Settembre 16th, 2015 Riccardo Fucile
IL DDL BOSCHI IN AULA MA GRASSO NON SCIOGLIE LE RISERVE SULL’ART. 2
È stato il giorno più difficile dalla ripresa dopo la pausa estiva. Il giorno dei colpi di scena sulle riforme costituzionali.
Il giorno di riunioni e contatti febbrili per ottenere quella certezza: il governo può contare su 155-165 voti in aula al Senato, dicono da Palazzo Chigi.
E ora che Matteo Renzi ha ottenuto quello che gli premeva di più in questo momento, cioè portare il ddl Boschi al ‘sicuro’ in aula senza passare dal voto (insicuro) in commissione, non gli resta che aspettare la decisione di Pietro Grasso sugli emendamenti all’articolo 2, quello sull’elettività dei senatori preso di mira dalla minoranza Pd.
Ma in vista di quel momento, non prima della prossima settimana, Renzi ha già deciso la sua strategia.
Se Grasso ammetterà gli emendamenti all’articolo della discordia, una delle conseguenze più immediate saranno le dimissioni della presidente della Prima Commissione Anna Finocchiaro, che si sentirebbe smentita dal presidente del Senato, visto che lei in commissione non li ha ammessi.
Sarebbe stata la stessa Finocchiaro a parlarne in un vertice con il capogruppo Luigi Zanda e il ministro Maria Elena Boschi al Senato intorno all’ora di pranzo.
Se invece Grasso non ammetterà modifiche, allora, dice il premier ai suoi, un minuto dopo si fa l’accordo con il Pd.
Se poi il governo dovesse andare sotto in aula, non c’è altra via che le elezioni anticipate, ha spiegato Renzi ai capigruppo di maggioranza.
Una chiacchierata al volo stamattina, a margine della riunione mensile con tutti i capigruppo del Parlamento istituita a luglio per fare il punto sulla sicurezza del paese per via dell’emergenza immigrazione.
Ma in questi giorni tutte le riunioni sono occasione per mettere a punto la tattica sulle riforme, l’ostacolo più alto che Renzi si trova davanti prima della legge di stabilità .
E’ per questo che stamattina ha preso anche la decisione di riunire la direzione del Pd per lunedì prossimo. Decisione che era nell’aria già da ieri, per la verità .
Il segretario vuole fare il punto con il suo riottoso partito. Ma non solo sulle riforme. Parlerà anche della legge di stabilità , come gli chiede da giorni Pier Luigi Bersani.
E chissà che questo tema non risulti ponte di dialogo con l’ex segretario, che in fondo i renziani hanno sempre considerato il più ‘ragionevole’ tra gli interlocutori della minoranza Dem.
Non così i senatori bersaniani. Scatenati in vista del voto in aula.
Renzi conta però di convincere almeno 6 di loro, se non addirittura 10 che si smarcherebbero così dai 28 firmatari delle richieste di modifica all’articolo 2.
“Era già tutto organizzato — dice Loredana De Petris di Sel — E’ arrivato ieri il diktat di Palazzo Chigi di fare così e loro hanno obbedito. La presidente della commissione Finocchiaro ha dichiarato ieri l’inammissibilità degli emendamenti per far trovare Grasso davanti al fatto compiuto…”.
Ora l’opposizione non si aspetta alcun aiuto da Grasso. Ma Renzi non sa ancora come agirà il presidente.
Confida che alla fine non ammetterà gli emendamenti all’articolo 2, non riaprirà il ‘vaso di Pandora’ che il premier considera già archiviato, non più modificabile in quanto approvato negli stessi termini nelle precedenti letture.
“Doppia conforme”, si dice in gergo. E quella preposizione cambiata alla Camera (“nei” al posto di “dai”), ripetono i suoi, non cambia il senso dell’articolo.
Se Grasso non ammetterà gli emendamenti, un minuto dopo si fa l’accordo nel Pd, è certo Renzi. Perchè a quel punto, in altri articoli emendabili perchè non in ‘doppia conforme’, verrebbe introdotto un listino da affiancare alla scheda dei consiglieri regionali. Così gli elettori saprebbero i nomi dei consiglieri che saranno anche senatori. Barlume di elezione diretta.
Ma quel momento è ancora lontano. La riforma inizia domani il suo cammino in aula. Ma solo mercoledì 23 scadrà il termine degli emendamenti.
E Grasso dirà la sua solo quando la discussione arriverà al punto dell’articolo 2.
Fino ad allora Renzi si sforzerà di dare altri argomenti ai media. Aggiungendo appuntamenti alla sua agenda.
Domani, per dire, oltre alla cena già annunciata con Francois Hollande a Modena, il premier andrà a Piacenza per visitare i luoghi colpiti dall’alluvione di qualche giorno fa.
E alla direzione Pd, non solo riforme, ma anche legge di stabilità : nel tentativo di inquadrare un nuovo argomento che possibilmente non lo porti ad un nuovo cortocircuito con la minoranza Dem.
(da “Huffingtonpost“)
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Settembre 16th, 2015 Riccardo Fucile
TUTTI I NOMI DEI SOSPETTATI DELL’AIUTINO AL GOVERNO
La riforma costituzionale deve andare direttamente in aula, senza voto in commissione. Altrimenti non si rispettano i tempi, non si riesce ad approvare il tutto prima della sessione di bilancio che parte il 15 ottobre sulla legge di stabilità .
A Palazzo Chigi è già pronto il pallottoliere sul Senato: si contano 150 tra assenze vere e tattiche, la maggioranza calcola di ottenere dai 155 ai 165 voti.
Non c’è un numero magico preciso dunque, ma questa forbice è il risultato di un puntiglioso calcolo degli apporti che arriveranno alla maggioranza di governo.
I numeri e gli schemi che girano a Palazzo Chigi sui fogliettini degli appunti di Renzi sono il risultato di un lungo lavoro di scouting tra i senatori di Palazzo Madama. Incontri e colloqui continui per assicurare l’ok alla riforma costituzionale e bypassare così l’opposizione interna al Pd.
Per dire, stamattina Renzi e Maria Elena Boschi hanno partecipato ad una delle riunioni mensili con i capigruppo del Parlamento sulla sicurezza del paese, una consuetudine inaugurata dal premier a luglio per via dell’emergenza immigrazione. C’erano anche il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, il sottosegretario con delega ai Servizi, Marco Minniti. C’è stata la relazione di Angelino Alfano.
Ma, a margine, la riunione è servita anche per un faccia a faccia molto laterale tra il ministro Boschi e il presidente dei senatori verdiniani Lucio Barani, con tanto di fogliettini per appuntare i calcoli.
E anche per Renzi è stata l’occasione per una chiacchierata con i capigruppo di maggioranza. Tanto per ribadire, ancora una volta, che, se sulla riforma costituzionale la maggioranza va sotto, l’unica strada sarebbe quella del voto. Ma il premier è sicuro di avere i numeri.
Un po’ più tardi, sempre in mattinata, a Palazzo Chigi si è affacciato l’ex leghista Flavio Tosi, che al Senato conta 3 senatori della sua area.
Il sindaco di Verona è stato ricevuto da Renzi e non sembra proprio che abbiano parlato della mancata visita del premier sabato scorso a Verona, quando il capo del governo a sorpresa ha deciso di volare a New York per la finale degli Usopen, annullando l’iniziativa nella città dell’Arena e alla Fiera del Levante di Bari.
Insomma, al netto di tutto, mentre il Senato ribolle del nuovo scontro con l’opposizione, mentre si approfondisce la frattura interna al Pd, a Palazzo Chigi il quadro sembra chiaro sul voto in aula.
I conti son presto fatti. Dei 112 senatori del Pd, il governo pianifica di poter contare su 90 voti favorevoli, confidando nel fatto che almeno 6 dei 28 firmatari del documento di minoranza sull’articolo 2 si sfileranno.
Quanto a Ncd, su 35 senatori, in 30 voteranno col governo. Secondo i calcoli di Palazzo Chigi, ne sfuggiranno 5.
Cifra alla quale corrispondono anche dei nomi e dei cognomi negli appunti del premier: Andrea Augello (che però alla fine potrebbe votare col governo), Antonio Azzollini, Carlo Giovanardi, Roberto Formigoni, Francesco Colucci. Gruppo autonomie: su 19 senatori, 15 staranno col governo.
E veniamo all’opposizione. Renzi sa di poter contare su tutti i 10 voti del gruppo di Denis Verdini, quelli di ‘Al-a’ (Alleanza liberal-popolare Autonomie).
Ma il senatore ex berlusconiano avrebbe promesso a Renzi di riuscire a portarsi dietro altri senatori da Forza Italia. Una prospettiva che, secondo i calcoli di Palazzo Chigi, farebbe lievitare i numeri dei verdiniani da 10 a 15.
Per esempio, starebbe passando da Forza Italia ad ‘Al-a’ Francesco Maria Amoruso, finora vicino a Maurizio Gasparri.
E poi tra Misto, Gal e Idv, dovrebbe arrivare un’altra decina di voti: tra cui Benedetto Della Vedova, l’ex berlusconiana Manuela Repetti, Salvatore Margiotta, il sottosegretario Angela D’Onghia, Paolo Naccarato, Alessandra Bencini dell’Idv.
Sulla base di questi calcoli, la maggioranza in aula c’è.
Se i calcoli saranno quelli giusti.
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 16th, 2015 Riccardo Fucile
LA FRENETICA ATTIVITA’ DI LOTTI E VERDINI IN VISTA DELLA CONTA
Tutto in questi giorni è “politica”, da leggere in chiave di voto sulla riforma del Senato. Dalle mosse d’Aula alle “compravendite” individuali di senatori.
Parecchio affollata – c’erano almeno una decina di malpancisti – la cena organizzata da Maurizio Lupi al ristorante Parmaroma, pochi metri dal Senato: “Il punto – racconta uno dei presenti – è che Alfano si è consegnato a Renzi. C’è un altro pezzo di Ncd che vuole tornare nel centrodestra. E il voto sulle riforme sarà il segnale”.
E i segnali della conversione al renzismo dell’ex delfino di Berlusconi (“senza quid”) passano dalla Sicilia dove si discute dell’ingresso di Ncd in Giunta la prossima primavera, alla grande spartizione delle presidenze di commissione.
A Montecitorio le presidenze di commissione che si rinnovano dopo due anni e mezzo di legislatura sono state giù rinnovate. Al Senato, neanche a dirlo, sono sospese, in quanto preziosa merce di scambio sulle riforme.
Il duo Lotti-Verdini ha promesso già una presidenza pesante ad Andrea Augello di Ncd, quella lasciata libera da Azzollini dimessosi quando si votò l’arresto.
È il giusto premio per il lavoro svolto in commissione Affari costituzionali, dove Augello – con mezzo partito che ribolliva – si è schierato senza se e senza ma sulla linea del governo: subito le riforme in Aula.
Anche alla senatrice Chiavaroli, altra pasdaran delle riforme renziane, è stato promessa una presidenza e un posto di governo.
Mentre Verdini ha suggerito, per far rientrare il gruppo calabrese, di ridare a Tonino Gentile il posto da sottosegretario da cui fu costretto a dimettersi e mai rioccupato da nessuno: “Venite con me – ripete Verdini – che conterete di più”.
E c’è forse qualcosa di vero nella battuta che circola tra i forzisti: “Ma Woodcock stavolta sta in vacanza?”. Perchè il suk di palazzo Madama, prima ancora che quello di Algeri, evoca la compravendita che portò alla caduta di Prodi.
O la famosa conta del 14 dicembre 2010, quando nacquero i responsabili di Razzi e Scilipoti. Allora, come oggi, la regia era di Denis Verdini.
È solo cambiato il committente. Da Silvio Berlusconi a Matteo Renzi.
E c’è qualcuno, tra i nuovi responsabili, che ha già fatto stirare il vestito buono in attesa di un incarico promesso.
Ciro Falanga ha avuto da Verdini assicurazioni che diventerà sottosegretario alla Giustizia, e per questo ha aderito al suo gruppo, lasciando Fitto.
Mentre Eva Longo è pronta a diventare presidente della commissione Infrastrutture (al posto di Matteoli).
Longo e Falanga, vicini a Nicola Cosentino, anzi sue colonne ai tempi dei fasti del Pdl di Nick ‘o merikano, sono anche molto attivi nell’avvicinare e blandire gli indecisi, in vista della grande conta sulle riforme.
Al momento pare che le offerte non abbiano fatto breccia tra i fittiani, anche se il telefono della capogruppo Bonfrisco bolle di telefonate provenienti dal governo.
E invece ballano le senatrici tosiane.
Matteo Salvini che martedì sera era riunito al ristorante Grano, vicino al Pantheon, non ha risparmiato battute su Patrizia Bisinella le altre tre senatrici molto corteggiate dal duo Lotti-Verdini.
Un suk nel suk è il gruppo misto.
Alessandra Bencini e Maurizio Romani, ex Cinque stelle, hanno risuscitato al Senato l’Italia dei Valori, con la benedizione di Lotti dichiarandosi favorevoli alle riforme.
E ora il corteggiamento è verso i verdi Bartolomeo Pepe e Paola De Pin, altra micro-componente del misto.
Nel suk un “incarico”, una “compensazione territoriale”, un “posto in lista” non si nega a nessuno. E Verdini ha rassicurato: “I numeri ci sono, ci sono. Matteo la conta la vince”. Ci azzeccò anche nel 2010. Per Berlusconi fu l’inizio della fine.
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 16th, 2015 Riccardo Fucile
CURRICULUM RISICATO E COMPETENZE DUBBIE PER UN DOCENTE A CONTRATTO DI SCIENZE INFERMIERISTICHE
L’ennesimo trombato ripescato da Vincenzo De Luca si chiama Enrico Coscioni ed è un docente a contratto in scienze infermieristiche.
A settembre il governatore della Campania ha firmato un decreto col quale nomina Coscioni “consigliere del Presidente della Giunta regionale per i temi attinenti alla sanità , con delega ai rapporti con gli organismi regionali e del Governo in materia di sanità ”.
Il compito fa tremare i polsi: per le croniche difficoltà dei conti campani, per il lungo contenzioso tra Regione e Governo sui criteri di ripartizione dei fondi per la sanità , per la circostanza che a ottobre la cassa per le prestazioni in regime di convenzione con le strutture private dovrebbe prosciugarsi, e i pazienti campani, se non vogliono rassegnarsi alle chilometriche liste d’attesa delle strutture pubbliche, dovranno pagare di tasca loro per farsi subito un’analisi o una radiografia.
De Luca ha nominato un candidato non eletto di “Campania Libera”, la storica lista civica dell’ex sindaco di Salerno, già utilizzata nel 2010.
E’ la lista famosa (famigerata) per aver ospitato la candidatura di Tommaso Barbato, l’ex senatore Udeur dello sputo in aula a Nuccio Cusumano, da luglio in carcere per l’operazione Medea, l’inchiesta sulla spartizione camorristica degli appalti assegnati in regime di somma urgenza per i lavori di manutenzione straordinaria della rete idrica campana.
Coscioni, originario di Pagani, assume l’incarico, è bene ricordarlo, “a titolo onorifico, salvo il rimborso delle sole spese documentate e sostenute per il suo espletamento”.
Ma fa discutere il suo curriculum, se confrontato con quello del predecessore, il parlamentare azzurro Raffaele Calabrò nominato da Caldoro nella precedente legislatura.
Coscioni è docente a contratto da due anni a Salerno e lavora all’ospedale salernitano Ruggi d’Aragona.
Calabrò è un luminare, ordinario di Cardiologia alla Facoltà di Medicina e Chirurgia della Seconda Università di Napoli e primario della Divisione di Cardiologia dell’ospedale Monaldi di Napoli.
Vincenzo Iurillo
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 16th, 2015 Riccardo Fucile
COSTANZO E GABRIELLA: “CUCINA PER NOI E LA SERA GUARDIAMO LA TV INSIEME. E ORA HA ANCHE UN LAVORO DA BARISTA”
Daman cucina per tutta la famiglia, quando non è a lavorare. E guarda la tv, seduto sul divano in cuoio scuro della sua nuova vita.
Se gli domandano «Cosa preferisci vedere Daman?» lui si copre il viso con una mano, e ride, cercando di nascondere l’imbarazzo.
Daman, ovvero Mohammed Daman, è nato 27 anni in Guinea.
È un profugo, uno che da quando ha lasciato genitori e dodici fratelli, quasi dieci anni fa, ha fatto di tutto.
È stato in Libia per cinque anni, in prigione per otto mesi in Israele, espulso dalla Germania.
E adesso se ne sta in una casa al quarto piano di un palazzo in centro a Torino. Ospite di una famiglia che ha detto sì al progetto di accoglienza di profughi, lanciato alcuni mesi fa dall’amministrazione comunale.
Era aprile quando Graziella De Pace Bellando una sera a cena ne ha parlato con marito e figli: «Che ne dite se prendiamo un ragazzo con noi?»
Il marito, Costanzo, che si occupa di progetti legati alla malnutrizione infantile in Africa e Lorenzo, 22 anni, il figlio minore, hanno detto subito sì.
Anche il più grande, che studia a Losanna, non ha avuto tentennamenti. «Erano giornate di ansia. Mi domandavo come sarebbe stato avere in casa un estraneo, cosa ci saremmo detti, come sarebbe stato. Poi hanno organizzato una cena per farci conoscere. E tutta la paura se n’è andata. Era una persona gentile, timida, ci siamo piaciuti».
All’ora di cena i Tg trasmettono le immagini di barconi, di gente che fugge e Daman toglie subito lo sguardo dalla tv: «Certe scene mi fanno stare male. In mezzo a loro ci sono stato pure io». E loro cambiano canale.
O ascoltano i suoi racconti: «Noi vorremmo sapere tutto di lui. Cosa ha fatto, cosa ha provato. Quando, la sera, non lavora e sta qui con noi parliamo per ore. Non è sempre facile, ma è la sua vita».
Tre mesi di convivenza e adesso nessuno riesce più a fare a meno dell’altro.
Hanno trascorso un week end insieme al mare, a Spotorno: «È stato bellissimo, ma a me il mare fa paura, specialmente la notte. Il rumore delle onde è un incubo».
E se lui ha paura Graziella e tutti gli altri gli stanno accanto. Se lui gioisce, è lo stesso. Quando, al bar dove lavora gli hanno detto che lo volevano assumere lui li ha chiamati in continuazione al cellulare.
Loro erano al cinema. «Abbiamo visto le chiamate due ore dopo. Pensavamo al peggio e lui, invece, voleva dirci che era contento per quella prima bella notizia dopo tanti anni. Per la prima volta lo abbiamo visto davvero felice» racconta Graziella. Quando gli avete dato le chiavi di casa? «Subito. Lui è arrivato di martedì. Al venerdì noi dovevamo andare via. Gliele abbiamo consegnate, dicendogli di far attenzione e non perderle».
A chi gli chiede se Daman è un figlio rispondono di no: «È una persona cara. I nostri amici che lo hanno conosciuto lo adorano».
Il futuro sono almeno sei mesi di convivenza prolungabili di altri sei. «Ma quando finirà , sarà durissima separarci. Nel frattempo gli spieghiamo che deve metter su casa, risparmiare qualcosa adesso che avrà un lavoro vero. Costruirsi un futuro».
Daman annuisce. E racconta di una ragazza che ha conosciuto, e per tenerlo con sè tutto il pomeriggio, a parlare, gli aveva preso lo zaino.
Papà Costanzo sorride: «Lui ha già capito tutti i nostri pregiudizi. Quel giorno avrebbe voluto strapparle il suo zaino di mano e tornare a casa. Non lo ha fatto perchè temeva che qualcuno, vedendolo, avrebbe chiamato la polizia immaginando uno scippo. Ha capito esattamente cosa pensiamo noi. Ecco lui ci aiuta ad uscire da certe convinzioni. Ci svela altre letture del mondo e delle cose».
Lodovico Poletto
(da “La Stampa”)
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Settembre 16th, 2015 Riccardo Fucile
“MI SVEGLIO OGNI GIORNO IN UNA CITTA’ DIVERSA”
Rami, 17 anni, sta fuggendo dalla Siria per raggiungere la Germania.
In Serbia, ha parlato con l’associazione CARE della sua fuga, della guerra nel suo paese e delle sue speranze.
Il mio nome è Rami. Tra quattro mesi compirò 18 anni. Non vedo l’ora che arrivi il mio compleanno, anche se sarò lontano da casa e non lo festeggerò con i miei amici e la mia famiglia. Vengo da Damasco, capitale della Siria.
Diciotto giorni fa ho lasciato mio padre, mia madre, mio fratello e mia sorella per iniziare il mio viaggio verso una nuova vita.
La mia famiglia ha riposto in me ogni speranza. Mi hanno riempito lo zaino e mi hanno mandato via con tutti i loro risparmi, quasi tremila dollari.
Mio padre lavora in una banca, mia madre è direttrice di un istituto scolastico, mentre mio fratello lavora in un hotel.
I membri della mia famiglia hanno risparmiato buona parte del loro stipendio mensile per pagarmi il viaggio.
Volevano assicurarmi un futuro, lontano dalla guerra civile in Siria. Una guerra che ha costretto più di 11 milioni di persone a scappare dalla loro vita.
Solo alcune settimane fa andavo ancora a scuola, ma la maggior parte dei banchi in classe era vuota. Molti dei miei compagni erano fuggiti, da un giorno all’altro.
Tante persone hanno già lasciato la Siria, mentre altre cercano ancora di scappare.
Tre settimane fa, anche il mio banco è rimasto ad aspettarmi. Ho guidato fino al confine con il Libano. Superare il confine è pericoloso e molto costoso.
Ho attraversato Beirut e poi sono arrivato in Turchia.
Qui, per la prima volta, ho respirato di nuovo. Ho sentito che potevo farcela, che sarei riuscito a realizzare il mio sogno di vivere in Germania, un giorno.
I miei amici che vivono già lì mi raccontano della vita serena che conducono. Mi dicono quanto siano grati alle persone accoglienti che hanno conosciuto e da cui hanno ricevuto aiuto.
In Turchia, sono salito su una barca che mi ha condotto a Kos, un’isola della Grecia. La barca era lunga due metri ed avrebbe potuto trasportare solo cinque persone, ma eravamo più di 20 a bordo.
Molti di noi erano siriani, ma c’era anche chi veniva dall’Iraq e dall’Afghanistan.
Il viaggio è durato più di due ore, anche se in un tragitto normale s’impiegano solo trenta minuti. Ma procedevamo a rilento perchè la barca era strapiena e troppo pesante. Con noi c’era anche una donna con la sua bimba appena nata.
La neonata ha pianto per tutto il viaggio. Il mare era agitato e molti dei passeggeri erano terrorizzati. Ma io non avevo paura. So di essere un bravo nuotatore ed ero pronto a tuffarmi in acqua in ogni momento.
Avevo avvolto i soldi, il mio passaporto ed il cellulare in un involucro di plastica, così tutto sarebbe stato al sicuro. Per fortuna, siamo arrivati a Kos sani e salvi. Siamo rimasti lì per quattro giorni.
È stato costoso, ma avevamo bisogno di una pausa dal viaggio. A Kos, c’erano diverse associazioni pronte a soccorrere i rifugiati. Ho aiutato i volontari a distribuire acqua, succhi di frutta, latte e cibo ai miei compatrioti ed altri migranti.
Un giorno, mentre eravamo su una collina a ridosso della costa, abbiamo avvistato una barca stracarica di persone che stava per ribaltarsi.
Urlando, abbiamo avvertito la guardia costiera greca che è corsa in aiuto dell’imbarcazione, riuscendo a salvare tutti i passeggeri.
Queste immagini, questi ricordi sono ancora vivi e brucianti dentro di me.
Nella mia mente sono impresse anche le scene della Macedonia. Lì, abbiamo visto in faccia l’orrore più assoluto. Ci hanno messi su un treno e portati fino al confine serbo. Non potevamo muoverci, abbiamo dovuto aspettare, nervosi e impauriti, per diverse ore. Eravamo come animali in gabbia.
Quando finalmente siamo arrivati al confine, c’erano già circa 2000 persone che aspettavano di essere ammesse in Serbia.
Ci siamo uniti al folto gruppo e siamo stati rapidamente spediti oltre la frontiera. Ma lì c’è stato il panico. Tutti volevano essere i primi ad entrare, non avevano alcun riguardo per gli altri e nessuno pensava ai bambini.
Durante il viaggio, ho legato con una famiglia che avevo conosciuto in Siria.
Amal, la più piccola, è stata travolta da quella massa di corpi agitati. All’improvviso, l’abbiamo persa di vista. Le persone continuavano a calpestarla fino ad impedirle di respirare.
Suo nonno è scoppiato in lacrime perchè non riusciva a trovarla. Ma, ad un tratto, sono stato io a vederla. Potevo ancora raggiungerla, l’ho tirata verso di me e portata oltre il confine.
Oggi sono arrivato a Subotica, nel nord della Serbia. Non so ancora in che modo proseguirò il viaggio.
Voglio solo raggiungere la Germania e stabilirmi lì, condurre una vita sicura. Una volta arrivato, farò venire anche la mia famiglia. Ma prima devo capire come entrare in Ungheria.
Conto molto sull’aiuto altrui, sono grato alle organizzazioni umanitarie come CARE. Con l’aiuto del telefono, sto cercando di capire qualcosa in più sulla situazione al confine con la Serbia.
Gli amici che sono già in Europa guardano i notiziari per me, m’inviano informazioni che mi saranno utili per il resto del viaggio. Ma adesso non so come e se riuscirò ad oltrepassare la frontiera Serbia-Ungheria.
Ho spento il telefono perchè devo stare attento alla batteria. L’ultima volta che sono riuscito a ricaricarla del tutto è stata in un albergo di Belgrado, dove ho pagato tantissimo per permettermi una stanza. Mi è costato circa 100 euro passare la notte lì, ma mi sono concesso questo lusso perchè ero stremato ed avevo bisogno di una presa elettrica.
Il mio telefono cellulare è la cosa più preziosa che ho. Non devo perderlo. Senza, non potrei comunicare con mia madre che si preoccupa per me ed ha bisogno di sapere come sto e dove sono, ogni giorno.
Mi sveglio in una città diversa quasi ogni giorno. Dormo agli angoli delle strade, sotto gli alberi, nei campi. Sono stanco, sempre.
I quattro anni e più di guerra civile in Siria mi hanno lasciato dei segni profondi. Durante questo viaggio, ho vissuto innumerevoli situazioni che non posso dimenticare.
Molte persone mi chiedono perchè lo faccio, perchè mi espongo a tutti questi pericoli. Non sanno che per me restare in Siria sarebbe di gran lunga più rischioso.
Da quando è scoppiata la guerra in Siria, nessuno è più al sicuro. Non voglio uccidere, non voglio causare ancora sofferenze e dolore ai nonni, alle madri e ai padri della mia terra. Voglio aiutare le persone.
Per farlo, devo trovare un modo per restare vivo.
La storia di Rami è apparsa per la prima volta sul blog Care-international.
(da HuffPost Germania“)
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Settembre 16th, 2015 Riccardo Fucile
“LA SPESA NON VALE L’IMPRESA, TANTO VALE USARE I BOING 767 DELL’AERONAUTICA: SONO NUOVI DI ZECCA E HANNO UN’AUTONOMIA ILLIMITATA”
Non c’è pace per gli “aerei blu. Questa volta si tratta dell’Airbus A330, l’aereo che secondo un’insistente voce di stampa la Presidenza del Consiglio vorrebbe prendere in leasing”.
Il generale Leonardo Tricarico scrive sul giornale on line Formiche.net la sua analisi sulla scelta del premier di prendere in leasing un nuovo aereo di Stato per evitare gli scali nelle trasferte lunghe.
L’opinione di Tricarico è particolarmente rilevante perchè il generale, oggi alla presidenza della Fondazione Icsa, è stato a lungo capo di Stato maggiore dell’aeronautica e consulente di vari governi.
“La spesa, come suole dirsi, non vale l’impresa”, è il commento.
Questa l’analisi di Tricarico: “La flotta della Presidenza è da sempre ampiamente ridondante rispetto alle effettive esigenze di trasporto e persino alle norme molto restrittive che la stessa Presidenza si è data da tempo. Grazie a questo, ogni anno migliaia di ore di volo potenziali non vengono sfruttate, diventando uno spreco”. Inoltre l’Aeronautica Militare, che gestisce la flotta della presidenza del Consiglio, “anticipa tutte le spese di esercizio — dal carburante alla manutenzione fino alle tasse di atterraggio — attingendo ai capitoli di bilancio dell’attività operativa, girando il costo alla presidenza per il rimborso a pie’ di lista”.
Ma palazzo Chigi restituisce solo in parte queste spese.
Tricarico poi ha dubbi sulla scelta di ricorrere al leasing: “Un’operazione finanziaria poco vantaggiosa come dimostrano i precedenti. Il costo del noleggio di quattro trasporti C-17 per sette anni costò al Regno Unito poco meno del loro acquisto, come evidenziarono prima la stampa e poi il National Audit Office. (…) Quanto verrebbe usato il super-Airbus? L’attuale A319 può già portare fino a 50 persone fino a 8.500 km senza scalo, quante volte sono necessarie prestazioni maggiori? L’esperienza suggerisce pochissime. E allora perchè non utilizzare i quattro Boeing 767 dell’Aeronautica? Sono aerei nuovi di zecca e hanno un’autonomia illimitata”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 16th, 2015 Riccardo Fucile
SONO 1818, CONTRO I 2.152 DI TUTTE LE ALTRE 15 REGIONI A STATUTO ORDINARIO MESSE INSIEME
Non sappiamo che cosa faccia più impressione: se il numero dei dirigenti del dipartimento Beni culturali della Regione siciliana pagati oggi per far niente, pari a 31, oppure il fatto che un plotone così nutrito di sfortunati manager senza incarico non rappresenti che l’11% del totale dei dirigenti di quel dipartimento.
I quali sono, uno più uno meno, 280.
Dal che si deduce che un solo dipartimento della Regione siciliana ha più dirigenti di quelli dell’intera Regione Lombardia (225) e della Regione Marche (58) sommati insieme.
Ma questo rapporto dà anche la dimensione della follia che ha caratterizzato per decenni la spesa pubblica in Sicilia.
E con cui adesso i contribuenti non soltanto isolani devono fare i conti.
Antonio Fraschilla ha raccontato su Repubblica che il giro di vite agli uffici regionali ha avuto come conseguenza il fatto di privare della funzione ben 76 dirigenti in tutti i dipartimenti, quanti sono tutti quelli della Regione Umbria.
Privati della funzione significa destinati a incarichi di studi e ricerche: ma non, beninteso, privati dello stipendio. Che continua a correre indisturbato.
Il bello è, ricorda Fraschilla, che mentre il dipartimento dei Beni culturali non ha il becco di un quattrino per mandare avanti i musei siciliani, non può fare a meno di retribuire i dirigenti senza incarico.
Per una semplice quanto oggi anacronistica regola, e cioè che a differenza di quelli privati i dirigenti pubblici non si licenziano mai.
Del resto, 76 manager costretti a girarsi i pollici sono appena il 4,2% dei 1.818 dirigenti della Regione siciliana censiti a fine 2013 (numero peraltro non troppo distante da quello dei 2.152 dirigenti di tutte le 15 Regioni italiane a statuto ordinario).
E fra i quali, come segnalò il sito Internet LiveSicilia, ce n’erano pure alcuni che avevano un incarico specialissimo: dirigevano se stessi.
Come l’unico dipendente del Parco archeologico di Pantelleria, il suo collega del Parco archeologico di Morgantina, e il responsabile di una periferica «Sezione operativa di assistenza tecnica» dell’assessorato all’Agricoltura.
Sergio Rizzo
(da “il Corriere della Sera”)
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Settembre 16th, 2015 Riccardo Fucile
CHE FARSA: L’OSTRUZIONISMO NON ERA CONTRO LA RIFORMA DEL SENATO, MA SOLO PER SALVARSI DAL PROCESSO
Dopo che il Senato ha negato, con il voto determinante del Pd, l’autorizzazione a procedere contro di lui per il reato di istigazione all’odio razziale per aver diffamato l’ex ministro Cecile Kyenge, ecco che spunta l’ipotesi, a palazzo Madama, che possa essere ritirata gran parte della mole di emendamenti presentati in Commissione Affari Costituzionali, soprattutto dalla Lega Nord, sulle riforme.
A condizione, giusto per salvare la faccia, che si discuta in quella sede del ddl Costituzionale, prima di portarlo all’esame dell’assemblea.
Passaggio che invece la maggioranza vorrebbe evitare andando direttamente in aula.
Il senatore della Lega, sarebbe orientato a mantenere solo le proposte di modifica di merito, come quelle che riguardano le funzioni del nuovo Senato. E del Titolo V.
Non solo la Lega Nord sarebbe pronta a ritirare gli emendamenti.
Il senatore Pd, Francesco Russo, membro della commissione affari costituzionali del Senato, scrive su twitter che “anche Forza Italia con Bernini dichiara la disponibilità a ritirare gran parte di emendamenti”.
Nel frattempo, “Calderoli chiede la riunione di un comitato ristretto per eventuali punti di convergenza”.
“Il ritiro degli emendamenti è solo una manovra politica, come lo è stata la presentazione: manovra prima, manovra ora”. Così il capogruppo del Pd in Senato, Luigi Zanda, ha commentato l’annuncio del ritiro degli emendamenti alle riforme da parte delle opposizioni.
Sulla questione è intervenuta anche il ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi: “Il governo sull’organizzazione dei lavori in Commissione non può dire nulla. Certo è che anche dopo il ritiro degli emendamenti (da parte delle opposizioni, ndr) ne rimangono tremila. Attendiamo ora le decisioni della capigruppo”.
Il gioco delle parti si avvia alla conclusione: il Pd ha salvato Calderoli e il centrodestra contraccambia il favore: della riforma del Senato non frega nulla a nessuno.
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