Settembre 2nd, 2015 Riccardo Fucile
COME SI AVVICINA AL GOVERNO DEL PAESE, ECCO LA MOSSA DEL LEADER PER RIPORTARLO GIU’: ORA GLORIFICA PURE ORBAN E SPARA BALLE SULLA GERMANIA
“La Merkel ha mentito e illuso migliaia di profughi e gettato l’Ungheria nel caos”. Beppe Grillo con un post sul suo blog “Merkel, apri le porte o chiudi la bocca”, ricorda che i profughi siriani che “si sono messi in viaggio per la Germania osannando Mamma Merkel, ieri hanno invaso la stazione di Budapest per prendere il treno verso la Germania creando il caos perchè lì hanno scoperto che quelle della Cancelliera erano solo parole buone per i titoli dei giornali e che non possono andare in Germania”.
Nel giorno in cui un sondaggio Piepoli prevede che il M5S possa superare l’alleanza Pd-Ncd, ci voleva qualcuno che riportasse i Cinquestelle sotto.
Non è la prima volta e non sarà l’ultima: le sortite di Grillo spesso hanno penalizzato l’ascesa del Movimento nel momento in cui, nella versione moderata dei suoi giovani parlamentari, acquista consensi tra i delusi da Renzi.
Non a caso un’uscita come quella di Grillo oggi va contro quella fascia di elettorato che potrebbe tradire il premier e rivolgersi al forno dei Cinquestelle.
Un’imprudenza per taluni, una scelta precisa a parer nostro: il giocattolo rischia di sfuggirgli di mano, in caso di vittoria, mentre il compito assegnatogli è quello di tenere congelato il dissenso che sale nel Paese.
Nello specifico poi Grillo oggi le ha sparate grosse: la Germania accoglierà entro fine anno 800.000 profughi, contro i 250.000 previsti e il comico genovese sta pure a polemizzare?
La Merkel ha avuto le palle (che lui non ha) di sfidare l’Europa: noi ci prendiamo i siriani, voi altri 27 riuscite almeno a dividervi gli altri profughi o sapete fare solo chiacchiere e lasciare Italia e Grecia nella bratta?
Non esiste alcun blocco della Germania verso l’arrivo dei siriani, quello lo sta facendo Orban, il neo amichetto di Grillo: basterebbe che facesse partire i siriani invece che lanciare lacrimogeni a Budapest e la stazione sarebbe tornata da tempo alla normalità .
Ovvio che la Germania vuole solo i siriani, perchè dovrebbe farsi carico di tutto il genere umano, quando c’è un’Europa ricca di altri 27 Stati?
Tranquillo Grillo, la Germania sta mantenendo le promesse, vista l’accoglienza che sta dando ogni giorni a centinaia di siriani che arrivano a Monaco.
Ma accostare il Movimento prima a Farage e ora a Orban vuol dire buttare a mare il lavoro dei Di Maio e Company e ributtarsi nel becerismo che non paga, proprio quando stai acquisendo voti in ambienti moderati.
Se poi quello di non governare mai, come pensiamo noi, è il tuo scopo prefissato, sarebbe ora che qualcuno avesse il coraggio di pensionarti a Sant’Ilario.
argomento: Grillo | Commenta »
Settembre 2nd, 2015 Riccardo Fucile
LA PRIORITA’ SAREBBE TAGLIARE LE TASSE SUL LAVORO E SULLE IMPRESE
Il de profundis delle tasse sulla prima casa sarà celebrato dal governo Renzi il prossimo 16 dicembre, con la scadenza della seconda rata della Tasi, l’imposta più odiata dagli italiani: verrà abolita dal 2016, insieme all’Imu sull’abitazione principale (per le case di lusso), quella agricola e sui macchinari ‘imbullonati’ al suolo.
La Tassa sui servizi indivisibili dei Comuni porta nelle casse dello Stato 3,5 miliardi di euro, lo 0,21% del Pil, ma che di fatto per le fasce più deboli della popolazione, pari al 31% dei contribuenti, era già stata cancellata.
I numeri dell’Agenzia dell’Entrate lasciano poco spazio all’immaginazione: al netto degli esentati, il 30% più “povero” paga il 10,9% della Tasi (381 milioni di euro); il 30% più ricco versa il 54,9% (1,92 miliardi).
Insomma se il bonus di 80 euro è stato senza dubbio di sostegno alle fasce medie, il taglio delle imposte sulla prima casa assomiglia piuttosto a un favore nei confronti dei contribuenti più facoltosi.
Soprattutto dopo il naufragio della riforma del Catasto che – con la rimodulazione della rendite – avrebbe dovuto garantire un Fisco più equo.
D’altra parte basta ricordare che l’abolizione delle tasse sulla casa era uno dei cavalli dei battaglia del Pdl durante la campagna elettorale del 2013.
E in molti avevano criticato la scelta del Pd – allora guidato da Pierluigi Bersani – di seguire il centrodestra sul suo stesso territorio.
Addirittura, nel dicembre 2013, con il cambio di segreteria, il Partito democratico prendeva posizione sul tema con il responsabile economico, Filippo Taddei che diceva: “Il Pd non può passare più tempo a parlare dell’Imu che del Fisco. L’importo medio dell’imposta sulla casa era di 250 euro l’anno, parliamo di 20 euro al mese, senza dimenticare che le fasce più deboli erano già esentate”.
Nel frattempo, la situazione è cambiata ancora e la Uil ha calcolato che la l’importo medio della Tasi è sceso a 180 euro l’anno (15 euro al mese).
La Cgia fa conteggi simili: la media dei risparmi sarà di 204 euro a famiglia, ma i più ricchi arriveranno a risparmiarne oltre 2000.
Certo in un periodo di crisi anche un piccolo aiuto può alleviare le difficoltà degli italiani, ma è più facile immaginare che a Natale siano soprattutto i più ricchi a stappare lo champagne offerto dallo Stato con il taglio delle imposte sulla casa.
Gli effetti della promessa del governo non sono certo passati inosservati a Bruxelles dove il mese prossimo inizierà l’esame della manovra finanziaria italiana.
Ufficialmente non è arrivato alcun commento, ma è chiaro l’Unione europea non ha intenzione di appoggiare il taglio di Tasi e Imu, perchè ritiene più urgente agire sull’Irpef e sulle tasse sul lavoro.
Un punto di vista condiviso anche dalla Corte dei Conti e da Bankitalia che continuano a inviare segnali d’allarme al governo.
L’analisi sulla cattiva distribuzione del peso fiscale italiano è nota, ma le parole usate dai magistrati contabili nel Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 2015 sono cristalline: “Il confronto con l’Europa segnala una distribuzione dell’onere fiscale che penalizza i fattori produttivi rispetto alla tassazione dei consumi e del patrimonio”. Proprio quello che dice Bruxelles, che chiede a Roma meno tasse sul lavoro e di più su Iva e casa.
Il raffronto dell’Italia con il resto della Ue parla chiaro: siamo al primo posto nel prelievo (implicit tax rate) sui redditi da lavoro, sette punti oltre la media, al secondo in quello sui redditi d’impresa (tre volte il livello dell’Irlanda e 10 punti oltre la media), mentre siamo ventiduesimi sui consumi (2,1 punti sotto l’Unione).
Nella tassazione sugli immobili, invece siamo quarti, con un gettito pari all’1,6% del Pil: poco sopra la media Ue, ma la nostra posizione è diventata tale solo dopo il significativo aumento (+0,9 punti) ottenuto con l’introduzione dell’Imu, quindi dal 2011 in poi.
La diagnosi della Corte dei Conti, che richiama tutti i massimi organismi economici internazionali, fa da eco alla Ue: “Si tratta di evidenze che contrastano con le indicazioni delle istituzioni interne (Banca d’Italia) e degli organismi internazionali (Ocse, Eurostat, Fmi): tutti d’accordo nel disegnare la graduatoria delle imposte che più ostacolano la crescita economica (1° quelle sui redditi d’impresa, 2° quelle sui redditi da lavoro, 3° le imposte sui consumi, 4° le imposte patrimoniali) e nel suggerire uno spostamento dell’onere tributario dai fattori produttivi verso i consumi e il patrimonio”.
Una classifica ben presente al ministro Pier Carlo Padoan, che ne aveva fatto il suo manifesto fin dai tempi dell’Ocse.
Esattamente le parole delle raccomandazioni Ue richiamate in queste ore, mentre il programma di choc fiscale triennale del governo rimanda nel tempo (al 2017 e 2018) l’importante partita del taglio delle imposte sui redditi d’impresa (la promessa è di scendere sotto la Spagna) e della revisione dell’Irpef.
D’altra parte proprio il governatore Ignazio Visco, con i suoi toni pacati, a colloquio con il Foglio nel luglio scorso rigettava l’appena annunciato taglio delle imposte sulla casa.
“In generale la casa è un asset che, a livello internazionale, viene normalmente tassato. Perchè è un cespite che non si sposta, e perchè la casa solitamente sfrutta servizi pubblici basilari che devono essere finanziati”.
Per il Governatore più che un taglio servirebbe una “semplificazione” per i contribuenti. Un’urgenza già espressa nell’audizione del suo vice direttore generale in occasione della prima stesura del Def, quando benedì l’avvento della Local Tax come unione di Imu e Tasi, pur non conoscendo ancora le caratteristiche specifiche del nuovo tributo: “Sebbene una semplificazione e razionalizzazione della materia sia auspicabile, è essenziale che si giunga finalmente a un assetto permanente, dati gli alti costi dell’instabilità normativa per i cittadini e per le stesse amministrazioni”.
Giuliano Balestreri e Raffaele Ricciardi
(da “La Repubblica”)
argomento: casa | Commenta »
Settembre 2nd, 2015 Riccardo Fucile
“UN SUCCESSO: UN PROGETTO DA ESPORTARE IN ALTRI PAESI”
Un “Airbnb per rifugiati”. Così è stato descritto “Refugees Welcome”, il servizio tedesco con sede a Berlino che mette in comunicazione i rifugiati con i cittadini disposti ad ospitarli nelle loro case.
La società è stata travolta dalle offerte di supporto tanto che si sta pensando di diffondere il servizio anche in altri Paesi Europei.
“Refugees Welcome” ha aiutato a trovare un alloggio a molte persone in fuga dall’Afghanistan, dal Burkina Faso, dal Mali, dalla Nigeria, dal Pakistan, dalla Somalia e dalla Siria.
Oltre 780 tedeschi si sono iscritti al sito web per dare il proprio “benvenuto” ai profughi e più di 26 persone sono state collocate in case private finora.
Due dei fondatori del sito, Jonas Kakoschke, 31 anni e Mareike Geiling, 28, vivono con Bakari, 39enne rifugiato del Mali, aiutandolo quotidianamente ad imparare la lingua tedesca mentre è in attesa di un permesso di lavoro.
“Il successo del progetto ha portato alla volontà di istituire simili meccanismi anche in altri Paesi della Ue”, sostiene un portavoce dell’iniziativa, “tra cui la Grecia, il Portogallo e il Regno Unito, con un progetto analogo in Austria già in funzione dal mese di gennaio”.
Inoltre, durante il fine settimana, migliaia di islandesi offerto di ospitare i profughi siriani nelle loro case.
Tra coloro che hanno risposto al sito tedesco ci sono consulenti PR, carpentieri e molti studenti, una vasta fascia di età di ospiti che va da 21 a 65 anni.
La maggior parte sono persone che vivono in appartamenti condivisi, fanno sapere dal sito, ma le offerte provengono anche da coppie sposate e madri sole.
L’insegnante Johann Schmidt, ad esempio, condivide il suo appartamento a Costanza con un profugo iracheno, con il quale è stato messo in comunicazione dopo la registrazione al sito, nel novembre 2014.
“Azad mi racconta di quando viveva nel suo paese d’origine e ed è in grado di spiegarmi il contesto globale della situazione attuale in termini semplici”, ha detto Schmidt. “Ho imparato un bel po ‘da lui e mi piace molto ascoltare le sue storie”.
Non solo. Accogliere un rifugiato non deve significare perdere l’affitto di una stanza. In un terzo dei casi, i costi sono coperti o dal centro di lavoro o dai pagamenti per il social welfare, e un quarto degli affitti sono pagati tramite micro-donazioni al sito. “Siamo sorpresi dalla prontezza che ha la gente nell’aiutare chi ne ha bisogno” dicono dalla società .
“Stiamo ricevendo richieste da diversi paesi in Europa, come la Grecia, il Portogallo e la Scozia, ma anche da Australia e Stati Uniti. Ovunque le persone sono desiderose di realizzare questa idea nei loro paesi per essere in grado di offrire una casa ai rifugiati”.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: emergenza | Commenta »
Settembre 2nd, 2015 Riccardo Fucile
INDIGNAZIONE NEL MONDO PER IL METODO USATO DALLA REPUBBLICA CECA… E QUESTO SAREBBE L’OCCIDENTE CIVILE
Il marchio di Breclav. Sulle mani, sulle braccia: identificati come “profughi” grazie a un tatuaggio temporaneo.
In Repubblica Ceca la polizia ha sfoderato i pennarelli blu per marchiare circa duecento fra siriani e afghani diretti in Austria (Breclav è al confine) e poi Germania.
Sulla pelle è “tatuato” il numero del treno e la provenienza.
I migranti sono stati poi divisi per famiglie e grazie all’aiuto dei pochi interpreti gli agenti hanno provato a comunicare con loro. Le foto, diffuse dalle agenzie ceche, ritraggono i poliziotti mentre scrivono sui corpi di donne e bambini, oltre 60 i piccoli.
La cifra identifica i treni e i vagoni in arrivo. Ogni migrante ha il suo marchio.
La notizia è stata riportata su diversi siti cechi e in inglese su Britske listy ed è confermata da Vaclav Janous del quotidiano Mlada fronta Dnes (Mfd) e sul web è subito scattata un’indignazione di massa per il confronto con quelli che furono i metodi nazisti.
Le stesse cifre marchiate vengono poi scritte sul biglietto del treno che la polizia sequestra.
Con i numeri sono segnati non solo gli adulti ma anche i bambini, un terzo dell’intero gruppo dei rifugiati fermati.
Il Mfd ha riportato ad esempio la foto di una bambina di 5 anni addormentata sulla spalla della madre durante il controllo. Sull’avambraccio porta la scritta C5.
All’indomani dell’operazione, avvenuta la notte di lunedì, il primo ministro ceco Bohuslav Sobotka si è complimentato con la polizia e con l’operato degli agenti che hanno preso parte all’operazione.
Alcuni degli stessi profughi marchiati avrebbero poi passato la notte all’interno di strutture carcerarie vicino a Breclav.
“Sono stati “marchiati come fossero bestiame al macello — ha detto il presidente delle Comunità ebraiche italiane, Renzo Gattegna — richiamando inevitabilmente il periodo più oscuro della storia contemporanea
argomento: denuncia | Commenta »
Settembre 2nd, 2015 Riccardo Fucile
MORTI 11 MIGRANTI CHE CERCAVANO DI RAGGIUNGERE KOS, ANCHE TRE BAMBINI TRA LE VITTIME
Ci sono alcuni immagini che raccontano la tragedia dei migranti meglio di tante parole.
Mentre il dibattito a livello europeo procede con i suoi lenti ritmi, il flusso di persone che lascia i Paesi in difficoltà e in particolare la Siria, non si arresta.
E non si ferma la conta dei morti tra chi cerca di arrivare nell’Unione Europea con ogni mezzo.
La foto del bimbo che giace senza vita sulla spiaggia di Bodrum in Turchia racconta questo dramma inarrestabile al quale i leader europei hanno risposto fino ad oggi con parole che suonano vuote di senso.
Undici profughi siriani, tra cui tre bambini, sono morti e cinque risultano disperse in seguito a due distinti naufragi avvenuti nel mar Egeo, al largo delle coste turche. Secondo quanto riferito dall’agenzia di stampa Dogan, un’imbarcazione con a bordo 16 migranti e diretta verso l’isola greca di Istankoy è affondata al largo di Bodrum: i soccorritori sono riusciti a salvare quattro persone, cinque risultano disperse, mentre sono stati recuperati sette corpi.
In un secondo naufragio, avvenuto nella stessa zona, sono morti una donna e tre bambini, mentre altre due persone sono state salvate dalla Guardia costiera turca.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Razzismo | Commenta »
Settembre 2nd, 2015 Riccardo Fucile
“STOP IMMIGRATI MUSULMANI”…E L’UFFICIO ANTIDISCRIMINAZIONE GIUSTAMENTE LA RICHIAMA… LEI NON CONTENTA GRIDA ALLA CENSURA E SI CHIEDE QUANTO COSTA QUESTO UFFICIO: MA COME, SE L’AVEVA VOLUTO LA PRESTIGIACOMO, PRIMA DELLA DERIVA XENOFOBA DEL CENTRODESTRA
“Esaminando con attenzione il contenuto delle affermazioni attribuite a lei, quest’ufficio ritiene che una comunicazione basata su generalizzazioni e stereotipi non favorisca un sollecito ed adeguato processo di integrazione e coesione sociale”.
E’ un passaggio della lettera con cui l’Ufficio nazionale antidiscriminazione razziale di Palazzo Chigi ha “ammonito” garbatamente la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni per un’intervista pubblicata sul giornale online stranieriinitalia.it.
In quel pezzo la Meloni sosteneva che si doveva evitare “di importare in Italia un problema che oggi non abbiamo: basta immigrazione e soprattutto basta immigrazione da paesi musulmani. La (piccola) quota di immigrati che reputiamo necessaria prendiamola da quei popoli che hanno dimostrato di non essere violenti”.
Una generalizzazione che non è piaciuta all’Unar, organismo della presidenza del Consiglio, che ha spedito una nota all’ex ministro firmata da Marco De Giorgi (dirigente del dipartimento Pari opportunità ) invitandola a “voler considerare, per il futuro, l’opportunità di trasmettere alla collettività messaggi di diverso tenore” rispetto al tema dell’immigrazione, in particolar modo dai Paesi musulmani.
In linea peraltro con la nostra Costituzione che vieta discriminazioni su base religiosa.
Non l’avesse mai fatto: la Meloni reagisce in modo inconsulto e parla di “bavaglio di Stato” e di “censura di Stato“: “apprendo solo ora che l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali — regolarmente finanziato dallo Stato con le tasse degli italiani — ha il ruolo di censurare le dichiarazioni rese dalle persone e dai membri del Parlamento italiano. Ne sono sconvolta”.
“Esiste” dunque “nella nostra Repubblica un ufficio ‘valutazione e censura’ delle opinioni. Esiste un sig. De Giorgi, burocrate pubblico, al quale è stato dato il potere (e il compito) di decidere cosa si possa e non si possa dire. ”
“Non voglio neanche sapere, presidente, quanto guadagnano questi illuminati servitori dello Stato, perchè gli italiani hanno già molte ragioni per essere arrabbiati con la politica e i suoi carrozzoni.”
La Meloni riceve la solidarietà del collega di partito Federico Mollicone che invita “il direttore De Giorgi” a pubblicare “il proprio compenso annuale per far sapere agli italiani quanto ci costa il suo (in)utile lavoro.”
Il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri promette che “chiederemo conto dell’attività dell’Unar, una struttura che danneggia l’Italia e che va soppressa senza esitazione. Licenziando su due piedi questa gente che calpesta la verità e la libertà ”.
Ma manca un piccolo dettaglio che sprofonda tutti nel ridicolo: l’ufficio è stato istituito nel 2004 dal governo Berlusconi, per volontà — in particolare — dell’allora ministro per le Pari opportunità Stefania Prestigiacomo.
Nessuno meglio di loro possono sapere quanto guadagna il dirigente dell’ufficio, visto che lo hanno istituito loro.
Ma erano tempi in cui il centrodestra non era ancora finito nella deriva xenofoba che, tra i tanti danni, pare abbia pure determinato improvvise amnesie ai suoi capibastoni .
argomento: Fratelli d'Italia | Commenta »
Settembre 2nd, 2015 Riccardo Fucile
LA LEGGE IMPONE DI PAGARE TRA 80 E 200 EURO, UN COSTO SPROPORZIONATO PER LA FINALITA’ PERSEGUITA DALLA NORMA UE
La Corte di giustizia Ue boccia la legge italiana che impone a cittadini extracomunitari richiedenti il rilascio o il rinnovo di un permesso di soggiorno, di pagare un contributo tra 80 e 200 euro.
Secondo i giudici il costo è “sproporzionato rispetto alla finalità perseguita dalla normativa Ue, e può creare ostacoli all’esercizio dei diritti”.
Il caso nasce da un ricorso della Cgil e dell’Inca (patronato della Cgil) al Tar del Lazio contro le normative applicate in Italia.
Cgil e Inca, infatti, hanno chiesto al Tribunale amministrativo regionale l’annullamento del decreto sul contributo per il rilascio e rinnovo del permesso di soggiorno per cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo, facendo valere la natura sproporzionata del contributo.
Il costo per il rilascio della carta d’identità in Italia ammonta a circa 10 euro.
Poichè per il permesso di soggiorno l’importo più basso fissato è di 80 euro, l’onere economico imposto al cittadino dello Stato terzo per ottenere il rilascio del titolo è circa otto volte più alto.
Il Tar del Lazio ha ritenuto che fosse necessario esaminare la compatibilità delle norme italiane con le disposizioni del diritto dell’Unione.
La Corte di giustizia Ue, oltre a dichiarare che la legge Ue sullo status dei cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo “non ammette la normativa italiana” poichè “richiede un contributo sproporzionato”, ricorda che “l’obiettivo principale della direttiva è l’integrazione”.
Inoltre, sebbene gli Stati membri abbiano un “margine discrezionale” per fissare l’importo dei contributi, “tale potere discrezionale non è illimitato”.
D’altra parte, si aggiunge, l’incidenza economica del contributo italiano può essere considerevole, dato che il rinnovo dei permessi deve essere pagato di frequente.
La Corte di giustizia Ue si riferisce alla sentenza del 2012 su una causa fra Commissione e Olanda secondo cui lo Stato membro rispetta i princìpi espressi nella direttiva sullo status dei cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo “solo se gli importi dei contributi richiesti non si attestano su cifre macroscopicamente elevate e quindi sproporzionate rispetto all’importo dovuto dai cittadini di quel medesimo stato per ottenere un titolo analogo. Ad esempio – appunto – la carta nazionale d’identità “. L’Olanda prevedeva un importo pari a circa sette volte l’importo richiesto per la carta d’identità .
Nella sua sentenza di oggi, la Corte di giustizia ricorda innanzitutto che l’obiettivo principale della direttiva è l’integrazione dei cittadini di Paesi terzi stabilitisi a titolo duraturo negli Stati membri.
I giudici europei riconoscono che gli Stati membri possono subordinare il rilascio al pagamento di contributi e che, nel fissarne l’importo, dispongono di un margine discrezionale.
Tuttavia, “tale potere discrezionale non è illimitato, non può compromettere la realizzazione degli obiettivi perseguiti dalla direttiva e deve rispettare il principio di proporzionalità ; i contributi non devono creare un ostacolo al conseguimento dello status di soggiornante di lungo periodo”.
La Corte sottolinea, inoltre, che “la metà del gettito prodotto dalla riscossione del contributo è destinata a finanziare le spese connesse al rimpatrio dei cittadini dei Paesi terzi in posizione irregolare”.
Di conseguenza respinge l’argomento del governo italiano secondo cui il contributo è connesso all’attività istruttoria necessaria alla verifica del possesso dei requisiti previsti per l’acquisizione del titolo di soggiorno.
(da “La Repubblica”)
argomento: Giustizia | Commenta »
Settembre 2nd, 2015 Riccardo Fucile
“SE IL SENATO MANTIENE FUNZIONI LEGISLATIVE, DEVE PER FORZA ESSERE ELETTIVO”
Il costituzionalista Alessandro Pace non ha dubbi: «La riforma del Senato non può restare com’è adesso»
Cosa bisogna fare? Lasciare la versione della Camera o riaprire la possibilità di cambiare l’articolo 2?
«Bisogna riaprire senza alcun dubbio la partita degli emendamenti, per una duplice ragione. Primo, perchè c’è già un parere della giunta del regolamento della Camera del 1993 presieduta da Napolitano, che decise l’ammissibilità di un emendamento soppressivo di quanto votato in precedenza dalle due Camere trattandosi di una modifica dell’articolo 68 della Costituzione»
E lei trova delle similitudini tra il caso attuale e quello del ’93?
«Certamente sì. Perchè, in entrambi i casi, si tratta di revisioni costituzionali. In occasione dell’emendamento del ’93 si sottolineò che la norma regolamentare sugli emendamenti delle leggi ordinarie non potesse applicarsi a quelle costituzionali. Nel caso attuale è ammissibile un emendamento totalmente modificativo di quello che ha approvato la Camera»
Ne fa solo una questione di regolamenti oppure di sostanza?
«Di sostanza, e anche di più. Così come l’articolo 2 del ddl Renzi-Boschi è stato formulato andrebbe senz’altro incontro alla declaratoria di incostituzionalità , in quanta la Consulta, già nella sentenza 1.146 dell’88, ha affermato che anche le leggi costituzionali non possono violare i principi costituzionali supremi, tra i quali, in questo caso, la sovranità popolare».
Mi faccia capire bene: se la riforma dovesse passare così com’è adesso potrebbe essere stoppata dalla Consulta? E perchè?
«Se al Senato si dovesse confermare la funzione legislativa, ma non gli si riconoscesse l’elettività , ciò urterebbe contro l’articolo 1 dell’attuale Costituzione che, proclamando la sovranità popolare nelle forme e nei modi da essa previsti, indirettamente riconosce ai cittadini il diritto di eleggere i parlamentari ai quali sia demandato il compito di approvare le leggi, che i cittadini stessi dovranno rispettare. Ciò è stato confermato dalla Consulta nella sentenza del 2014 relativa al Porcellum»
Ma se al Senato si attribuisse la funzione legislativa, non gli si dovrebbe altresì far votare la fiducia al governo?
«No, per due ragioni. La prima è che la doverosa elettività del Senato discende, come già detto, dall’articolo 1 della Costituzione. Mentre la titolarità del rapporto fiduciario a un sola delle Camere è una libera scelta del legislatore costituzionale. Che però, in questo caso, ha un notevole fondamento politico-costituzionale, in quanto mentre la Camera ha la rappresentatività generale dei cittadini italiani, il Senato rappresenterebbe soltanto gli enti territoriali».
Liana Milella
(da “La Repubblica”)
argomento: denuncia | Commenta »
Settembre 2nd, 2015 Riccardo Fucile
UNA PARTE DEGLI ELETTORI CHE MAI AVREBBERO PENSATO DI VOTARE M5S ORA SONO PRONTI A FARLO… NON AMANO GRILLO, MA SONO DELUSI DA TUTTI GLI ALTRI
Una parte degli elettori che in passato mai e poi mai avrebbero pensato di votare Cinque Stelle ora sono pronti a farlo. Anche elettori «insospettabili», che magari detestano Beppe Grillo, ma sono talmente delusi da tutti gli altri, da essere pronti a fare un passo (per ora mentale), impensabile fino a poche settimane fa.
È un fenomeno recente, carsico, per ora avvistato, ma non ancora certificato dai migliori istituti di sondaggi.
Dice Roberto Weber, l’unico sondaggista che due anni fa capì in anticipo l’escalation del Movimento Cinque Stelle: «Sì, è così. È’ un fenomeno recente, che riguarda elettori prevalentemente della sinistra tradizionale, quelli che votavano Pci, Ds o Pd, che in parte potrebbero “colmare” una parte di elettori che sono invece tornati a propendere per l’astensione. Ora sarà interessante studiare a fondo le ragioni di questa novità ».
Anche il professor Gianfranco Pasquino, già allievo di Norberto Bobbio e di Giovanni Sartori, è dell’idea che qualcosa si stia muovendo: «In questa stagione la politica classica non è migliorata: può essere che Renzi non abbia responsabilità nella crisi di Roma, ma questa crisi c’è. Può darsi che l’Italia non abbia responsabilità nella difficoltà dell’Europa di affrontare i flussi migratori, ma questa Europa non ci rassicura sulle sue capacità di farcela. Questi e altri problemi persistenti, a cominciare da quelli economici, stanno creando in una parte di elettorato “normale” e attento alle vicende politiche una disponibilità a guardare verso il movimento Cinque Stelle».
Sostiene Flavia Perina, negli anni dell’Msi militante della destra sociale, oggi condirettore dell’agenzia Adn-Kronos: «Vero, anche a destra c’è un’attenzione nuova e diversa verso i Cinque Stelle. La sorpresa è che si tratta di persone che hanno una formazione politica, ma che davanti alla diaspora della destra organizzata e al salvinismo, stanchi di votare per gli stessi degli ultimi 20 anni, sono pronti a dare il proprio voto al Cinque Stelle. col quale condividono la pulsione anti-sistema».
La percezione, per ora epidermica di una crescente simpatia verso i grillini aveva trovato una prima segnalazione ai primi di agosto: in una sondaggio di «Scenari Politici», il Pd calava del 6,3% rispetto all’aprile scorso, mentre il Cinque Stelle cresceva del 4,9% nello stesso periodo, portandosi al 26,1%.
Quali le ragioni? L’emersione di una classe dirigente che non sfigura in tv? Restare alternativi al sistema ma senza le invettive della prima ora?
«Bisogna riconoscere – dice il professor Arturo Parisi, uno dei “padri” dell’Ulivo – che i Cinque Stelle hanno superato ampiamente la prova che li attendeva. Dopo il 25% alle Politiche i giornali scrivevano è “una bolla” che si sgonfierà e hanno tenuto; dopo hanno scritto: sta arrivando la frana e invece hanno tenuto. Senza fare chissà che. si sono dati un ceto politico riconosciuto e riconoscibile; il profilo di Grillo si è relativizzato e quanto a Renzi sta alimentando un mal di pancia diffuso: per il Pd potrebbe diventare problematico un ballottaggio con i Cinque Stelle». Ma davvero un elettorato tradizionalista di sinistra ora è disponibile al grande salto?
«Un Grillo leggermente più moderato, gli insulti lasciati a Salvini, i grillini in tv che sembrano parlamentari “normali” – sostiene Pasquino – sono fattori che consentono ad un elettorato “normale” di prendere in considerazione il voto per un movimento che rappresenta l’unica alternativa. Ora tocca a Grillo fare la mossa successiva: indicare un candidato credibile alla guida del governo».
Fabio Martini
(da “La Stampa”)
argomento: Grillo | Commenta »