Settembre 14th, 2015 Riccardo Fucile
FORZA LAVORO MAGGIORE CHE IN GERMANIA MA PAGANO IL PREZZO DELLA CRISI
Sono 2,7 milioni. Valgono 123 miliardi di Pil. Producono il 9% della ricchezza italiana. E rappresentano quasi l’11% della forza lavoro in Italia.
Si chiamano Mohammed, Vasile, Hanaa, Dimitru, Ioana. Nomi che oggi suonano familiari, col loro carico di storia, tradizioni e significati antichi.
Per vivere si logorano nei cantieri, si sfiancano nelle fabbriche, si affaticano nei negozi, si consumano nelle campagne.
Ma, soprattutto, lavorano – tanto – dentro le nostre case e accanto alle nostre famiglie: badanti, assistenti e collaboratori domestici. Sono i lavoratori stranieri dichiarati (regolari, s’intende) che rappresentano oltre la metà dei 5 milioni di immigrati attualmente residenti in Italia.
Ben 190 le differenti nazionalità presenti e spalmate lungo tutto il territorio.E mentre in queste settimane in Europa si cerca un’intesa sul piano di ricollocamento d’emergenza per 120mila profughi (da cui Gran Bretagna, Danimarca e buona parte dei Paesi dell’Est hanno deciso di restare fuori), l’esodo, con tanto di record di arrivi via mare, non si arresta.
Dimensioni di un fenomeno su cui gli economisti non hanno dubbi: troppo grandi – lo ha spiegato Maurizio Ricci su Repubblica – per liquidarle con gli aneddoti sui due ragazzi di colore fermi a non far niente sul marciapiede o sulla famiglia araba che abita nell’alloggio di edilizia popolare.
A dispetto della propaganda di alcune parti politiche, infatti, l’immigrazione conviene. Perchè chi arriva qui produce. E paga le tasse.
Nel Bel Paese, ad esempio, senza il contributo degli stranieri, il governo sarebbe a caccia di 7 miliardi per coprire la Finanziaria. Secondo i calcoli, per salvare le pensioni degli europei occorrono 250 milioni di rifugiati entro il 2060.
Da tempo, però, in Italia l’immigrazione è vissuta come “emergenza” e ancora poco si guarda al “giorno dopo”, a quello che accade quando i cittadini stranieri si inseriscono nel tessuto sociale locale. La sfida vera.
Attraverso i numeri è possibile monitorare l’andamento dell’integrazione lavorativa e scolastica degli stranieri giunti in Italia. Cifre alla mano, ecco qual è la situazione a oggi (fonti: Istat, Eurostat, Ocse, ministero del Lavoro, Miur).
Quanti sono.
La presenza straniera nel nostro Paese è costantemente in crescita.
Secondo i dati elaborati da Openpolis per Repubblica. it, dal 2002 in avanti la percentuale di stranieri residenti in Italia è quadruplicata, passando dal 2,4% all’8,1% del 2014.
La loro distribuzione territoriale, però, non è omogenea: la Sardegna ha un 2,5% di popolazione straniera residente mentre l’Emilia-Romagna raggiunge quota 12 per cento. In totale, tra la fine del 2014 e l’inizio del 2015, i residenti non italiani sfondano la soglia dei 5 milioni.
Nonostante la comunità più numerosa venga da un Paese europeo (oltre un milione i rumeni residenti in Italia), sono i cittadini non comunitari a rappresentare la sfida più grande: 3,9 milioni di cittadini extra Ue regolarmente soggiornanti in Italia con permesso di soggiorno, per lo più di lungo periodo (56,25 per cento).
Nel dettaglio, lo scorso anno in Italia la comunità rumena ha superato per la prima volta il milione di persone ed è di gran lunga la più numerosa sul nostro territorio: si tratta del 21,97% della popolazione straniera.
Molto più distanti le altre nazionalità , con i cittadini albanesi e marocchini – al secondo e terzo posto quanto a presenza – che non raggiungono neanche quota 500mila.
Quanto a distribuzione geografica, le differenze in Italia sono tante.
Se in 6 regioni oltre il 10% dei residenti è straniero, in alcune – come Basilicata, Puglia e Sardegna – hanno raggiunto solo negli ultimi anni la quota del 2 per cento: una fetta che l’Italia intera raggiungeva nel 2002.
A guidare la classifica c’è l’Emilia-Romagna con 12 residenti su 100 che sono stranieri, seguita da Lombardia (11,3) e Umbria (11,1).
Numeri più bassi per le regioni del sud, con percentuali che raggiungono al massimo, come nel caso della Calabria, il 4% di residenti stranieri: la metà della media nazionale.
Forza lavoro.
Nel 2014 in Italia la percentuale di forza lavoro straniera (regolare) ha sfiorato l’11% (10,8), ben oltre la media Ue (7,07%), e davanti alle altre potenze del Vecchio Continente: Regno Unito (9,7%), Germania (9,3%) e Francia (5,30 per cento).
In soli 10 anni la percentuale di lavoratori non italiani sul totale della forza lavoro è più che raddoppiata, con un dato iniziale nel 2004 che superava di poco il 4 per cento. Secondo i calcoli della Fondazione Leone Moressa, oggi i migranti valgono circa 123 miliardi di Pil e producono il 9% della ricchezza italiana.
Per quel che riguarda la distribuzione, sono molte le differenze a livello regionale, con una percentuale media che passa dal 5,3% del Mezzogiorno al 13% di Nord-Est e Centro.
Evidente anche la maggiore concentrazione in settori specifici.
La forza lavora straniera aumenta nell’agricoltura e nelle costruzioni, raggiungendo rispettivamente il 14,20% e il 16,67 per cento.
Storicamente il tasso di occupazione dei lavoratori stranieri extra-Ue è sempre stato superiore a quello degli italiani. Un divario che nel 2006 era di oltre 7 punti percentuali (58% degli italiani contro il quasi 66% degli stranieri), ma che lentamente si è assottigliato.
Ma come si spiega il gap attuale che è di soli 1,9 punti percentuali?
Le cause principali vanno cercate nella crisi economica, che ha particolarmente danneggiato gli stranieri, e nel cambiamento demografico: mentre la prima generazione era composta quasi solo da lavoratori, la seconda comprende anche studenti
E ancora: il tasso di occupazione dei cittadini non comunitari residenti in Italia (57,6%) è in linea con la media europea (57%).
Ma se oggi i dati rispecchiano quella che è la tendenza generale, va sottolineato come gli stranieri residenti in Italia abbiano sofferto più che altrove la crisi economica. Dal 2006 il tasso di occupazione dei nati extra Ue-28 è diminuito del 13% in Italia, e ” solo” dell’8% nel resto del continente.
Quanto guadagnano.
Un elemento che emerge con prepotenza è quello remunerativo.
L’80% dei dirigenti italiani guadagna più di 2mila euro al mese contro il 58% dei pari livello di origine extra europea.
A parità di lavoro non c’è quindi parità di compenso.
E ancora, se l’8,3% degli occupati italiani guadagna più di 2mila euro al mese, la percentuale scende ad appena lo 0,6% per i lavoratori extra-Ue.
Più nel dettaglio: l’80,8% dei cittadini extra-Ue guadagna un massimo di 1.200 euro al mese, quasi il doppio rispetto agli italiani (43,8%).
E mentre il 55,2% degli italiani guadagna oltre 1.200 euro, la percentuale scende al 19,2% per i cittadini extra-Ue.
Quali occupazioni.
Italiani e stranieri svolgono lavori molto diversi. Il 31,3% dei residenti extra-Ue si occupa di servizi collettivi e alle persone (è l’ambito principale) mentre solo il 5,2% degli italiani è impiegato in questo settore.
Al contrario, se il 16% degli italiani lavora nel settore ‘istruzione, sanità e servizi sociali’, soltanto il 3,7% dei residenti extra-Ue è impiegato in tale comparto.
Cifre molte vicine invece per l’industria, che dà lavoro al 20% degli italiani e al 19% dei cittadini extra-Ue.
E’ immigrata, lo si diceva, la maggior parte dei lavoratori domestici: si avvicinano a quota 600mila, sono colf, badanti o baby sitter e superano gli italiani che in questo settore lavorano in poco più di 200mila (dunque meno della metà ).
Fra i primi dieci settori in cui sono occupati gli immigrati, seguono la ristorazione, il commercio al dettaglio, le attività di costruzione e quelle agricole.
Nelle costruzioni la presenza dei lavoratori immigrati è strutturale e storica, soprattutto nel comparto dell’edilizia è straniero il 16,7% dell’intera forza lavoro: sono in tutto quasi 250mila lavoratori (50mila in meno del dato pre-crisi).
Scolarizzazione.
La presenza di una seconda generazione di immigrati impone uno sguardo attento sui dati legati all’istruzione. Al pari della forza lavoro, anche la percentuale di alunni stranieri iscritti alle scuole italiane risulta in costante crescita. Si è passati dal 4,8% dell’anno scolastico 2005-2006, al 9% del 2013-2014.
Numeri che contengono anche un altro elemento di novità . Nell’anno scolastico 2013-2014 è risultato nato in Italia il 51,72% degli oltre 802mila alunni stranieri iscritti agli istituti italiani.
E dunque, per la prima volta nella storia del nostro Paese, gli studenti stranieri nati in Italia hanno superato quelli nati all’estero.
Tuttavia, se anche crescono le percentuali, è vero che permangono le differenze con i colleghi italiani per quel che riguarda percorso e risultati.
L’11% degli alunni italiani è in ritardo sull’iter scolastico. Tale percentuale, però, è tre volte più alta per gli stranieri (36 per cento).
Il tasso di uscita precoce dal sistema di istruzione è del 13% per gli italiani e del 34% per gli alunni extra-Ue.
Numeri, questi, che si riferiscono agli studenti iscritti alle scuole dell’infanzia, primaria, secondaria di primo grado e secondaria di secondo grado. Ma anche all’università le cose non vanno meglio.
L’Italia è il paese europeo con la percentuale più bassa di stranieri laureati (12,4%), in confronto a una media europea del 32,3%.
Inoltre la durata media del primo lavoro superiore a tre mesi per i figli di immigrati in Italia è la più breve fra i paesi Ocse: 11 mesi nel Bel Paese mentre in Francia, Germania e Regno Unito si raggiungono rispettivamente 18, 25 e 32 mesi
Giovani che non studiano e non lavorano.
Sono considerati Neet coloro che – di età compresa fra i 15 e i 24 anni – non sono iscritti a scuola nè all’università , non lavorano e non seguono corsi di formazione o aggiornamento professionale.
Con la crisi, in Italia, la percentuale di Neet fra i 15 e i 24 anni è aumentata notevolmente, passando dal 16,8% del 2006 al 22,1% del 2014. Scorporando il dato, fra italiani e stranieri emergono notevoli differenze.
Nell’ultimo anno di rilevazione, infatti, i Neet italiani erano il 21,2%, gli stranieri il 31,3%.
Uno scarto di circa 10 punti percentuali che è rimasto invariato rispetto al 2006: italiani 16,30% e stranieri 26,50 per cento.
Michela Scacchioli
(da “La Repubblica”)
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Settembre 14th, 2015 Riccardo Fucile
NUMEROSI OSPITI AL MEETING DEL 19-20 SETTEMBRE: DAL MINISTRO DELLA CARINZIA RAGGER A VAN ORDEN, DALLA GARDINI A RAMPELLI, DAL SINDACO DI VENEZIA BRUGNARO A FLAVIO TOSI, DA LAURA COMI A CAPEZZONE, DA SUSY DE MARTINI A SERNAGIOTTO, DA CONFARTIGIANO A CONFCOMMMERCIO
“L’appuntamento di Cortina è nato anni fa per creare un dibattito nel Centrodestra ed è da qui che vogliamo ripartire”.
Questo il messaggio di Remo Sernagiotto, europarlamentare del movimento dei Conservatori e Riformisti e organizzatore, insieme a Leonardo Padrin e Cinzia Bonfrisco, della due giorni ampezzana.
Sabato 19 e domenica 20 settembre Cortina ospiterà il meeting che punta a dare un nuovo volto al Centrodestra italiano.
Ci saranno esponenti dei Conservatori e Riformisti, dell’ECR ma anche dei Fratelli d’Italia e di Forza Italia, passando per Tosi e il sindaco di Venezia Brugnaro.
“Abbiamo deciso — spiega Sernagiotto – di invitare tutti i referenti del Centrodestra per sederci ad un tavolo e decidere come costruire il futuro: non può essere che l’unico oppositore di Renzi ad oggi sia la Lega. Dobbiamo lavorare per creare una coalizione forte e compatta, che sappia dare uno slancio all’economia, riduca le tasse, dia sostegno all’impresa e risposte concrete ai problemi di oggi. Disoccupazione, immigrazione, educazione per i nostri figli, solo per dirne alcuni”.
“Ci sarà — annuncia Sernagiotto – anche il Ministro della Carinzia Christian Ragger: un esempio per far capire cosa c’è di sbagliato in Europa. Non possiamo avere regole comuni per i pomodori e avere una fiscalità diversa. C’è tanto da fare, ma per farlo dobbiamo prima di tutto trovare l’identità e i valori di un Centrodestra che negli ultimi anni ha perso la strada. Il primo obiettivo sarà quello di individuare un leader in cui i cittadini si riconoscano, scelto attraverso un percorso democratico che vedrà il confronto di tutti”.
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Settembre 14th, 2015 Riccardo Fucile
NUMEROSI OSPITI AL MEETING DEL 19-20 SETTEMBRE: DAL MINISTRO DELLA CARINZIA RAGGER A VAN ORDEN, DALLA GARDINI A RAMPELLI, DAL SINDACO DI VENEZIA BRUGNARO A FLAVIO TOSI, DA LAURA COMI A CAPEZZONE, DA CATTANEO A SERNAGIOTTO, DA CONFARTIGIANO A CONFCOMMMERCIO
“L’appuntamento di Cortina è nato anni fa per creare un dibattito nel Centrodestra ed è da qui che vogliamo ripartire”.
Questo il messaggio di Remo Sernagiotto, europarlamentare del movimento dei Conservatori e Riformisti e organizzatore, insieme a Leonardo Padrin e Cinzia Bonfrisco, della due giorni ampezzana.
Sabato 19 e domenica 20 settembre Cortina ospiterà il meeting che punta a dare un nuovo volto al Centrodestra italiano.
Ci saranno esponenti dei Conservatori e Riformisti, dell’ECR ma anche dei Fratelli d’Italia e di Forza Italia, passando per Tosi e il sindaco di Venezia Brugnaro.
“Abbiamo deciso — spiega Sernagiotto – di invitare tutti i referenti del Centrodestra per sederci ad un tavolo e decidere come costruire il futuro: non può essere che l’unico oppositore di Renzi ad oggi sia la Lega. Dobbiamo lavorare per creare una coalizione forte e compatta, che sappia dare uno slancio all’economia, riduca le tasse, dia sostegno all’impresa e risposte concrete ai problemi di oggi. Disoccupazione, immigrazione, educazione per i nostri figli, solo per dirne alcuni”.
“Ci sarà — annuncia Sernagiotto – anche il Ministro della Carinzia Christian Ragger: un esempio per far capire cosa c’è di sbagliato in Europa. Non possiamo avere regole comuni per i pomodori e avere una fiscalità diversa. C’è tanto da fare, ma per farlo dobbiamo prima di tutto trovare l’identità e i valori di un Centrodestra che negli ultimi anni ha perso la strada. Il primo obiettivo sarà quello di individuare un leader in cui i cittadini si riconoscano, scelto attraverso un percorso democratico che vedrà il confronto di tutti”.
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Settembre 14th, 2015 Riccardo Fucile
L’ANALISTA POLITICO STATUNITENSE: “LA BASE DEI PARTITI LIBERAL DELL’OCCIDENTE CHIEDE LA LOTTA ALL’INEGUAGLIANZA”
La “Corbynmania” sta contagiando la politica americana: da un lato fa “tornare di moda la socialdemocrazia”, come dice il professore del Trinity College di Hartford, Vijay Prashad, dall’altro inietta nuovo entusiasmo tra i sostenitori di Bernie Sanders, il senatore “socialista” del Vermont che ha sfidato Hillary Clinton per la nomination democratica e che, nei sondaggi, continua a insidiare l’ex-segretario di stato
Sanders è stato tra i primi a congratularsi con Jeremy Corbyn per l’elezione alla guida del partito laburista britannico. «È un fatto positivo nella lotta globale contro le ineguaglianze », ha detto. Ma quali differenze ci sono tra i due esponenti anglosassoni? E cosa potrebbe cambiare nello scenario elettorale americano
Repubblica lo ha chiesto a Larry Sabato, direttore del Centro per la politica dell’Università della Virginia e autore di una ventina di saggi.
Professor Sabato, quale sarà l’effetto-Corbyn nella politica americana?
«Innanzitutto va detto che, al di là degli ovvi accostamenti politici, e anche personali, Corbyn è molto più a sinistra di Sanders. Quest’ultimo non ha mai ipotizzato di nazionalizzare alcune industrie-chiave del paese, come invece promette di fare il leader britannico. E Sanders non metterebbe sotto processo George W. Bush per crimini di guerra, mentre Corbyn minaccia di trascinare in tribunale Tony Blair. Il quale ovviamente non ha nulla da temere, perchè con queste nuove posizioni il partito laburista non vincerà mai».
C’è però qualcosa che unisce l’ascesa di Corbyn e il fenomeno Sanders?
«Sì, è la richiesta che parte dai militanti di base dei partiti liberal dell’Occidente di mettere la lotta all’ineguaglianza al centro del dibattito politico, assieme alla loro volontà di non volersi più accontentare di mezze misure per affrontare il nodo delle disparità . E questo determina uno spostamento a sinistra del partito democratico, con una maggiore centralità di temi come la lotta alle diseguaglianze e la riforma della giustizia».
Anche Hillary si sposterà a sinistra?
«Non può: sembrerebbe fasullo proprio in un momento in cui ha promesso all’elettorato più autenticità . Del resto, poche settimane fa ha ammesso di avere posizioni moderate. Certo, è stupefacente come, a dispetto della sua lunga esperienza e dei vantaggi iniziali, Hillary Clinton si sia rivelata finora una pessima candidata ».
Intanto anche i repubblicani si spostano a destra.
«Sì, in blocco. E vale la pena ricordare come, storicamente, qualsiasi spostamento di un partito americano verso posizioni più estreme, allontani le possibilità di una vittoria elettorale».
Pensa che l’affermazione di Corbyn aiuterà Sanders?
«Sarei sorpreso se anche l’un per cento degli americani sapesse chi è Corbyn… No, non avrà alcun effetto elettorale. Potrebbe solo aiutare i democratici a capire come perdere sicuramente un’elezione. D’altra parte non hanno bisogno, per questo, della Gran Bretagna: è sufficiente che si ricordino del liberal George McGovern che nelle presidenziali del 1972 perse contro Richard Nixon in 49 stati su 50. E proprio questo hanno veramente in comune Corbyn e Sanders: nessuno dei due vincerà mai un’elezione nazionale».
Arturo Zampaglione
(da “La Repubblica”)
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Settembre 14th, 2015 Riccardo Fucile
I PROPOSITI DEL NUOVO LEADER LABURISTA SU “THE OBSERVER”
L’elezione della leadership laburista è stata una straordinaria prova di democrazia popolare e di partecipazione pubblica dal basso, che ha dimostrato l’infondatezza dell’opinione prevalente al riguardo della politica.
Abbiamo attirato il sostegno di centinaia di migliaia di persone di tutte le età , di ogni ambiente sociale, in tutto il Paese, ben oltre i ranghi degli attivisti di lunga data e di chi fa campagna.
Chi può seriamente affermare, adesso, che i giovani si disinteressano di politica o che non c’è un intenso desiderio di un nuovo tipo di politica?
Più di ogni altra cosa, ha dimostrato che milioni di persone vogliono un’alternativa reale, e non che le cose proseguano come al solito, sia dentro sia fuori dal Partito laburista.
La speranza di un cambiamento e di nuove grandi idee è tornata al centro della politica: porre fine all’austerità , affrontare e risolvere le disuguaglianze, lavorare per la pace e la giustizia sociale in patria e all’estero.
Ecco i motivi per i quali oltre un secolo fa fu fondato il Labour.
Questa elezione ha infuso nuovo vigore per il XXI secolo all’obiettivo che portò alla sua fondazione: un Partito laburista che dia voce al 99 per cento della popolazione
I numeri del voto di sabato scorso costituiscono un mandato senza riserve per il cambiamento da parte di una democrazia che si rialza ed è già diventata un movimento sociale.
Sono onorato dalla fiducia che mi è stata dimostrata dai membri del partito e dai sostenitori, e metterò a disposizione tutto me stesso per ripagare quella fiducia.
Abbiamo combattuto e vinto sulla base di proposte politiche, non di personalità , senza abusi e senza astio.
Volendo pienamente fugare ogni dubbio, la mia leadership sarà improntata alla coesione, farà affidamento su tutti i talenti – la metà del governo ombra laburista sarà formato da donne – e lavoreremo insieme a tutti i livelli del partito.
Il nostro obiettivo è riportare nel cuore del Labour le centinaia di migliaia di persone che hanno preso parte alle primarie.
Riusciremo a far tornare ancora una volta il Labour un movimento sociale.
La leadership del partito si sforzerà di mettere al centro la democrazia: non sarà il leader a emettere editti dall’alto.
Raccoglierò idee da tutti i livelli del partito e del movimento laburista, prendendo ispirazione da un partito allargato alle varie comunità e mettendo a frutto i talenti di tutti per dar vita a una linea politica capace di costruire un valido sostegno a favore del cambiamento.
Noi siamo in grado di dar vita a un nuovo tipo di politica: più educata, più rispettosa, ma anche più coraggiosa. Possiamo cambiare le mentalità , possiamo cambiare la politica, possiamo migliorare le cose.
Il messaggio più importante che la mia elezione offre a milioni di persone per mandare a casa i conservatori è che il partito adesso è incondizionatamente al loro fianco.
Noi comprendiamo le aspirazioni e sappiamo che le nostre aspirazioni potranno realizzarsi soltanto tutte insieme.
Tutti aspirano ad avere una casa a un prezzo accessibile, un posto di lavoro sicuro, standard di vita migliori, un sistema sanitario fidato e una pensione dignitosa. La mia generazione ha considerato scontate queste cose e così dovrebbero fare le generazioni future.
I conservatori stanno introducendo una legge sulle organizzazioni sindacali che renderà più difficoltoso per i lavoratori ottenere un equo contratto di lavoro, combattere per un salario onesto e per un giusto equilibrio tra lavoro e vita privata.
Le organizzazioni sindacali sono una forza che si adopera per il bene, una forza che si batte per una società più giusta. Unito, il Labour voterà contro questo attacco antidemocratico ai membri delle associazioni sindacali.
Domani il governo presenterà le sue proposte per tagliare i crediti d’imposta, che lascerebbero migliaia di famiglie di operai in condizioni peggiori.
I crediti d’imposta sono un’ancora di salvezza vitale per molte famiglie e il Labour si opporrà a questi tagli.
È chiaro anche che il Primo ministro presto tornerà a chiederci di bombardare la Siria. Questo non aiuterà i rifugiati. Anzi, ne creerà in maggior numero.
Lo Stato Islamico è assolutamente raccapricciante, e il regime del presidente Assad ha commesso delitti atroci. Ma noi dobbiamo opporci anche alle bombe saudite che cadono sullo Yemen e alla dittatura del Bahrain, armata da noi, che stermina il movimento democratico del paese.
Il nostro ruolo è fare campagna per la pace e per il disarmo in tutto il mondo.
Per i conservatori, il deficit altro non è che una scusa per rifilarci la vecchia agenda Tory di sempre: abbassare i salari, tagliare le tasse ai più ricchi, lasciare che i prezzi degli immobili aumentino fino a essere improponibili, svendere i nostri asset nazionali e attaccare le organizzazioni sindacali.
Non ci sono scorciatoie per la prosperità , la si deve costruire investendo in infrastrutture moderne, nelle persone e nelle loro competenze.
Bisogna dare sfogo a idee innovative, concretizzando nuove proposte per affrontare e risolvere il cambiamento climatico. E proteggere così il nostro ambiente e il nostro futuro
Il nostro compito è dimostrare che l’economia e la nostra società possano essere a beneficio di tutti. Insorgeremo contro le ingiustizie ogni volta che le incontreremo. E le combatteremo per un futuro più equo e più democratico, che soddisfi le esigenze di chiunque
La risposta umana della gente di tutta Europa nelle ultime settimane ha dimostrato l’intenso desiderio di un tipo diverso di politica e di società .
I valori della compassione, della giustizia sociale, della solidarietà e dell’internazionalismo sono stati al centro della recente esplosione di democrazia in un Labour sempre più influente.
Quei valori sono profondamente radicati nella cultura del popolo britannico. Il nostro obiettivo, adesso, è mettere a frutto quello spirito e chiedere ardentemente il cambiamento, in tutto il paese.
Jeremy Corbyn
(da “The Observer”)
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Settembre 14th, 2015 Riccardo Fucile
TRENTA MILIONI DI PELLEGRINI IN ARRIVO… 5.000 POSTI DI LAVORO IN PIU’
Un’ opera di misericordia da 11 miliardi di euro in cinque anni.
Tanto porterà il tempio ai mercanti della capitale in quello che si annuncia come il Giubileo più redditizio della storia recente.
Si calcola che a partire dal prossimo 8 dicembre possano arrivare a Roma fino a 30 milioni di pellegrini.
Un successo superiore a quello del Duemila, il giubileo del millennio indetto da Wojtyla e preparato con molti anni di anticipo che fece arrivare a San Pietro 25 milioni di persone da tutto il mondo.
Per un paradosso della storia il Giubileo della Misericorida indetto da Francesco per ricordare al mondo che esistono le periferie e la povertà , potrebbe diventare quello con l’effetto maggiore sul pil: un incremento del 2,4 per cento sul prodotto interno lordo della capitale e dello 0,7 per cento a livello nazionale.
I calcoli li ha fatti a luglio l’università La Sapienza con uno studio diffuso dalla Camera di Commercio di Roma.
Ipotizzando tre scenari, tutti e tre prudenti se è vera la stima dei 30 milioni di pellegrini. L’ipotesi più pessimista è quella di un incremento di turisti intorno al 3 per cento rispetto agli anni in cui non ci sono particolari eventi religiosi nella capitale.
Quella intermedia prevede un incremento del 5 per cento mentre quella ottimistica ipotizza un afflusso superiore del 7 per cento.
Ciascuno degli scenari ha un impatto sul pil.
La forchetta degli incrementi è tra 11 e 11,5 miliardi di euro. Ma se davvero si arriverà ai 30 milioni di pellegrini (il 20 per cento in più rispetto al 2000) l’effetto sul pil sarà certamente maggiore.
Quanto costerà alle casse pubbliche l’evento?
Il bilancio tra le maggiori spese e le maggiori entrate fiscali sarà positivo se si verificherà lo scenario di afflussi che i professori della Sapienza definiscono ottimistico e che secondo le ipotesi del Campidoglio e delle stesse fonti vaticane sarebbe addirittura prudente.
I calcoli dello studio universitario suppongono che a disposizione della capitale arriveranno circa 600 milioni di euro, 588 per la precisione.
Che comprendono i 200 milioni all’anno di effetti sul bilancio 2015 e 2016 del Comune di Roma derivati dalla rinegoziazione del debito pregresso.
E un gettito di 100 milioni che dovrebbe arrivare dalla vendita di immobili di proprietà pubblica nella capitale.
A queste somme si devono aggiungere gli 88 milioni già annunciati dalla Regione Lazio. Solo nel caso dello scenario ottimistico le entrate fiscali generate dall’arrivo dei pellegrini potrebbero superare la spesa di 588 milioni: in quel caso si potrebbero infatti generare entrate fiscali superiori ai 600 milioni di euro.
Ma che cosa fa ritenere che il Giubileo del 2015 sarà più partecipato di quello del millennio?
Il primo elemento che gioca a favore è la dimensione dei popoli di riferimento. Perchè la differenza non la fanno gli italiani e l’Europa occidentale ma il derby tra i cattolici dei paesi dell’Est che sentivano il richiamo del papa polacco e i pellegrini dell’America Latina che arriveranno a Roma per vedere il papa argentino.
Il secondo elemento è la riduzione dei prezzi per i viaggi aerei che si è realizzata negli ultimi 15 anni.
In Campidoglio il vicesindaco Marco Causi è ottimista sul numero dei pellegrini che arriveranno: «Abbiamo ragione di ritenere che lo studio della Sapienza sia prudente e che arriveranno più pellegrini di quelli previsti negli scenari della ricerca ».
Il numero due del Comune di Roma spiega che l’effetto papa Francesco potrebbe giocare in due sensi opposti.
La grande popolarità di Bergoglio potrebbe attirare a Roma moltissimi pellegrini ma la scelta del pontefice di consentire la celebrazione del Giubileo nelle diocesi del mondo potrebbe diminuire il flusso dei pellegrini a San Pietro.
Purtroppo per le casse della capitale anche le previsioni di spesa sono limitate:
«Non credo che avremo a disposizione tutti i soldi che ipotizza la ricerca», ammette Causi. Che paventa addirittura un taglio di più della metà : «Temo che non avremo a disposizione più di 150 milioni se la trattativa con il governo che sto conducendo in via riservata sortirà i risultati sperati. Per ora – aggiunge il vicesindaco – abbiamo a disposizione 50 milioni che utilizzeremo per le manutenzioni».
Ci sono eventi in calendario che faranno registrare certamente il picco di presenze di pellegrini.
Il 16 febbraio, mercoledì delle Ceneri, verrà esposto in san Pietro il corpo di Padre Pio.
Il 4 settembre ci sarà la giornata dedicata alla memoria di Madre Teresa di Calcutta. «In quei giorni – dice Causi – immaginiamo un afflusso turistico simile a quello della settimana delle due canonizzazioni di Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII che avvenne il 27 aprile scorso. In quei giorni a Roma ci fu un aumento dei flussi turistici del 18 per cento».
Quel che conta, fanno notare in Campidoglio, è anche l’aspettativa che il Giubileo straordinario può generare nelle imprese.
Nello studio della Sapienza è previsto che l’evento possa portare tra i 4.300 e i 5.300 posti di lavoro in più. I primi segnali di una ripresa legata al Giubileo ci sarebbero già . Domani la Camera di Commercio della capitale dovrebbe presentare uno studio che segnala un aumento degli investimenti delle imprese romane nel mese di settembre, un aumento superiore alla media nazionale.
A giocare contro gli effetti positivi sul pil c’è invece il carattere stesso del Giubileo della misericordia, il low profile che è insito nel dna della proposta di Francesco.
È questa, in realtà , la vera incognita che rende difficili le previsioni.
Soprattutto perchè nella capitale è collaudata una rete di accoglienza nelle strutture degli istituti religiosi che sottrae al sistema alberghiero tradizionale un buon numero di pellegrini.
Nonostante quella rete però, fanno notare in Campidoglio, lo scorso aprile l’aumento di presenze del 18 per cento si è registrato proprio in alberghi e ostelli pubblici.
È un fatto che, se verranno rispettate le previsioni più ottimistiche, nel biennio 2015-2016 Expo e Giubileo potrebbero portare in Italia un flusso straordinario tra i 30 e i 50 milioni di turisti, un contributo notevole all’economia nazionale.
Ma anche in questo caso, oltre alle cifre e agli effetti economici, il vero bilancio potrebbe essere legato al volto che l’Italia offre di sè in questi mesi.
Marco Causi non nasconde che «un successo del Giubileo finirebbe per rimettere Roma al centro del mondo», rafforzando le relazioni della capitale in un momento non facile per la sua immagine internazionale.
È evidente che l’avvenimento sarà anche l’ultimo banco di prova per un’amministrazione oggi al centro di polemiche proprio per la sua capacità di governare la città .
Anche in questo caso, oltre al sentimento ci sono i numeri a sostenere l’analisi. L’effetto maggiore del Giubileo non si avrà nei primi mesi del 2016 ma tra la fine del prossimo anno e l’inizio del 2017: il picco di incremento dell’occupazione, sostiene la ricerca della Sapienza, è previsto per i primi mesi dell’anno successivo alla chiusura del Giubileo. Questo perchè si immagina che l’evento possa avere un effetto di trascinamento sull’economia della capitale che durerà fino al 2020. I calcoli esatti sul miracolo della Misericordia, naturalmente, si faranno alla fine.
Paolo Griseri
(da “La Repubblica“)
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Settembre 14th, 2015 Riccardo Fucile
“ANCHE IN QUEI LUOGHI C’E’ LA TENTAZIONE DEL DIO DENARO”
“Un convento religioso è esentato dalle imposte, però se lavora come un albergo paghi le tasse, altrimenti l’impresa non è molto sana”.
E’ quanto afferma Papa Francesco, nell’intervista rilasciata all’emittente portoghese Radio Renascenca.
“Ci sono conventi che sono quasi vuoti – ricorda il Papa – e anche lì può esserci la tentazione del dio denaro. Alcune congregazioni dicono: ora il convento è vuoto, facciamolo diventare un albergo e possiamo ospitare persone, mantenerci e guadagnare denaro. Bene, se desideri questo paga le tasse. Un collegio religioso è esente dalle imposte, ma se lavora come un hotel è giusto che paghi le imposte”.
In base al decreto del Ministero dell’Economia firmato da Padoan il 26 giugno del 2014, gli spazi organizzati “non in forma imprenditoriale” per la ricettività , come appunto le stanze affittate nei conventi o collegi, possono essere esenti dalle tasse sugli immobili, a condizione che ci sia “discontinuità ” nell’apertura.
Dunque, che l’attività ricettiva non copra l’intero anno solare.
Soprattutto, a condizione che quegli alloggi accolgano “destinatari propri delle attività istituzionali”, quindi alunni e famiglie degli istituti scolastici, iscritti al catechismo, appartenenti alla parrocchia, membri di associazioni, e tutti coloro desiderosi di compiere ritiri spirituali.
(da agenzie)
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Settembre 14th, 2015 Riccardo Fucile
INCREDIBILE ERRORE E ORA LA FOTOGRAFA MINACCIA LE VIE LEGALI
A Trento la sezione di Fratelli d’Italia ha lanciato una campagna di informazione antigender e ha realizzato alcuni volantini da distribuire nelle scuole.
Sui manifesti in prino piano c’è la scritta “Accettarsi…lo stanno facendo insegnare nel modo sbagliato”.
Più in basso un’altra frase: “No all’educazione gender nelle scuole”.
Sullo sfondo la foto di una ragazza con il trucco sfatto.
Ma la giovane di quella foto è Leelah Alcorn, 17 enne transgender che si è uccisa a gennaio negli Stati Uniti perchè i genitori non la acccettavano e le imponevano una “terapia riparativa”.
Ora Rose Morelli, la fotografa delo scatto, pare intenda procedere per vie legali.
(da “La Stampa”)
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Settembre 14th, 2015 Riccardo Fucile
SU “LIBERO” SI PARLA DI CONTRASTI TRA SILVIO E IL GOVERNATORE DELLA LIGURIA: BERLUSCONI PRENDE LE DISTANZE DALLA LEGA, TOTI PRENDE LO STIPENDIO GRAZIE AI PADAGNI
Scrive “Libero”:
Una “fuga” di pochi giorni, quella di Silvio Berlusconi in Crimea. Una “fuga” durante la quale nel suo partito è successo di tutto. A tener banco non è tanto l’annosa questione della leadership, nè i sondaggi che danno Forza Italia sempre più in basso. A tener banco è Matteo Salvini, con grandi fette del partito in rivolta contro il leader leghista, accusato di rubare altri voti al movimento e di essere fuori dalla tradizione moderata di Forza Italia. Allarmi che il Cav non può sottovalutare: appena atterrato ha convocato ad Arcore tutto lo stato maggiore del partito.
Dalla Crimea, Berlusconi ha mandato un messaggio chiaro a Salvini, marcando la crescente distanza dal Carroccio: “Con loro – ha commentato sornione – si schierano gli incazzati, noi dobbiamo recuperare i moderati”.
Ma in Forza Italia c’è anche chi di Salvini ha bisogno: Giovanni Toti, che proprio grazie ai voti della Lega è stato eletto in Liguria. Il governatore ha rotto gli indugi, schierandosi de facto in opposizione a Berlusconi: “Non è il momento delle polemiche – ha affermato -. Continuo a ritenere che gli elementi e le valutazioni politiche della Lega e Forza Italia siano ampiamente convergente su molti argomenti”.
Due linee contrapposte, dunque, quella del Cav e quella del governatore, sempre più presente in un partito che cerca di trovare la strada per ridestarsi.
Che Toti sia un “servo sciocco” della Lega è stato ampiamente dimostrato anche nei giorni scorsi, quando ha avallato la nomina di un tecnico ai vertici di una importante partecipata in palese conflitto di interessi tra carica pubblica e ruolo privato.
Per fare questa nomina è stato addirittura modificato di nascosto il regolamento che vietava che un amministratore di una società privata potesse essere nominato in una società pubblica regionale di cui è pure fornitore di servizi.
Ora le opposizioni unite ricorreranno ai giudici, ma Toti ha fatto la marchetta agli amici leghisti, sponsor della nomina .
In attesa di lottizzare ai privati anche la Sanità , con gli accordi capestro con la Lombardia di Maroni.
Ma Toti non può permettersi di dissentire, altrimenti torna a casa.
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