Settembre 23rd, 2015 Riccardo Fucile
LA RINUNCIA AL FRONTE COMUNE CON SLOVACCHIA E REPUBBLICA CECA
A sorpresa, l’Ungheria decide di aderire al piano europeo per la redistribuzione dei profughi.
Il premier ungherese, Viktor Orban, ha detto che Budapest non sosterrà l’iniziativa annunciata da Praga e Bratislava di chiedere al vertice dei 28 di oggi di “rivedere” la decisione sulla distribuzione di quote di migranti da ricollocare.
Secondo fonti diplomatiche Ue, l’Ungheria si atterrà a quanto previsto dal consiglio Interni e si farà carico dei profughi assegnati.
“Non eravamo d’accordo. Non pensiamo che sia la soluzione, ma ora chiudiamo questo capitolo e andiamo avanti”, dicono le fonti.
La proposta dell’Ungheria è molto concreta. Come anticipa la Bbc, il governo di Budapest pensa all’istituzione di un fondo speciale destinato al miglioramento dei campi profughi in Libano, Giordania e Turchia dove si trovano almeno tre milioni di siriani in fuga dalla guerra.
Il fondo dovrebbe essere costituito dall’1% dei fondi che ciascun paese europeo riceve dall’Unione, e dall’1% del denaro che ogni stato versa alle casse di Bruxelles. L’Ungheria ha calcolato che la sua parte è di 1 miliardo di euro.
Con questo denaro, argomenterà Orban, si dovranno anche rafforzare le frontiere europee per impedire l’arrivo di nuovi migranti.
Ma il premier ungherese stasera al vertice dei leader dei 28 cercherà un chiarimento con i partner europei dopo le condanne ricevute per la gestione dei migranti.
“Ci sarà una discussione molto franca, perchè questa non è la via europea”. Orban ha detto che “è la prima volta che gli Stati membri vengono biasimati perchè hanno una posizione diversa”. Essere etichettati come “cattivi europei” solo perchè abbiamo un’opinione diversa è stata “un’esperienza scioccante”.
Intanto Orban incassa un importante alleato: Manfred Weber, leader della Csu bavarese e presidente del Partito popolare europeo, dichiara che l’Ungheria sta semplicemente “rispettando le regole di Dublino e Schengen” e che da quando il governo di Budapest è intervenuto in questo senso il flusso dei richiedenti asilo verso la Germania è notevolmente diminuito.
“Nonostante questo, quando ci parliamo gli ricordo che deve trattare i migranti con umanità “, ha poi aggiunto.
Weber, in una intervista pubblicata mercoledì, ha ricordato come nessun paese europeo per il momento sia riuscito a trovare una soluzione praticabile e che l’alto numero di profughi non è sostenibile.
(da “Huffingtnpost”)
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Settembre 23rd, 2015 Riccardo Fucile
AVREBBE USATO LA CARTA DI CREDITO DEL CAMPIDOGLIO PER PAGARE CENE IN UN LUSSUOSO ALBERGO VISTA COLOSSEO
Una possibile richiesta di chiarimenti nei confronti di Marino. È quanto vorrebbe fare, come riporta Il Fatto Quotidiano, il Movimento Cinque Stelle nei confronti del primo cittadino di Roma.
I pentastellati sarebbero pronti a depositarla perchè vogliono sapere tutto riguardo le spese personali che il sindaco ha sostenuto utilizzando le casse del Comune, in particolare riguardo dei pagamenti che secondo indiscrezioni avrebbe effettuato in un hotel con annesso ristorante di lusso vista Colosseo.
Si legge su Il Fatto Quotidiano:
Quello che lo attende è una vera e propria radiografia del “suo” deposito in banca, una richiesta di verifica su tutte le movimentazioni che il primo cittadino ha effettuato sul conto corrente intestato al Comune.
Quello su cui l’opposizione vuole vedere chiaro è l’uso delle risorse che il sindaco ha a disposizione per lo svolgimento del suo incarico. Il primo cittadino, infatti, ha accesso diretto ad una serie di fondi, di cui può usufruire per tutte quelle spese che non vengono coperte dalla macchina amministrativa.
Da una banale cena di lavoro alla necessità di pagare uno spostamento imprevisto, da un taxi fino a un aereo da prendere al volo.
Spiega infatti ancora il quotidiano:
[…] Per far fronte ad incombenze dell’ultimo minuto, il sindaco ha nel portafogli una carta di credito direttamente collegata alla tesoreria del Campidoglio, seppur con un plafond stabilito. Marino, così come i suoi predecessori, ne ha diretto utilizzo, sia in Italia che all’estero. Nulla di illecito, sia chiaro. Spetta però al sindaco farne buon uso. È proprio su questo che i Cinque Stelle vogliono vedere chiaro, allarmarti da indiscrezioni. Una, soprattutto, farebbe riferimento a una lussuosa location nel centro di Roma, un hotel con annesso ristorante con vista Colosseo che tornerebbe di frequente nelle uscite del primo cittadino. E in quell’albergo, sarebbero stati spesi sino a 1500 euro al mese.
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 23rd, 2015 Riccardo Fucile
UN FIUME DI DENARO, TRA PROVENTI DELLE ISCRIZIONI E FINANZIAMENTI PUBBLICI
Per Susanna Camusso è quasi un’ossessione. Da quando si è insediata al vertice della Cgil (il 3 novembre 2010) si è arrampicata 67 volte su palchi di ogni ordine e grado per invocare trasparenza.
La leader del più grande sindacato italiano se ne è poi però puntualmente dimenticata man mano si avvicinava la fine dell’anno e il momento per la Cgil di fare due conti sui contributi degli iscritti rastrellati nei dodici mesi.
Sì, perchè il sindacato di corso d’Italia, che non è tenuto a farlo per legge, si guarda bene dal pubblicare un bilancio consolidato: come del resto i cugini di Cisl e Uil, si limita a mettere insieme in poche paginette i numeri che riguardano la sola attività del quartier generale romano.
Spiccioli, rispetto al vero giro di soldi delle confederazioni, che negli anni si sono trasformate in apparati capaci di lucrare pure su cassintegrati e lavoratori socialmente utili (nell’ultimo anno l’Inps ha versato a Cgil, Cisl e Uil 59,4 milioni di trattenute su ammortizzatori sociali)
«I sindacati hanno un sacco di soldi», si è lamentato nei giorni scorsi il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che non li ama davvero.
Diversi recenti episodi di cronaca confermano che di denari nei corridoi delle sedi sindacali ne girano parecchi. E che il loro uso è molto spesso un po’ troppo disinvolto.
Ai primi di novembre 2014 ha mollato di colpo il suo incarico il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni: nel palazzo circolava un dossier dove si documentava l’impennata del suo stipendio dai 79 mila euro precedenti la nomina ai 336 mila del 2011.
E quest’estate una mail di un dirigente della Cisl ha alzato il velo sulla retribuzione d’oro di alcuni suoi colleghi capaci di mettere il cappello su più incarichi: il presidente del patronato Inas-Cisl, Antonino Sorgi, per esempio, nel 2014 ha portato a casa 77.969 euro di pensione, più 100.123 per l’Inas e altri 77.957 per l’Inas immobiliare.
I soldi dunque li hanno. Ma sapere quanti è quasi impossibile.
I veri bilanci dei sindacati sono uno dei segreti meglio custoditi del Paese.
Loro si rifiutano di fornire dati esaustivi. E chi conosce le cifre preferisce non esporsi. Così, almeno su alcuni capitoli, bisogna andare per approssimazione. Vediamo.
IL TESORETTO DEI TESSERATI
Lo zoccolo duro delle finanze sindacali è la tessera, che ogni iscritto paga con una piccola quota dello stipendio di base (o della pensione).
Nei bilanci delle tre confederazioni sono indicati complessivamente 68 milioni 622 mila 445 euro e 89 centesimi. Ma è una presa in giro bella e buona.
Si tratta infatti solo delle quote trattenute dalle holding.
Per avvicinarsi alla cifra vera bisogna seguire un altro percorso. Cgil, Cisl e Uil dichiarano di rappresentare tutte insieme 11 milioni 784 mila e 662 teste (che scendono in picchiata quando è il momento di versare i contributi alla Confèdèration Europèenne des Syndicats, dove si paga un tanto per iscritto).
I sindacati chiedono per l’iscrizione lo 0,80 per cento della retribuzione annua ai lavoratori attivi e la metà ai pensionati.
Conoscendo la ripartizione degli iscritti tra le due categorie, gli stipendi medi dei dipendenti italiani (25.858 euro lordi, secondo l’Istat) e le pensioni medie (16.314 euro lordi, per l’Istat), è dunque possibile fare il conto.
La Cgil dovrebbe incassare 741 milioni di euro e rotti (loro ammettono poco più della metà : 425 milioni).
Alla Cisl si arriverebbe a 608 milioni (in via Po parlano di 80 milioni circa).
E la Uil intascherebbe 315 milioni (in via Lucullo ridimensionano a un centinaio di milioni).
Solo le tessere garantirebbero dunque quasi 1,7 miliardi.
Ora: è possibile che i calcoli de “l’Espresso” siano approssimati per eccesso, se si considerano il mix degli iscritti (full-time, part-time, stagionali); la durata del versamento, non sempre ininterrotto; l’incidenza di eventuali periodi di cassa integrazione.
Ma una cosa è certa: il tesoretto delle tessere non vale solo i circa 600 milioni e spicci che dicono Cgil, Cisl e Uil.
Secondo quanto “l’Espresso” è in grado di rivelare, infatti, nell’ultimo anno solo l’Inps ha trattenuto dalle pensioni erogate, e girato a Cgil, Cisl e Uil, 260 milioni per il pagamento della tessera sindacale.
Una cifra alla quale va sommata la quota-parte di competenza delle confederazioni sui 266 milioni che l’Inps incassa da artigiani e commercianti e poi trasferisce alle organizzazioni dei lavoratori per la tassa di iscrizione.
Già con queste voci si arriva vicino alla somma totale ammessa da Cgil, Cisl e Uil. I conti dunque non tornano.
Fin qua abbiamo comunque parlato di soldi di privati e quindi di affari dei sindacati e di chi decide di finanziarli (anche se Cgil, Cisl e Uil non sempre giocano pulito: una serie di meccanismi impone a chi straccia la tessera di continuare a versare a lungo il suo obolo).
Poi c’è, però, tutto il capitolo dei quattrini pubblici, dove la trasparenza non dovrebbe essere un optional.
In prima fila si trovano i Caf, i centri di assistenza fiscale che aiutano i cittadini per la dichiarazione dei redditi (e intanto fanno proselitismo): in teoria sono cosa a parte rispetto ai sindacati, ma il legame è strettissimo.
La legge di Stabilità 2011 ha tagliato i loro compensi. Così piangono miseria, tanto più oggi con l’arrivo della dichiarazione precompilata, che toglierà loro clienti.
Ma che presidino un business ricchissimo lo dimostra un fatto: per scardinare il loro monopolio è dovuta intervenire, il 30 marzo del 2006, la Corte di Giustizia Europea, che ha imposto al governo italiano di consentire la presentazione dei modelli 730 anche a commercialisti, esperti contabili e consulenti del lavoro.
All’Agenzia delle Entrate dicono che su 19 milioni, 41 mila e 546 dichiarazioni 2014 quelle passate dai Caf sono più di 17,6 milioni (il 92,6 per cento).
Siccome i centri di assistenza incassano dallo Stato 14 euro per ogni dichiarazione (e 26 per i 730 presentati in forma congiunta dai coniugi) e il 45 per cento del settore è appannaggio dei sindacati è facile calcolare il loro giro d’affari: se anche le dichiarazioni che compilano e presentano fossero tutte singole (e così non è) si arriverebbe a più di 111 milioni.
In questo caso, i dati ufficiali del ministero dell’Economia non si discostano troppo dalle stime: dicono che nel 2014 il Caf della Cgil ha incassato 42,3 milioni di euro (oltre ai contributi volontari della clientela), quello della Cisl 38,6 milioni e quello della Uil 15,5 milioni.
Ai quali vanno sommati i 20,5 milioni che l’Inps ha versato nell’ultimo anno ai Caf confederali per i modelli 730 dei pensionati.
E gli ulteriori 33,9 milioni sborsati sempre dall’istituto presieduto dal professor Tito Boeri a favore dei Caf confederali per la gestione di servizi in convenzione (dalle pratiche relative agli assegni di invalidità civile a quelle dell’Isee, l’indicatore per l’accesso alle diverse prestazioni assistenziali).
SOLO DALL’INPS 423 MILIONI
Poi ci sono i patronati, che forniscono gratuitamente servizi di assistenza a lavoratori e pensionati per prestazioni di sicurezza sociale e vengono poi rimborsati dagli istituti di previdenza.
Secondo la “Nota sul finanziamento diretto e indiretto del sindacato”, messa a punto da Giuliano Amato su incarico dell’allora premier Mario Monti, solo nel 2012 l’Inps ha versato loro 423,2 milioni di euro (quattrini esentasse, per giunta, in base a una logica imperscrutabile).
Secondo quanto risulta a “l’Espresso”, a fare la parte del leone sono stati Inca-Cgil (85,3 milioni di euro), Inas-Cisl (65,5 milioni) e Ital-Uil (31,2 milioni).
«Sembra evidente che il funzionamento dei patronati non comporti un finanziamento pubblico, sia pur indiretto, delle associazioni o organizzazioni promotrici (i sindacati, ndr)», ha scritto Amato nella sua relazione.
Poi però lo stesso Dottor Sottile si è sentito in dovere di aggiungere una postilla: «C’è per la verità un’unica disposizione (non legislativa, ma statutaria) che può essere letta in questa chiave e cioè quella secondo cui, nel caso di scioglimento dell’ente (il patronato, ndr), è prevista la devoluzione dell’intero patrimonio di quest’ultimo in favore dell’organizzazione promotrice. Al di la di ciò…».
Ma come sarebbe a dire “al di la di ciò”?
Stefano Livadiotti
(da “L’Espresso”)
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Settembre 23rd, 2015 Riccardo Fucile
LA BRUTTA FIGURA DELLA LEGA IN REGIONE LOMBARDIA: COSTRETTA A MODIFICARE GLI EMENDAMENTI TANTO SBANDIERATI CHE VOLEVANO REGOLARE L’ACCESSO ALLA FORMAZIONE
In Lombardia, la Lega costretta al dietrofront sui corsi obbligatori per stranieri in cerca di lavoro che non dimostrano di conoscere l’italiano e sul tetto degli alunni stranieri nelle classi.
I due emendamenti presentato dal Carroccio alla nuova legge lombarda sulla scuola sono stati profondamenti modificati.
Quello sui corsi d’italiano su proposta dell’assessore regionale alla Scuola e Formazione Valentina Aprea di Forza Italia prevede che il test d’italiano avrà solo valore valutativo e non selettivo.
Nel testo della legge la parola corso è stata cancellata e sostituita dalla frase “la Regione assicurerà interventi per facilitarne l’apprendimento”, per gli stranieri che non superassero il test d’italiano e volessero iscriversi ai corsi di formazione per trovare un lavoro.
L’emendamento che chiedeva, invece, alla giunta regionale di sollecitare il governo ad aumentare i controlli sul rispetto del tetto degli alunni stranieri nella classi è stato trasformato in un ordine del giorno che si limita a impegnare la giunta a “dare corso d’intesa con il governo e con gli enti locali a politiche di integrazione che permettano di dare puntuale attuazione alla normativa nazionale che prevede che la ripartizione degli alunni venga effettuata evitando la costituzione di classi in cui risulti predominante la presenza di alunni stranieri”.
Con le modifiche introdotte anche su richiesta dell’opposizione di centrosinistra alla fine il primo emendamento è stato votato all’unanimità dal Consiglio regionale della Lombardia. Mentre l’ordine del giorno con il solo no del Movimento Cinque stelle.
Una vera dèbacle per la Lega che voleva fare della scuola una seconda crociata contro gli stranieri dopo le novità introdotte la scorsa settimana dalla nuova legge sul turismo.
Che, seppur modificata dopo un fiume di polemiche, non prevede più multe o sospensioni della licenza per gli albergatori che ospitano migranti, ma solo penalizzazioni.
“Quello della Lega è più di un passo indietro, è un boomerang – ha commentato con soddisfazione il Pd Enrico Brambilla – Anzichè una barriera all’ingresso abbiamo messo un aiuto concreto per chi ha desiderio di lavorare e integrarsi”.
Dello stesso avviso il grillino Gianmarco Corbetta: “Un emendamento discriminatorio della Lega si è trasformato dopo la riscrittura imposta dall’assessorato in una misura che aiuta l’integrazione con un amento degli investimenti per la Regione”.
(da “La Repubblica”)
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Settembre 23rd, 2015 Riccardo Fucile
A BERLINO ORA TEMONO PER GLI EFFETTI SULL’ECONOMIA
Nel giorno in cui Volkswagen subisce un altro tracollo in borsa facendo registrare un catastrofico -22% – bruciando, insieme a lunedì, 24 miliardi -, lo scandalo si allarga facendo tremare i palazzi del potere tedesco.
La questione delle emissioni diesel mette infatti nei guai anche Angela Merkel e il suo governo. Con il rischio concreto di colpire il made in Germany.
L’edizione online del Die Welt riporta che “il governo tedesco sapeva delle truffe sull’antismog”.
Nel sito web della testata tedesca si legge inoltre che “la tecnica della manipolazione dei motori è nota da tempo a Berlino e Bruxelles. Lo dimostra un documento del ministero dei Trasporti”. Il giornale cita inoltre una risposta a un’interrogazione dei Verdi in materia, che risale al 28 luglio scorso.
Una brutta grana per la Cancelliera tedesca che giovedì volerà a New York per partecipare all’Assemblea delle Nazioni Unite a New York, dove si parlerà di clima e di riduzione delle emissioni.
Solo cinque giorni fa, al salone dell’auto di Francoforte, a poche ore dallo scandalo dei software capaci di “truccare” i valori delle emissioni Volskwagen, la Merkel si era fatta ancora una volta paladina della salvaguardia ambientale: prima di essere fotografata insieme ai vertici Volskwagen aveva lodato infatti le compagnie automobilistiche tedesche per le loro tecnologie a basso impatto capaci di offrire “un importante contributo per gli obiettivi climatici”.
Per ora la Cancelliera è intervenuta sul caso auspicando un rapido chiarimento dei fatti: in questa “situazione difficile”,ha detto, serve “piena trasparenza”.
La Merkel ha aggiunto: “Spero che i fatti siano messi sul tavolo il più velocemente possibile”.
Un altro grosso problema che potrebbe innescare il “diesel-gate” è quello di macchiare l’ottima reputazione del made in Germany. Un articolo pubblicato su HuffPost Germania sottolinea proprio questo punto.
Il Deutsches Institut fur Wirtschaftsforschung (l’istituto nazionale per la ricerca sull’economia, ndt) ha messo in guardia dal danno permanente che potrebbe ricevere il marchio, finora garanzia di qualità , “made in Germany”.
Il presidente Marcel Fratzscher ha affermato alla Bild-Zeitung che oltre al caso specifico “anche altri esportatori tedeschi potrebbero rimanere danneggiati dallo scandalo, visto che finora VW era considerata un valido esempio della qualità dei prodotti “made in Germany”. Bisognerebbe ora occuparsi di “limitare i danni per VW e per gli esportatori tedeschi in generale”.
Anche il ministro dell’economia Sigmar Gabriel aveva espresso dubbi simili nella giornata di lunedì.
Anche diversi politici tedeschi hanno usato toni molto forti – il che in Germania è piuttosto insolito – arrivando a immaginare una “catastrofe per l’intera industria dell’auto”, come nel caso del parlamentare della Csu Max Straubinger. Volkswagen è il simbolo della economia tedesca, e un crollo di questa azienda potrebbe, negli scenari peggiori evocati – lo ha fatto il notista politico di NTV Heiner Bremer – avere effetti addirittura sulla crescita della locomotiva.
(da “Huffingtonpost“)
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Settembre 23rd, 2015 Riccardo Fucile
LA LUNGA STRADA VERSO UNA VITA DIGNITOSA DOVE CONTINO I SENTIMENTI
Sono stretti l’uno all’altra in un tenero bacio, protetti da una piccola tenda da campeggio che nella stazione ungherese di Keleti, Budapest, è diventata temporaneamente la loro casa.
Un scena estremamente intima che, complice l’obbiettivo del fotografo Zsiros Istavan, ha fatto il giro del mondo grazie ai social network.
Tra i primi a rilanciare su Facebook lo scatto in bianco e nero, con protagonista una coppia di rifugiati siriani, il sindacalista greco Yannis Androulidakis, che ha associato all’immagine un augurio: ”I profughi vinceranno. La vita vincerà !”.
Il bacio in tenda è diventato immediatamente virale, simbolo dell’amore che in qualche modo trionfa, anche nelle condizioni più avverse.
E’ quello che accomuna questa coppia a tante altre ritratte, nelle ultime settimane, sulle spiagge delle isole greche, al termine di un difficile viaggio per mare. Oppure su un treno diretto in Germania.
O ancora in una città tedesca, poche ore dopo l’apertura delle frontiere.
Mariti e mogli che si aggrappano ai sentimenti e si fanno forza a vicenda, sulla lunga e difficile strada che porta a una vita migliore.
(da “La Repubblica”)
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