste persone devono morire», insiste Giacinto Mariani: «Queste persone non sono degne di essere chiamate persone».
La Brianza che l’ha votato, in sottofondo, è in delirio: «Giacinto, Giacinto, Giacinto…».
Anche Edoardo Mazza, il sindaco appena eletto, sempre accanto a Mariani, lo guarda, sorride e applaude.
Dicono già che Mariani sarà il suo fido vicesindaco, o forse addirittura il sindaco ombra. I due, pur appartenendo a Lega e a Forza Italia, hanno più volte dimostrato sintonia.
Nel 2014, durante la campagna per le europee, Giacinto Mariani, sindaco leghista di Seregno e candidato (ma non sarà eletto), gira il suo spot elettorale nel bar-panetteria di Antonino Tripodi, in piazza Vittorio Veneto 5, a pochi passi dal municipio.
Chi è Tripodi? È il nipote, attraverso la moglie, del boss della ‘ndrangheta in Brianza, Candeloro Pio.
Si legge di lui negli atti dell’operazione “Infinito”: «Oltre che legato da vincoli di parentela con appartenenti alla cosca, mantiene i contatti con numerosi associati», scrivono i carabinieri del Ros, anche se poi verrà assolto dall’accusa di appartenere alla ‘ndrangheta.
Dallo stesso bar-panetteria, poche settimane fa passa perfino la campagna elettorale del nuovo sindaco, Edoardo Mazza: si fa fotografare seduto ai tavolini con il vicepresidente della Regione Lombardia, Mario Mantovani (che dirà poi di non sapere nulla sulla proprietà del locale).
Insomma, Seregno è piena di bar e panetterie. Perchè insistere con i Tripodi?
«È una famiglia di Seregno come tutte le altre», risponderà Mariani dopo lo spot.
Nel 2013 il sindaco uscente si era trovato contro quasi tutto il gruppo leghista, che si era dimesso in blocco dal consiglio comunale.
Ma Matteo Salvini, allora responsabile per la Lombardia, sconfessò il partito locale che chiedeva trasparenza.
E sostituì i dimissionari con i non eletti. L’addio in blocco era stato deciso dopo la pubblicazione di un’inchiesta de “l’Espresso” : quando un socio del sindaco Mariani, Mario Barzaghi, allora vicepresidente della potente filiale di Confindustria in provincia di Monza, aveva sequestrato e minacciato di morte chi scrive, durante un’intervista.
Barzaghi non aveva gradito le domande sui suoi affari con il sindaco, un ufficiale dei carabinieri e una testa di legno del clan dei casalesi al Nord.
Per quell’episodio, l’ex vicepresidente di Confindustria e la figlia sono stati citati in giudizio dalla Procura di Monza per il reato di violenza privata.
Reato commesso, secondo il pubblico ministero Donata Costa, «in concorso tra loro, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, con violenza e minaccia».
Adesso ancora minacce di morte.
Contro i giornalisti che non hanno mai smesso di scrivere.
Lanciate pubblicamente dai due amministratori più importanti della provincia, uno parla, l’altro applaude, che promettono di guidare il centrodestra nei prossimi cinque anni.
Minacce da gangster. Tra le ovazioni del pubblico.
Anche la Brianza, ormai, è una terra di paura.
Fabrizio Gatti
(da “L’Espresso“)
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Giugno 16th, 2015 Riccardo Fucile
PER LA PRIMA VOLTA NEL GIGLIO MAGICO SI PARLA DI SCONFITTA…. MA FUORI IL SILENZIO È OBBLIGATORIO
“Siamo certi che i giornali daranno ampio spazio alle relazioni Italia-Messico e vi preghiamo di farlo”. All’indomani dei ballottaggi Matteo Renzi si presenta alla stampa a Palazzo Chigi con il presidente del Messico, Enrique Peà±a Nieto.
Utilizza l’occasione per alzare i toni sull’immigrazione (“L’Italia deve farsene carico e lo fa, ma se non si trovano soluzioni alte, faremo da soli”), ma ancora una volta sceglie di non dire una parola ufficiale sul risultato dei ballottaggi.
Nel vocabolario renziano con l’ultima tornata di amministrative sono entrate la parola “sconfitta” e anche la parola “ritiro” e “ripensamento” sulla riforma della scuola.
Ma non in pubblico. Meglio non ammettere troppa debolezza in mezzo a una tempesta perfetta: Renzi ha praticamente dichiarato guerra alla Francia sull’immigrazione; non ha ancora trovato il modo per fronteggiare Mafia Capitale; non governa il Pd.
L’imoressione, per la prima volta da quando è a Palazzo Chigi, è che Renzi sia, se non proprio sotto choc, quanto meno un po’ tramortito.
Se è per l’analisi del voto fatta con i fedelissimi, parla di un risultato “complesso”, dovuto anche al fatto che “sono tutti contro di me”.
Ed è facile “prendere voti sulle urla e sulla paura” (riferimento alla Lega, anche se si nega che Salvini abbia fatto davvero il pieno).
Mentre sale la consapevolezza che “il problema non sono i Cinque Stelle, ma il centrodestra che si è ripreso” (e che, alleato, potrebbe vincere un eventuale ballottaggio con l’Italicum).
E poi, ammette che il Pd deve essere ripensato.
“È una dinamica strana: non è che un segretario può scegliere tutti i candidati”, spiega un alto dirigente dem. Ci sono una serie di distinguo, almeno nel racconto dei Democratici: Felice Casson avrebbe perso perchè i 5Stelle non hanno raccolto il suo appello e poi a Venezia era impossibile vincere, anche se lui è un campione di legalità . A Matera si perso perchè è arrivata la fine di un ciclo. E a Gela, il centrodestra “ha dato chiaramente indicazione di voto per i grillini”.
Il caso Arezzo è quello che brucia: ha perso il candidato della Boschi.
Nessuno se lo aspettava, ma è un altro campanello d’allarme.
Poi, c’è il caso Enna: “Abbiamo tolto il simbolo, Crisafulli ha vinto nonostante noi”, Che il Pd sia tutto da rifare ormai è una consapevolezza diffusa.
Si comincerà proprio con il commissariamento della Sicilia. E poi, si pensa a scrivere nuove regole per le primarie.
I vertici per ora non sono in discussione. Per ora.
Perchè Renzi sta pensando a mettere mano sia al partito, sia al governo. Quando e come, non è chiaro.
Magari portando altra gente al Nazareno, come sperano in molti. “Sia Matteo che il Giglio magico devono capire che non si può andare avanti così, con 5 o 6 persone che decidono tutto. Per esempio, bisognava consigliargli di andare a trovare il capotreno al quale hanno mozzato un braccio a Milano, o ad accogliere gli immigrati da qualche parte. Sarebbero stati punti in più”, riflette un giovane renzianissimo.
E mette il dito nella piaga: “C’è un problema di classe dirigente”.
Sono mesi che lo sussurrano vicini e meno vicini, persone nelle grazie del capo, o cadute in disgrazia.
Adesso, almeno per quel che riguarda il Pd sui territori, lo ammettono tutti.
Wanda Marra
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 16th, 2015 Riccardo Fucile
LA VITTORIA DEI SINDACI MODERATI HA FATTO CADERE IL FALSO MITO DELL’UNITA’ DEL CENTRODESTRA… A VENEZIA BRUGNARO HA BATTUTO PRIMA LA LEGA E POI RENZI
Il successo dei moderati alle Comunali di domenica ricorda la stagione dei sindaci di sinistra di
ventidue anni fa.
Certo, i candidati vincenti di allora erano rappresentanti del ceto politico, mentre oggi per la maggior parte sono espressione della società civile.
Ma le condizioni in cui si registrò quel risultato somigliano al contesto attuale: così come il voto del ’93 annunciò la fine della Prima Repubblica e anticipò un modello di alleanze nel fronte progressista, dal test del 2015 – e sulle macerie della Seconda Repubblica – emerge l’embrione di un progetto che potrebbe mutare radicalmente il profilo dell’area moderata nel sistema che verrà .
È un sorta di big bang, perciò è impossibile stabilire oggi quale forma prenderà il caos, ma non c’è dubbio che si tratti della prima vittoria post berlusconiana costruita in quel territorio chiamato finora centrodestra.
Se Venezia va considerato il progetto-pilota e Brugnaro ne è il testimonial, si nota intanto che l’eletto non è frutto dei famosi casting, non rappresenta cioè il prototipo del candidato che ha caratterizzato un’era.
E soprattutto, nel corso della campagna elettorale, ha tenuto a marcare la distanza.
Di più: Brugnaro ha vinto al primo turno la sfida con la Lega nella sua roccaforte regionale, e poi ha battuto l’esponente del Pd per il quale Renzi era sceso in campo, sostenendo che «a me Renzi piace»…
«C’è in effetti un centrodestra un po’ renziano», dice il coordinatore di Ncd, Quagliariello: «Ma siccome Renzi finora non ha fatto Kadima – il partito che in Israele ha unito un pezzo di laburisti e un pezzo di conservatori – allora ha deciso di mettersi autonomamente in movimento».
Sarà , ma vincere sul candidato di Renzi inneggiando a Renzi è un paradosso che produce un altro paradosso.
Perchè la vittoria dei sindaci moderati – a Venezia come ad Arezzo, a Chieti come a Nuoro – ha fatto cadere il (falso) mito dell’unità del centrodestra: una formula a cui molti – subito dopo il voto – si sono aggrappati per considerarsi parte del successo. «Uniti si vince» più che una parola d’ordine è parso ieri un logoro refrain, visto che è stato smentito dagli stessi che lo pronunciavano.
A livello nazionale, infatti, lo scontro è proseguito senza sosta.
Salvini – inneggiando alle primarie – ha ribadito il suo progetto a trazione leghista, «e poi vedremo se Berlusconi ci starà ».
Berlusconi – deciso a non subire – ha evocato il modello sarkozista per l’unità del fronte moderato, proprio mentre l’ex ministro Gelmini esortava l’Ncd lombardo a scindersi da Alfano.
E per tutta risposta Quagliariello ha ricordato agli «amici di Forza Italia» per la seconda volta in pochi giorni che in Liguria la nuova giunta regionale si regge sul voto del consigliere centrista…
Il punto è che, venuta meno la leadership berlusconiana a livello nazionale, si fa strada l’idea che siano le realtà locali a caricarsi di un compito gravoso e dall’esito tutt’altro che scontato.
Come se l’infarto politico del vecchio centrodestra avesse dato origine a un circolo sanguigno collaterale. I sindaci del 2015 sembrano i rappresentanti di quel popolo che ha subito la diaspora e che per larga parte si è rifugiato nell’astensionismo.
Si vedrà se saranno capaci di governare il caos, se davvero – come dice Alfano richiamandosi a Brugnaro – saranno il prototipo di «una forza moderata vincente che guida e non si fa guidare, e a cui Salvini al massimo si può accodare».
Ma appena due settimane fa alle Regionali l’affermazione di Zaia in Veneto e di Toti in Liguria, insieme all’avanzata prorompente della Lega hanno messo in mostra un altro modello di centrodestra.
Di qui un conflitto che pare insanabile, sebbene Berlusconi si proponga come mediatore tra le parti, convinto che si debba e si possa intercettare quel «vento che è cambiato» – come dice l’azzurra Bergamini – e che non gonfia più le vele di Renzi.
L’offensiva dell’ex premier su economia e immigrazione ha scoperto il fianco debole del leader democratico ma allo stesso tempo sta ulteriormente allargando il fossato tra Forza Italia e Ncd.
Ed è sulla «innaturale posizione» di Alfano nel governo che Berlusconi insiste, certo di aver la meglio in prospettiva, malgrado le difficoltà e le contraddizioni che attraversano il suo partito: l’«unità » che sul territorio si rivela un fattore «vincente», si scontra non solo con la modestia delle cifre elettorali di Forza Italia ma anche con la frammentazione in Parlamento dei gruppi, alla vigilia di un passaggio che potrebbe segnare una nuova scissione.
C’è poi un altro bivio che attende Berlusconi: quello sulle riforme costituzionali e sulla legge elettorale, tornata al centro del dibattito.
Per esser parte attiva nel progetto di revisione della Carta e dell’Italicum, dovrebbe però cambiare la posizione assunta alla Camera.
«Sta ancora riflettendo sul da farsi», spiegano i fedelissimi, come a sottolineare la difficoltà della scelta, il rischio cioè di creare una frattura con la Lega, alleato di cui Berlusconi non può nè vuole fare a meno.
Il big bang nel centrodestra è in corso, e la durata della legislatura – che nessuno vuol mettere in discussione – non fa ancora capire cosa verrà dopo il caos.
Francesco Verderami
(da “il Corriere della Sera“)
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Giugno 16th, 2015 Riccardo Fucile
IPOTESI DI RILASCIARE DOCUMENTI DI VIAGGIO VALIDI TRE MESI PER CIRCOLARE IN TUTTA EUROPA… DIVIETO DI ATTRACCO ALLE NAVI STRANIERE CON A BORDO PROFUGHI SOCCORSI IN MARE
Si muove su un doppio fronte la trattativa del governo per affrontare l’emergenza migranti. 
Non c’è solo la polemica con Regioni e Comuni che fanno muro di fronte alla necessità di accogliere i profughi: lo scontro si allarga all’Europa e le conseguenze appaiono imprevedibili.
Dopo la decisione della Francia di tenere chiusa la frontiera di Ventimiglia, il timore forte è che anche Germania e Austria possano prendere analoghi provvedimenti, addirittura sospendere Schengen.
Se così fosse, l’Italia è pronta a sfidare gli altri Stati con il rilascio ai richiedenti asilo dei lasciapassare validi tre mesi che consentono di circolare liberamente entro i confini della Ue.
La scelta avrebbe comunque l’effetto di provocare una frattura profonda e dunque la sensazione è che al momento venga evocata come arma di pressione da usare solo se la situazione dovesse effettivamente degenerare.
Permessi e navi
La scelta del presidente del Consiglio Matteo Renzi, che ieri sera ha visto Alfano, di alzare i toni alla vigilia della riunione dei ministri dell’Interno europei in Lussemburgo fa comunque ben comprendere che la partita rischia di chiudersi escludendo la possibilità di costringere gli altri Paesi ad accogliere 40 mila stranieri (24 mila dall’Italia e 16 mila dalla Grecia).
Tra le ipotesi esplorate in queste ore, se davvero l’Italia non dovesse trovare collaborazione internazionale, c’era quella di chiedere all’Ue l’applicazione della direttiva 55 del 2001 che consente la protezione umanitaria, ma la condizione necessaria per avviare la procedura è un «afflusso massiccio di sfollati» e al momento il governo è consapevole che non ci sono le condizioni per sollecitare un provvedimento di portata straordinaria.
Anche tenendo conto che sin dalla sua approvazione non è mai stata messa in atto. Dunque si sta valutando la strada alternativa con il rilascio dei permessi temporanei da parte delle prefetture, una misura che rimane comunque sospesa in attesa di capire che cosa farà l’Unione.
Più incisiva e immediata la posizione sulla presenza delle navi straniere nel Mediterraneo.
La diplomazia ha già comunicato che nessuno potrà soccorrere i migranti in acque internazionali e poi trasferirli in Italia.
Anche perchè i natanti sono considerati territorio del Paese di bandiera e dunque possono essere considerati luogo di primo ingresso per chi richiede asilo.
Cie e Cara
La situazione rimane comunque grave, tanto che il ministro dell’Interno Angelino Alfano ha concordato l’ampliamento delle strutture di accoglienza in Lombardia (i Cara per i richiedenti asilo e i Cie per gli «irregolari») nel tentativo di alleggerire la pressione alla stazione Centrale di Milano e in tutta la Regione.
Non si tratta comunque di una soluzione, l’obiettivo rimane quello di distribuire gli stranieri sul territorio costringendo i governatori ad accettare le «quote» calcolate dal Viminale sulla base di parametri uguali per tutti che comprendono tra l’altro, l’estensione del territorio, il numero di abitanti, la media del reddito pro capite.
Non a caso, al termine della sua missione in Veneto, il prefetto Mario Morcone, capo del Dipartimento Immigrazione del Viminale, ribadisce la necessità che in ogni Regione ci sia un «hub per l’accoglienza» dove sistemare almeno 300 persone «per dividere chi ha diritto alla protezione internazionale da chi non ce l’ha».
Fiorenza Sarzanini
(da “il Corriere della Sera“)
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Giugno 16th, 2015 Riccardo Fucile
L’ESEMPIO VIRTUOSO DI RIACE
Mentre in ogni angolo d’Italia infuriano le polemiche sui migranti, a Riace, piccolo comune della
Locride famoso per il ritrovamento dei due Bronzi, a distanza di 17 anni dal primo sbarco l’economia locale ha subito un vero e proprio rilancio grazie ai progetti per l’accoglienza e l’integrazione.
Uno dei dati più significativi è quello relativo alla presenza di 400 migranti, provenienti da 25 diversi Paesi, su una popolazione complessiva di 1.800 abitanti.
Passeggiando tra le vie ci si rende subito conto di come la popolazione è diventata multietnica con i migranti, per lo più richiedenti asilo e rifugiati, perfettamente integrati nella realtà locale. Il sindaco, Domenico Lucano, da anni è in prima linea per gestire i tanti progetti e le iniziative che offrono lavoro ed hanno dato un forte impulso all’economia.
Decine sono le botteghe per la lavorazione di prodotti artigianali e sei sono le cooperative create negli ultimi anni.
Quando Lucano parla della sua esperienza è raggiante e sorridente perchè «noi rappresentiamo una esperienza unica in Italia».
E poi si spinge anche ad altro sostenendo che «sui migranti ed i rifiuti abbiamo costruito il riscatto sociale di Riace. Un tempo questo comune aveva il centro storico abbandonato mentre ora tutte le case sono occupate e da noi si vive in tranquillità e serenità ».
Una delle cooperative locali gestisce la raccolta dei rifiuti differenziata.
Uno dei dipendenti è Daniel Yaboah, ghanese di 32 anni, giunto in Italia con la moglie nel 2008 e da quattro anni cittadino di Riace.
La moglie di Yaboah, invece, lavora come parrucchiera. Nel comune calabrese ci sono anche 77 italiani che lavorano nei vari progetti di accoglienza come mediatori culturali e interpreti.
«Sono persone – aggiunge Lucano – che lavorano con regolare contratto, vivono e spendono a Riace. In questo modo riusciamo a tenere sempre viva la nostra economia locale».
A Riace si sono inventati anche una sorta di moneta locale. Si tratta di un bonus spendibile in tutti i negozi del territorio comunale.
E quando poi arrivano i fondi accreditati dai soggetti istituzionali che gestiscono l’accoglienza (Prefettura e Ministero dell’Interno) i bonus vengono cambiati in euro.
«È un modo – sostiene il sindaco – per far fronte anche ai ritardi e per non bloccare il flusso economico. Ed abbiamo visto che l’esperimento funziona benissimo».
Uno degli ultimi progetti, che offre lavoro a sei persone, è quello relativo alla realizzazione di un parco urbano come attrazione turistica.
«Un tempo Riace – conclude Lucano – era famosa solo per il ritrovamento dei Bronzi ora, invece, siamo un modello per accoglienza e integrazione. E tutti noi siamo fieri di questo risultato. Quando sento che la politica parla di ruspe penso che si è smarrita l’umanità nei confronti di persone che fuggono da guerre e carestie».
Massimo Lapenda
(da “il Secolo XIX”)
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