Settembre 2nd, 2015 Riccardo Fucile
DI MAIO: “MINISTRI DECISI VIA WEB”
Le due parole chiave sono “organizzazione” e “governo”. E la prima tappa dove declinarle assieme sarà la festa nazionale di Imola, Italia 5 Stelle, prevista per il 17 e il 18 ottobre.
Il raduno di un Movimento che vuole cambiare regole: per prendersi tanti Comuni in primavera, e accelerare così la corsa verso le Politiche.
Per questo, si presenterà a Imola come “una forza di governo”, che realizza cose e punta su gente sperimentata.
Non a caso il primus inter pares dei parlamentari, Luigi Di Maio, già rilancia: “Prima delle prossime elezioni nazionali vi presenteremo una squadra, sceglierete i nostri ministri e il nostro presidente del Consiglio”.
Mentre un sondaggio dell’Istituto Piepoli rivela: se si votasse oggi con l’Italicum, un listone con Pd più Ncd prenderebbe il 28 per cento.
Ossia caricandosi Alfano e i suoi fratelli il partito di Renzi, ora stimato al 32 per cento, precipiterebbe di quattro punti.
E sarebbe una fortuna per il M5s, che diventerebbe il primo partito con il 29.
E andrebbe da favorito all’inevitabile ballottaggio.
“È la conferma che avevamo ragione noi, l’incoerenza viene punita” commenta Carlo Sibilia, membro del Direttorio 5 Stelle.
Sarà contento anche Beppe Grillo, che domenica scorsa da un palco di Brescia ha dettato la rotta: “Nel 2013 non eravamo pronti, abbiamo imbarcato tutti”.
Tradotto, arriveranno paletti più stringenti per le candida-Comuni e nelle Regioni .“Dobbiamo ricordare che sappiamo amministrare” è la parola d’ordine.
Sindaci e consiglieri ne parleranno nei padiglioni distribuiti lungo l’Autodromo, ripartiti per Regioni. Per i meet up ci sarà un’area apposita.
Molte le analogie con l’appuntamento del Circo Massimo dell’anno scorso, prima edizione della festa.
Dall’agorà per l’incontro tra parlamentari e cittadini, al grande palco che ospiterà concerti e artisti e gli interventi degli eletti su temi specifici.
Fino al largo spazio per Grillo e Casaleggio, con l’artista genovese che farà capolino di continuo.
Anche i costi saranno molto simili, attorno ai 600 mila euro, da coprire con donazioni on line e sottoscrizioni. Possibile che alla festa venga aggiunta una terza giornata, quella del 16. Il nodo verrà sciolto nei prossimi giorni.
Quel che è certo è lo spirito dell’iniziativa, e lo conferma Lombardi: “Al Circo Massimo il senso era ‘incontriamoci, facciamo rete’: quest’anno invece il taglio è l’Italia del governo a 5Stelle. Domineranno i risultati”.
E non solo: “Stiamo raccogliendo segnalazioni da tutti i territori su piccole e medie imprese innovative, che possano venire a illustrare il loro lavoro”.
Insomma, vetrina per le Pmi, un pallino di Casaleggio , il più convinto di urne imminenti.
Magari da affrontare con le nuove regole evocate da Grillo. Roberto Fico assicura: “Quella di Beppe era più che altro una chiamata alle armi, un modo di dire che ci siamo: nessuna abiura del web”.
E Sibilia: “C’è solo qualcosa da registrare per fare ancora meglio”.
La parziale sorpresa arriva dal sindaco dissidente di Parma, Federico Pizzarotti.
Che non boccia Grillo, ma rivendica: “Spero che ora si prenda coscienza del fatto che il web non sarà più unico arbitro delle liste.”
Luca De Carolis
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 2nd, 2015 Riccardo Fucile
MA E’ UN PREFETTO O UN POLITICO?
Per curiosità : ma questo Franco Gabrielli che animale è? 
Se è ancora un prefetto della Repubblica, nella fattispecie il prefetto di Roma Capitale, che ci fa in televisione da mane a sera a dichiarare, pontificare, fare battute, lanciare avvertimenti?
Se è diventato un politico, cioè il candidato-ombra di Renzi a sindaco di Roma, e ha iniziato la campagna elettorale in giro per talk show, perchè non lo dice e non smette la divisa di prefetto?
Ieri dispensava perle di presunto umorismo e dubbia saggezza ad Agorà , su Rai3.
Ma gli interrogativi sulla sua logorrea risalgono all’ottobre 2012, quando Gabrielli offese i terremotati de L’Aquila dicendo che, dinanzi al sisma, “gli emiliani hanno reagito meglio” di loro.
Il tutto dopo aver vietato, da prefetto de L’Aquila, le assemblee e i volantinaggi nelle tendopoli; e financo denunciato per “propaganda elettorale non autorizzata” gli aquilani rei di sgomberare le strade dalla macerie che il governo e dunque il prefetto lasciavano lì da anni.
Ma lui è fatto così: parla quando dovrebbe tacere e tace quando dovrebbe parlare. Tipo a metà giugno, quando Renzi annunciò a Porta a Porta: “Il governo non commissarierà il Comune di Roma per mafia”.
Il prefetto Gabrielli aveva appena ricevuto la relazione di mille pagine della commissione d’accesso da lui inviata in Comune per decidere sull’eventuale scioglimento per Mafia Capitale dopo la seconda ondata di arresti.
E, mentre la leggeva, il premier comunicò in diretta tv che poteva pure cestinarla, tanto lui — senz’averne in quella fase alcun potere — aveva già deciso al posto suo. Anzichè difendere le proprie prerogative e la propria autonomia, il prefetto si cucì la bocca proprio in una rara occasione in cui avrebbe dovuto aprirla.
Poi scattò sull’attenti e si mise a vento, facendo dimenticare i suoi trascorsi enrico lettiani: presentò al Viminale una relazione all’acqua di rose che escludeva lo scioglimento del Comune di Roma, in barba alla legge del 1991 modificata nel 2009 (i comuni vanno sciolti quando emergono “collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare degli amministratori, ovvero forme di condizionamento degli stessi”, anche in via precauzionale, anche senza indagati nelle giunte e nei consigli comunali), ma in linea con i desiderata tutti politici di Renzi (evitare il ritorno dei romani alle urne con i sondaggi che danno favoriti i 5Stelle e il commissariamento in pieno Giubileo).
Che il Comune andasse sciolto per legge l’ha confermato persino Alfano, che di solito confessa a sua insaputa (“la legge prevede il commissariamento, ma abbiamo ritenuto che non fosse il caso”). E continua a ribadirlo pure il garrulo Gabrielli.
L’altro ieri ha dichiarato in tv (e dove, se no?): “Posso ancora sciogliere il Comune se le mie indicazioni restassero lettera morta”.
Cioè se il sindaco Ignazio Marino — pubblicamente umiliato dal governo, ma non commissariato, visto che Gabrielli non ha alcun “super-potere”— non gli obbedirà . E così, per non seguire la legge, abbiamo un prefetto che non può decidere nulla senza la firma del sindaco,ma di fatto lo ricatta con la spada di Damocle dello scioglimento a rate.Il che rende sempre più attuale la nostra domanda a Marino: perchè si fa mortificare e consumare anzichè dimettersi e lasciare lor signori in brache di tela?Ieri mattina, nel salottino di Rai3, l’Arcangelo Gabrielli, sempre così entusiasta di essere Gabrielli, è tornato sul Funeral Party Casamonica.
Un caso di “tafazzismo nostrano”, l’ha definito, perchè “dalle 12 alle 17 nessuno si era accorto di niente.
Le immagini dei funerali poi sono state mandate da chi aveva interesse ad amplificare l’evento: i Casamonica”.
Bel concetto di omertà nostrana: lo scandalo non è lo show del clan con la scorta dei vigili e la beata latitanza della Questura e della (sua) Prefettura, ma il fatto che si sia saputo in giro.
Strepitosa poi la giustificazione del dolce far nulla delle cosiddette autorità di pubblica sicurezza sull’elicottero che lanciava petali di rose, ma poteva benissimo sganciare bombe: “Nell’epoca degli ultraleggeri e dei droni i nostri cieli sono affollati, è una cosa che sta nelle cose. Mica potevamo chiamare gli Eurofighter da Grosseto e abbattere l’elicottero”.
Eh già , mica potevano. La cosa sta nelle cose. E le cose “si prevengono in maniera preventiva”. Ma va?
Quando questi oggetti si alzano, è troppo tardi”.
Ammazza che volpe: questo dev’essere stato come minimo il capo dei servizi segreti (infatti dirigeva il Sisde, mica cazzi).
Già che c’era, il prefetto Gabrielli ha detto la sua anche sulle ferie di Marino che, nel paese che confonde i veri problemi con quelli falsi, sono diventate il vero problema di Roma (dopo il traffico): “Il sindaco lo sento fra un’immersione e l’altra”.
Le pazze risate. “Le ferie all’estero non gli hanno fatto bene, ma io rispetto la sua mentalità che è molto da chirurgo”. Ahahah.
Tipico di chi ha la mentalità da prefetto.
Infine, alla domanda sulla sua prossima candidatura a sindaco, ha risposto come il barbiere di Siviglia (tutti mi vogliono, tutti mi cercano, Franco di qua, Franco di là , che bel piacere fare il Gabrielli, di qualità !).
Ma soprattutto come quelli che stanno per candidarsi, ma fanno i preziosi: “Nessuno mi ha chiesto di candidarmi a sindaco”. Ah no? “Assolutamente.
Il prefetto deve essere una persona terza e questo ruolo deve essere riconosciuto da tutti”.
E questa, diciamolo, è la sua battuta più riuscita. Il prefetto Gabrielli è talmente terzo da sembrare secondo, e persino un po’ primo.
Marco Travaglio
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 2nd, 2015 Riccardo Fucile
L’OBIETTIVO DEL GOVERNO E’ CREARE CONFUSIONE SUI DATI E RENDERE DIFFICILE VALUTARE LE POLITICHE PUBBLICHE
Il titolo dell’intervista di Matteo Renzi al Corriere della Sera, domenica scorsa, era questo: “In arrivo dati positivi, le unioni civili si faranno”.
Lunedì l’Huffington Post pubblica un retroscena: “Istat, il governo ottimista sui nuovi dati sull’occupazione”.
A Palazzo Chigi “ora si respira ottimismo:i nuovi dati sull’occupazione che l’Istat diramerà domani, questa volta molto probabilmente saranno positivi”.
Eppure la politica non dovrebbe conoscere in anticipo i dati ufficiali sull’economia. Da alcuni anni,l’Istat è molto attento a comunicare in anticipo il calendario dei suoi comunicati: la puntualità e la prevedibilità sono cruciali per garantire che i dati siano credibili.
Ci si potrebbe mai fidare di un istituto di statistica che anticipa i dati positivi sul Pilin tempo per una conferenza stampa del premier o li ritarda per evitargli domande scomode in un talk show? Ovviamente no.
In Grecia il dato trimestrale sul balzo del Pil (+0,9 per cento) giusto prima delle elezioni anticipate è guardato con sospetto perchè l’Istat greco non è stato ancora reso completamente indipendente dal governo, nonostante i ripetuti richiami europei.
In una intervista al Fatto, il presidente dell’Istat Giorgio Alleva ha parlato di un “caos desolante” sull’uso dei dati sul lavoro e ha proposto che sia il suo istituto a coordinare, con ministero del Lavoro e Inps, un monitoraggio ordinato dell’effetto delle riforme su occupazione e crescita.
Ma il governo ha un altro approccio. Quando si avvicina un comunicato Istat importante, il ministero del Lavoro diffonde un suo monitoraggio sull’occupazione (che non è una statistica), spesso i dati sono piegati alle esigenze della propaganda. L’ultima volta il ministro Giuliano Poletti ha esagerato e ha comunicato che nei primi sette mesi del 2015 si erano registrati 630.585 contratti a tempo indeterminato in più, ma aveva sbagliato le addizioni, erano solo 327.758 Palazzo Chigi invece fa precedere i comunicati Istat da una raffica di retroscena che raccontano come al governo riescano a stento a trattenere l’entusiasmo, pregustando le notizie positive in arrivo. L’Istat poi comunica variazioni da zero virgola o dati che richiedono quantomeno prudenza (è una buona notizia se tornano a lavorare solo gli over 50 mentre i giovani fino a 34 restano disoccupati? E si può esultare se il Pil cresce di poco ma il motore dell’export si è fermato?).
E subito il governo parte con la grancassa: ieri addirittura un videomessaggio di Renzi e una sequenza di tweet del suo portavoce Filippo Sensi, di questo tenore: “Poi c’era la propaganda, il galleggiamento, già , me li ricordo #theysaid”.
Servono a spiegare ai giornali come raccontare i dati. Di solito funziona.
Ma come fa Renzi a sapere in anticipo quali saranno i dati dell’Istat?Ha un sofisticato sistema di previsioni a Palazzo Chigi che gli permette di bruciare sul tempo le statistiche ufficiali?
Strano che nessuno ne sappia nulla.
Oppure ha talpe dentro l’Istat che gli sussurrano i numeri in anteprima?
Difficile.
Stefano Feltri
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 2nd, 2015 Riccardo Fucile
AL GRIDO DI “GERMANIA, GERMANIA” A MIGLIAIA HANNO CERCATO DI SALIRE SUI TRENI… IN MOLTI AVEVANO REGOLARI BIGLIETTI
L’odore di pochi lacrimogeni aleggia appena nell’aria qui a Bà ross Tèr, la splendida piazza
che ti evoca l’Austria-Ungheria di Robert Musil e Stefan Zweig.
Adesso Keleti Palyaudvà r, la monumentale stazione est, è vuotata dei migranti – “clandestini” o nègerek li chiamano qui – pazienza se di tasca loro avevano già in tasca il biglietto per la Germania terra promessa, pagato 100 euro a testa e incassato dalle ferrovie ungheresi, una fortuna. «Germania, Germania, viva Angela Merkel », gridano i “dannati della Terra”
Il blitz è scattato nel mattino: centinaia di agenti della Rendorsèg, la polizia statale, li hanno buttati tutti fuori.
Poche ore dopo, parlava un portavoce del governo: «Non ci pieghiamo ai diktat dei governi di sinistra come quello tedesco». Non importa che Angela Merkel non sia di sinistra, nè che abbia appena dichiarato guerra agli xenofobi.
Budapest sfida l’Europa di “Angie”, lo vedi in strada, costruendo l’Europa dei nuovi Muri
Il blitz della Rendorsèg è scattato il mattino presto, mi dicono gli ufficiali della polizia, gentilissimi e freddi, alla stazione est il cui frontale con la Vittoria alata evoca i sogni passati degli Imperi multiculturali, «quelli in fondo migliori dell’ossessione odierna degli Stati nazionali », mi sussurra Agnès Heller accompagnandomi.
Azione decisa, ma senza violenza troppo brutale: tutti fuori da Keleti Palyaudvà r, spinti con durezza. «Adesso saliranno sui treni soli i viaggiatori europei », annunciano più tardi gli altoparlanti».
«Quella donna al potere ci può salvare, qui sono cattivi», mi dice Mounira, esule siriana, appena buttata fuori dalla stazione.
«Per carità , i poliziotti di qui sono stati cortesi, ma noi il biglietto per la Germania lo avevamo in tasca, che diritto hanno di non farci salire sui treni? ».
Mahmoud, il marito, consola i figli, li porta a giocare sullo scivolo del giardino-giochi d’infanzia di fronte a Keleti Palyaudvà r, i poliziotti sorridono. «I bambini sono carini, purtroppo abbiamo ricevuto l’ordine di buttarli tutti fuori dalla stazione, anche loro», mormora un sergente della polizia
«Merkel, Merkel, Deutschland, Deutschland!», si leva ripetuto il grido dei dannati della terra.
«La promessa della cancelliera di accogliere i perseguitati l’abbiamo in tasca, il biglietto costato anni di risparmi anche», dice Abdel, giovane single.
A un passo da lui, sui bei giardini di piazza Baross – piazza-gioiello della Budapest austroungarica – e ovunque altrove nella città strapiena di migranti, ci sono solo bivacchi: famiglie, donne sole con carrozzine rotte e rovinate, gruppi di giovani, vecchi.
«Ero professore ad Aleppo, la guerra civile mi ha distrutto la vita», mi confida in un ottimo francese accademico un anziano signore siriano
A sera, qui a Baross, i migliaia di dannati della terra hanno deciso di non mollare. Sono venuti almeno in duemila, hanno organizzato una manifestazione pacifica per chiedere di partire.
Slogan gridati forte, «Merkel, Merkel, Germania, Germania », e ognuno alza la mano destra che stringe il biglietto ferroviario già acquistato per arrivare nella Repubblica federale.
Duemila in piazza, in faccia a loro almeno un migliaio di agenti con l’uniforme blu antisommossa e il berretto che ricorda molto da vicino quello delle truppe di Horthy, il principale alleato di Hitler nell’Operazione Barbarossa, l’attacco all’Urss.
Niente violenze o brutalità poliziesche, bisogna dirlo. Lo vedi su piazza Baross, o nei sottopassaggi della metropolitana dove i migranti si sono rifugiati a centinaia. Poliziotti calmi, si mischiano agli splendidi giovani delle Ong ungheresi che vengono là prendendosi licenze dalle lezioni universitarie, e portano pannolini, latte in polvere o giocattoli per i bimbi: «Offriamo anche assistenza legale per partire», mi dice la splendida Ildikò
Traffico impazzito attorno all’incrocio di Baross Tèr, e adesso arriva la sera.
Finita la manifestazione, molti dei dannati della terra espulsi da Keleti Palyaudvà r dormiranno all’aperto.
Nei giardini attorno all’enorme stazione, o altrove nel centro della capitale magiara. In una folle prova di forza il governo ha preso l’abitudine di diffamarli pur di attaccare Angela Merkel e Jean-Claude Juncker – così mi dice una fonte diplomatica Ue – però la gente del posto a volte li aiuta.
Porta loro da mangiare, o giocattoletti usati per i bambini. E persino i poliziotti in tuta blu antisommossa inviati in corsa da Orbà n a sgomberare sorridono.
«Sono giovani famiglie come la mia», sussurra Istvà n, sottufficiale dei Komondor, i corpi scelti della polizia, «se arrivano qui è un’emergenza tremenda per noi, eppure vedendoli provo empatia e compassione ».
«Basta con la repressione, vogliamo partire, abbiamo pagato i biglietti con nostro sangue e i nostri ultimi risparmi», scandiscono – sopra il piano sotterraneo della metro dove ascoltavo l’agente speciale Istvà n – duemila migranti in corteo.
Andrea Tarquini
(da “La Repubblica”)
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