Settembre 23rd, 2015 Riccardo Fucile
IL SINDACO PD DI SAN LAZZARO AVEVA DENUNCIATO PRESSIONI DOPO AVER DECISO DI BOCCIARE UN INSEDIAMENTO EDILIZIO
Colpo di scena nella vicenda della cosiddetta Colata di Idice.
Cinque persone sono indagate dalla procura della Repubblica di Bologna. Tra loro anche il sindaco Pd di Castenaso, (alle porte di Bologna) Stefano Sermenghi, renziano di ferro che tra suoi assessori in giunta schiera anche la sorella dello stesso Matteo Renzi, Benedetta.
A dicembre del 2014 Isabella Conti, sindaco Pd di San Lazzaro di Savena aveva denunciato di avere ricevuto delle pressioni dopo che la sua giunta comunale aveva deciso di bloccare la costruzione di un nuovo complesso residenziale a Idice, una frazione del comune.
La decisione politica di annullare la nuova mega-colata di cemento, decisa anni prima da altre maggioranze Pd, aveva tuttavia creato non pochi malumori: a costruire le palazzine sarebbe dovuta essere una cordata di imprese comprendente tra le altre la Coop Costruzioni, colosso edilizio della cooperazione rossa, la Palazzi srl, la Astrale Srl. Di fatto vedevano sfumare un affare da 300 milioni di euro.
Gli indagati, che hanno ricevuto nella mattinata un avviso di proroga delle indagini dalla pm Rossella Poggioli (l’inchiesta è coordinata dal procuratore aggiunte Valter Giovannini) oltre a Sermenghi sono Germano Camellini, commercialista e al momento dei fatti revisore dei conti del Comune di San Lazzaro, Simone Gamberini, direttore di Legacoop Bologna (ed ex sindaco Pd di Casalecchio di Reno), Aldo Bacchiocchi, sindaco di San Lazzaro di Savena dal 1995 al 2004 e Massimo Venturoli, dirigente della Palazzi srl.
Il reato contestato è quello previsto dall’articolo 38 del codice penale: “Chiunque usa violenza o minaccia ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario o ad una rappresentanza di esso, o ad una qualsiasi pubblica Autorità costituita in collegio, per impedirne, in tutto o in parte, anche temporaneamente, o per turbarne comunque l’attività ”.
Il sindaco di Castenaso, contattato da ilfattoquotidiano.it, ha spiegato di “essere sorpreso dalla notifica. Non sono in grado di capire il motivo visto che l’atto inviato dalla procura è stringato”. Poi Sermenghi conclude: “Sono sereno”.
Alla fine del 2014 il sindaco, che di professione fa l’avvocato e ha 32 anni, in assenza di una parte delle fidejussioni necessarie (a causa del fallimento di alcune delle coop coinvoltye), bloccò la realizzazione della new town: 580 nuovi alloggi.
“Non consumo suolo a vanvera” spiegò l’amministratrice. Ma per lei non fu un cammino facile.
“Ci tengo a dire che quello che ho riferito ai magistrati non è una mia percezione, chiunque al mio posto avrebbe vissuto certi comportamenti come minacciosi”, spiegò in un’intervista l’amministratrice.
“Su questa vicenda c’è stata una escalation intollerabile di comportamenti discutibili e pressioni indebite”.
Conti davanti ai pm ricordò gli incontri sul tema con uomini delle coop e con suoi colleghi di partito. E poi sms.
In particolare venne a galla che Camellini avrebbe pronunciato, di fronte a una dirigente comunale, una frase poi riportata alla stessa prima cittadina.
Una frase che suonava più o meno così: “La Conti vuole finire sotto una macchina?”. Camellini (difeso dall’avvocato Tommaso Guerini), si difese sui giornali: “Forse la dirigente ha equivocato una mia battuta. Ammesso che l’abbia detto, probabilmente mi riferivo a possibili guai per il Comune. Finire sotto una macchina in quel senso, nel senso di avere dei danni”, spiegò il commercialista al Resto del Carlino.
La denuncia di Isabella Conti fece mobilitare lo stesso presidente della Regione Stefano Bonaccini, presente nell’aula del consiglio comunale al momento del voto che decretò a febbraio 2015 il no alla Colata.
In quei giorni si mosse lo stesso Matteo Renzi.
Il premier chiamò Conti per dirle che “il Pd è al suo fianco a testa alta e senza paura”.
David Marceddu
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Settembre 23rd, 2015 Riccardo Fucile
LA BANCA SVIZZERA STIMA UN BENEFICIO FINO ALLO 0,5% …L’EUROPA ENTRO IL 2020 AVRA’ BISOGNO DI 42 MILIONI DI OCCUPATI IN PIU’ PER SOSTENERE IL WELFARE
Se ci si ferma alle cifre l’ondata migratoria che interessa l’Europa è un affare.
Gli ultimi calcoli relativi all’impatto economico dell’immigrazione li ha messi nero su bianco Credit Suisse.
La banca svizzera ritiene che la crescita media degli anni dal 2015 al 2023 dovrebbe beneficiare di una spinta aggiuntiva dello 0,2% portando l’aumento medio del Pil all’1,3% annuo.
In particolare nel 2015 e nel 2016 il beneficio dovrebbe essere maggiore, nell’ordine di uno 0,5% aggiuntivo.
Il Vecchio Continente è tale di nome e di fatto e “forze fresche” sono una manna per un’economia che si riprende con fatica.
Per l’Italia questo ragionamento va moltiplicato al cubo.
Il nostro paese è infatti tra quelli che da qui al 2036 sono destinati a perdere la quota più significativa di popolazione attiva.
Secondo le rilevazioni del Fondo monetario internazionale, con le tendenze demografiche attuali nei prossimi 20 anni gli italiani in età lavorativa dovrebbero diminuire di circa il 15%.
Così come in Spagna, in Ungheria e Grecia.
Ancora peggio in Germania, dove è attesa una contrazione della forza lavoro del 20% circa.
In Europa si salvano solo Francia e Gran Bretagna per cui non si prospettano cali ma, specie per l’Inghilterra, un moderato incremento.
Meno persone al lavoro significa anche meno contributi versati e un sistema pensionistico sempre più difficile da sostenere.
L’economista Leonid Bershidisky ha stimato che entro il 2020 l’Europa avrà bisogno di 42 milioni di occupati in più per sostenere il suo sistema di welfare.
La proiezione al 2060 è di 250 milioni. L’economista non prende posizione sul “come” ma le alternative sono pura questione di logica: o aumenta il tasso di natalità o arrivano più immigrati o si riducono le prestazioni.
Nel suo rapporto, la banca svizzera mette in rilievo come inizialmente la gestione dei flussi migratori dovrebbe generare un aumento della spesa pubblica per organizzare accoglienza e inserimento: la sola Germania ha già messo a bilancio una spesa di 6 miliardi di euro, la Commissione Ue ragiona per ora su un piano da 2 miliardi.
In questo modo vengono in sostanza forzate le costrizioni dell’austerità europea, regalando così una spinta aggiuntiva all’economia dello 0,2-0,3%.
Secondo Credit Suisse le spese per i migranti sono destinate a ripagarsi sotto forma di benefici alla crescita e quindi di aumento delle entrate fiscali.
Detta in maniera brutale la gestione dei migranti non è un costo ma un (buon) investimento.
Il report dedica particolare attenzione alla Germania, uno dei Paesi europei più penalizzati dalle dinamiche demografiche e che ha scelto la via dell’accoglienza.
Le associazioni imprenditoriali stanno spingendo per favorire questo processo agevolando l’ingresso di migranti, specie se con capacità professionali.
La Camera del commercio e dell’industria tedesca ha sottolineato anche come gli immigrati presentino solitamente un alto livello di imprenditorialità .
Una volta stabilitosi in Germania, uno su cinque ha infatti avviato un’impresa creando, solo nel 2015, circa 45mila nuovi posti di lavoro.
Mauro Del Corno
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Settembre 23rd, 2015 Riccardo Fucile
CRESCE IL DISSENSO CONTRO LA CANCELLAZIONE DI OLTRE 200 ESAMI, IL MEDICI IN RIVOLTA
«No alla black list sulle prestazioni, così come sui farmaci» e «no a ricatti» che possono tradursi in «conflitto coi pazienti e forte contenzioso».
Il Sindacato dei Medici Italiani si unisce al coro dei no nei confronti della bozza di decreto sulle prestazioni inappropriate e, attraverso la segreteria nazionale Mirella Triozzi, punta il dito contro il Governo: «deve avere il coraggio di dire la verità ai cittadini», ovvero che «da domani dovranno pagare ciò che fino ad ora hanno avuto gratuitamente.
Così, invece, è un modo ipocrita e dissimulato di tagliare servizi».
«Se la premessa è sbagliata, le conclusioni non possono che essere sbagliate. La lotta all’inappropriatezza deve avere come obiettivo la fonte principale di sprechi, che è la disorganizzazione dei servizi, causa di ricoveri ed esami inutili», commenta Triozzi, presente all’incontro di ieri in cui il ministro Beatrice Lorenzin ha annunciato che il giro di vite sugli esami inutili comprenderà non 180 prestazioni a rischio inappropriatezza, come inizialmente previsto ad agosto, ma 208.
«I medici devono poter continuare a poter fare il proprio lavoro, liberamente. Senza ricatti, senza essere sotto la minaccia di una ritorsione economica». «Scelte come questa – conclude la sindacalista – producono conflitti con i pazienti, creano confusione, possibili abusi interpretativi da parte delle aziende sanitarie e delle regioni, quindi un forte contenzioso amministrativo e, spesso giudiziario».
(da agenzie)
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Settembre 23rd, 2015 Riccardo Fucile
IN SOLI 9 MESI LE VITTIME SONO GIA’ 88, CON UN INCREMENTO DELL’8% RISPETTO ALL’ANNO SCORSO
Vincenza, pur tra mille titubanze, aveva avuto il coraggio di denunciare: il suo ex la tormentava pesantemente, era arrivato a entrare in casa sua di notte, da una finestra.
Non è servito a niente: lo stalker, facendosi beffe di un provvedimento della magistratura che gli impediva di avvicinarsi a Vincenza, l’ha inseguita e uccisa.
È avvenuto in provincia di Napoli pochi giorni fa e la morte di Vincenza Avino è divenuto il simbolo della nuova forma di violenza sulle donne: non il femminicidio punto e basta, ma il femminicidio annunciato.
Le ultime statistiche sugli omicidi in Italia maturati nell’ambito di un rapporto sentimentale parlano chiaro: il 25% delle vittime registrate nel 2015 aveva denunciato, spesso ripetutamente, l’uomo che le perseguitava e che in teoria aveva ricevuto una misura restrittiva da parte della magistratura. Inutilmente.
E allora l’accento deve spostarsi dalla repressione degli aggressori alla protezione delle vittime, è ormai l’esigenza che si sta facendo strada.
Le cifre su un fenomeno che non accenna a declinare sono state diffuse dall’associazione Sos Stalking: «Da gennaio a oggi, in soli 9 mesi, le vittime del femminicidio sono già 88, con un incremento dell’8% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. L’emergenza è evidente».
Ma l’associazione si spinge oltre, parlando apertamente di donne «vittime della malagiustizia» proprio perchè una su quattro aveva fatto appello alle forze dell’ordine per denunciare il proprio dramma, per mettere nero su bianco le violenze fisiche e psicologiche da parte di ex mariti, ex fidanzati o spasimanti respinti.
Il killer di Vincenza Avino era sì stato messo ai domiciliari ma era tornato in libertà con la sola misura del divieto di avvicinamento.
« Se a fronte di una denuncia il magistrato non dispone il carcere — sottolinea ancora Sos Stalking — nè gli arresti domiciliari, nè altre misure come il braccialetto elettronico, la tutela per le vittime è totalmente azzerata. E la diretta conseguenza è il calo della fiducia nella giustizia».
Il braccialetto elettronico è una misura scarsamente utilizzata in Italia (appena 90 casi) in casi di violenza contro le donne, ma che negli Stati Uniti riguarda già 100mila accusati di reati a sfondo sessuale. E in libertà vigilata.
Ma in Italia il «poliziotto» elettronico costa 120 euro al giorno e le casse dello Stato non si possono permettere questo onere.
«Ma se questa lacuna non può essere superata — conclude l’associazione — resta che nessuno pensa ai parenti delle vittime. Occorre un intervento urgente dello Stato affinchè disponga un fondo di garanzia con tali finalità ».
Claudio Del Frate
(da “il Corriere della Sera”)
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Settembre 23rd, 2015 Riccardo Fucile
MONTA LA FRONDA DI CHI VUOLE DIRE SI’ ALLE RIFORME PER ARGINARE LA FUGA
Scena numero uno.
Maurizio Gasparri, attorno a Mezzogiorno, prende la parola in Aula, livido nel volto: “Ad Amoruso (il senatore passato da Forza Italia al gruppo di Verdini, ndr) del patto del Nazareno non gliene è mai fregato niente: gli interessavano le consulenze per i familiari, probabilmente. Un comportamento miserevole”.
Poi esce. È un fiume in piena: “Mi sono pure trattenuto. Lo so io, lo so io perchè se ne è andato. Potrei leggere gli sms che mi mandava da dentro a una chiesa”.
Scena numero due.
Tre ore dopo. Paolo Romani, il capogruppo di Forza Italia, da sempre un trattativista, si apparta a lungo con Anna Finocchiaro, in un corridoio del Senato.
Poi telefona ad Arcore per chiedere un supplemento di riflessione sulla linea del “no” alle riforme. Il dramma è questo: logica vorrebbe ascoltare, prima di dar fuoco alle polveri, la relazione che terrà la Boschi in Aula al Senato domani mattina e poi decidere, perchè se la Boschi dovesse aprire – questo il ragionamento – non avrebbe senso rimanere soli, isolati e irrilevanti; ma i gruppi non tengono, anzi si stanno liquefacendo.
Ecco perchè, alla fine, viene annullata la riunione del gruppo dei senatori prevista per domani (giovedì) pomeriggio, dove avrebbe dovuto partecipare Berlusconi. Disarmante la spiegazione che filtra: “Berlusconi non sa che dire”.
È la nemesi della compravendita per colui che ha subito un processo con la condanna in primo grado sulla compravendita che portò alla fine del governo Prodi: “Verdini – raccontano – li sta sfilando uno a uno. Amoruso, Auricchio, manca poco per Zuffada, pochissimo per Cardiello. Li conosce, sa i punti deboli, sa che si sentono trascurati, ci parla, li coinvolge, mentre a Forza Italia non si fanno più nemmeno le riunioni”.
E ora il gruppo rischia davvero di andare sotto “quota 40” senatori. La nemesi, appunto. Quando l’ex premier ha letto il comunicato in cui il suo capogruppo si appellava a Mattarella e Grasso denunciando l’acquisto di senatori non si è stupito più di tanto: “E’ gente che va con chi offre di più”.
Ma è il corno politico del ragionamento ad essere ancora più doloroso perchè – sussurrano i suoi – “non è vero che Verdini è ininfluente e non è vero che è stato l’utile idiota di Renzi”.
E non è un caso che Lorenzo Guerini dichiari: “Bene voti oltre il perimetro della maggioranza”. Denis, infatti, è stato il perno dell’intera operazione, perchè ha consentito a Renzi di piegare la sinistra accettando un compromesso.
Verdini è, insomma, la certezza di Renzi per piegare gli altri. E le urla alla luna sulla compravendita sono suonate alle orecchie dell’ex premier, semplicemente come una “manifestazione di debolezza”.
Insomma, Forza Italia non c’è più.
Il prossimo dato in uscita verso il gruppo Ala di Verdini è Franco Cardiello. Con lui Denis è a quota 14, mentre pure alla Camera è pronto il gruppo e arrivano le prime sette adesioni: Saverio Romano, Pino Galati, Mottola, Parisi, Faenzi, D’Alessandro, Abrignani.
“Chi è il prossimo?” è la domanda che rimbalza dai capannelli di un partito fuori controllo. Francesco Aracri, una macina di preferenze, è uno dei pochi che non parla di compravendita. E lima un comunicato stampa per annunciare l’iniziativa “grossa” che farà domani a Roma, quando attorno a un tavolo metterà Salvini, i big di Forza Italia, Fitto e l’ex ministro di An Andrea Ronchi “a parlare del futuro del centrodestra”.
È in questo quadro (disastroso) che Romani parla di “confronto sulle riforme”.
Il sogno sarebbe avere un appiglio per convergere, in modo da mascherare l’irrilevanza convergendo sulle riforme.
Per ora Berlusconi, assicurano, “sta riflettendo” anche se considera il no una scelta ormai obbligata. Nella nemesi di un partito che non c’è più accade pure che, qualunque cosa decida, non cambia nulla.
(da “Huffingtonpost“)
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Settembre 23rd, 2015 Riccardo Fucile
DE MAGISTRIS LE AUTORIZZA, IL PRESIDENTE DI SCAMPIA CONTRARIO
Scampia e le sue vele navigano in direzione opposta al sindaco: Gomorra non la vogliono.
A Napoli, i suoi quartieri e i paesi della provincia si dividono.
Ospitare o meno le riprese della seconda serie di Gomorra, la fiction cult ispirata al libro di Saviano? E’ una questione di immagine, inanzitutto.
C’è chi le telecamere le gradisce, le tollera, le utilizza anche per promuovere il proprio paese e chi invece di sentirsi associata alla camorra descritta in tv “non se ne parla prorprio”.
Domani inizieranno a Scampia alcune riprese della serie in onda ad aprile: il sindaco De Magistris le ha autorizzate ma il presidente della municipalità annuncia barricate culturali contro la troupe.
Nel napoletano, da giorni va avanti la diatriba se ospitare o meno il cast della fiction.
Dopo Portici Mugnano ha detto sì, Giugliano, Acerra e Afragola un netto no.
La produzione lavora in silenzio e in fretta, ma il clima è cambiato. I sindaci sono contrari e in ansia per quelle scene di sangue e pallottole nel loro quartiere, in una terra già così martoriata “non sono un esempio”.
Lo dice anche il questore, Guido Marino. “Certi programmi tv sono offensivi e per niente rappresentativi della realtà che vogliono rappresentare: arrivare alla conclusione che lo Stato è assente, è banale. E lo trovo offensivo”.
Parole che l’autore del romanzo bestseller in tutto il mondo non condivide: “Che la politica limiti la libertà di espressione artistica la dice lunga sulle sue derive autoritarie e, soprattutto, sulla convinzione fallace che sia sufficiente bloccarne il racconto perchè la camorra smetta di esistere” spiega Saviano.
Un assist che il sindaco De Magistris coglie al volo ribadendo di odiare la censura. “Non dirò mai di no alle riprese di un film o di una fiction. Napoli non è più la Gomorra descritta anni fa da Roberto Saviano” e occorre “un’operazione verità per descrivere i mille colori della città “.
“Gomorra possono girarla a Napoli – assicura – se qualcuno mi chiede se quella è Napoli io rispondo di no, senza fare operazioni negazioniste perchè ci sono bande di camorristi che controllano il territorio, ma dire che oggi Napoli è Gomorra è un’operazione di falsità . Ci sono ancora il nero e il grigio – afferma – ma anche tanta luminosità “.
Ma Scampia, zona simbolo delle infiltrazioni camorristiche descritte da Saviano, si ribella. “Sì al cinema, no al marketing vergognoso di Gomorra che diffonde solo violenza ed illegalità inquinando il futuro senza curare i mali ed oscurando le positività ” attacca Angelo Pisani, presidente della VIII Municipalità .
E annuncia battaglia: “Domani alle ore 16 sarò sul luogo delle riprese di Gomorra 2 a Scampia, in via Gobbetti, dove il cantiere abbandonato della metropolitana rappresenta proprio il disinteresse e uno dei fallimenti delle istituzioni per la gente del territorio abbandonata a se stessa e vittima più della malapolitica che della camorra. Io sarò presente – conclude – per fare barricate culturali e chiedere rispetto. Ci sarò con la fascia tricolore che rappresenta questo quartiere e questa parte buona della città . Ho qualcosa da dire e da chiedere alla produzione, lo farò direttamente e anche attraverso gli organi di informazione perchè ci siano degli esempi positivi e non solo emulazione di male e violenza”.
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 23rd, 2015 Riccardo Fucile
APPROVATA LA LEGGE DELEGA PER LA REVISIONE DEL CODICE PENALE
Arriva il primo via libera per la legge Bavaglio dell’era di Matteo Renzi.
La Camera dei deputati ha approvato infatti il ddl che modifica il codice penale e il codice di procedura penale e che contiene al suo interno anche la legge delega al governo sul tema delle intercettazioni telefoniche.
A Montecitorio i voti favorevoli al ddl penale sono stati 314, 129 i contrari mentre 51 parlamentari si sono astenuti. A votare contro il ddl il Movimento 5 Stelle, la Lega e Sel, mentre ad astenersi sono stati i deputati di Forza Italia.
Condito da aspre polemiche il momento riservato alle dichiarazioni di voto.
Nel corso del loro intervento, infatti, i deputati del Movimento 5 stelle si sono imbavagliati e hanno esposto cartelli con scritto “no legge bavaglio“.
“In un momento di crisi dell’occupazione e di corruzione Renzi si diverte a mettere mano alle intercettazioni. Il governo chiede e ottiene una delega in bianco in materia penale: chiediamo a giornalisti e magistrati di denunciare uno dei provvedimenti più pericolosi di questi ultimi anni”, ha detto il relatore di minoranza ed esponente M5s, Vittorio Ferraresi.“Quest’aula sceglie di non decidere, di non discutere quasi, ma decide di delegare al governo su importanti materie come le intercettazioni e l’ordinamento penitenziario”, ha attaccato invece il deputato di Sel Daniele Farina.
Il ddl penale prevede anche alcuni aumenti di pena per i reati di furto in casa e rapina. “E’ un riempi carcere, dopo i svuota carceri approvati, che rischia di riportarci alle condizioni per cui siamo stati condannati in sede europea”, ha detto Farina che poi ha messo nel mirino la legge delega sulle intercettazioni. “Deresponsabilizza il Parlamento a vantaggio, pare, di un comitato di saggi ministeriale”.
La decisione di chiedere una legge delega sul tema della disciplina delle intercettazioni telefoniche è stata attaccata anche da Forza Italia: il partito di Silvio Berlusconi, però, attacca la riforma per motivi completamente opposti a quelli del Movimento 5 Stelle.
“Un provvedimento che presenta molte ombre e poche luci. Ancora una volta abbiamo una delega in bianco. Un testo a favore di magistratura che aumenta il proprio peso e tende ad essere più ingerente. Un disegno di legge che contiene diversi colpi al diritto di difesa e che non ha nessun effetto preventivo e dissuasivo alla commissione dei reati”, è un passaggio dell’intervento del deputato azzurro Gianfranco Chiarelli, che ha annunciato l’astensione del suo partito.
Il governo ha invece affidato la sua replica al deputato dem David Ermini, responsabile giustizia del Nazareno.
“Il Pd non metterà mai un bavaglio alla stampa ma i diritti delle persone vanno tutelati. Lasciamo ai grillini il diritto di guardare dal buco della serratura: qualche volta sembrano Fantozzi che sbircia la signorina Silvani. Captare parole fuori contesto con un telefonino ricorda il ventennio, le vite degli altri, il regime del terrore. Per noi ci vuole libertà di stampa e libertà di vivere. E se i grillini vogliono mettere tutto in piazza, allora dicessero quanto spendono per la loro manifestazione di Imola o mettessero tutte loro le riunioni in streaming, invece di toglierle di corsa quando qualcuno le pubblica. Per loro ascoltare sì, ma solo gli altri”.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 23rd, 2015 Riccardo Fucile
SARANNO I PARTITI A SCEGLIERE I PROSSIMI INQUILINI DI PALAZZO MADAMA… IL GIURISTA PELLEGRINO: “TESTO CONTRADDITTORIO, CAPOLAVORO DI DILETTANTISMO”
Si scrive riforma, si legge pasticcio. E quella mediazione che è l’ossessione del Pd potrebbe anche peggiorarlo. Ufficialmente e renzianamente, la riforma del Senato è la via per arrivare a una democrazia efficiente, nella quale “il procedimento legislativo sarà più snello ed efficace” (Maria Elena Boschi dixit).
Fuor di propaganda, è un ginepraio contraddittorio, da cui potrebbe scaturire una seconda Camera che conterà poco o nulla. Soprattutto, composta di nominati.
“Questa riforma è un capolavoro di dilettantismo”, scandisce l’amministrativista Gianluigi Pellegrino.
Ma quale elettività : articoli che sbattono
Il cuore della riforma è l’articolo 2 del disegno di legge costituzionale, e in particolare il secondo comma, approvato in doppia lettura conforme (senza modifiche) nelle due Camere: “I Consigli regionali e i Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano eleggono, con metodo proporzionale, i senatori tra i propri componenti e, nella misura di uno per ciascuno, tra i sindaci dei Comuni dei rispettivi territori”.
Renzi ha blindato il comma in base al regolamento di Palazzo Madama, secondo cui non si possono cambiare le norme già approvate in entrambi i rami del Parlamento.
La possibile mediazione tra il premier e la minoranza del Pd, che invoca un Senato elettivo, sarebbe un nuovo comma 5.
Ossia una norma in base a cui i cittadini sceglieranno i consiglieri regionali da inviare a Palazzo Madama tramite un listino.
I Consigli di ogni singola Regione dovrebbero poi ratificare le nomine.
Ma Pellegrino stronca questa soluzione: “Il comma 2 prevede che i Consigli regionali eleggano i senatori con metodo proporzionale, ossia dando maggiore spazio ai gruppi politici più folti in Regione. Bene, secondo il nuovo comma 5, i cittadini dovrebbero votare i senatori con un listino. Ma come faranno a sapere quale sarà la composizione dei futuri gruppi in Consiglio, che dipende dall’esito del voto? È evidente che sulla volontà popolare prevarrà il criterio proporzionale, e quindi molti voti di preferenza saranno inutili”.
Come se ne esce?
“Renzi non vuole toccare il comma 2, per non far ripartire da capo l’iter del testo. Ma se si punta a un sistema coerente la norma va modificata. Se il testo verrà approvato così, i senatori saranno dei nominati. E il comma 5 sarà superfluo”.
Una transizione troppo scivolosa
Le contraddizioni proseguono: “Se si vuole davvero dare la parola ai cittadini va cambiato anche l’articolo 38 del ddl, già approvato in doppia lettura conforme, che è una norma transitoria (ossia colma il vuoto nel passaggio da una normativa all’altra, ndr). e che stabilisce la composizione del primo, nuovo Senato. Prevede che, finchè non verranno eletti i nuovi Consigli regionali, ogni consigliere potrà scegliere i senatori ‘votando per una sola lista di candidati, formata da consiglieri e sindaci dei rispettivi territori’. Ma come combacia questa norma con la volontà popolare? Tanto più che c’è un rischio: perchè entrino in vigore le nuove norme sull’elezione del Senato, bisognerà attendere una legge di attuazione. Poniamo che non si accordino sul testo: rischiamo di ritrovarci per anni con Palazzo Madama eletto solo dai consiglieri regionali”.
Luca De Carolis
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 23rd, 2015 Riccardo Fucile
DAL BICAMERALISMO PERFETTO AL BICAMERALISMO CAZZARO
Evviva evviva, c’è l’accordo sul Senato. Merito del lodo Tonini, anzi del lodo Violante, pardòn del lodo Boschi, o meglio del lodo Finocchiaro, senza dimenticare il lodo Zanda, no! È il lodo Tatarella, che però è morto così diventa lodo Renzi, che invece è vivo.
Siccome purtroppo nessuno di questi lodi è mai stato scritto nero su bianco, ma solo annunciato e tramandato di bocca in bocca secondo la tradizione orale (lodo Omero), non si capisce cos’abbiano da esultare gli strateghi renziani e i calabraghe della sinistra Pd, visto che nessun contraente conosce i termini del patto.
Poi, se resta tempo, ci sarebbero gli elettori che vorrebbero sapere cosa ne sarà di loro il giorno delle elezioni.
Per tentare una risposta,non resta che interpellare gli aruspici. I quali, con l’ausilio delle viscere di civetta (gufino, please) mescolate a zampe di gallina, previa disamina dei fondi di caffè e delle maree nelle notti di plenilunio, sono giunti alle seguenti conclusioni.
Per mettere d’accordo le minoranze che vogliono il Senato eletto dal popolo e il trio Renzi-Boschi-Verdini che lo vuole nominato dai consigli regionali, cioè dalle segreterie dei partiti, i senatori saranno “designati” dagli elettorie“ratificati”dalle Regioni secondo le loro leggi elettorali (che sono 21: una per regione, più le province autonome di Trento e Bolzano).
Il modello è la legge “Tatarellum” per le elezioni regionali, che non esiste più: funzionò una sola volta, alle Regionali del 1995.
Stabiliva l’elezione diretta dei presidenti, che però non era prevista dalla Costituzione, che però non s’era fatto in tempo a modificare; dunque la prima volta si procedette alla designazione dei governatori, poi ratificati dai consigli regionali.
Oggi ne resta intatta la parte peggiore: i governatori si portano in Consiglio un pugno di fedelissimi che mai e poi mai verrebbero votati dai cittadini, infatti non sono eletti, ma stanno in un listino a parte ed entrano in Consiglio se il candidato governatore vince, se no ciccia.
È la norma che ha promosso a consigliera regionale della Lombardia la nota igienista dentale Nicole Minetti nel listino di Formigoni, che ne avrebbe fatto volentieri a meno, ma B. no.
Ecco: trapiantando quella porcheria nel comma 5 dell’articolo 2 del d-dl Boschi (l’unico votato in modo difforme da Senato e Camera dunque, per il governo, il solo ancora modificabile), l’elettore si ritroverà in mano, alle elezioni regionali, una scheda, anzi un lenzuolo, con tre liste per partito.
1) La lista dei favoriti e delle favorite dell’aspirante governatore. 2) La lista dei candidati consiglieri regionali. 3) La lista degli aspiranti-consiglieri-regionali-che-faranno-anche-i-senatori.
L’elettore voterà tre volte: 1) il candidato governatore che, in caso di vittoria, si porterà appresso tutto il listino; 2) i candidati consiglieri regionali (con le preferenze, il cui numero varia da regione a regione); 3) i candidati-consiglieri-regionali-che-faranno-anche-i-senatori (come al punto 2).
Si dirà : ma così i senatori li eleggiamo noi, vittoria! Eh no, troppo comodo, ‘cca nisciuno è fesso.
Prima del comma 5 (modificabile, per Renzi) dell’articolo 2, c’è il comma 2 (intoccabile per Renzi, perchè già votato dalle due Camere con “doppia conforme”), che dice tutt’altra cosa: “I Consigli regionali e i Consigli delle Province autonome di Trento e Bolzano eleggono, con metodo proporzionale, i senatori tra i propri componenti e, nella misura di uno per ciascuno,tra i sindaci dei Comuni dei rispettivi territori”.
Il “metodo proporzionale” vuol dire che i consiglieri-senatori devono rispettare i rapporti di forza fra i partiti rappresentati in Consiglio.
Ma chi vota gli aspiranti consiglieri-senatori del suo partito mica può sapere quanti ne usciranno in consiglio regionale, dunque non accadrà mai che in Consiglio regionale i consiglieri-senatori rispettino la proporzione del totale dei consiglieri dei singoli partiti. In ossequio al principio di proporzionalità (comma 2), il Consiglio dovrà eliminare qualche consigliere-senatore designato dagli elettori, a sua discrezione: tu vai in Senato perchè sei biondo, tu non ci vai perchè sei antipatico, cose così. Bella “designazione”, bella “ratifica”.
E tanti saluti alla designazione popolare (comma 5). Se invece un Consiglio vorrà rispettare il principio di designazione popolare (comma 5), dovrà violare quello di proporzionalità (comma 2).
E così i padri ricostituenti — per salvare la faccia a Renzi che non vuol darla vinta a Grasso e alla minoranza sull’emendabilità del comma 2 — già prevedono che la nuova Costituzione dovrà essere obbligatoriamente violata. Dunque è incostituzionale.
C’è poi un altro problemino da niente: siccome sette consigli regionali sono stati appena eletti e scadono fra cinque anni, mentre gli altri molto prima, che si fa?
Si azzera tutto e li si vota tutti insieme, anche quelli appena eletti?
O si parte con la nuova regola per quelli che muoiono prima e intanto gli altri si nominano i consiglieri-senatori come pare a loro, senza “designazione” dei cittadini? O tutti i Consigli nominano chi vogliono all’insaputa degli elettori designatori?
Ci pensa la “norma transitoria”, già votata con doppia conforme: il primo Senato lo nominano i Consigli regionali, senza interpellare gli elettori.
Quindi: o il primo Senato sarà incostituzionale, perchè viola il comma 5, oppure salta il totem della doppia conforme sulla norma transitoria (e allora non si vede perchè non riscrivere daccapo, e bene, tutta la riforma).
Il bicameralismo perfetto non andava bene: meglio il bicameralismo cazzaro.
Marco Travaglio
(da “il Fatto Quotidiano”)
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