Settembre 24th, 2015 Riccardo Fucile
“MA QUALE MEDIAZIONE, NEL TESTO NON C’E’ ALCUN RIFERIMENTO AL LISTINO, LA MINORANZA PD E’ DAVVERO INGENUA”
“Un emendamento che non emenda. Un bluff, anche piuttosto ingenuo”. L’avvocato Gianluigi Pellegrino legge parola per parola la norma che ha sancito la pace tra Renzi e Bersani, nella minuta faida interna al Partito democratico su cui si gioca la riforma della Costituzione.
Del famoso “listino” che dovrebbe garantire l’elettività dei nuovi senatori — il successo politico di cui si vanta la minoranza Pd — non c’è traccia.
“La verità — dice Pellegrino — è che Renzi li ha fregati, se li è messi nel taschino. L’emendamento del comma 5 si limita a ripetere quello che già c’era scritto al comma 2: sono ridondanti. Non è cambiato proprio nulla”.
L’analisi della norma: testo confuso e inutile
I nuovi costituenti scrivono in modo bizantino, involuto, difficile da intendere. Pellegrino prova a guidare nella lettura del testo.
“Il comma 2 — che Renzi non vuole cambiare — è quello decisivo: stabilisce come si determina l’elezione dei senatori”.
Ecco il testo: “I consigli regionali eleggono con metodo proporzionale i senatori tra i propri componenti”.
E allora questo famoso emendamento al comma 5, su cui si basa l’accordo Renzi-Bersani, in che modo interviene?
“In nessun modo. È speculare al comma 2”.
Il testo emendato stabilisce che il mandato dei senatori coincide con la durata dei consigli regionali che li hanno eletti “in conformità (ecco la modifica, ndr) alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi, secondo le modalità stabilite dalla legge”.
“In conformità all’esito del voto regionale”, spiega Pellegrino, significa appunto “con metodo proporzionale”. Ovvero “quello che è scritto al comma 2”.
Il nuovo listino non c’è, e se c’è non si vede.
“A voler esser benevoli con la minoranza, dovrebbe essere introdotto dopo, con una modifica alla legge elettorale. Ma quella elettorale è una legge ordinaria, non può entrare in contraddizione con la norma costituzionale rimasta al comma 2.
I sindaci dimenticati e gli altri “accrocchi”
L’accordicchio con la minoranza Pd, peraltro, si dimenticato di introdurre l’elettività per i 21 sindaci che saranno catapultati in Senato dopo la riforma.
Il listino, se si materializzasse, non li riguarderebbe in nessun modo.
Si chiede Pellegrino: “Possibile che il principio di elettività che rivendicano di avere introdotto con questo emendamento, si applichi solo ai consiglieri e non ai primi cittadini?”. Mistero.
Le modifiche alla riforma firmate da Anna Finocchiaro (Pd) sono altre due.
Quella dell’articolo 1 restituisce al Senato funzioni di controllo, come la verifica “dell’impatto delle politiche dell’Ue sui territori” e la “valutazione delle politiche pubbliche e l’attività delle pubbliche amministrazioni”.
Tommaso Romano
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 24th, 2015 Riccardo Fucile
IN BILICO I COLLEGAMENTI CON MILANO, ROMA E NAPOLI… UNA MOSSA PER FAVORIRE L’ALTA VELOCITA’
«È chiaro che senza compensazioni non potremmo accettare il taglio o la cancellazione degli Intercity tra Torino e Genova».
Francesco Balocco, assessore regionale ai Trasporti è sul piede di guerra.
Il Piemonte, infatti, insieme alla Liguria aveva aperto una trattativa con l’allora ex ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi, sulla possibilità di dimezzare le 4 coppie di Intercity tra Torino e Genova e di usare i soldi così risparmiati, circa 3,5 milioni, per potenziare i regionali Torino-Savona e Cuneo Ventimiglia.
Trattative ben avviate spiegano in assessorato ma che si sono interrotte con il cambio del ministro. Se il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti non firmerà un contratto-ponte verrà interrotta la circolazione di 84 Intercity», denuncia Assoutenti.
Torino, così, rischia di perdere l’unico collegamento diretto con Roma e Napoli sulla linea tradizionale, quella che non usa l’alta velocità .
Va peggio, molto peggio, per la Liguria dove sono in bilico 36 convogli, ventidue dei quali tra Genova e Milano usati quotidianamente da circa 800 persone.
Malcontati, sono circa 60 mila gli utenti che verrebbero penalizzati in tutta Italia.
Che cosa è successo?
Il contratto di servizio per il trasporto universale sovvenzionato dallo Stato è scaduto il 31 dicembre 2014.
Nel corso di quest’anno gli Intercity hanno viaggiato in regime di proroga ma il governo, fino ad oggi, non ha ancora pagato un cent degli oltre 200 milioni che deve a Trenitalia per i servizi svolti.
Senza dimenticare che il regime di prorogatio, almeno secondo Assoutenti, non è dilazionabile e, ad oggi, quando mancano poche settimane all’entrata in vigore dell’orario invernale, non ci sono notizie sulle intenzioni del governo sul futuro di questo servizio universale che dovrebbe andare a gara.
PENDOLARI PENALIZZATI
Il timore di Assoutenti è che vengano penalizzati i servizi «giorno» nelle regioni dove il servizio ad alta velocità è assente o estremamente ridotto.
È il caso della Liguria ma anche delle regioni del Sud (Calabria, Sicilia e Puglia) che rischiano di perdere i collegamenti con Roma e Milano.
Rischiano di essere penalizzate Livorno, Grossetto e anche La Spezia nei collegamenti verso il capoluogo lombardo.
Asso-utenti ha calcolato «per difetto» che ci sono 15 mila italiani che quotidianamente utilizzano gli Intercity per recarsi al lavoro si distanze fra i 100 e i 200 chilometri mentre i lavoratori coinvolti nel «pendolarismo settimanale» sono circa 45 mila.
Da qui la decisione di Assoutenti di scrivere a tutti i parlamentari per farli intervenire. Fonti del ministero, però, parlano di un allarmismo infondato e che sono state programmate riunioni tecniche per trovare le soluzioni adatte per risolvere il problema.
In sostanza si cerca di capire se sia possibile concedere una nuova proroga del servizio oppure sia più utile uno strumento diverso, magari proprio un nuovo contratto ponte in attesa della gara.
Ma il nodo centrale è trovare i fondi per finanziare il servizio universale.
Maurizio Tropeano
(da “La Stampa“)
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Settembre 24th, 2015 Riccardo Fucile
IL FLOP DELLA BRESCIA-BERGAMO-MILANO E DELLA TANGENZIALE EST ESTERNA A MILANO…SONO COSTATE TRE VOLTE IL PREZZO PREVISTO MENTRE LE AUTO CHE LE PERCORRONO SONO SOLO UN QUARTO DI QUELLE PREVENTIVATE
Non si gioca più a calcio sulla Brebemi. Ma volendo nelle ore di scarsissimo traffico – scenario non infrequente – i burloni del web (ricordate il video dei palleggi caricato su YouTube un anno fa?) potrebbero azzardare una partita a carte: tavolino da campeggio in corsia, e occhi aperti per cogliere i primi segnali di transito di intrusi su gomma.
Perchè per ora gli unici a sfrecciare, sulla A35, sono gli sprechi di denaro: 800 milioni che sono diventati 1420 che sono diventati 2400: 2,4 miliardi di euro. Già .
Avercene di automobilisti su questi 62 chilometri e 100 metri di asfalto non proprio rovente. Tranne che in estate, certo, ma solo perchè picchia il sole, e infatti tra le battute più gettonate sui social a agosto ne girava una di una crudeltà assoluta: “Su Brebemi la partenza è sempre intelligente”.
In Italia si snodano 53 autostrade (tangenziali e trafori compresi). Alcune pure poco battute, ma mai come questa A35, soprattutto se rapportata alle aspettative e all’investimento: quei 2,4 miliardi (il triplo del costo iniziale previsto).
Capitale in teoria inizialmente solo privato, in pratica poi anche, a sorpresa, pubblico.
In compenso nessuno ha mai potuto finora affermare che la A35 – meglio nota come Brebemi (Brescia-Bergamo-Milano, alternativa alla ” Serenissima” A4) – presenta delle criticità . Z
ero code, auto al lumicino. Si va che è una meraviglia, fuor di dubbio.
Infatti sul sito Brebemi spa (controllata al 79% da Autostrade Lombarde, che a sua volta ha come soci una serie di altre Autostrade, aziende multiservizi, associazioni industriali, camere di commercio e enti locali) la chiama così: “Collegamento autostradale direttissimo tra Brescia e Milano, la via più veloce e sicura tra le due città “.
Sul veloce non ci piove. Sulla sicurezza nemmeno. Ma per non perderci lungo il percorso andiamo subito sui costi. Perchè sono i costi il problema.
È per via dell’obolo imposto all’automobilista, come vedremo, che Brebemi – come la sua sorellina, per data di nascita e per collegamenti, Teem (Tangenziale est esterna di Milano o autostrada A58) – si è rivelata sin qui un mezzo flop.
A tal punto da stimolare domande sulla sua effettiva utilità .
Paolo Berizzi
(da “La Repubblica“)
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Settembre 24th, 2015 Riccardo Fucile
SCOPERTE 20.000 PERSONE CON SOLDI NON DICHIARATI
Assedio a San Marino. Se non si affretteranno a salire sul treno dell’ultima sanatoria fiscale (la cosiddetta “voluntary disclosure” varata dal governo Renzi), gli evasori che hanno nascosto soldi in questo mini-stato nel cuore della Romagna rischiano di essere travolti dalla giustizia italiana.
La Guardia di Finanza e la Procura di Forlì, con un nuovo metodo d’indagine, sono riusciti a schedare tutti gli italiani che, tra il 2006 e il 2014, hanno avuto rapporti bancari di qualsiasi tipo con San Marino.
Il risultato è un registro informatico con i dati di circa 27 mila soggetti che in questi anni di crisi hanno esportato nella repubblica del monte Titano una montagna di soldi: più di 22 miliardi di euro.
Ora si indaga per accertare quanto di questo tesoro sia stato accumulato con l’evasione fiscale e in alcuni casi con reati peggiori, come la bancarotta fraudolenta o il riciclaggio di denaro mafioso.
Grazie alla nuova inchiesta i computer del comando provinciale delle Fiamme Gialle hanno acquisito un patrimonio di segreti bancari che supera di tre volte le dimensioni della lista Falciani, che finora era il precedente più famoso.
Quell’archivio informatico della banca internazionale Hsbc, che il tecnico pentito Hervè Falciani ha consegnato a vari Stati europei, conteneva infatti i nomi di 7.499 italiani, con circa 6,8 miliardi di euro depositati in Svizzera, e si fermava al 2007.
La nuova super lista riguarda invece tutti i movimenti bancari registrati nell’ultimo decennio tra Italia e San Marino, in entrambe le direzioni, con dati completi e aggiornati.
La prima fase delle indagini riguarda i 22 miliardi usciti dall’Italia: tra i 26.953 soggetti interessati compaiono una massa di persone fisiche e circa 2.500 società intestate a italiani.
L’inchiesta, diretta dal procuratore capo Sergio Sottani, continua ad allargarsi ed è destinata a proseguire per molti mesi.
Tra gli accusati ci sono industriali, commercianti, professionisti e perfino qualche banchiere. Ma anche protagonisti di rovinosi fallimenti, ora sospettati di aver svuotato le aziende, licenziato il personale e occultato i capitali all’estero, almeno in parte a San Marino.
Qualche indagato ha già ammesso gli addebiti e risarcito il fisco.
Altri invece contestano le accuse e avranno tre gradi di giudizio per proclamare la propria innocenza.
Paolo Biondani
(da “L’Espresso“)
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Settembre 24th, 2015 Riccardo Fucile
IL GOVERNATORE ROSSI: “LA FIDI TOSCANA SI INSINUERA’ AL PASSIVO DELLA SOCIETA’ FALLITA, ABBIAMO GIA’ CHIESTO LA RESTITUZIONE DI UNA SOMMA DOPPIA RISPETTO AL FIDO CONCESSO”… PECCATO CHE NON VI SIA PIU’ NULLA DA RECUPERARE
La garanzia che le era stata concessa era irregolare. Per questo la regione Toscana si sta ora rivalendo sulla Chil Post, la società di Tiziano Renzi — padre del premier — dichiarata fallita nel 2013 dal tribunale di Genova.
A rivelarlo è stato il governatore Enrico Rossi, rispondendo a un’interrogazione del consigliere regionale Giovanni Donzelli su “i debiti della famiglia Renzi e il coinvolgimento del padre di Luca Lotti”.
Rossi ha spiegato che lo scorso 5 maggio gli uffici della giunta hanno chiesto alla finanziaria regionale Fidi Toscana di revocare l’agevolazione concessa sotto forma di garanzia.
La sede dell’azienda era stata infatti trasferita in Liguria senza comunicarlo, mentre l’aiuto è riservato alle imprese toscane.
Il 27 luglio Fidi Toscana ha risposto di “essere in procinto di revocare l’aiuto”, pari a 34.951 euro, chiedendo che sia restituita una somma raddoppiata a titolo di sanzione.
La finanziaria regionale ha preso contatto con il curatore fallimentare dell’azienda, sulla quale la Procura di Genova ha aperto un fascicolo iscrivendo nel registro degli indagati Renzi senior con l’accusa di bancarotta fraudolenta, per procedere “all’insinuazione del passivo, come da normativa”.
Nell’estate 2013, Fidi Toscana ha dovuto versare 263mila euro alla Bcc di Pontassieve per coprire l’80% dell’esposizione di Chil Post, che nel 2009 aveva ottenuto un mutuo grazie al parere positivo redatto dal padre di Luca Lotti.
Rossi ha spiegato che dalle verifiche svolte dagli uffici regionali risulta che l’impresa e la banca finanziatrice avevano comunicato il passaggio di quote sociali con raccomandata del 7 gennaio 2011, ma la raccomandata non risultava pervenuta ed è stata acquisita da Fidi Toscana solo il 5 luglio 2013. “Sulla base del regolamento vigente i requisiti di ammissione sono oggetto di verifica da parte di Fidi Toscana al momento della domanda di garanzia”, ha detto il presidente della Regione.
“Verifica regolarmente svolta”. E da cui emerso, appunto, che la Chil non aveva più diritto all’aiuto, riservato alle imprese toscane.
Sul fatto che il parere relativo alla concessione del mutuo sia stato redatto da Marco Lotti, Rossi ha ribadito che “la gestione delle singole pratiche è demandata alle strutture tecnico-amministrative e il loro vaglio è fatto indipendentemente dai nomi e cognomi dell’imprenditore o da quello del funzionario di banca. Non si può parlare quindi di forzature o favoritismi dal momento che i criteri sono uguali per tutti”.
Donzelli ha affermato che “la Regione Toscana ha chiesto di fatto che la famiglia Renzi restituisca i 263mila euro di debiti coperti con una garanzia concessa da Fidi Toscana. Questo significa che la famiglia Renzi, tramite l’azienda Chil, ha tentato di truffare le istituzioni: grazie alle nostre denunce si avvia un percorso che dovrà riportare i soldi nelle casse pubbliche”.
La Regione Toscana “è una vittima ed è importante chiedere la restituzione di quanto concesso, anche ricorrendo alle vie legali, in quanto parte lesa, visto che c’è un processo in corso”.
Donzelli ha poi osservato che “il passaggio di titolarità da femminile a maschile (con la titolarità femminile la quota concedibile aumentava all’80% anzichè al 60%) doveva essere comunque noto a Fidi perchè il contratto del mutuo, che deve essere allegato alla pratica, è firmato da Tiziano Renzi” e che “lo stesso trasferimento a Genova è stato fatto da Renzi padre prima della cessione”.
“L’azienda del padre del presidente del Consiglio non ha rispettato le regole — ha concluso — e questo è grave. Questi soldi vanno restituiti ai cittadini”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 24th, 2015 Riccardo Fucile
IL SINDACO DI TREVIGLIO AVEVA ALLEGATO UNA FINTA LAUREA DELLA CATTOLICA DI MILANO MAI CONSEGUITA
Una laurea fasulla, un’inconfessabile bugia che ha retto per 14 anni.
Ha conseguito l’abilitazione professionale, ha insegnato al liceo fino a diventare preside dell’Istituto salesiano di Treviglio, città dove è sindaco di una giunta con la Lega e frammenti di Forza Italia, e dove aveva già annunciato la ricandidatura per le Comunali del 2016.
«Spero non sia vero», ripeteva quando c’era ancora qualche speranza il rettore dell’Istituto salesiano, don Renato Previtali, dopo che il Corriere Bergamo aveva verificato un’incongruenza inspiegabile: nel fascicolo del preside Giuseppe Pezzoni, custodito nella segreteria della scuola, risulta un certificato filigranato rilasciato il 1° di settembre 2001 dalla Cattolica di Milano, in cui si attesta che il professore, nato a Romano di Lombardia, classe 1966, ha conseguito il diploma di laurea l’8 gennaio 2001.
«Sembrava tutto in regola, nessuno si poteva immaginare una cosa simile», dicono all’Istituto salesiano, parte offesa in questa brutta storia.
Peccato che in Cattolica a Milano non risulti un Pezzoni Giuseppe tra i laureati, come poi hanno avuto modo di verificare gli stessi vertici dei Salesiani.
E così il castello è crollato e Pezzoni ha dovuto rassegnare le dimissioni.
«Tra il ’99 e il 2000 – ha detto l’ex preside prima al cronista, poi a una platea di anziani sbigottiti in un incontro dell’università della Terza età , infine su Facebook –, sono andato in crisi, per un anno sono stato lontano dalla scuola. Quando sono tornato ho detto, e ho scritto, che mi ero laureato, cosa che non era successa. Le bugie hanno le gambe corte. Si può fingere, andare avanti, ma a un certo punto è meglio piantarla lì. Sono esausto, è da un po’ che sto pensando di lasciare tutto. Ora accadrà . Chiedo scusa a tutti».
Anche nell’attuale versione del curriculum di Pezzoni sul sito del Comune di Treviglio si legge «laurea in lettere», anche se non si specifica la data.
Le opposizioni fanno fuoco e fiamme, invocando le dimissioni.
Le cose stanno precipitando e in Comune sono pronti a tutto. Ieri pomeriggio, nel preparare gli inviti per un’imminente inaugurazione, non sapevano cosa scrivere alla voce «Interverrà ».
Persone del suo entourage politico lo stanno convincendo a lasciare per non dover affrontare una campagna elettorale umiliante.
Il fascicolo con la documentazione sull’ex preside, custodito ai Salesiani di Treviglio, è stato sigillato: se ne occuperanno l’autorità scolastica a quella giudiziaria.
Il pm Giancarlo Mancusi ha aperto un’inchiesta per truffa aggravata e falso ideologico.
La diffusione della notizia ha scatenato il panico tra gli studenti che si sono diplomati con Pezzoni. Possono stare tranquilli: la legge li tutela, secondo il principio per cui quel che è stato è stato.
Lo stesso Pezzoni, al di là di eventuali danni d’immagine, non sarà chiamato a restituire gli stipendi percepiti.
Riccardo Nisoli
(da “il Corriere della Sera”)
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Settembre 24th, 2015 Riccardo Fucile
AL CONGRESSO USA: “ABOLIRE LA PENA DI MORTE E IL COMMERCIO DELLE ARMI”.. STANDING OVATION PER BERGOGLIO E BAGNO DI FOLLA PER LE STRADE DI WASHINGTON
Di fronte al mondo dilaniato dai conflitti e dal fondamentalismo non bisogna fare l’errore di semplificare la realtà vedendo solo buoni o cattivi.
La politica non può essere sottomessa al servizio dell’economia e della finanza.
Non dobbiamo lasciarci spaventare dal numero di immigrati ma guardare i loro volti. La vita umana va difesa «in ogni fase del suo sviluppo», la pena di morte abolita. Bisogna far di più per combattere la povertà nel mondo, senza dimenticare quei poveri che vivono sotto casa nostra.
Va continuato il cammino di riconciliazione iniziato con il disgelo tra Stati Uniti e Cuba, dialogando e costruendo ponti. Per mettere fine ai conflitti bisogna fermare il commercio delle armi. È necessario aiutare la famiglia «minacciata, forse come mai in precedenza».
I quattro modelli
È un’agenda che riecheggia i valori dei padri fondatori della nazione quella che i membri del Congresso si sono sentiti proporre da Francesco questa mattina a Washington in un lungo e appassionato discorso.
Il primo Papa invitato a parlare a Capitol Hill ha cercato di parlare al cuore dell’America, proponendo i modelli di quattro grandi suoi figli: «Una nazione può essere considerata grande quando difende la libertà », come ha fatto il presidente Abraham Lincoln; «quando promuove una cultura che consenta alla gente di “sognare” pieni diritti per tutti i propri fratelli e sorelle, come Martin Luther King ha cercato di fare»; quando «lotta per la giustizia e la causa degli oppressi, come Dorothy Day ha fatto con il suo instancabile lavoro», frutto di una fede che «diventa dialogo e semina pace nello stile contemplativo» di padre Thomas Merton.
Secondo la tradizione, Francesco è stato accompagnato nell’emiciclo dallo speaker del Congresso, John Andrew Boehner.
Prendendo la parola, ha detto di essere anche lui «un figlio di questo grande continente, da cui tutti noi abbiamo ricevuto tanto e verso il quale condividiamo una comune responsabilità ».
Ha ricordato che «l’attività legislativa è sempre basata sulla cura delle persone», specialmente le più vulnerabili.
«Attraverso di voi vorrei rivolgermi – ha continuato – all’intero popolo degli Stati Uniti» per dialogare con tutti gli americani.
Non dividere il mondo in buoni e cattivi
Il mondo è «sempre più luogo di violenti conflitti, odi e brutali atrocità , commesse perfino in nome di Dio e della religione». Nessuna religione, aggiunge, «è immune da forme di inganno individuale o estremismo ideologico. Questo significa che dobbiamo essere particolarmente attenti ad ogni forma di fondamentalismo, tanto religioso come di ogni altro genere».
Ma allo stesso tempo, dice Francesco, bisogna guardasi anche da un’altra tentazione: «il semplicistico riduzionismo che vede solo bene o male, o, se preferite, giusti peccatori». È quella semplificazione che invece di leggere la complessità della realtà , sbrigativamente divide il mondo in bianco e nero: «Il mondo contemporaneo, con le sue ferite aperte che toccano tanti dei nostri fratelli e sorelle, richiede che affrontiamo ogni forma di polarizzazione che potrebbe dividerlo tra questi due campi. Sappiamo che nel tentativo di essere liberati dal nemico esterno, possiamo essere tentati di alimentare il nemico interno. Imitare l’odio e la violenza dei tiranni e degli assassini è il modo migliore di prendere il loro posto. Questo è qualcosa che voi, come popolo, rifiutate».
La risposta giusta per risolvere le molte «crisi economiche e geopolitiche di oggi» è invece quella di «restaurare la pace, rimediare agli errori, mantenere gli impegni, e così promuovere il benessere degli individui e dei popoli». Anche negli Usa è «importante che la voce della fede continui ad essere ascoltata», perchè «potente risorsa» nella lotta contro «le nuove forme globali di schiavitù» e le «nuove ingiustizie».
La politica non sia al servizio dell’economia e della finanza
Dopo aver citato la Dichiarazione di Indipendenza, Francesco osserva: «Se la politica dev’essere veramente al servizio della persona umana, ne consegue che non può essere sottomessa al servizio dell’economia e della finanza. Politica è, invece, espressione del nostro insopprimibile bisogno di vivere insieme in unità , per poter costruire uniti il più grande bene comune: quello di una comunità che sacrifichi gli interessi particolari per poter condividere, nella giustizia e nella pace, i suoi benefici, i suoi interessi, la sua vita sociale».
I volti dei migranti: «Molti noi eravamo stranieri»
Pensando a Martin Luther King e al suo «sogno» di pieni diritti civili e politici per gli Afro-Americani, il Papa aggiunge: «Negli ultimi secoli, milioni di persone sono giunte in questa terra per rincorrere il proprio sogno di costruire un futuro in libertà . Noi, gente di questo continente, non abbiamo paura degli stranieri, perchè molti di noi una volta eravamo stranieri. Vi dico questo come figlio di immigrati, sapendo che anche tanti di voi sono discendenti di immigrati».
Francesco ricorda che «tragicamente, i diritti di quelli che erano qui molto prima di noi non sono stati sempre rispettati», riaffermando la sua «più profonda stima e considerazione» per i nativi americani. «Quei primi contatti sono stati spesso turbolenti e violenti», tuttavia, quando lo straniero in mezzo a noi ci interpella, non dobbiamo ripetere i peccati e gli errori del passato.
Forte è all’accenno agli immigrati che premono sulla frontiera con il Messico.
«Anche in questo continente, migliaia di persone sono spinte a viaggiare verso il Nord in cerca di migliori opportunità . Non è ciò che volevamo per i nostri figli? Non dobbiamo lasciarci spaventare dal loro numero, ma piuttosto vederle come persone, guardando i loro volti e ascoltando le loro storie, tentando di rispondere meglio che possiamo alle loro situazioni. Rispondere in un modo che sia sempre umano, giusto e fraterno. Dobbiamo evitare una tentazione oggi comune: scartare chiunque si dimostri problematico».
Proteggere la vita, abolire la pena di morte
Il Papa richiama «la Regola d’Oro» evangelica: «Fai agli altri ciò che vorresti che gli altri facessero a te». Una norma che ci indica una chiara direzione. Trattiamo gli altri con la medesima passione e compassione con cui vorremmo essere trattati. Cerchiamo per gli altri le stesse possibilità che cerchiamo per noi stessi. Aiutiamo gli altri a crescere, come vorremmo essere aiutati noi stessi. In una parola, se vogliamo sicurezza, diamo sicurezza; se vogliamo vita, diamo vita; se vogliamo opportunità , provvediamo opportunità ».
E qui Francesco parla della «responsabilità di proteggere e difendere la vita umana in ogni fase del suo sviluppo» e all’impegno per abolire la pena di morte, come chiesto anche dai vescovi del Paese.
Lotta alla povertà , difesa dell’ambiente
Sulla lotta alla povertà estrema, il Papa riconosce che tanto è stato fatto, ma dice che «va fatto ancora molto di più», senza dimenticare «tutte quelle persone intorno a noi, intrappolate nel cerchio della povertà ».
E la lotta fa affrontata intervenendo specialmente nelle sue cause. Qui Bergoglio introduce un ampio paragrafo dedicato al «corretto uso delle risorse naturali», all’«appropriata applicazione della tecnologia» e alla «capacità di ben orientare lo spirito imprenditoriale», per costruire «un’economia che cerca di essere moderna, inclusiva e sostenibile».
Serve uno sforzo «coraggioso e responsabile» per cambiare rotta ed evitare «gli effetti più seri del degrado ambientale causato dall’attività umana» Il Papa si dice fiducioso nel ruolo del Congresso e nel contributo delle istituzioni di ricerca e accademiche americane.
Dialogo e riconciliazione
Francesco, con un implicito riferimento al disgelo con Cuba applicabile anche al trattato sul nucleare dell’Iran, riconosce «gli sforzi fatti nei mesi recenti per cercare di superare le storiche differenze legate a dolorosi episodi del passato».
Quando «nazioni che erano state in disaccordo riprendono la via del dialogo — un dialogo che potrebbe essere stato interrotto per le ragioni più valide — nuove opportunità si aprono per tutti. Questo ha richiesto, e richiede, coraggio e audacia, che non vuol dire irresponsabilità ». Un buon leader politico, sottolinea, «è uno che, tenendo presenti gli interessi di tutti, coglie il momento con spirito di apertura e senso pratico».
Basta guerre e commercio di armi
Essere al servizio del dialogo e della pace «significa anche essere veramente determinati a ridurre e, nel lungo termine, a porre fine ai molti conflitti armati in tutto il mondo. Qui dobbiamo chiederci: perchè armi mortali sono vendute a coloro che pianificano di infliggere indicibili sofferenze a individui e società ? Purtroppo, la risposta, come tutti sappiamo, è semplicemente per denaro: denaro che è intriso di sangue, spesso del sangue innocente. Davanti a questo vergognoso e colpevole silenzio, è nostro dovere affrontare il problema e fermare il commercio di armi».
Sostenere la famiglia minacciata
Infine, la famiglia. «Quanto essenziale è stata la famiglia nella costruzione di questo Paese! – dice il Papa – E quanto merita ancora il nostro sostegno e il nostro incoraggiamento! Eppure non posso nascondere la mia preoccupazione per la famiglia, che è minacciata, forse come mai in precedenza, dall’interno e dall’esterno. Relazioni fondamentali sono state messe in discussione, come anche la base stessa del matrimonio e della famiglia. Io posso solo riproporre l’importanza e, soprattutto, la ricchezza e la bellezza della vita familiare».
(da “La Stampa”)
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Settembre 24th, 2015 Riccardo Fucile
ROMANI: “LI HANNO COMPRATI CON POCO”
Si chiamino un po’ come si vuole, i «neo-responsabili», i «compravenduti», o i verdiniani: sono creature del parlamentarismo, che, a dirla con Domenico Auricchio, «come tutti non hanno proprio voglia di andarsene a casa».
Prendiamo lui, Auricchio, detto Mimì. Ha lasciato Forza Italia. E’ alla prima legislatura, ripescato in Campania dopo il passaggio di Alessandra Mussolini a Bruxelles.
Domanda: lo sa che l’accusano di voler arrivare al 2018 per assicurarsi la penrsione? Risposta (digrignando i denti): «Ma qua’ pensione. Io sono un guerriero dei voti. Questi qui invece sono tutti nominati. Se lo faccia dire da un commerciante, un Auricchio, ha presente il provolone?».
Mimì, un posticino nel cuore di Silvio Berlusconi sogna di averlo ancora: dopotutto fu lui ad aver registrato il nome “Pdl” prima della svolta del predellino.
Gelosamente, conserva come reliquie le registrazioni della viva voce dell’ex Cavaliere che lo ringrazia.
«A Berlusconi voglio bene più dell’anima mia. Ma la classe dirigente del partito non c’è più». Addirittura, Auricchio teorizza di non aver mai lasciato Fi: «Perchè, quelli di Verdini che sono, non sono tutti forzisti?».
Alla Camera, intanto, altri sei deputati di fede verdiniana hanno lasciato gli azzurri. Ignazio Abrignani, Luca d’Alessandro, Monica Faenzi, Giuseppe Galati, Giovanni Mottola, Massimo Parisi.
Al Senato con Auricchio e Francesco Amoruso da Fi, e Peppe Ruvolo da Gal, nel nuovo gruppo di Verdini sono in 13.
L’esodo si annuncia senza fine e il capogruppo dei senatori Paolo Romani liquida la faccenda così: «Li hanno comprati a poco…».
Sarà , ma la riunione di oggi alla presenza di Berlusconi è stata annullata. Il senatore Barnabò Bocca è più fuori che dentro. Mentre Franco Carraro smentisce di aver pronti i bagagli: «Sulle riforme faccio quello che fa Fi. Per me la coerenza sta nelle cose: sapevo che questa sarebbe stata la mia prima e ultima legislatura».
Ma proprio per il motivo opposto confessa di «comprendere le ragioni» di quei colleghi che vogliono continuare con la politica: «E poi, se Renzi toglie l’Imu sulla prima casa…come fai a non votare con lui…».
Riccardo Villari (ex Cdu, ex Udeur, ex Pd) invece non ha ancora deciso.
Diverse volte lo hanno dato arruolato con Verdini: «Ma il clima dopo l’accordo nel Pd si è alleggerito. E’ anche ormai inutile parlare di compravendita. Cosa compreresti ora? Un voto che non serve a niente»
Si chiamino un po’ come si vuole, i «neo-responsabili», i «compravenduti», o i verdiniani: sono creature del parlamentarismo, che, a dirla con Domenico Auricchio, «come tutti non hanno proprio voglia di andarsene a casa». Prendiamo lui, Auricchio, detto Mimì. Ha lasciato Forza Italia. E’ alla prima legislatura, ripescato in Campania dopo il passaggio di Alessandra Mussolini a Bruxelles. Domanda: lo sa che l’accusano di voler arrivare al 2018 per assicurarsi la penrsione? Risposta (digrignando i denti): «Ma qua’ pensione. Io sono un guerriero dei voti. Questi qui invece sono tutti nominati. Se lo faccia dire da un commerciante, un Auricchio, ha presente il provolone?». Mimì, un posticino nel cuore di Silvio Berlusconi sogna di averlo ancora: dopotutto fu lui ad aver registrato il nome “Pdl” prima della svolta del predellino. Gelosamente, conserva come reliquie le registrazioni della viva voce dell’ex Cavaliere che lo ringrazia. «A Berlusconi voglio bene più dell’anima mia. Ma la classe dirigente del partito non c’è più». Addirittura, Auricchio teorizza di non aver mai lasciato Fi: «Perchè, quelli di Verdini che sono, non sono tutti forzisti?».
Alla Camera, intanto, altri sei deputati di fede verdiniana hanno lasciato gli azzurri. Ignazio Abrignani, Luca d’Alessandro, Monica Faenzi, Giuseppe Galati, Giovanni Mottola, Massimo Parisi. Al Senato con Auricchio e Francesco Amoruso da Fi, e Peppe Ruvolo da Gal, nel nuovo gruppo di Verdini sono in 13.
L’esodo si annuncia senza fine e il capogruppo dei senatori Paolo Romani liquida la faccenda così: «Li hanno comprati a poco…».
Sarà , ma la riunione di oggi alla presenza di Berlusconi è stata annullata. Il senatore Barnabò Bocca è più fuori che dentro. Mentre Franco Carraro smentisce di aver pronti i bagagli: «Sulle riforme faccio quello che fa Fi. Per me la coerenza sta nelle cose: sapevo che questa sarebbe stata la mia prima e ultima legislatura». Ma proprio per il motivo opposto confessa di «comprendere le ragioni» di quei colleghi che vogliono continuare con la politica: «E poi, se Renzi toglie l’Imu sulla prima casa…come fai a non votare con lui…».
Riccardo Villari (ex Cdu, ex Udeur, ex Pd) invece non ha ancora deciso. Diverse volte lo hanno dato arruolato con Verdini: «Ma il clima dopo l’accordo nel Pd si è alleggerito. E’ anche ormai inutile parlare di compravendita. Cosa compreresti ora? Un voto che non serve a niente».
Ilario Longobardo
(da “La Stampa”)
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Settembre 24th, 2015 Riccardo Fucile
“FORZA ITALIA E’ IN DECLINO, NON E’ PIU’ SPENDIBILE”
«Berlusconi? Non offre più alcun progetto. Io almeno non lo vedo. Assistiamo giorno dopo giorno al declino di un partito che per anni è stato il riferimento dei moderati italiani, declino per incapacità di rinnovare una leadership non più spendibile, perchè il board è passato a figure francamente modeste, per la cessione di sovranità a Salvini. Io mi riprendo libertà di parola e di azione ».
Saverio Romano è solo l’ultimo ex ministro di Fi a dire addio al Cavaliere (prima di lui Fitto).
Lo fa con una lettera con cui, assieme al collega deputato Pino Galati e al senatore Giuseppe Ruvolo, saluta il leader «con affetto» ma «non ci piace un partito non partito».
Perchè passate con Verdini? Che progetto offre invece lui?
«Con altri colleghi di Fi abbiamo condiviso il disagio, quindi l’esigenza di rappresentare i nostri territorio in un’area di centro di ispirazione riformista ».
Volano accuse di compravendita
«Le accuse infamanti e senza prove qualificano chi le muove. Denis ha avuto il merito di costruire un percorso di alleanza istituzionale per dare continuità e slancio a una legislatura altrimenti destinata all’esaurimento».
Insomma, è una polizza assicurativa per arrivare a fine legislatura?
«No, è un progetto credibile per il futuro dei moderati. Verdini, nonostante Berlusconi abbia rotto il patto per le riforme, sta difendendo quell’intesa con coerenza. E da questa intuizione nasce un’opportunità per la riaggregazione del centro»
Perchè ha rotto con Fitto?
«Non si può coltivare uno spazio politico che abbia come king maker Salvini, a meno che non si scelga di essere subalterni alla Lega populista. Io e i miei amici sinceramente non siamo interessati»
Con l’accordo nel Pd, Verdini e i suoi non saranno determinanti sulla riforma.
«In apparenza no. Politicamente a quel progetto però diamo sostanza. Non è la vocazione al soccorso che ci ha spinto».
No? E cosa?
«Una prospettiva politica che costruiremo giorno dopo giorno».
Già , ma ora chi vi ricandida?
«Il cammino verso il 2017, se non 2018, è ancora molto lungo».
(da “La Repubblica“)
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