LA FAMIGLIA DI TORINO CHE HA ACCOLTO DAMAN: “HA GIA’ LE CHIAVI DI CASA”
COSTANZO E GABRIELLA: “CUCINA PER NOI E LA SERA GUARDIAMO LA TV INSIEME. E ORA HA ANCHE UN LAVORO DA BARISTA”
Daman cucina per tutta la famiglia, quando non è a lavorare. E guarda la tv, seduto sul divano in cuoio scuro della sua nuova vita.
Se gli domandano «Cosa preferisci vedere Daman?» lui si copre il viso con una mano, e ride, cercando di nascondere l’imbarazzo.
Daman, ovvero Mohammed Daman, è nato 27 anni in Guinea.
È un profugo, uno che da quando ha lasciato genitori e dodici fratelli, quasi dieci anni fa, ha fatto di tutto.
È stato in Libia per cinque anni, in prigione per otto mesi in Israele, espulso dalla Germania.
E adesso se ne sta in una casa al quarto piano di un palazzo in centro a Torino. Ospite di una famiglia che ha detto sì al progetto di accoglienza di profughi, lanciato alcuni mesi fa dall’amministrazione comunale.
Era aprile quando Graziella De Pace Bellando una sera a cena ne ha parlato con marito e figli: «Che ne dite se prendiamo un ragazzo con noi?»
Il marito, Costanzo, che si occupa di progetti legati alla malnutrizione infantile in Africa e Lorenzo, 22 anni, il figlio minore, hanno detto subito sì.
Anche il più grande, che studia a Losanna, non ha avuto tentennamenti. «Erano giornate di ansia. Mi domandavo come sarebbe stato avere in casa un estraneo, cosa ci saremmo detti, come sarebbe stato. Poi hanno organizzato una cena per farci conoscere. E tutta la paura se n’è andata. Era una persona gentile, timida, ci siamo piaciuti».
All’ora di cena i Tg trasmettono le immagini di barconi, di gente che fugge e Daman toglie subito lo sguardo dalla tv: «Certe scene mi fanno stare male. In mezzo a loro ci sono stato pure io». E loro cambiano canale.
O ascoltano i suoi racconti: «Noi vorremmo sapere tutto di lui. Cosa ha fatto, cosa ha provato. Quando, la sera, non lavora e sta qui con noi parliamo per ore. Non è sempre facile, ma è la sua vita».
Tre mesi di convivenza e adesso nessuno riesce più a fare a meno dell’altro.
Hanno trascorso un week end insieme al mare, a Spotorno: «È stato bellissimo, ma a me il mare fa paura, specialmente la notte. Il rumore delle onde è un incubo».
E se lui ha paura Graziella e tutti gli altri gli stanno accanto. Se lui gioisce, è lo stesso. Quando, al bar dove lavora gli hanno detto che lo volevano assumere lui li ha chiamati in continuazione al cellulare.
Loro erano al cinema. «Abbiamo visto le chiamate due ore dopo. Pensavamo al peggio e lui, invece, voleva dirci che era contento per quella prima bella notizia dopo tanti anni. Per la prima volta lo abbiamo visto davvero felice» racconta Graziella. Quando gli avete dato le chiavi di casa? «Subito. Lui è arrivato di martedì. Al venerdì noi dovevamo andare via. Gliele abbiamo consegnate, dicendogli di far attenzione e non perderle».
A chi gli chiede se Daman è un figlio rispondono di no: «È una persona cara. I nostri amici che lo hanno conosciuto lo adorano».
Il futuro sono almeno sei mesi di convivenza prolungabili di altri sei. «Ma quando finirà , sarà durissima separarci. Nel frattempo gli spieghiamo che deve metter su casa, risparmiare qualcosa adesso che avrà un lavoro vero. Costruirsi un futuro».
Daman annuisce. E racconta di una ragazza che ha conosciuto, e per tenerlo con sè tutto il pomeriggio, a parlare, gli aveva preso lo zaino.
Papà Costanzo sorride: «Lui ha già capito tutti i nostri pregiudizi. Quel giorno avrebbe voluto strapparle il suo zaino di mano e tornare a casa. Non lo ha fatto perchè temeva che qualcuno, vedendolo, avrebbe chiamato la polizia immaginando uno scippo. Ha capito esattamente cosa pensiamo noi. Ecco lui ci aiuta ad uscire da certe convinzioni. Ci svela altre letture del mondo e delle cose».
Lodovico Poletto
(da “La Stampa”)
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