Settembre 5th, 2015 Riccardo Fucile
NEL 2013 PERSO UN TERZO DEL GETTITO, SOLO LA LITUANIA PEGGIO DI NOI
Con 47,5 miliardi di euro l’Italia si conferma campione europeo dell’evasione. Solo la Lituania fa peggio di noi.
Il dato emerge da uno studio della Commissione europea sull’evasione dell’Iva che circola in queste ore e farà discutere soprattutto in Italia, regina nella maglia nera degli evasori e al tempo stesso alle prese con un doppio braccio di ferro che ha al centro governo e tasse.
L’Europa chiede di spostare la tassazione dal lavoro al patrimonio e ai consumi. Renzi va nella direzione contraria, perseguendo la strada dell’abolizione dell’imposta sugli immobili per tutti, sfidando anche chi — nello stesso Pd — ritiene tale misura socialmente ingiusta.
Nella diatriba si sono infilati di recente anche la Corte dei Conti e Bankitalia che hanno rimarcato la necessità di abbattere il prelievo sui redditi da lavoro e sull’impresa, che in Italia pesano più che in altro Stato Ue.
E ora si certifica che anche l’evasione dell’imposta sul valore aggiunto pesa da noi più che su 25 Paesi della Ue
E dire che basterebbe far emergere quanto si evade in Italia di Iva (frodi, evasioni, aggiramenti fiscali, bancarotte, insolvenze finanziarie…) per sciogliere tutti i nodi e consentire anche l’abolizione delle imposte sulla casa, fornendo all’Erario il gettito necessario.
Secondo i calcoli di Eurostat, infatti, la differenza tra quanto lo Stato italiano incassa dall’Iva e quanto in linea teorica dovrebbe incassare sulla base delle regole esistenti nel 2013 è stata di 47,5 miliardi.
Nel 2012 era stata di 45 miliardi. Il gap viene calcolato dalla Commissione europea ed è a quota 33,6% nel 2013, dopo il 32% dell’anno precedente. In termini assoluti è il più elevato della Ue, in termini percentuali no: la Lituania ha un differenziale del 37,7%, la Romania del 41%, la Slovacchia del 34,9%.
I Paesi più virtuosi sono invece Finlandia, Olanda, Svezia, Lussemburgo e Slovenia con un gap, rispettivamente del 4,1, 4,2, 4,3, 5,1 e 5,8%, poi, leggermente staccata, la Francia che si ferma all’8,9%.
Nel complesso la differenza è diminuita in 15 Paesi membri, con i più grandi miglioramenti riscontrati in Lettonia, Malta e Slovacchia.
Complessivamente, la raccolta dell’Iva da parte degli Stati non migliora nell’Unione europea.
Nel rapporto il totale degli incassi Iva persi nella Ue viene stimato a quota 168 miliardi: ciò equivale a una perdita di gettito del 15,2% a causa di frodi, evasioni, aggiramenti fiscali, bancarotte, insolvenze finanziarie e calcoli sbagliati in 26 Stati. Per il commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici, questo studio “mette in evidenza ancora una volta la necessità di un’ulteriore riforma dei sistemi di riscossione dell’Iva in tutta l’Unione europea”.
Moscovici ha esortato i Paesi membri “ad adottare le misure necessarie per combattere l’evasione fiscale e la frode fiscale a tutti i livelli”.
“Questo — ha concluso — rimane un tema scottante ed è tra i principali obiettivi di questa Commissione”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 5th, 2015 Riccardo Fucile
JUHA SIPILA METTE A DISPOSIZIONE LA SUA CASA DI KAMPELE… MA SALVINI COSA ASPETTA A OSPITARE A CASA SUA QUALCHE SENZATETTO ITALIANO?
Nessun capo di governo si era finora spinto a tanto: ci ha pensato il premier finlandese, Juha Sipilà¤, a offrire casa sua a qualcuno delle migliaia di profughi in fuga dai loro Paesi.
Milionario, sposato, padre di cinque figli (uno dei quali, Tuomo, è morto lo scorso febbraio), ha detto all’emittente nazionale Yle che la sua abitazione potrà cominciare ad ospitare profughi dall’inizio dell’anno prossimo.
La casa del premier si trova a Kempele, nell’Ostrobotnia settentrionale, oltre 500 chilometri a nord della capitale, e come lui stesso ha affermato alla Yle «al momento non è molto utilizzata. La mia famiglia vive a Sipoo e la residenza ufficiale del primo ministro è a Kesaranta».
Sipilà¤, presidente del Partito di Centro, primo ministro dal 29 gennaio del 2015, dimora generalmente nella capitale, Hensinki.
Il premier, che ha invitato anche il resto dei finlandesi a mostrare solidarietà , ha aggiunto che il piano Ue – redistribuire 120mila richiedenti asilo approdati in Italia, Grecia e Ungheria in tutta Europa- dovrebbe essere volontario e si è augurato che la Finlandia faccia da esempio a tale riguardo.
«Spero – ha affermato – che diventi una sorta di movimento popolare che ispiri molti a prendere la loro parte di responsabilità in questa emergenza abitativa dei rifugiati».
Il primo ministro finlandese ha anche detto di volere «dare il mio contributo» per «mostrare che la Finlandia è un Paese multiculturale».
(da “il Corriere della Sera”)
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Settembre 5th, 2015 Riccardo Fucile
L’APPALTO ERA DI 28 MILIONI, SI E’ ARRIVATI A 53 TRA VARIANTI E INDENNIZZI
È la prima partita economica che viene chiusa. Il primo accordo sugli “extracosti” dei maggiori appalti di Expo che, dopo aver passato il vaglio dell’Avvocatura dello Stato e dell’Autorità nazionale anticorruzione, viene raggiunto.
Perchè alla fine tutti i tormenti della corsa del cantiere hanno presentato un conto.
E quello per costruire Palazzo Italia e gli edifici del Cardo, tra varianti e “indennizzi”, uomini, mezzi in più e uno sforzo di accelerazione diventato necessario per recuperare i ritardi del passato e centrare l’obiettivo dell’apertura del Primo maggio, è quasi raddoppiato: dai 28 milioni degli importi di gara iniziali a 53. Ma da fare ancora ce n’è.
Gli altri grandi dossier che riguardano le principali gare – dalla rimozione delle interferenze all’ossatura di base di tutto il sito fino alla Via d’acqua Sud – non sono state ancora archiviate.
Con il presidente dell’Anac Raffaele Cantone che ha consegnato un messaggio chiaro a Expo: entro la fine dell’evento è necessario definire anche il prezzo di queste commesse.
Lo aveva detto all’inizio d’agosto, Raffaele Cantone: “In questo momento guardiamo con preoccupazione alle transazioni che riguardano gli appalti più importanti di Expo: i tempi si sono allungati. Prima della fine dell’evento, però, dobbiamo fare di tutto per chiuderle. Non sarebbe un buon segnale concludere la manifestazione senza conoscere effettivamente quanto saranno costate alcune opere”.
Ed è questo che avrebbe ribadito durate un incontro con Giuseppe Sala, convocato per fare il punto della situazione.
Impossibile, insomma, dopo aver raddrizzato la rotta di una barca che sembrava affondare sotto il peso degli scandali, lanciare un messaggio negativo sul fronte economico.
Era stato lo stesso Giuseppe Sala a prospettare i confini della scalata del Padiglione: tra costruzione e allestimenti interni, il prezzo alla fine sarebbe salito da 63 milioni a 92.
Anche se l’assegno extra, ha sempre assicurato il commissario, sarà coperto dalle sponsorizzazioni raccolte dalla responsabile tricolore, Diana Bracco.
Adesso, i costi per far venir su le strutture diventano definitivi. E Expo può chiudere l’accordo che “sana” tutto il passato, compresi i possibili contenziosi aperti, con l’impresa (Italiana Costruzioni che, dopo essere stata coinvolta nell’inchiesta sulle grandi opere di Firenze, non è stata commissariata ma è comunque finita sotto “monitoraggio”) che ha vinto gli appalti.
Una partita complessa perchè complessi sono stati i nodi da sciogliere.
Tanto che, per riuscire a definire i vari scenari e risolvere i problemi aperti, le diverse pratiche sono state riunite e gestite in un’unica trattativa. È su questo accordo che è arrivato il parere dell’Avvocatura e dell’Anac. Nulla osta, si può procedere.
D’altronde non si sarebbe potuto fare diversamente, visto che le varianti erano state ordinate dal direttore del lavori, ancora una volta per recuperare tempo, senza seguire la normale strada ma utilizzando le deroghe dei poteri commissariali e ancora prima di quantificare i costi.
Sono state proprio le molte modifiche al progetto richieste nel tempo – ad esempio per ridisegnare la suddivisione interna dei piani – a far lievitare le cifre.
Solo così, con i cambi in corsa, il budget di Palazzo Italia è salito da 18,5 a 30,5 milioni; quello per le strutture lungo il cardo da 9,2 a 11,8: più di 14 milioni.
Si sale ancora di altri 11 milioni se si sommano i lavori extra, le cosiddette riserve – le pretese dell’azienda sono state ridimensionate – e soprattutto la necessità di superare gli ostacoli e l’emergenza delle inchieste e degli stop forzati.
Più operai, più ruspe e camion, i tre turni al giorno e un cantiere in movimento 24 ore su 24.
Solo per avere un’idea della rincorsa: da contratto, l’impresa avrebbe dovuto costruire il padiglione in 398 giorni. Alla fine le opere sono state fatte in 200 giorni.
Uno sforzo organizzativo e produttivo che, da solo, vale 5,8 milioni.
Alessia Gallione
(da “La Repubblica”)
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Settembre 5th, 2015 Riccardo Fucile
IN TRE REGIONI LA RETTA SUPERA I 400 EURO… UN BAMBINO SU CINQUE RESTA IN ATTESA DI ENTRARE IN UN NIDO PUBBLICO
In Italia meno del 12% dei bambini riescono ad ottenere un posto all’asilo nido comunale.
Un dato-choc che aiuta a capire perchè da anni gli italiani siano in fondo alle classifiche mondiali per nascite. Difficile fare figli quando non si sa poi dove lasciarli
Costi alti per pochi post
Un posto all’asilo nido comunale costa in media 311 euro al mese e le rette incidono per il 12% sulla spesa mensile di una famiglia.
I conti più salati toccano ai genitori della Valle d’Aosta (440 euro al mese), la retta più economica invece la si paga in Calabria (164 euro), regione che però, rispetto nell’ultimo anno, ha registrato l’incremento più consistente (+18%) rispetto al livello nazionale.
Fra i capoluoghi di provincia, 14 hanno aumentato le rette: la crescita record si è registrata a Cosenza (+117,3%), quella minima a Trieste (+0,5%).
Lecco è la città capoluogo più cara (515 euro), Catanzaro quella più economica (100 ). Una mappa.
A rendere noti i dati su costi, disponibilità di posti e lista di attesa negli asili nido comunali è l’Osservatorio nazionale prezzi e tariffe di Cittadinanzattiva, che ogni anno fornisce un quadro nazionale delle spese sostenute dalle famiglie per servizi pubblici locali (asili nido, acqua, rifiuti, trasporti pubblici).
Gli asili nido pubblici sono 3978, quelli privati 5372.
La disponibilità dei posti è di 162.913 nelle strutture pubbliche e di 110.666 in quelle private.
Complessivamente, su 273.579 posti disponibili, il 59% è offerto da strutture pubbliche.
Il più elevato numero di nidi pubblici si trova in Emilia Romagna (619 strutture e 28.388 posti disponibili), segue la Lombardia (597 nidi e 25.145 posti) che conta anche il maggior numero di asili e posti privati (rispettivamente 1540 e 35.825).
Nella top ten delle città più care, tra quelle che offrono il servizio a tempo pieno (9 ore al giorno), si confermano, rispetto al 2013/14, Lecco, Sondrio, Belluno, Cuneo, Alessandria, Imperia, Cremona, Trento e Aosta mentre Mantova subentra a Bolzano. Il dossier chiede «l’adeguamento alle esigenze, anche economiche, delle famiglie italiane del servizio educativo per la prima infanzia».
Serve «una maggiore flessibilità per i servizi, una revisione degli orari, un’offerta integrata con le molteplici ma disomogenee esperienze di welfare aziendale e di soluzioni alternative».
Va ripensato «il modello di servizio per permettere di frequentare l’asilo a più bambini e a costi sostenibili». Un sogno.
Orario e organico ridotti
Usufruisce del servizio di asilo nido comunale meno del 12% dei bimbi fra 0 e 2 anni, il dato varia però dal 24,8% dell’Emilia Romagna al 2% della Campania.
Inoltre, uno su cinque resta in attesa di un posto nel nido comunale, con punte del 67% in Basilicata e del 51% in Valle D’Aosta. Livelli molto diversi.
Disparità notevoli anche sulle ore di frequenza: l’87% dei capoluoghi garantisce il servizio a tempo pieno, mentre città come Potenza, Matera, Bari, Brindisi, Lecce, Cagliari, Agrigento, Caltanissetta, Enna, Ragusa, Siracusa, Crotone garantiscono solo l’orario ridotto di sei ore.
Le città meno costose sono Catanzaro, Vibo Valentia, Roma, Trapani, Chieti, Campobasso, Venezia, Napoli, Salerno, Macerata, che subentra a Foggia. Complessivamente in Italia il 42% dei nidi sono pubblici e il 58% privati.
Le percentuali per aree geografiche sono: Sud (46% pubblici e 54% privati), Centro (45% pubblici e 55% privati), Nord (40% pubblici e 60% privati).
Ritardo storico rispetto a quanto richiesto dall’Ue col documento «Investire nell’infanzia per spezzare il circolo vizioso dello svantaggio sociale».
Urge l’accesso a servizi di qualità a costo sostenibile.
(da “La Stampa”)
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Settembre 5th, 2015 Riccardo Fucile
FATTI CON I PIEDI. LA CORTE DEI CONTI RISCONTRA “GRAVI ANOMALIE” E INVITA IL SUO SUCCESSORE NARDELLA A “RIPRISTINARE GLI EQUILIBRI”
E quattro. Il Comune di Firenze è costretto ancora una volta a ricevere i rilievi della Corte dei conti. Per il quarto anno consecutivo.
L’intera gestione firmata Matteo Renzi.
Ma questa volta ai giudici contabili non sono bastate le rassicurazioni di Palazzo Vecchio e non è stato sufficiente neanche l’intervento riparatore della giunta di Dario Nardella, che si è visto costretto a rimediare alla pesante eredità ricevuta.
Per i giudici contabili rimangono“gravi irregolarità ” che generano “oltre all’inosservanza dei principi contabili di attendibilità , veridicità e integrità del bilancio, anche violazioni in merito alla gestione dei flussi di cassa e alla loro verificabilità ”.
Per questo la Corte, il 31 luglio come già il 22 maggio, ha recapitato a Palazzo Vecchio un’ordinanza con cui invita l’ente “ad adottare entro 60 giorni i provvedimenti idonei a rimuovere le irregolarità e a ripristinare gli equilibri di bilancio”.
L’erede di Renzi,il fidato Nardella, sapeva che con la poltrona di primo cittadino avrebbe ricevuto in consegna anche qualche guaio. Ma non di tale entità .
La percezione reale l’ha avuta lo scorso dicembre quando ha saputo che anche da Roma l’amico Matteo avrebbe regalato altri guai.
Con esattezza minori entrate dallo Stato per 22 milioni. Il 27 dicembre 2014, dopo aver faticosamente chiuso la discussione sulla Finanziaria, Nardella ha ammesso: “Sappiamo solo che c’è uno sbilancio di 50 milioni di euro, dobbiamo trovare 50 milioni”.
Aggiungendo sconsolato: “Ci stiamo lavorando anche in questi giorni di ferie”. Non è servito. Non secondo i giudici contabili che a fine luglio hanno contestato alcuni punti al sindaco seppure prendendo atto che l’erede ha risolto qualche falla lasciata dal predecessore.
Il primo riguarda “la gestione di cassa nel triennio 2011-2013” che “ha evidenziato l’impiego di fondi aventi specifica destinazione per spese di parte corrente , non ricostituiti al termine dell’esercizio”.
In pratica, come tutti i Comuni, anche quello di Firenze ha delle “riserve” che devono essere usate per specifiche necessità .
La legge prevede una sorta di deroga e quindi permette di utilizzarli per altre spese ma a condizione che poi quelle riserve vengano ricostituite.
Renzi se n’è dimenticato. La cifra? 45.888.216 euro.
Fondi che “potevano essere ricostituiti integralmente con gli incassi avvenuti nei primi mesi del 2014”.
Ed elenca: “Somme correnti depositate nei conti correnti 5,5 milioni”, “trasferimenti ministeriali per il funzionamento degli uffici giudiziari per il 2011 e il 2012 per 28,6milioni”e,infine,i“contributi erariali per 5,7 milioni”.
Invece, bacchettano i giudici, li avete spesi in altro denotando “una sostanziale difficoltà nella gestione dei flussi di cassa” e mettendo a rischio “l’equilibrio e la stabilità finanziaria dell’ente”. Altro capitolo dolente: la “presenza consistente di residui attivi vetusti”.
Si tratta di crediti che ogni ente spera di recuperare prima o poi: multe, tasse e così via. Crediti che trascorsi alcuni anni devono essere trasformati in inesigibili.
I “residui attivi vetusti” di Palazzo Vecchio per la Corte sono troppi e troppi vecchi: risalgono a prima del 2009.
Quindi vanno riconteggiati perchè “la loro elevata incidenza percentuale comporta un potenziale rischio per la tenuta degli equilibri di bilancio negli esercizi successivi”.
A Nardella non è rimasto che correre ai ripari. Ed eseguire: la Giunta l’8 maggio 2015 ha deliberato il “riaccertamento straordinario dei residui”e portato il“fondo crediti di dubbia esigibilità e difficile esazione” a 152 milioni di euro.Il fondo svalutazione crediti nel rendiconto di gestione 2014 era 13,7 milioni.
Davide Vecchi
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 5th, 2015 Riccardo Fucile
CENTINAIA DI TEDESCHI HANNO ATTESO I SIRIANI PER DAR LORO IL BENVENUTO E CONSEGNARE DONI
L’accoglienza dei tedeschi e degli austriaci ai profughi che sono riusciti a passare la frontiera dell’Ungheria sta diventando un modello per tutta Europa.
Accanto alle donazioni e al lavoro dei volontari, però, c’è un aspetto nuovo: oggi centinaia di cittadini hanno attesa i migranti al confine con l’Austria o nelle stazioni ferroviarie per fare loro un lungo applauso di benvenuto.
Un video della Bbc, girato alla stazione di Monaco, entrerà molto probabilmente nella storia europea e sta avendo un enorme successo nei social.
Il corrispondente della Bbc in Austria dichiara che quell’applauso di Monaco si sta diffondendo anche nella frontiera con l’Ungheria.
La felicità è reciproca.
I volti dei richiedenti asilo che giungono in Austria e in Germania sono distesi, sorridenti.
Alcuni scrivono cartelli “Grazie Austria”, mostrano il segno della vittoria, salutano fotografi e telecamere.
I bambini ricevono in regalo giocattoli e pupazzi.
Sta vincendo l’Europa della civiltà .
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 5th, 2015 Riccardo Fucile
PERCHE’ IL SUO ASILO NON AVEVA PIU’ L’INSEGNANTE DI SOSTEGNO
E’ la storia di Lorenzo, un bimbo disabile di 4 anni che frequenta la scuola dell’infanzia.
Vive con la famiglia a Mandello avrebbe dovuto iniziare l’anno scolastico 2015-2016 in un istituto del paese.
Al loro arrivo alla scuola materna i genitori del bimbo hanno saputo però che quest’anno non era stata assegnata l’insegnante di sostegno.
Immediata la richiesta di spiegazioni alla coordinatrice didattica e all’assistente sociale che già lo scorso anno aveva seguito Lorenzo nel suo impegnativo quanto positivo cammino all’interno della scuola dell’infanzia.
“Entrambe ci hanno detto di non saperne nulla — spiega il padre del bimbo — e senza perdere un solo minuto abbiamo contattato la Provincia di Lecco. Il presidente ci ha detto che per quest’anno l’ente ha potuto stanziare soltanto il 25 per cento dei fondi normalmente attribuiti agli istituti del Lecchese e che addirittura a tutt’oggi non si sa dove si potranno trovare i soldi per garantire il riscaldamento degli edifici scolastici e, appunto, il sostegno ai disabili”.
Risultato: mercoledì i genitori di Lorenzo hanno dovuto tornare a casa con il loro bimbo affranto e in lacrime proprio per l’impossibilità , vista l’assenza dell’educatrice di sostegno, di lasciarlo da solo all’asilo.
Un caso triste che fa riflettere e che ha onestamente dell’incredibile.
Ma che c’è da sperare possa essere risolto, per rispondere alle legittime attese dei genitori del bimbo e più ancora, verrebbe da dire, per il bene di Lorenzo.
Sarà un episodio, ma è un sintomo di quello che sta diventando, questa Italia delle riforme e della rottamazione: quella che lascia gli ultimi indietro.
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Settembre 5th, 2015 Riccardo Fucile
L’EMERGENZA PROFUGHI HA RISVEGLIATO IL SENSO DI UMANITA’ CHE L’EUROPA SEMBRAVA AVER SMARRITO
La fotografia che colpisce di più è quella della curva di uno stadio tedesco che espone lo striscione: «Benvenuti profughi ».
Abituati come siamo a leggere su quello sfondo nefandezze verso chiunque (neri, orientati a sud, variamente diversi) non può che stupirci la catena che ha portato a quell’immagine: qualcuno ha l’idea, un gruppo gliela approva a maggioranza, la si mette in pratica e dall’altra curva non volano sfottò, stracci, proiettili.
Che poi la principale squadra della Bundesliga (il Bayern di Monaco di Alaba, austriaco di padre nigeriano e Boateng, tedesco di padre ghanese) dia ai rifugiati un milione e un campo per allenarsi è un gesto conseguente, al punto da rendere pleonastica la foto che seguirà da qui a poche ore: i calciatori che entrano in campo tenendo per mano un bambino indigeno e uno immigrato.
Ben altra squadra è quella composta da una selezione dei 54 profughi ospitati in una palestra di Portogruaro intorno ai quali si è creata una rete di solidarietà .
C’è uno scatto in cui li si vede, scampati a Boko Haram, all’Isis o semplicemente alla fame: sollevano la coppa vinta in un magro torneo (due squadre partecipanti) e sembrano molto moderatamente felici.
I più entusiasti sono i tre rappresentanti della cooperativa che li assiste, soprattutto l’infermiera che regge il pallone, una rumena, capelli rossi, occhi verdi, in Italia dal 2007: un calcio allo stereotipo dell’inevitabile guerra tra poveri.
Lo sconfiggono anche i pescatori tunisini che hanno chiesto ai “medici senza frontiere” di prepararli al soccorso dei rifugiati ripescati in mare: concentrati, come se li attendesse la battuta più importante della loro vita.
Mentre domenica, forse, il web sarà invaso dalle immagini degli uomini di buona volontà austriaci che sfideranno la legge del loro Paese e di quello ungherese per caricare su auto private e pullman aziendali i disperati bloccati a Budapest e portarli oltre il confine.
Avranno espressioni più risolute dei passeggeri, perchè più consapevoli del destino a cui vanno incontro.
Questo mosaico ci racconta una cosa soltanto: l’uomo non è buono per natura, ma ogni tanto ci prova. Non tutti lo sono e nessuno lo è sempre.
Ci sono momenti, necessità che determinano azioni isolate.
A volte, questo è il bello, in piena contraddizione con le opinioni.
Esistono alberi piantati in nome di antisemiti nel giardino dei giusti a Gerusalemme. Non siamo demoni affiorati nè angeli caduti, dentro di noi abbiamo spazio per istinto di sopravvivenza e pulsione al sacrificio.
Per gli ottimisti valga la storia di Tristan da Cunha, micro isola sperduta nell’oceano tra Brasile e Sudafrica, abitata da discendenti di naufraghi, pirati, soldati.
Poche centinaia di persone e mai una violenza. Nel 1961, minacciati da un’eruzione vulcanica, furono evacuati in Inghilterra e inorridirono per la brutalità della vita quotidiana.
In Sudafrica ebbero la stessa reazione davanti all’apartheid e vollero tornare alla loro terra.
C’è un’isola simile dentro di noi.
Qualcuno cerca di raggiungerla, qualcun altro di invaderla, ma senza quell’isola ci sarebbe soltanto acqua.
Gabriele Romagnoli
(da “la Repubblica”)
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Settembre 5th, 2015 Riccardo Fucile
CHI VENDE PAURA E ODIO AVRA’ MENO MERCATO
Negli ultimi due giorni mi è capitato di incrociare nei talk show di La7 sia Matteo Salvini che un altro leghista di peso, Gian Marco Centinaio. E mi sono reso conto che hanno perso.
La cavalcata della Lega Nord, arrivata al 16 per cento nei sondaggi nazionali, sembra destinata ad arrestarsi.
Perchè la campagna sull’immigrazione è stata sconfitta, annichilita da una foto, quella di Aylan Kurdi, morto a tre anni sulla spiaggia di Bodrum, in Turchia.
Le obiezioni razionali alla propaganda leghista, quella dell’invasione, dei barconi carichi dei terroristi dell’Isis (ne avete mai visto uno?), quella degli immigrati che vivono negli hotel a cinque stelle, non avevano mai funzionato.
Breve campionario delle obiezioni sensate alle paure razziste (sì, sono paure razziste, basta eufemismi): a giugno 2015 in Italia c’erano 48.300 persone che hanno presentato domanda di asilo, lo 0,08 per cento della popolazione, contro i 306.000 della Germania (0,38 per cento).
In Spagna sono lo 0,02 per cento, in Gran Bretagna lo 0,05.
I famosi 35 euro al giorno non vanno agli immigrati, ma sono il costo individuale del loro mantenimento, spesso i gestori dei centri Cara non erogano neppure i 2,5 euro quotidiani di “pocket money” che dovrebbero garantire un minimo di autonomia agli ospiti.
Il sistema di protezione Sprar del Ministero dell’Interno, quello che tutela i rifugiati, ha accolto nel 2014 22.961 persone, in deciso aumento rispetto alle 12.600 dell’anno e ai 7.800 del 2012.
Non c’è alcuna evidenza statistiche che i migranti regolari delinquano più degli italiani. Per quelli irregolari è un altro discorso, ma provate voi a sopravvivere in un Paese straniero senza documenti e senza possibilità di trovare un lavoro…
L’operazione Mare Nostrum, che all’Italia costava molto più dell’attuale Triton, ha salvato oltre 150.000 persone. Si può sempre fare meglio, ma è arduo definirla un fallimento.
La Lega riesce a mettere in fila poi una notevole lista di corbellerie.
Primo: “Aiutiamoli a casa loro”. Siamo tutti d’accordo che se l’Africa fosse ricca come la California i migranti non partirebbero, ma così non è.
Da decenni si tentano politiche in via di sviluppo, danno risultanti alterni e lenti, come evidente non bastano a frenare le migrazioni.
Come ha osservato l’economista Leonardo Becchetti, il miglior modo per “aiutarli a casa loro” è lasciare che quelli che arrivano in Europa abbiano un lavoro e possano mandare a casa i propri risparmi, così da mantenere le famiglie (e disincentivarle a partire).
Salvini aveva promesso che sarebbe andato in Nigeria durante l’estate, per studiare il fenomeno migratorio alla fonte, poi non ha trovato il tempo. Ora ha fatto sapere che partirà a fine settembre. Vedremo.
A Mineo, in Sicilia, invece è riuscito ad andare varie volte, a sobillare l’assai poco latente odio razziale
Secondo: “Non possiamo accoglierli tutti”. E perchè?
Philippe Legrain lo ha spiegato bene sul Fatto Quotidiano, l’Europa sta invecchiando, il suo welfare sarà sostenibile solo grazie agli immigrati. Ma soprattutto, da un punto di vista morale, questa tesi equivale a: “Dobbiamo farne morire un po’ in mare”, visto che la nostra eventuale ritrosia all’accoglienza non scoraggia certo le partenze.
Terzo: “Bisogna risolvere i problemi geopolitici che causano le crisi da cui i profughi scappano”. Vero.
Peccato che la Lega sostenga (gratis o a pagamento come il Front National in Francia? Chissà ) la Russia di Vladimir Putin.
Cioè il Paese che sorregge il regime di Bashar al Assad in Siria, focolaio di tutti i disastri degli ultimi cinque anni, prima con una guerra civile di cui l’Occidente dovrà vergognarsi per i prossimi secoli e poi con la totale mancanza di controllo del territorio a beneficio dell’Isis, il sedicente Stato islamico.
Lo stallo sulla Siria è una delle ragioni che rende difficile, se non impossibile, affrontare il caos in Libia.
Visto che Salvini e la Lega si scelgono bene gli amici, appoggiano anche Viktor Orban, il presidente di destra che guida l’Ungheria e che sta trasformando l’arrivo dei migranti in un’enorme propaganda alle sue politiche xenofobe, costruendo un muro ed esasperando la situazione alle frontiere.
L’Ungheria ha parecchi rifugiati, 24.400 (il 0,25 per cento della popolazione), ma meno della Grecia, poco più di Cipro. Non una catastrofe umanitaria.
Orban a Bruxelles è un paria, considerato un pericolo per i valori europei, uno che ha mandato a otto milioni di ungheresi un questionario chiedendo se “la cattiva gestione dell’immigrazione da parte di Bruxelles potrebbe avere qualcosa a che fare con l’aumento del terrorismo”.
Sintesi: la Lega sostiene i due principali Paesi che contribuiscono a peggiorare il problema dell’immigrazione.
Ma questo ha un senso, visto che peggio vanno le cose, meglio vanno i sondaggi leghisti.
Questo il dibattito fino a un paio di giorni fa. Poi è arrivata la foto di Aylan Kurdi.
Non c’è nulla di razionale nella reazione a quella foto.
Lo sapevamo che sui barconi ci sono anche i bambini, lo sapevamo che morivano, sapevamo che le donne gravide partorivano in mezzo al mare, che le mamme perdevano i loro figli, sapevamo che nel Sahara di bambini come Aylan ne saranno morti centinaia, migliaia, cercando di arrivare alle coste del Mediterraneo.
Lo sapevamo, ma le nostre coscienze riuscivano a rifugiarsi nell’ipocrisia dell’ignoranza. Perchè non vedevamo. E ora abbiamo visto.
All’improvviso la propaganda leghista si è afflosciata: che importa se Aylan e suo padre fuggivano da un Paese in guerra o dalla povertà , cioè se erano aspiranti rifugiati o “migranti economici”?
E che importa se l’Europa, se Triton, il governo, l’Onu, la Chiesa non hanno fatto abbastanza per risolvere i problemi del mondo?
E a qualcuno davvero importa se Aylan ci sarebbe costato, per qualche mese, 35 euro al giorno?
Per mesi la Lega ha usato argomenti non razionali, “di pancia” dicono nei talk show, per guadagnare consensi e per ostacolare ogni politica che sarebbe stata non “buonista” ma semplicemente umana.
A Padova, ricordo en passant, la Lega addirittura guidava la protesta contro una signora colpevole di aver accolto alcuni immigrati a casa propria…
La foto di Aylan ha opposto emozione a emozione, compassione a odio, dolore a paura.
Il problema dell’immigrazione non è facile da risolvere. Anzi, è impossibile da risolvere, si può solo gestire.
Il dibattito si è finalmente ridotto alla sua essenza: quanti morti siamo disposti ad accettare per difendere la nostra “fortezza europa”?
Dopo la morte di Aylan l’Europa, e gli europei, sembrano aver deciso che ogni morte è una tragedia, anche se a morire non è un inglese o un tedesco ma un curdo, un eritreo, un siriano.
A lungo, in Europa, è stato più popolare lasciar morire i migranti che salvarli.
Ora, forse, guadagna punti nei sondaggi chi li aiuta, chi evita stragi.
Mentre chi vende paura e odio, come Salvini, avrà un po’ meno mercato.
Stefano Feltri
(da “il Fatto Quotidiano”)
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