Settembre 29th, 2015 Riccardo Fucile
MA SALVINI VOLEVA DAVVERO ANDARE IN NIGERIA O SOLO POTER DIRE CHE LO HANNO RESPINTO?…. FARSA PADANA: PARE CHE I DOCUMENTI NON SIANO STATI PRESENTATI IN TEMPO
Respinto senza appello. Come del resto vorrebbe fare lui con i clandestini che sbarcano sulle coste italiane. Ma stavolta non c’entrano politiche sull’immigrazione o xenofobia. Solo burocrazia e ritardi. Ha fatto notizia il ‘blocco’ della Nigeria al leader della Lega Nord Matteo Salvini, che il 28 settembre a Radio Padania aveva detto di essere stato costretto a rinunciare al suo viaggio nel Paese africano perchè non gli era stato concesso il visto.
«ATTENDIAMO RISPOSTE».
Peccato che la versione di Abdulkareem Adaji, console all’Ambasciata nigeriana a Roma, smentisca tutto: «Non è vero che abbiamo negato il visto all’europarlamentare Salvini», dice a Lettera43.it, «quello che lui ha raccontato alla stampa italiana non è la verità . Ha mandato l’application con i documenti, noi abbiamo avviato la procedura e stiamo aspettando la risposta da Abuja (capitale della Nigeria, ndr)».
«TRATTATO COME TUTTI».
Quindi la colpa sarebbe solo del leghista, pigro nel presentare tutte le carte nei tempi previsti. «Non spetta a me commentare le idee politiche del deputato Salvini, nè la sua posizione sull’immigrazione», ha aggiunto Adaji, «quello che posso assicurarle è che i nostri uffici lo hanno trattato come un qualsiasi altro cittadino. Se vuole, può parlare con il nostro ambasciatore che vi confermerà quanto vi ho detto e potrà eventualmente approfondire la questione».
Marco Todarello
(da “Lettera43″)
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Settembre 29th, 2015 Riccardo Fucile
“FAREMO FUORI I COMUNISTI”…E PENSA AI SUOI PROCESSI
Scena dal “giardino”. Ignazio Abrignani, già fedelissimo di Claudio Scajola e ora grande reclutatore dei responsabili di Verdini, attraversa l’Aula di Montecitorio col petto in fuori in direzione di Giachetti: “Roberto, hai scritto un pezzo magistrale, Grazie”.
Il riferimento è al blog di Giachetti sull’HuffPost, manifesto ideologico del renzismo che accoglie l’ex plenipotenziario del Pd: “Caro Bersani, nel giardino del Pd c’erano Mastella e Di Pietro. Perchè il voto di Verdini puzza?”.
Ignazio Abrignani poi esce dall’Aula. E spiega: “Noi stiamo costruendo la gamba moderata dell’alleanza. E quando si andrà a votare e la scelta sarà tra Renzi, Grillo e Salvini noi faremo una lista per tutti quelli che vogliono votare Renzi e non il Pd”. Parlano i verdiniani, loquaci, sicuri, come ai tempi del Berlusconi trionfante: “Costruiremo la lista, i ‘moderati per Renzi’”.
Il mondo del premier lascia fare, non smentisce, anzi polemizza con la sinistra, ostenta complicità con l’ex plenipotenziario di Berlusconi.
Complicità spudorata, fatta di cene con Lotti, di telefonate quotidiane. Ultimamente anche di report. I memorabili report che mandava a Berlusconi ora vanno via mail a palazzo Chigi: “Qualche nota — confessa Abrignani — ogni tanto la manda”.
È Denis, così ha raccontato ai suoi, a ricevere la prima telefonata di Renzi dopo il colloquio da Mattarella.
Ed è lui a dare il suggerimento su come “fottere” la sinistra e Grasso al Senato: “Il trucco — spiega — è partire dall’articolo 10, perchè così è costretto a cangurare il primo e non rischi di andare sotto nei voti segreti”.
Per il mondo renziano “ci pensa Denis”. Bersani è furibondo: “Ma vi pare possibile — dice ai suoi — che questi parlano solo con Verdini e non fanno neanche una telefonata a me e Speranza?”.
Il solco ormai è quasi antropologico, oltre che politico, e si allarga. Pure il mite Speranza ha tirato giù la sala a Livorno, tra gli applausi: “Non consentiremo che entrino in casa nostra Verdini e gli amici di Cosentino”.
Ma Verdini è già il giardiniere del Partito della Nazione. Alla Camera c’è Abrignani. Al Senato Ciro Falanga.
Loro parlano, intercettano bisogni, tormenti necessità dei delusi di ogni schieramento. E segnalano al Capo. A quel punto interviene lui: “Nitto — si è sentito dire l’altro giorno Nitto Palma – che ci stai a fare là , vieni con noi, ti faccio fare il capogruppo”. Palma ha detto no: “Ho detto no a Fitto e dico no a te. Se dovessi lasciare Forza Italia andrei nel misto”.
Altri però stanno dicendo sì: “La prima fase — ripete Verdini — era lanciare l’operazione. Ora stiamo chiudendo la seconda, arrivando a 15 al Senato. Entro due mese la terza fase”.
La spiega Abrignani: “Una federazione di centro che diventi la seconda gamba della maggioranza”. Che passa per l’accordo con il gruppo di Scelta Civica e per la “campagna acquisti su Ncd e su altri delusi di Forza Italia”.
Il lavoro è capillare, fatto anche di bluff: “Silvio è d’accordo — ripetono ai parlamentari in bilico — lui non ha mai smesso di stimare Verdini e vuole un canale con Renzi per le aziende”.
Era da tempo che l’ex plenipotenziario di Berlusconi non tornava così al centro del gioco.
Sostituito nel giardino di Arcore da Dudù e dalle “ragazze” è il grande concimatore di quello renziano: “Il processo è inevitabile. Renzi litigherà con la sinistra fino a rompere e faremo assieme il partito della Nazione. In fondo sto facendo quello che volevo fare con Silvio, uccidere i comunisti”.
Proprio l’insofferenza per tutto ciò che è Pci o Ditta anima le conversazioni toscanacce col “giglio magico”.
E anche una visione dell’informazione come impiccio. “Camorrismo giornalistico” è l’espressione usata domenica prima da De Luca poi da Verdini, intervenuto, prima della Boschi a un convegno sul partito della Nazione a Salerno con l’ex craxiano e berlusconiano Fabrizio Cicchitto e Lorenzo Cesa.
Nel Palazzo ormai il rapporto tra Matteo e Denis si arricchisce di voci, aneddoti gustosi, storie dei loro trascorsi.
Verdini, si sa, è un personaggio riservato, non vanta le sue amicizie. E non ha mai rivelato quella sua antica consuetudine da editore con il distributore di giornali di Rignano sull’Arno Tiziano Renzi e con il di lui figliolo Matteo, ragazzo sveglio, da non perdere mai di vista, da coltivare.
Quelli attorno al “giardiniere” raccontano di che bel rapporto c’era già quando non si parlava di riforma del Senato, ma di carta stampata: da editare, pubblicare e poi distribuire.
L’editore Verdini era proprietario di fogli regionali e locali – il Giornale della Toscana, il Cittadino di Siena, Metropoli – in Valdarno, nel Chianti e nella Piana.
Il distributore Renzi (padre) consegnava i giornali alle edicole. Poi arrivò il Foglio, altro giornale in cui Verdini entra nella compagine editoriale, giornale berlusconiano per eccellenza che sponsorizza Renzi senza se e senza ma.
Poi l’incontro ad Arcore, il “piano Rosa tricolore” messo a punto da Dell’Utri e Verdini per fare di Renzi il nuovo leader del centrodestra
Ecco, c’è tutta una storia da raccontare nel nuovo giardino dove quelli della sinistra si sentono cespugli quasi potati: “Certo — dice Danilo Leva su facebook – che assistere alla difesa d’ufficio di Verdini da parte del vice presidente della Camera Giachetti è davvero triste. Non è questo il verso del Pd”.
Ma Denis, per il premier è intoccabile, perchè è la certezza che consente, come si è visto sul Senato, di non mediare con la Ditta. È un’altra Ditta. Una Ditta di cui, dal punto di vista di Verdini, la sua vicenda giudiziaria è un pezzo di ragione sociale. Guarda caso, l’ex plenipotenziario di Berlusconi ha annunciato il suo gruppo nel giorno che ha ricevuto la sua quarta medaglia al valor giudiziario: il rinvio a giudizio per bancarotta sulla vicenda del Credito fiorentino.
Il processo più temuto, su cui qualche tempo fa temeva una richiesta d’arresto: “Denis – ripete il Cavaliere – pensa che avvicinarsi al governo lo mette a riparo dalla procura di Firenze”.
Non è il solo a pensarla così. Il motivo per cui ex berlusconiani come Nitto Palma e Riccardo Villari non hanno aderito è che il “progetto di Verdini è cieco” ed è uno scambio tra “Denis” che pensa di tutelare gli affari suoi e Renzi che vuole una pattuglia per non avere rotture di scatole a sinistra.
Le altre medaglie al valor giudiziario di Verdini, collezionate nel corso della carriera a fianco di Berlusconi, sono: il rinvio a giudizio per “concorso in corruzione” per aver partecipato ad appalti e commesse pubbliche, come la realizzazione della Scuola Marescialli dei carabinieri di Firenze, in violazione delle regole sull’affidamento dei pubblici appalti.
Altro rinvio a giudizio sulla P3, assieme all’ex sottosegretario Nicola Cosentino, attualmente in carcere per questioni di camorra.
A Verdini, nell’inchiesta sulla P3, vengono contestati i reati di associazione a delinquere finalizzata a episodi di corruzione, abuso d’ufficio e finanziamento illecito. Il processo che invece preoccupa di meno Verdini è quello per finanziamento illecito ai partiti ed è legato a una plusvalenza di 18 milioni di euro nella compravendita di un palazzo romani, in via della Stamperia.
Nessun imbarazzo per Renzi. Anzi Giachetti si domanda: “Perchè il voto di Verdini puzza?”.
E Abrignani, prima di tornare al suo banco, gli stringe la mano calorosamente, come si fa nello stesso giardino.
(da “Huffingtonpost“)
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Settembre 29th, 2015 Riccardo Fucile
MA SE ANCHE FOSSE UNITO SAREBBE INDIETRO DI 10 PUNTI
Mentre Silvio Berlusconi è concentrato sul rebus delle candidature per le prossime amministrative, in particolare su Milano, e sulle mosse di Denis Verdini, intento a “portare” senatori forzisti verso il Pd, a Bologna il partito si divide.
Tre consiglieri comunali forzisti, il capogruppo Michele Facci, Lorenzo Tomassini e Daniele Carella hanno annunciato ieri una lista civica autonoma in vista delle comunali del prossimo anno, sconfessando così il candidato indicato dallo stesso Berlusconi (intervenuto telefonicamente alla festa nazionale di Forza Italia) appena una settimana fa: il consigliere regionale Galeazzo Bignami.
La lista, presentata ufficialmente, ha già un nome “Uniti si vince, Bologna nel cuore” e un simbolo.
“Non siamo contro Bignami – assicurano i tre – ma chiediamo che il centrodestra trovi un candidato unico. Se fossimo stati consultati non avremmo ratificato ciò che abbiamo visto. Ci piacerebbe riavvolgere il nastro, altrimenti regaliamo il Comune al Pd”.
Salvini, subito infomato dalla vicenda mentre a Milano sta preparando la sua “calata” a Bologna, l’8 novembre, per la manifestazione conclusiva della tre giorni di #bloccaitalia contro il governo Renzi, loda i tre: “Ma noi pensiamo che il candidato migliore sia la nostra Lucia Borgonzoni, non insisterei se non ne fossi convinto”.
La candidata leghista è del resto già in campagna elettorale sia in città che in tv, con varie comparsate nei talk show politici, e lo stesso Salvini, che ha bruciato Forza Italia presentando per primo la sua candidata a Palazzo d’Accursio, rilancia la sua Opa su Bologna: L’obiettivo della Lega è insomma quello di misurarsi sulla piazza rossa di Bologna, assicurandosi, se non la vittoria, la leadership dell’opposizione al Pd.
Una strategia già sperimentata alle regionali dello scorso anno, quando il principale avversario di Stefano Bonaccini fu proprio il leghista Alan Fabbri, e che ora si vuole applicare anche a Bologna.
Magari sfilando pure qualche consigliere a Forza Italia, come potrebbe accadere se la lista dei frondisti, in mancanza dell’unità auspicata, dovesse alla fine decidere di confluire sulla Borgonzoni, invece che su Bignami.
Di sicuro la mossa dei tre frondisti fa infuriare il coordinatore regionale di Forza Italia Massimo Palmizio: “Berlusconi ha già indicato il candidato e ne parlerà con gli alleati. Questi consiglieri agiscono con motivazioni personali. E poi quale lista civica? Sono tutti e tre esponenti di Forza Italia”.
L’accusa è insomma quella di essere a caccia di poltrone. Irritato anche Bignami, spiazzato dalla iniziativa della fronda, proprio dopo aver ricevuto l’imprimatur del Cavaliere.
Tutto mentre esce probabilmente di scena anche Vittorio Sgarbi, il cui nome è stato testato in un sondaggio interno di Forza Italia, ma che non è risultato il più votato tra i papabili inseriti nella consultazione.
E i risultati del sondaggio per il centrodestra non sono esaltanti: anche con una coalizione unita, il migliore dei “civici” testati si piazza comunque dieci punti sotto al candidato Pd Virginio Merola, in un ipotetico ballottaggio.
Tranchant, sulla situazione, è del resto il commento dell’ex deputato di Forza Italia Fabio Garagnani, presente ieri alla conferenza stampa dei frondisti: “Forza Italia non esiste piuù a Bologna. Io sono già uscito. E’ solo un cadavere ambulante”.
Silvia Bignami
(da “La Repubblica”)
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Settembre 29th, 2015 Riccardo Fucile
IN CELLA ANCHE EX DIRIGENTE, L’ACCUSA E’ ASSOCIAZIONE A DELINQUERE… LA NOMINA RISALE ALLA GESTIONE DELLA MORATTI
Due dipendenti del Comune di Milano, un ex dirigente dell’amministrazione e il titolare di una società edile sono stati arrestati stamane nell’ambito di un’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto di Milano Giulia Perrotti e dal pm Luca Poniz e condotta dal Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza.
Sono stati eseguiti sequestri di documenti utili alle indagini presso il Comune di Milano e l’Aler, azienda lombarda di edilizia residenziale. Le accuse sono di associazione per delinquere e corruzione.
«Soci occulti»
Avrebbero ricoperto il ruolo di «soci occulti» dell’azienda il cui titolare è stato arrestato i funzionari e il dirigente del Comune di Milano finiti in manette nell’ambito di un’inchiesta coordinata dal pm Luca Poniz.
È quanto si apprende da fonti investigative.
Ad aggiudicarsi illecitamente gli appalti attraverso un giro di mazzette sarebbe stata la società Professione Edilizia srl guidata dall’imprenditore Marco Volpi arrestato insieme all’ex dirigente di Palazzo Marino e ora procacciatore d’affari Luigi Grillone e ai dipendenti del Comune (Ufficio settore manutenzione) Giuseppe Amoroso e Angelo Russo.
Nell’ambito dell’inchiesta, si legge in una nota del procuratore Edmondo Bruti Liberati, sono stati notificati due avvisi di garanzia nei confronti delle persone giuridiche Consorzio Milanese scarl e Professione Edilizia srl, indagate per la legge 231 del 2001 sulla responsabilità amministrativa delle imprese.
Anche truffa
Grillone è stato direttore del Settore tecnico scuole e strutture sociali del Comune tra il 2006 e il 2011.
Il dirigente infatti era entrato nell’amministrazione nel settembre 2006 assunto per 5 anni con la delibera della giunta Moratti che stabilì, dopo l’insediamento a palazzo Marino, l’assunzione di 54 nuovi dirigenti.
Quanto a Volpi, titolare della società Professione Edilizia srl, sarebbe riuscito a ottenere appalti pubblici in ambito edile attraverso gare truccate.
È questa l’ipotesi alla base dell’inchiesta della Procura di Milano: Volpi, in particolare, sarebbe riuscito a ottenere gli appalti grazie alla collaborazione dei due dipendenti del Comune e dell’ex dirigente ritenuti soci occulti della sua società .
I reati sarebbero stati commessi tra il 2005 e l’ottobre 2012 e, dunque, durante le amministrazioni dei sindaci Letizia Moratti e Giuliano Pisapia.
A Volpi, oltre all’accusa di associazione per delinquere e corruzione, vengono contestati anche i reati di turbativa d’asta e falso. Ai due dipendenti del Comune, Amoroso e Russo, viene contestata anche l’accusa di truffa, perchè si sarebbero assentati durante gli orari di lavoro. In particolare, Amoroso avrebbe frequentato case di prostitute.
«Durante l’orario di lavoro si allontanava senza averne giustificazione, recandosi in diversi luoghi (uffici della società Professione edilizia srl; locali pubblici siti nella locale Corso Como, centro commerciale Milanofiori di Assago; luoghi di meretricio in appartamenti privati e altri)», si legge nel capo di imputazione per truffa riportato nell’ordinanza d’arresto.
L’accusa di truffa è contestata anche all’altro dipendente, che però non sarebbe andato a prostitute.
Un ipad come stecca
Altri dodici indagati a piede libero sono invece accusati a vario titolo di corruzione e turbativa d’asta.
Quattro responsabili di gare pubbliche nel settore dell’edilizia scolastica e popolare sarebbero stati corrotti da Volpi con degli ipad.
È quanto si evince da uno dei capi di imputazione per corruzione in cui Volpi risulta indagato in concorso con Armando Lotumolo, in qualità di «direttore del settore edilizia patrimoniale e demaniale nonchè incaricato della direzione del servizio di edilizia scolastica del Comune»; Milena Beduschi, «in qualità di dipendente del Comune di Milano, membro della Commissione anomalie costituita all’interno del settore appalti pubblici del Comune di Milano, nonchè direttore lavori del Comune di Milano»; Davide Plebani, nella sua qualità di dipendente del Comune di Milano, membro della Commissione anomalie costituita all’interno del settore appalti pubblici del Comune di Milano; e Stanislao Virgilio Innocenti, «nella sua qualità di dirigente, responsabile della direzione centrale Opere pubbliche e centrale unica appalti – Servizio esame progetti del Comune di Milano.
Secondo le accuse, nell’agosto 2012 «Volpi metteva a disposizione e regalava due tablet marca Apple – tipo Ipad, a Lotumolo, Beduschi, Plebani e Innocenti al fine di ottenere dagli stessi (…) informazioni rilevanti». Gli altri indagati a piede libero sono imprenditori e avvocati esperti del settore amministrativo.
Il Comune: «Dirigente non confermato»
L’Ufficio stampa del Comune di Milano ha precisato in una nota che «l’ingegner Mario Grillone, arrestato martedì mattina nell’ambito di una indagine condotta dalla Guardia di Finanza, non era stato confermato e, quindi, allontanato da questa Amministrazione insieme ad altri dirigenti sin dal giugno 2011.
Il suo incarico, presso il Settore edilizia residenziale pubblica nell’ambito della direzione centrale tecnica era stato deliberato nel 2003 e nel 2006. Anche gli altri due arrestati, dipendenti dell’Amministrazione, hanno lavorato nell’ambito della direzione centrale tecnica.
L’Amministrazione esprime piena fiducia nell’azione della magistratura e annuncia sin da ora che, in qualità di parte offesa, in caso di richiesta di rinvio a giudizio si costituirà parte civile sia per i danni patrimoniali che di immagine».
(da “il Corriere della Sera“)
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Settembre 29th, 2015 Riccardo Fucile
LA RETE NON E’ ALLINEATA AL GOVERNO E C’E’ ARIA DI EPURAZIONE
L’idea è questa: fare un piccolo viaggio dentro Rai3.C’è roba da raccontare. La settimana scorsa è stata abbastanza memorabile.
Prima hanno convocato il direttore di rete Andrea Vianello in commissione di Vigilanza e lì l’hanno torchiato, interrogato, chiedendogli come e perchè a Ballarò si fossero permessi di intervistare due esponenti grillini (Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista) in due puntate di seguito.
Poi, quattro giorni dopo, il presidente della Campania Vincenzo De Luca (Pd) denuncia «atti di camorrismo giornalistico» messi a segno da «quella lobby radical chic».
Una cosa da fare subito: telefonare a un vecchio collega del Tg3 che sa sempre un mucchio di retroscena, veleni, verità .
«Siamo sotto tiro, amico mio…»
Mai accaduto prima.
«A mia memoria, mai così. Nemmeno con il Cavaliere. Il silenzio del Pd davanti alle volgari accuse di De Luca è terribile. Finora ha detto mezza frase di solidarietà solo il capogruppo dem in commissione, Vinicio Peluffo… Al Nazareno e a Palazzo Chigi ci detestano».
Quindi tu credi che…
«No, aspetta. Sto in redazione, a Saxa Rubra, e non posso parlare. Vediamoci stasera da Settembrini, ti dico tutto davanti a un gin-tonic».
D’accordo: con questa «fonte» parleremo dopo; andiamo avanti: spedire e-mail ed sms a parlamentari e deputati del Pd. Messaggio: sto lavorando a un pezzo su Rai3 e ai rapporti con il partito: avete qualcosa da dire?
L’sms più interessante è di un senatore: «Io non le ho detto niente. Non voglio comparire. Ma sappia che a Rai3, tra un po’, entreremo con il lanciafiamme».
E Michele Anzaldi, uno che di solito nome e cognome ce lo mette, che dice? (Anzaldi è un deputato di stretto rito renziano e membro della commissione di Vigilanza, un siciliano fintamente spigoloso, in realtà furbissimo e a lungo temuto portavoce di Francesco Rutelli tra Campidoglio e campagne elettorali).
Sembra che voi del Pd abbiate un problema con Rai3, che è sempre stata la vostra rete di riferimento: è così?
«C’è un problema con Rai3 e con il Tg3, sì. Ed è un problema grande, ufficiale. Purtroppo non hanno seguito il percorso del Partito democratico: non si sono accorti che è stato eletto un nuovo segretario, Matteo Renzi, il quale poi è diventato anche premier. Niente, non se ne sono proprio accorti! E così il Pd viene regolarmente maltrattato e l’attività del governo criticata come nemmeno ai tempi di Berlusconi».
Sta dicendo cose gravi, onorevole.
«Sto dicendo la verità . Del resto, guardi: è Vianello che ha qualche difficoltà a percepire la realtà dei fatti, ascolti e trasmissioni fallimentari comprese, non noi. Quando abbiamo chiamato in commissione il direttore di Rai1 Giancarlo Leone dopo la vicenda dei Casamonica, quello s’è presentato pacato, dispiaciuto, collaborativo… Mentre Vianello arriva e…».
E cosa?
«Tutto bene, tutto okay… Si fa così, vi spiego io… un’arroganza… Tutto bene? Ballarò sforna a raffica editoriali contro il governo, intervista in pompa magna un grillino a settimana e va tutto bene? Lo sa che i nostri ministri non vogliono più andarci a Rai3?»
Lei, onorevole, rappresenta un partito: può un partito parlare così di una rete pubblica?
«Io mi aspetto che Rai3 faccia servizio pubblico: e, per ora, non lo fa. Si sono chiesti a Rai3 perchè Renzi è andato due volte da Nicola Porro a “Virus” su Rai2? Perchè, se dobbiamo spiegare una legge, preferiamo che i nostri parlamentari vadano da Bruno Vespa? Comunque, guardi: adesso l’importante è che Vianello non faccia altri errori…».
I toni sono questi.
Forse l’idea iniziale del viaggio dentro Rai3 – tra corridoi e umori – non tiene più: qui siamo già alla scena finale. Il Pd, con i toni severi di un editore esigente, spiana un’intera rete.
Bianca Berlinguer, tu dirigi il Tg3: cosa dici?
«Dico che il Tg3 e Rai3 hanno sempre avuto un pubblico assai sensibile e critico, attento ai movimenti sociali, tendenzialmente contestatore, non necessariamente solo di sinistra. Quando però il centrosinistra è al governo, e questo non riguarda naturalmente solo l’esecutivo attuale, può realizzarsi un corto circuito: il pubblico rimane in gran parte contestatore, mentre il governo si aspetta un atteggiamento pregiudizialmente favorevole, che invece non è un presupposto, nè un dato scontato».
Il corto circuito.
La metafora elegante di Bianca Berlinguer.
La voce di Andrea Vianello pacata, ferma.
«Punto primo: io penso che una rete che fa servizio pubblico non debba avere come riferimento un partito, ma i cittadini. Punto secondo: davanti alla commissione di Vigilanza non sono stato arrogante, proprio no. Piuttosto, con rispetto, e anche con stupore per essere stato convocato lì, ho chiesto di poter essere giudicati nell’arco di una stagione, e non dopo due puntate…».
Vi accusano di avere intervistato due grillini in due puntate di Ballarò.
«La presenza di Di Maio, vice-presidente della Camera, era ineccepibile. Ma poichè ha scatenato anche qualche curiosità sulle nuove possibili leadership all’interno del M5s, allora gli autori di Ballarò hanno ritenuto di intervistare anche Di Battista, un altro giovane emergente. C’è un qualche errore giornalistico?».
L’ostilità del Pd nei vostri confronti è evidente. Dopo le pesanti parole di De Luca, solo rare dichiarazioni di sdegno.
«Io non sto qui ad aspettare d’essere difeso da un partito. Sono io che difendo l’autonomia e l’equilibrio della rete che dirigo, il lavoro di chi ci lavora e trovo grave e inaccettabile che Rai3 possa essere paragonata a un’organizzazione criminale, come ha fatto De Luca».
Non fanno sconti, Vianello: puntualmente, sui giornali, tirano fuori la storia che vi siete fatti sfuggire Floris…
«Allora: Giovanni aveva ricevuto un’offerta molto ma molto vantaggiosa da un’altra azienda… Io sarei stato felicissimo di tenerlo, figuriamoci, uno talmente bravo… invece sono stato costretto trovare un’alternativa e ho portato Massimo Giannini, una delle firme del giornalismo su carta e…».
In commissione le hanno chiesto quanto guadagna Giannini…
«Ma io, come ho spiegato, non posso dirlo: e non perchè chissà quanto guadagni, ma perchè sono tenuto a una forma di riservatezza aziendale… Detto questo, però, no, vorrei aggiungere: vero che un po’ di pubblico ha seguito Floris, ma è anche vero che nei confronti diretti l’anno scorso su 42 serate, Floris è stato negli ascolti sopra di noi soltanto due volte e quest’anno una volta su tre».
Poi ci sarebbe il problema degli ascolti e delle trasmissioni che non sono andate bene.
«Oh, beh: è anche dovere di chi dirige una rete sperimentare e trovare nuove strade. Specie se hai una base di trasmissioni di grande successo come Report, Presa Diretta, Ulisse, Chi l’ha visto?, Ballarò e Che tempo che fa».
La buona notizia per Vianello –ascoltata poi da Settembrini, davanti a due gin-tonic – è che Renzi adora «Che tempo che fa» di Fabio Fazio.
La cattiva: gli piacerebbe davvero un sacco mettere Andrea Salerno, autore e dirigente Rai, al suo posto.
Fabrizio Roncone
(da “Il Corriere della Sera”)
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Settembre 29th, 2015 Riccardo Fucile
VETI INCROCIATI, RIPICCHE, PERSONALISMI, PASSIONE E VISIONE IDEALE ZERO, FORMULE DA POLVEROSE SOFFITTE…MANCANO UN LEADER MODERNO, UN PROGETTO E UNA SINTESI
Sarò oltremodo sincero… I continui attacchi, soprattutto quelli degli ultimi giorni, a Gianfranco Fini, proprio non li capisco.L’ennesimo momento di tensione “nell’area ideale” che fu di Alleanza Nazionale – tanto per non cambiare — è stato nuovamente il famigerato “tesoretto” della relativa fondazione.
“Il club dei quarantenni” vorrebbe che la fondazione impiegasse una parte di quel “tesoretto” per sostenere una nuova associazione che possa essere il punto di riferimento per la costruzione di una “casa comune”.
Fratelli d’Italia si è opposta in modo oltremodo diretto e plateale assumendo che quel “punto di riferimento” già ci sarebbe (e si tratterebbe proprio di FdI, tanto per essere chiari), contestualmente “impartendo l’ordine”, ai propri iscritti, di non sostenere nessun progetto diverso e/alternativo.
Lo scenario è oltremodo chiaro anche se parimenti triste e sconsolante…
Alleanza Nazionale ha incarnato, e rappresentato, “un grande ponte verso l’avvenire”. Un ponte che non è stato costruito soltanto da Tatarella, ma da un’intera generazione di uomini e donne cresciuti, accuditi e formatisi sotto la guida illuminata ed illuminante di Almirante, Rauti e di tutti quegli uomini e quelle donne che hanno speso una vita intera in nome e per conto di una visione.
Allenza Nazionale, insomma, rappresentò quella destra che, nell’affrancarsi dal grande compito di conservazione della memoria storica, si proiettava verso le grandi sfide del nuovo millennio.
La visione illuminata di una destra che propugnava meno “stato burocrazia” e più Stato di diritto.
Una destra capace di cavalcare le necessità del liberismo economico senza mai dimenticarsi “chi sta e/o è rimasto indietro”, però.
Una destra della libertà , della solidarietà , della legalità e dei diritti.
Mi chiedo cosa vi sia in Fratelli d’Italia di quella tradizione. A ben vedere, proprio nulla.
Non è per fare lo schizzinoso, ma quel partitino, tutto è, tranne che l’effettiva “reincarnazione” di quella storia. Così com’è, non sarà mai “il punto di riferimento” per la costruzione di una nuova “casa comune”.
Al netto delle speculazioni sofisticate e delle varie dietrologie possibili, l’oggettività dimostra che agiscono sempre secondo vecchi schemi e che pensano – e ragionano – in modo confuso e confusionario.
Destra statalista e conservatrice, insomma, ma nel senso più gretto e minimalista del termine, perchè una destra che sa soltanto gridare contro lo straniero o contro le diversità ; una destra che sa soltanto ipotizzare di bloccare l’Italia per due giorni anzicchè prodursi in appassionanti proposte alternative; una destra che sa soltanto mettersi un bavaglio per protestare contro una pseudo-censura ministeriale (peraltro inesistente), beh, “una destra del genere” non ha proprio nulla di quella libertà e di quella visione illuminata che su la grande sfida storico-culturale incarnata da Alleanza Nazionale.
Comunque sia, la politica non si fa rispolverando vecchie bandiere. Soprattutto oggi, le persone ed il Paese hanno bisogno di una visione pregna di idee incendiarie e di prassi operative e metodologiche capaci di infiammare i cuori e le speranze.
Di un “nuovo ponte” che, nel “farci uscire dal pantano”, ci proietti nuovamente verso l’avvenire.
Ovviamente, le formule “vuote” – o “di stile” – non servono proprio a nulla… Liberali. Destra, Azzurri. Blu. Repubblicani. Conservatori. Radicali. Missini. Vetero-missini. Leghisti. Riformisti. Radicali… Sono tutte formule vuote, oramai.
Orpelli incapaci di “dire qualcosa” e di arrivare al cuore della gente. Giusto per chiarezza: anch’io, con alcuni amici, ho “messo su” una piccola associazione politico-culturale. Ovviamente ha una propria denominazione. Anzi, è per buona parte “Incarnata” proprio da questo sito.
Ma quella denominazione non è altro che il modo per richiamare – “in forma sintetica” – i valori ai quali si fa riferimento: quelli di una “visione” di “destra liberale ed illuminata”, capace di coniugare il conservatorismo valoriale alle nuove sfide dei tempi (anche per quanto attiene direttamente ai valori).
Ciò non di meno, “una cosa” è “mettere su” una piccola associazione politico-culturale, ben altra sostanza ha immaginare di dare vita ad un partito.
Il linguaggio deve essere del tutto diverso e gli stessi parametri di riferimento devono essere entusiasmanti, appassionanti ed incendiari.
Credo di essere oltremodo nel vero se assumo che, le attuali compagini partitiche che si richiamano alla “pseudo-destra”, non hanno proprio nulla di incendiario e/o di appassionante.
Vecchi rivoli di storia, peraltro confusa e confusionaria.
Una grande casa comune sarà possibile soltanto se si saprà essere capaci di organizzare una sincera ed audace alternativa al “renzismo dilagante”, perchè Renzi, pur non essendo una cima, è comunque un politico di razza. “Uno che sa parlare”. Uno che sa arrivare al cuore, alla testa e finanche alla pancia della gente.
Comunicare, in ultima analisi, è proprio questo.
I risultati elettorali hanno sempre più dimostrato che la strada intrapresa dal coevo “centro-destra” è sterile e poco produttiva.
Non incarna quel 50% di elettori stanchi e sfiduciati, che non va più a votare, e non soddisfa appieno chi, invece, ancora lo fa.
I partiti sono ancora strumenti di interessenza tra la società civile deviata e/o abbisognante di assistenzialismo clientelare, ed una nomenclatura incapace di fare altro.
Immaginare un futuro diverso richiede uno sforzo davvero immenso e, soprattutto, postula una grande sincerità di spirito, oltre alla dimensione di visioni ardite e prorompenti.
Io capisco che, se proprio si guarda a destra, l’unico ancora capace di saper fare analisi e proposizioni degne di note, sia proprio Fini: basta sentire la sua intervista all’ultima convention di Mirabello per averne ulteriore e lucida conferma.
Comprendo pure che, per chi si atteggia a pseudo-leader, “un’ombra” culturale del genere, anche se ricondotta allo zero/virgola percentuale in termini elettorali, possa essere — come in effetti è – davvero molto ingombrante, però non è demonizzando chi è “capace di analizzare e di proporre” che si incarna un’alterativa.
Anzi, se davvero si vuole dar vita ad una destra della legalità e del “merito”, e allora non bisognerebbe mai dimenticarsi di farlo anche in senso pragmatico.
E poi, diciamocela tutta… Se si mettono a confronto Salvini e la Meloni con Renzi, Renzi “li asfalta”: arriva almeno al 75% del proscenio mentre gli altri due, forse, a malapena al 14%.
E se succede, un motivo ci sarà , perchè “fare politica”, non è “parlare giusto per”, ma farlo con cognizione di causa.
La politica non è conservazione di quello che c’è, ma una grande sfida per l’avvenire.
Fini non ha detto che vuole rifare il leader di qualcosa. Si è sempre – e soltanto – offerto di “dare una mano”; di dare un contributo alla discussione.
Soltanto i gretti e gli stolti non sanno cogliere la differenza.
Ma nella vita ognuno fa le proprie scelte. Non voglio propugnare “Fini” e/o schierarmi contro chi non “lo sopporta”.
Dico soltanto che certi attacchi, certe insinuazioni e certi “processi alle intenzioni”, sono cosa davvero molto triste e indegna. Una “cosa non da destra”, va…
Io penso che tutti quelli che sono stati parte di “una storia” abbiano il compito e l’obbligo etico e morale, non di rimettersi in gioco, ma di dare una mano “alla creazione di una nuova stagione di idee”, ad una nuova “classe politica” ed alla stessa società civile affinchè possano esprimere una rinnovata ed appassionante storia.
Se ne vuole fare a meno? Si vogliono mettere paletti? Si vuole continuare coi “muri e coi muretti”? Si vuol provare a “camminare soltanto con le proprie gambe”? “Okay”. Va bene… Ciò non di meno, se proprio lo si vuol fare, e allora che si abbiano davvero le reali capacità e la necessitata umiltà per “potervicisi produrre”.
Ed è proprio “qui” che riposa il nocciolo duro della questione, perchè un mero partitino confuso e confusionario o un mero “club di amministratori quarantenni”, non possono essere sufficienti per rappresentare un’alternativa, ed i vari test elettorali lo hanno chiaramente dimostrato.
La gente “salta dalle sedie”, si appassiona e sogna, se “vede” una “visione”, se c’è una battaglia da combattere e se c’è una “conquista” da consumare.
La copie e “copiarelle”. Lo stress da competizione o, peggio ancora, il “cavalcar della disperazione di un popolo”, sono cose che non hanno mai costruito nulla.
E allora, lasciamo perdere le primarie, i personaggi più o meno spendibili o le sterili discussioni sul “chi viene prima” e “sul chi viene dopo”; sul “chi ha diritto di parlare” e “chi meriterebbe soltanto di tacere”.
Si riapra una fase di grande dialogo, discussione e costruzione.
Un grande tavolo dove l’invito sia per tutti quelli che hanno voglia di dare una mano. Si riporti la politica tra la gente e si faccia politica tra la gente, con la gente e per la gente: per noi tutti! Perchè i giochetti di Palazzo proprio non appassionano più.
E nel farlo, si abbia il coraggio di andare oltre gli steccati perchè le locuzioni e “le censure sulle persone” servono davvero a poco: quello che serve al nostro Paese è un mondo ricco di idee e di grandi guerrieri pronti a battersi.
Se non si comprende questo nessuna formula servirà mai a nulla, perchè la vera necessità , non è il modus, ma l’in sè…
Salvatore Castello
Right BLU – La Destra Liberale
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Settembre 29th, 2015 Riccardo Fucile
“DOVEVI RISOLVERE IL PROBLEMA DELL’IMMIGRAZIONE E TI SEI FERMATO AL CHECK IN DELLA MALPENSA?”
Caro Salvini,
ci hai smaronato mesi e mesi con questa storia che Renzi e il governo erano smidollati incapaci di risolvere il problema dell’immigrazione e che intanto a fare cose rapide e concrete ci avresti pensato tu.
“Vado in Nigeria e chiedo io di cosa hanno bisogno!” hai annunciato bello tronfio.
Hai detto che andavi a giugno.
Poi a fine estate.
Poi a settembre.
Poi a fine settembre.
Ora viene fuori che ti hanno rifiutato il visto.
Devono essere illuminati questi nigeriani, li stimo già . Quindi nulla, tu, la nostra pedina chiave che sarebbe andata all’estero per risolvere i problemi dei barconi, la guerra in Siria, il doppio governo in Libia, le sacche di povertà in Nigeria e la dismorfofobia in Sandro Mayer, neanche sei riuscito a superare i check in a Malpensa. Ora, vedi Matteo, a questo punto io mi aspetto che tu domani prenda un treno fino a Pozzallo, poi un barcone per la Libia, poi ti fai a piedi tutta l’Algeria, poi il Mali (portati una bottiglia d’acqua che fa caldo), poi il Niger e poi finalmente l’agognata Nigeria.
Quelli motivati ce la fanno.
Tira fuori le palle, daje.
Selvaggia Lucarelli
(da Fb)
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Settembre 29th, 2015 Riccardo Fucile
FLAVIO, INGEGNERE MECCANICO, DOTTORATO ALLA FERRARI: “VOGLIO IL RISCATTO DELLA MIA CITTA’, SPERO CHE ALTRI FACCIANO LA MIA SCELTA”
#Ioresto è molto più di uno slogan per Flavio Farroni. È una scelta che lui ha fatto per sempre.
Trent’anni, di Napoli: “Amo la mia città , è bellissima, voglio contribuire a farla crescere, non la lascerò per nessuna ragione al mondo”.
Anche se a offrirgli un lavoro in Inghilterra è un’azienda di auto di Formula 1. Ingegnere meccanico dal 2010, per la tesi di laurea progetta uno strumento per migliorare la prestazione degli pneumatici in Formula 1, che sviluppa durante il dottorato nei laboratori della Ferrari.
Oggi ha un assegno di ricerca all’Università Federico II, da 1600 euro al mese circa, e fa avanti e indietro da Maranello.
“Passo metà del mese là e metà qua, a Napoli. Non rinuncerò mai a dove sono ora per un posto da dipendente. L’università per me rimane un baluardo della libertà di pensiero e mi consente di inventare e fare ricerca senza limiti imposti dall’alto”.
Nel maggio 2014 vince la medaglia d’argento ai Vehicle dynamics awards nella categoria “development tool”, il premio istituito dalla rivista omonima.
“Il tool che ho realizzato — spiega — è in grado di caratterizzare il comportamento degli pneumatici nell’interazione con il suolo utilizzando in pista il veicolo come se fosse un laboratorio mobile, facendo quindi a meno di complessi e costosi test di solito effettuati presso strutture esterne e con banchi prova specifici”.
Nel febbraio 2015 invece si aggiudica il titolo di “Young scientist of the year” assegnato ogni anno in occasione della Tire technology conference di Colonia, uno degli eventi internazionali più importanti dedicati al settore delle ruote.
Quando ha deciso di frequentare l’università al Sud parenti e amici gli ripetono: “Che fai, sei matto? Pensa a cosa potresti fare altrove!” oppure “vattene subito prima che sia troppo tardi!”.
Flavio non dà retta a nessuno, crede fino in fondo nelle potenzialità della sua città ed è convinto che se si impegna può fare qualcosa di grande. È andata così.
E oggi si augura che altri giovani lo imitino. Fare il ricercatore è il suo sogno.
Allo stesso tempo ha in mente di dare un impulso agli spin off accademici, cioè imprese che valorizzano il know-how maturato nell’attività di ricerca universitaria.
“Sto cercando di metterne in piedi uno. Il business plan è pronto, sto aspettando l’ok dall’ateneo. Qui non c’è la cultura dell’imprenditoria accademica, non è come nel Nord d’Italia dove ci sono tanti spin off. Eppure non sarebbe un salto nel vuoto. Le società automobilistiche vorrebbero comprare il software e io non posso venderlo perchè l’Università non ha scopi di lucro”.
Flavio lavora con tutto il settore motosport, non solo con la Ferrari.
“Sono sempre di più le aziende che chiedono aiuto al nostro gruppo di ricerca”.
In più segue i progetti dei tesisti del dipartimento: “È molto stimolante, ogni giorno scopro cose nuove, il mio cervello non si ferma mai”.
Il mantra della sua ragazza invece è #iotorno.
“È di Napoli pure lei, è architetto, ma si è trasferita a Milano per lavoro con l’idea un giorno di tornare indietro”.
Chiara Daina
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 29th, 2015 Riccardo Fucile
LO SCRITTORE NON ACCETTA IL PREMIO “VITTORIO DE SICA”: “FATE DECRETI CHE DISTRUGGONO LA CULTURA”
Stefano Benni, indimenticabile autore di romanzi come “La compagnia dei Celestini”, rifiuta il premio intitolato a Vittorio De Sica perchè è patrocinato dal ministero dei Beni Culturali e viene consegnato materialmente dalle mani del ministro Dario Franceschini.
In un durissimo post su Facebook, lo scrittore bolognese spiega le sue motivazioni: “Come i governi precedenti, questo governo (con l’opposizione per una volta solidale), sembra considerare la cultura l’ultima risorsa e la meno necessaria. Non mi aspettavo questo accanimento di tagli alla musica, al teatro, ai musei, alle biblioteche, mentre la televisione di stato continua a temere i libri, e gli Istituti Italiani di Cultura all’estero sono paralizzati”.
Al governo Stefano Benni imputa “decreti distruttivi e improvvisati” ma anche “privilegi intoccabili e processi alle opinioni”.
“Nessuno pretende grandi cifre da Expo,ma la cultura (e la sua sorgente, la scuola) andrebbero rispettate e aiutate in modo diverso. Accettiamo responsabilmente i sacrifici, ma non quello dell’intelligenza”
(da “Huffingtonpost”)
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