Settembre 24th, 2015 Riccardo Fucile
TRA GLI ASSUNTI IL FIGLIO DEL CAPOSEGRETERIA DI ALEMANNO E DI GASPARRI E LA FIGLIA DEL CAPOSCORTA DI ALEMANNO
“Abbiamo convocato un Cda d’urgenza, in cui chiederò di procedere al licenziamento di 41 amministrativi che, secondo una sentenza penale, hanno ottenuto un ingiusto vantaggio patrimoniale da una assunzione illegittima in Ama”.
L’annuncio è del presidente di Ama Daniele Fortini riguardo agli assunti durante ‘Parentopoli’. Non solo.
“Stiamo esaminando la posizione di altri lavoratori, 23 autisti, che sono ugualmente nel corpo della sentenza, rigorosa e inappuntabile, che erano stati giudicati inizialmente inidonei e che per il Tribunale invece dolosamente hanno avuto, attraverso una correzione dei punteggi, l’idoneità che ha permesso loro di essere assunti. Anche questi lavoratori saranno licenziati”, ha continuato senza mezzi termini Fortini.
I giudici della settima sezione del Tribunale nella motivazione della sentenza che il 27 maggio scorso ha condannato a 5 anni e 3 mesi di reclusione l’ex amministrazione delegato Franco Panzironi (ora in carcere perchè imputato nel processo ‘Mafia capitale’) spiegavano come le 41 assunzioni a chiamata diretta avvenute all’Ama tra il 2008 e il 2009 “furono frutto di decisioni arbitrarie e clientelari”.
Nella motivazione tra l’altro si sottolinea come “molti degli assunti fossero legati a rapporti di parentela o affinità con esponenti politici o a persone a questi ultime vicine ed erano espressione del volere, per nulla trasparente, dell’amministratore delegato”.
Parentopoli Ama.
Nella motivazione ancora si sottolinea come tra gli assunti all’Ama ci fu colui che diventò genero dello stesso amministratore delegato, il figlio del responsabile della segreteria degli onorevoli Gasparri e Alemanno, la figlia del capo scorta di quest’ultimo a almeno altre sei persone vicine agli ambienti della politica locale della capitale.
In un’altra parte della motivazione si legge che “nessuna garanzia veniva adottata dagli imputati Panzironi, Cedrone e Regard che vistavano le 41 assunzioni oltre che senza neppure una proposta motivata e senza allegazione di curricula in spregio a qualsiasi positiva verifica circa l’imparzialità nella trasparenza delle assunzioni, imposte invero da logiche clientelari e arbitrarie dell’amministratore delegato a cui si è fatta irragionevole acquiescenza”.
Il sindaco Ignazio Marino aveva parlato di “ennesimo abuso, ennesima Parentopoli che conferma quello che avevamo sempre detto. Ora Ama dovrà procedere, come è giusto che sia e come impone la legge nel caso di assunzioni disposte in modo fraudolento, ai necessari licenziamenti del personale cui è stato fatto stipulare un contratto di lavoro che il Tribunale ha qualificato nullo di diritto”.
“Atto legittimo”.
Per Fortini “non si tratta di un licenziamento discriminatorio ma del ristabilimento della verità , legalità e della giustizia come chiesto dal sindaco: non viene consumata nessuna vendetta politica. La tragedia di questi lavoratori che perderanno il posto è responsabilità di coloro che hanno imbrogliato commettendo un crimine per cui sono stati condannati”.
Eventuali cause risarcitorie da parte degli assunti durante ‘Parentopolì che saranno licenziati non preoccupano Fortini: “Io credo che l’atto che stiamo per assumere è un atto sicuro e legittimo e il giudice del lavoro non potrà che prendere atto della corretta condotta dell’azienda. Siamo certi di essere dentro il solco della legalità e quindi ci assumiamo la responsabilità che dobbiamo rispetto alla conduzione dell’azienda. E’ possibile che il giudice del lavoro valuti come dovrà nello stesso modo in cui abbiamo fatto noi, con coscienza e perizia e avvalendoci del contributo di accademici e di esperti giuslavoristi. Il Tribunale del lavoro valuterà nell’insieme e si determinerà nelle sue decisioni”.
“Noi non possiamo lasciare che venga ulteriormente proseguito un ingiusto vantaggio patrimoniale a persone che non ne hanno diritto – ha continuato il presidente di Ama – Il primo eventuale profilo di rischio per l’azienda è questo: essere inerte, ovvero non agire nel momento in cui il tribunale penale dice che si sta godendo ingiustamente di un vantaggio procurato da un reato, che peraltro è quello che ha condotto alla condanna di amministratori ed ex dirigenti dell’azienda e su cui noi già a giugno abbiamo agito: l’azienda, alla luce della sentenza, ha immediatamente aperto la procedura per il risarcimento del danno contro quegli amministratori e dirigenti e quindi ci sarà una causa anche in quella circostanza”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 24th, 2015 Riccardo Fucile
IN OTTO DA VERDINI CHE RILANCIA: “LA NUOVA FORZA ITALIA SONO IO”
Glieli sta portando via uno dopo l’altro. Con una domanda retorica che, raccontano, sta funzionando da perfetta calamita, esca infallibile: «Ma che ci fai ancora lì? Forza Italia ormai siamo noi».
Denis Verdini lavora da Verdini, nell’ombra e con profitto.
Da ieri sette deputati già a lui vicini ma ancora iscritti al gruppo Fi, lasciano e danno vita ad “Ale” anche a Montecitorio. E con loro un senatore, Giuseppe Ruvolo (il terzo in meno di una settimana in uscita).
Per Forza Italia è un’emorragia ormai senza fine.
Lascia il mini blocco meridionale composto dall’ex ministro siciliano Saverio Romano, dal collega calabrese Pino Galati e Ruvolo appunto.
I capigruppo forzisti Paolo Romani e Renato Brunetta parlano ormai senza mezzi termini di «compravendita », «sporta della spesa».
Silvio Berlusconi resta blindato ad Arcore e annulla l’attesa riunione di gruppo di oggi pomeriggio proprio coi senatori.
Doveva servire a serrare le file, antipasto della “discesa in campo” autunnale del Cavaliere, atteso anche sabato alla festa Atreju della Meloni e domenica dalla scuola di formazione politica della Gelmini.
Tutto saltato: l’assemblea di gruppo rischiava di trasformarsi in uno sfogatoio, alle due manifestazioni si farà vivo con la solita telefonata.
Nel partito il clima è spettrale. Sospetti reciproci di fuga, panico da abbandono del leader, la sensazione di essere già finiti sotto la cappa di Salvini
Dopo il Senato, dove a luglio è nato il gruppo, la saracinesca di Verdini si apre anche alla Camera.
Sarà una componente del misto (ne occorrono 20 per il gruppo).
Sono in sette a lasciare Forza Italia e passare col nuovo movimento ( Alleanza liberalpopolare- Autonomie) che per l’occasione sarà Ale-Maie, perchè si aggiungono i quattro deputati eletti all’estero dell’omonimo movimento.
E dunque: i forzisti Ignazio Abrignani, Luca D’Alessandro, Monica Faenzi, Giuseppe Galati, Giovanni Mottola, Massimo Parisi e appunto Saverio Romano, che coordinerà i parlamentari di Camera e Senato.
E poi i quattro del Movimento associativo italiani all’estero: Franco Bruno, Renato Bueno, Mario Borghese, Riccardo Merlo.
«Lasciateli pure andare questi traditori – minimizza da Arcore coi suoi Berlusconi – Dove pensano di andare senza di me? Io non li fermo di certo, non ho fermato neanche chi stava con me da vent’anni come Denis».
Il fatto è che Verdini non si ferma, obiettivo venti deputati e venti senatori, racconta chi tesse le trame. Nel mirino ora ci sono 9 senatori Fi assai in bilico.
Tutto sta terremotando. Gli ex An sono i più lesti nel guardare oltre.
Andrea Ronchi con la sua “Insieme per l’Italia” ha dato appuntamento oggi pomeriggio in un hotel di Roma a Matteo Salvini, Raffaele Fitto, Maurizio Gasparri e altri sotto lo slogan “Ricostruiamo il centrodestra”.
Bocceranno la corsa di Alfio Marchini a Roma, tanto per cominciare.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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Settembre 24th, 2015 Riccardo Fucile
“LE INDAGINI CONFERMANO PERICOLI PER LA SALUTE E AUTORIZZAZIONI ANOMALE”
Sostiene Gian Luca Galletti: “Se scopriremo che anche in Italia sono state vendute auto dotate di un software per ingannare i controlli sulle emissioni sarà inevitabile far scattare il blocco delle vendite, ma non abbiamo avuto nessun sentore che questa pratica sia diffusa anche nelle altre case automobilistiche, quindi per ora riteniamo superfluo chiedere informazioni”.
Il ministro dell’Ambiente deve essere un uomo distratto.
Come vedremo, in Italia la situazione è la stessa denunciata negli Usa: “Una gigantesca beffa ai danni dei cittadini e dell’ambiente”, nella chiusura di un dispositivo datato 30 giugno e inviato a Galletti dieci giorni dopo dalla Procura di Roma.
In sostanza: auto diesel vendute come ecologiche inquinano in realtà più delle altre grazie a decreti legislativi scritti apposta per favorire i costruttori, applicati in modo scorretto dal ministero dei Trasporti e nel totale disinteresse di quelli della Salute e dell’Ambiente. L’8 luglio, infatti, Galletti e i colleghi Graziano Delrio e Beatrice Lorenzin hanno ricevuto una lettera di Giuseppe Pignatone, capo della Procura di Roma.
Nella missiva — letta dal Fatto Quotidiano — il magistrato rivela ai tre ministri che le indagini dei pm di Roma “confermano” tutti i dubbi sui Filtri antiparticolato (Fap) montati sulle auto diesel per ridurre le emissioni: il Fap, scrive Pignatone, “oltre a immettere nell’aria altre sostanze nocive, determina la trasformazione del particolato in nanoparticolato, ossia polveri sottilissime non misurate dai dispositivi di monitoraggio in uso, ma ben più nocive per la salute umana”.
Risultato: i dati ufficiali sono falsati.
Non è come il caso Volkswagen?
Il regalo a Pirelli e Iveco, la complicità dei governi “La normativa di settore — scrive Pignatone — è stata scritta chiaramente per consentire l’omologa di sistemi tipo Fap” e ha penalizzato altri sistemi.
Non solo: “Il rilascio delle omologhe (autorizzazioni, ndr) dei Fap è avvenuto per anni, e si ha modo di ritenere che avvenga ancora, senza alcuna verifica del corretto funzionamento dei suddetti sistemi nel lungo periodo”.
E ancora: “Il ministero dell’Ambiente, così come quello della Salute, non risultano aver mantenuto alcuna interlocuzione con quello dei Trasporti nella fase di attuazione della normativa”.
E infine: non esiste al ministero dell’Ambiente “alcuno studio specifico relativo all’impatto concreto dei Filtri antiparticolato sulla qualità dell’aria e la salute umana”.
E il ministro dell’Ambiente? Niente, non ha “sentore” che qualcosa non vada.
Pure per quanto riguarda il passato, peraltro, il dicastero di Galletti non fa una bella figura.
Dal 2008 in poi — cioè da quando una normativa europea previde il taglio delle emissioni — si è limitato a eleggere i Fap a tecnologia ufficiale per l’Italia: “Una volta preso atto che esistevano prototipi di filtro in grado, secondo i costruttori, di abbattere la massa di particolato, l’attività del ministero è consistita nel cercare di creare una procedura — di concerto col ministero dei Trasporti — perchè potessero essere verificati gli effetti dei suddetti filtri e potessero essere omologati”, ha detto ai magistrati l’ingegner Fabio Romeo della Direzione generale per le Valutazioni Ambientali.
E chi sono i produttori?
“Essenzialmente due — scrive Pignatone — Pirelli Eco Tecnology e Iveco Spa”.
Il calvario della Dukic e le perizie agli atti
Torniamo ai decreti interministeriali del 2008. Allora, per legge, tutti i mezzi diesel dovettero montare i Filtri antiparticolato.
Questo sistema permetteva agli 11 milioni di veicoli diesel esistenti all’epoca di “avanzare” la loro classe ecologica sul libretto di circolazione: da euro 2 a euro 4-5. I nuovi mezzi, invece, escono dalla fabbrica già con i filtri montati.
A differenza di Pirelli — che divenne subito monopolista di un mercato dei filtri che valeva 20 miliardi di euro — la Dukic Day Dream ha sviluppato un dispositivo che agisce a monte del processo di emissione, nella fase di combustione: brucia, anzichè filtrare. Come annotano gli inquirenti romani, che nel 2014 hanno ereditato un’indagine della Procura di Terni che coinvolge 5 dirigenti del dicastero dei Trasporti, mentre il ministero concedeva l’omologazione ai Fap di Pirelli e Iveco senza la prova di durabilità (la resistenza nel tempo), la negava al sistema 3D di Dukic.
Ora l’inchiesta è in attesa di essere valutata dal Gip, dopo che il pm Giorgio Orano ha chiesto l’archiviazione perchè la vicenda, scrive, si è sviluppata per un grave difetto normativo e non per una cospirazione contro Dukic dei dirigenti inquisiti per falso e abuso d’ufficio.
Quella “cospirazione” che, per il pm di Terni Elisabetta Massini, aveva garantito “ingiusti profitti” a Fiat, Iveco e Pirelli. La Dukic ha presentato opposizione, forte anche della lettera del procuratorePignatone citata all’inizio.
Orano stigmatizza, comunque, l’atteggiamento dei ministeri di Ambiente e Salute, che hanno avuto un ruolo “nullo” nella vicenda.
I Trasporti ne escono peggio: “Rilevo nel comportamento tenuto dal ministero incongruenze talmente evidenti e gravi da poter essere difficilmente ritenute mere negligenze o incompetenze, soprattutto se relazionate alla ragguardevole competenza tecnica, sperimentale e normativa da sempre posseduta dalle strutture di prova della Motorizzazione Italiana”, scrive Giordano Franceschini, ordinario di Bioingegneria industriale all’Università di Perugia, in una perizia per la Dukic srl.
Il riferimento è alla cosiddetta prova di durabilità sui dispositivi anti-inquinamento, cioè sulla loro capacità di funzionare nel tempo: che i filtri Pirelli e Iveco continuino a funzionare bene anche dopo 50mila km lo dicono i produttori, ma nè la Motorizzazione, nè il ministero hanno effettuato prove.
Le conseguenze: uno studio di Transport and environment (T&E) ha rivelato che il gap fra i controlli in laboratorio e quelli su strada è passato in media dall’8% nel 2001 al 31% nel 2013 per il trasporto privato (e il trend dice 50% nel 2050).
Marco Palombi e Carlo Tecce
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 24th, 2015 Riccardo Fucile
L’INDAGINE DATANALYSIS EVIDENZIA PIAGA SOCIALE
La radiografia (Figli di un lavoro minore) commissionata dall’osservatorio di Paidoss e presentata stamane a Roma, è impietosa.
E mette a nudo la realtà drammatica di tanti adolescenti-lavoratori che la crisi economica ha piegato a scelte di opportunità .
Ancor più penoso l’assenso del 54 per cento dei genitori che si autoassolve in nome della necessità . Solo uno su tre si batte in ogni modo pur di vedere il figlio under 16 andare a scuola ogni mattina, mentre il 46% ritiene del tutto normale un esordio precoce nel mondo del lavoro.
Cosa fa l’esercito degli sfruttati.
Garzoni di bar, commessi nei negozi, parrucchieri, meccanici e manovali, sono le opportunità metropolitane più frequenti di impiego, mentre a chi vive fuori city restano la chance di offrirsi come bracciante agricolo, manovale nei cantieri, meccanico di officina.
In totale, lavorando oltre un milione di ore ogni giorno. Per non parlare dei 30mila che svolgono attività pericolose o potenzialmente inibenti lo sviluppo fisiologico.
E’ il caso dei ragazzi che turnano di notte.
I dati dell’Istituto di ricerche demoscopiche nell’area della Salute e del Sociale commissionati dall’Osservatorio Nazionale sulla salute dell’infanzia e dell’adolescenza (Paidòss) che da domani a sabato si riunisce a Lecce per il congresso nazionale, rivela che il 18 per cento dei giovanissimi abbandona la scuola per la ricerca di un impiego.
La condanna di Paidòss a tutela dei ragazzi.
Senza mezzi termini l’Osservatorio della Salute dell’infanzia che da domani a sabato si riunisce a Lecce per il Forum internazionale dell’adolescenza e della Famiglia, chiama in causa la scuola, come deputata alla formazione e all’accompagnamento degli studenti nel mondo del lavoro, salvandoli dallo sfruttamento psicofisico. Spiega Giuseppe Mele, presidente Paidòss: “L’idea che iniziare la gavetta presto aiuti i ragazzi a inserirsi nel mondo del lavoro è falsa e fuorviante, un modo per nascondersi ipocritamente di fronte alla realtà : lavorare prima dei 16 anni è un furto dell’infanzia. Dai dati della ricerca si apprende che i genitori italiani nei confronti del lavoro minorile sono indulgenti: il 26%, con punte del 33 al sud, non ci vede nulla di male, mentre il 20 ritiene che il giudizio debba dipendere dalla situazione del singolo. Ma ciò che forse turba ancora di più è che solo il 34% delle mamme e dei papà costringerebbe a restare sui banchi un figlio intenzionato a lasciare la scuola per lavorare, impedendogli una scelta dannosa per la sua vita: uno su quattro accetterebbe la decisione pur ritenendola un errore, uno su cinque la considera una volontà da rispettare comunque. Non è così: ogni bambino ha il diritto di essere protetto dallo sfruttamento economico, in qualunque forma”.
Per i genitori è un problema degli altri. Il 30 per cento dei genitori del Belpaese si illude, ritenendo che il fenomeno in Italia riguardi solo gli stranieri, il 55% lo considera un dramma dei Paesi sottosviluppati, il 40 ignora del tutto l’esistenza dei piccoli sfruttati anche italiani.
E invece dell’esercito dei 280mila lavoratori teen-agers, appena 20mila sono stranieri, mentre il 17% dei genitori intervistati ammette che i ragazzini lavoratori sono una realtà .
Chi sono? Figli di amici e parenti o conoscenti dei propri figli: fino al 22-24% nel nord. Nonostante l’evidenza, è ancora valido l’antico pregiudizio verso il sud, visto che il 40% crede che si tratti di un problema confinato al meridione.
I rischi per la salute e per lo sviluppo.
“Il lavoro minorile mette a rischio lo sviluppo psicofisico dei ragazzi – avverte Claudio Mencacci, past president della Società Italiana di Psichiatria e direttore del Dipartimento di Salute Mentale del Fatebenefratelli di Milano – rubando tempo che andrebbe impiegato diversamente: confrontarsi in ambienti sani con il mondo degli adulti, stare con gli amici, studiare, leggere, fare sport sono le attività che aiutano il fisico e il cervello a svilupparsi nel migliore dei modi.
Cancellare riposo, svago, sport e apprendimento significa aumentare il rischio di disagi psichici e disturbi dell’umore.
E una volta adulti, questi ragazzini potrebbero ritrovarsi a fare i conti con ansia e stress e anche a pagare le conseguenza della sottrazione di quelle risorse che permettono una adeguata “costruzione di sè” .
Insomma, sono questi gli elementi che possono minare il benessere mentale futuro di questi ragazzi. Ragazzi costretti a crescere troppo in fretta, magari sotto la pressione della necessità di contribuire a far quadrare i bilanci familiari”.
I diritti contro lo sfruttamento economico. Camilla Fabbri, presidente della commissione d’inchiesta sugli infortuni sul lavoro, si appella alla Dichiarazione sui diritti del fanciullo approvata nel ’59 dall’assemblea generale dell’Onu.
Questa detta regole precise agli Stati membri contro lo sfruttamento economico e qualsiasi tipo di lavoro rischioso o che interferisca con la sua educazione o che sia nocivo per la sua salute o per il suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale o sociale.
“Il lavoro minorile – osserva la Fabbri – certifica la sconfitta di ogni società , chiamata invece a garantire il diritto allo studio e alla crescita. E’ indispensabile avviare un’operazione di contrasto di carattere globale, che deve vedere impegnato anche il nostro Paese. Un minore sfruttato non sarà mai un cittadino libero. E per questo, nell’atto istitutivo della commissione d’inchiesta sugli infortuni sul lavoro è richiamato il dovere di accertare l’entità della presenza di minori sui posti di lavoro, con particolare riguardo a quelli provenienti dall’estero e alla loro protezione ed esposizione a rischio”.
Giuseppe Del Bello
(da “La Repubblica”)
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Settembre 24th, 2015 Riccardo Fucile
MENTRE I COLLEGHI ERANO A CACCIA DI INFRAZIONI, LORO AZZERAVANO CENTINAIA DI VERBALI
Insegne pubblicitarie abusive (multa da 5mila euro). Ma anche le più svariare infrazioni del codice della strada.
Per non parlare delle occupazioni del suolo pubblico ottenute senza versare un euro alle casse comunali. Mentre i colleghi erano a caccia di infrazioni, all’interno dello stesso corpo dei vigili c’era una sorta di ufficio parallelo che lavorava perchè centinaia di verbali venissero azzerati, annullati, perfino confezionando di proprio pugno ricorsi inattaccabili.
Questa è la ricostruzione dell’inchiesta nata sul rilascio anomalo di pass per la sosta, avviata dallo stesso comando di piazza Beccaria e coordinata dal pm Grazia Colacicco.
L’inventore del ‘sistema’, Damiano Borchielli, ha già subito una condanna in primo grado a sette anni per un nutrito elenco di corruzioni.
In cambio del 30 per cento della multa comminata, interveniva sui database del comando di via Friuli, manometteva dati, impugnava contravvenzioni.
E a quei sette anni di carcere, ora, potrebbero aggiungersi un altro anno e mezzo per episodi più recenti. Abuso d’ufficio, falso in atto pubblico le nuove accuse.
Insieme all’indomabile Borchielli – una volta perquisito e indagato avrebbe continuato la sua attività parallela finendo così agli arresti domiciliari – ci sono altri dodici imputati.
Il pm, al termine della requisitoria, ha chiesto condanne da 7 mesi ai 3,4 anni per Lucia Avolio, altro ghisa che, in cambio di qualche multa cancellata, si sarebbe vista regalare una serata nel segno del lusso con la sua famiglia.
Nel 2010 gli investigatori di piazza Beccaria, intercettano Borchielli al telefono con la compagna mentre spiega come ha fatto annullare le multe a una società di auto di lusso a noleggio, la Planet.
“Questa qui (la Avolio, ndr ) – dice il vigile alla compagna – che mi ha inserito le targhe mi ha chiesto se le posso mandare una macchina per una festa che deve fare. Io le ho risposto ” sicuramente sì, figurati””.
Ed effettivamente, nell’ottobre di 5 anni fa, sotto casa Avolio si materializza una Mercedes scura con autista della Planet, che accompagna la dipendente di palazzo Marino, il marito e i figli, a una serata.
La clientela dell’ufficio parallelo antimulte era varia. Dal bar panetteria di via Solferino che aveva quattro parcheggi in zona a traffico limitato, a un portinaio di corso Buenos Aires.
A fine 2010 è il vigile – e altro imputato – Roberto Squillace che contatta Borchielli per un favore. “Damiano, io ti chiamavo per questa cosa qua. Io c’ho qui il mio portinaio che negli anni deve aver accumulato qualche multa. Se ti do la targa riesci a verificare?”.
Borchielli è una garanzia: “Ascolta, mi porti tutte le targhe e ti sistemo tutto quanto, anche quelle scadute”. Mercoledì prossimo, al termine delle arringhe, la sentenza stabilirà la bontà di queste accuse.
Emilio Randacio
(da “La Repubblica“)
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Settembre 24th, 2015 Riccardo Fucile
OPERAZIONE DELLA GDF NEI CONFRONTI DI IMPRENDITORI DI UN NOTO GRUPPO INTERNAZIONALE
Smascherato dalla Guardia di finanza di Treviso e sanzionato con l’interdizione ad esercitare imprese e uffici direttivi un sodalizio criminale composto da tre imprenditori di un noto gruppo internazionale, che sono stati arrestati.
L’ipotesi di accusa è di bancarotta fraudolenta nei confronti di quattro aziende trevigiane, dichiarate fallite nel biennio 2013 e 2014 e tutte riconducibili allo stesso gruppo, operante nel settore della produzione di recinzioni e pannelli metallici.
L’accusa è di aver distratto rilevante patrimonio societario per 19 milioni di euro ed occultato le contabilità societarie in danno del ceto creditorio esposto per oltre 49 milioni di euro.
I finanzieri hanno rilevato che gli indagati agli inizi del 2013, nonostante una preesistente voragine finanziaria di circa 13 milioni di euro, avevano acquisito tutte le società del gruppo dalla precedente proprietà prospettando ai terzi creditori importanti investimenti e progetti di risanamento aziendale anche a tutela degli oltre 30 dipendenti.
(da “La Repubblica”)
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