Settembre 10th, 2015 Riccardo Fucile
NCD NEL PD: GIA’ PROMESSI POSTI IN LISTA PER GLI ALFANIANI ALLE PROSSIME ELEZIONI
A Palazzo Madama è ormai tempo di guerra finale per le riforme.
Lo scouting renzian-verdiniano impazza e ieri è persino resuscitata l’Italia dei Valori di dipietrista memoria con due senatori ex grillini, Romani e Bencini.
I bersaniani, riferendosi a livello generale, parlano di qualcosa di più pesante di un semplice scouting. In mezzo a questo caos, in ogni caso, sta prendendo forma il Partito della Nazione immaginato dal presidente del Consiglio.
E una colonna, un pilastro della nuova costruzione si chiama Angelino Alfano
La conferma di un ex ministro
Rivela un ex ministro del centrodestra alle otto di sera: “Alfano ha l’accordo con Renzi per le prossime elezioni politiche, è tutto vero ed è tutto confermato”. L’indiscrezione circola da una settimana ma a questo punto sono in tanti, e autorevoli, a darla per certa.
Dai bersaniani agli stessi ribelli di Ncd, il partitino alfaniano, noto per aver un’altissima densità di inquisiti parlamentari e un numero bassissimo di voti (ma non di ministri).
Fa impressione soltanto a scriverne: Alfano, l’ex guardasigilli ad personam di Berlusconi, alleato del Pd (qualora Renzi dovesse cedere sul premio di coalizione dell’Italicum) o addirittura Alfano capolista del Pd (se dovesse rimanere il premio di lista)
Lo sbigottimento della Ditta
Da giorni, nei corridoi di Palazzo Madama, i bersaniani vanno ripetendo attoniti: “Renzi dovrà spiegare ai nostri elettori perchè non mette in lista noi ma Alfano e i suoi inquisiti sì”.
Nelle liste che girano si parla infatti dai dieci ai quindici seggi promessi a Ncd e che comprendono nell’elenco anche due sottosegretari indagati, entrambi siciliani: Simona Vicari e soprattutto Giuseppe Castiglione.
Potrebbe essere ripescato persino Maurizio Lupi, che è sì un centrista filoberlusconiano ma è legato ad Alfano sin dalla fondazione di Ncd, quando per fare la scissione da Forza Italia ci volle bisogno anche di finanziamenti
La fronda guidata da Formigoni
La frase “Alfano va con Renzi nel Pd” è ormai il mantra delle riunioni della fronda di Ncd. Dopo i dissidenti della minoranza dem, ecco un’altra rogna per il premier e i suoi due mastini dello scouting per i voti alla riforma Boschi: il fedelissimo Luca Lotti e l’ex forzista Denis Verdini, esperto della materia.
L’ex ministro già citato giura che al momento “sono otto i senatori che stanno con Roberto Formigoni”.
Sì, lui l’ex governatore lombardo a processo per il suo sistema di potere ventennale. Formigoni è rimasto tagliato fuori dai giochini di Alfano, sente che gli stanno sfilando il seggio e la relativa immunità , e adesso è uno dei più fieri oppositori della riforma Boschi. Idem, Carlo Giovanardi.
Ma è un po’ tutto il partito che si ritiene ingannato da Alfano. Dal gruppo del calabrese Gentile e del lucano Viceconte alla corrente di Renato Schifani e a tanti altri semplicemente abbandonati a se stessi.
Fabrizio D’Esposito
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 10th, 2015 Riccardo Fucile
AL PRIMO VOTO DOPO LE FERIE, ECCO IL BLITZ: I CONTROLLI SUI BILANCI SOLO IN FUTURO
Il verdetto arriva sotto una pioggia di banconote da 500 euro.
Cala dagli spalti che sovrastano l’emiciclo di Montecitorio al grido di “vergogna, vergogna” mentre il tabellone segna 319 sì, 88 no (il M5S) e 27 astenuti (Sel). Mercoledì 9 settembre, primo vero giorno di lavori d’aula, primo disegno di legge discusso e la Camera viene incontro a larga maggioranza al lamento disperato dei tesorieri dei partiti: i vecchi bilanci sono incontrollabili, ma avranno lo stesso il rimborso elettorale, un malloppo da milioni di euro (45 sulla carta, secondo i pentastellati, ma solo 20 contabilizzati quest’anno dai partiti) da spartire in base ai voti ricevuti.
L’ultimo rimasuglio, si fa per dire, del finanziamento pubblico che almeno fino al prossimo anno garantirà la sopravvivenza dei partiti.
Una sanatoria, chiesta e ottenuta dai responsabili delle disastrate casse dei partiti, e contestata ferocemente dai 5 Stelle.Il testo è a firma Pd, presentato dall’ex Sel (ora democrat) Sergio Boccadutri.
Qualche pagina, tre articoli, e un’approvazione lampo.
La palla passa ora al Senato: entro un paio di settimane la partita si chiude, altrimenti i bilanci 2015 segneranno deficit da bancarotta.
Premessa: un decreto voluto dal governo Letta (e convertito quando a Palazzo Chigi sedeva Matteo Renzi) ha stabilito che a partire dal 2017 i partiti dovranno fare affidamento solo sul due per mille e sui contributi dei privarti (le “erogazioni liberali”).
Fino a quel momento, però, la flebo del finanziamento pubblico resta (M5S escluso, perchè vi ha rinunciato) seppure con un decalage del 50% nel 2015 (45 milioni)e del 75% nel 2016 (22 milioni).
E veniamo a quest’anno. La rata è scaduta nel luglio scorso, ma i soldi sono rimasti nei conti delle Camere perchè la Commissione di garanzia, controllo e trasparenza sui bilanci — prevista dalla legge — e presieduta dal magistrato contabile Luciano Calamaro non ha potuto bollinare i rendiconti del 2013 inviati dai tesorieri.
Il motivo è semplice: la mole di dati è enorme, tenuto conto che si tratta di 48 partiti, e le risorse a disposizione scarse: 5 persone, senza stipendio aggiuntivo e per di più in carica da marzo, visto che i precedenti membri si sono dimessi a ottobre 2014. Riassunto: il 30 giugno scorso la Commissione ha alzato le mani e comunicato alle presidenze di Camera e Senato che senza personale in più non se ne faceva nulla. Invano Grasso e Boldrini hanno invitato i partiti a dotare la struttura del personale tecnico necessario.
Il dibattito è finito in un nulla di fatto, o meglio, si è affidato a due parlamentari-Gianni Melilla per la Camera, e Antonio De Poli per il Senato — il compito di verificare le conseguenze giuridiche di una forzatura: dare lo stesso i soldi ai partiti senza l’ok della Commissione.
Il verdetto è arrivato pochi giorni dopo, durissimo: “Non è possibile- si legge nella missiva spedita ai due presidenti — anche perchè i rendiconti potrebbero alla fine risultare irregolari”. Tradotto: i soldi restano bloccati.
E qui si è deciso l’accrocchio: Boccadutri presenta un testo per dotare la Commissione di altre 4 unità , ma nella distrazione generale, a luglio una sconosciuta deputata Pd siciliana, Teresa Piccione, infila un emendamento — col beneplacito del relatore — che invece è una vera e propria sanatoria.
Cosa dice? Che le novità sui controlli previsti dalla nuova legge, partiranno nel 2015. Per il 2013-2014 non sene farà nulla.
Niente verifica dettagliata spesa per spesa, cioè tra entrate e uscite con le singole voci, insomma, con gli scontrini alla mano.
Carlo Di Foggia
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 10th, 2015 Riccardo Fucile
SONO 231.000 GLI STRANIERI CHE HANNO ACQUISITO LA CITTADINANZA ITALIANA
«A fronte dei 213mila stranieri sbarcati in Italia nel biennio 2013-2014, ve ne sono ben 231mila che, nello stesso arco temporale, sono approdati alla cittadinanza italiana».
Ecco un’anticipazione dal XXI Rapporto Ismu 2015 — disponibile tra un paio di mesi — che andrebbe immortalata con uno slogan a effetto: più “cittadini” che “clandestini”.
Magari ricordando altresì come tutto questo sia avvenuto senza che le infinite discussioni sulla necessità di cambiare la legge 91 del 1992 abbiano mai prodotto alcun effetto concreto.
Si tratta di una ritrovata efficienza da parte della moribonda legge o, più razionalmente, è solo la conferma della progressiva “maturazione” di una componente straniera che, avendo un’anzianità di presenza piuttosto consistente, ha sempre più spesso titolo per richiedere la naturalizzazione?
È chiaro che la risposta esatta è quest’ultima.
Ma un legittimo stupore continua a persistere. In fondo, ci avevano detto che erano gli altri — per esempio i tedeschi o i francesi — quelli che avevano leggi sulla cittadinanza “moderne”, ma ora scopriamo che Francia e Germania hanno avuto, rispetto a noi, quasi lo stesso numero assoluto di acquisizioni e persino un’incidenza, per ogni 100 stranieri, inferiore alla nostra.
Certo, non che questo assolva la legge 91 dai suoi limiti oggettivi, ma almeno non la criminalizza.
Anche perchè spesso nel contestarne alcuni effetti, specie riguardo allo spinoso tema dei minori legati al destino dei propri genitori, ci si dimentica di ricordare che l’attuale legge rispecchia un’ispirazione di tipo “familiare”, secondo cui un minorenne che è a carico di qualcuno (usualmente i/il genitori/e) ne condivide i vincoli, le scelte e le condizioni di vita (la parentela, la casa, il benessere o la povertà , e così via); perchè dunque non la cittadinanza?
Almeno fino a quando, da maggiorenne, sarà egli stesso a poter decidere in piena autonomia.
D’altra parte, non è certamente un caso che la legge 91 preveda (articolo14) che «i figli minori conviventi con chi acquista la cittadinanza la acquistano a loro volta».
In tal senso è illuminante notare come nel periodo 2008-2013 circa un nuovo italiano ogni quattro (24,2%) fosse in età inferiore ai 15 anni.
E ancora, se confrontiamo il numero dei minori residenti in Italia per età al 1° gennaio e al 31 dicembre del 2014 è facile rendersi conto che, se prendiamo i soli stranieri, coloro che a fine anno sono in età 6 risultano assai meno di quelli che al 1° gennaio erano in età 5.
Viceversa, se prendiamo i coetanei con cittadinanza italiana lo stesso confronto segnala una variazione pressochè analoga ma di segno opposto.
E tale compensazione, tra stranieri in meno e italiani in più, è ricorrente in corrispondenza di tutte le età della prima infanzia, a dimostrazione di un flusso di minori stranieri che sono stati indirettamente “italianizzati” dall’impostazione familiare dell’attuale legge.
In conclusione non è affatto azzardato ipotizzare che tra i 130mila nuovi italiani conteggiati nel 2014 vi sia un cospicuo numero di minori che hanno acquisito la cittadinanza con logiche di tipo familiare e un appunto da muovere a questa riforma – che pur ha il merito di volere intervenire sul tema delle seconde generazioni – è proprio l’abbandono di un tale approccio.
Potrebbe infatti determinarsi il paradosso di genitori stranieri che, pur non cambiando cittadinanza, avrebbero un bambino di altra nazionalità dopo cinque anni dalla sua nascita.
Più ragionevole sarebbe poter conferire al figlio la doppia nazionalità subito per nascita, ma con valenza limitata nel tempo; dandogli poi la possibilità di decidere, al raggiungimento della maggiore età , con quale delle due cittadinanze vivere il proprio futuro da adulto.
Gian Carlo Blangiardo
(da “il Sole24ore“)
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Settembre 10th, 2015 Riccardo Fucile
UNA SPECIE POLITICA SCOMPARE
Non c’è fila, bresaola per tutti. Il menu del ristorante del Senato è più fornito di quello di un ospedale ma la malinconia è la stessa e identica la lieve, percettibile depressione che unisce i tavoli e i corpi.
Le sedie di destra, per un involontario riscatto della logica oltre che dell’algebra, sono occupate da maschi in età avanzata, cravatte in via di dismissione, senatori che con ogni probabilità non vedranno la rielezione.
Mario Mauro, politico professionista con un cursus honorum di tutto rispetto,oggi nella più acuta fase recessiva, illustra le forze in campo: “Nonostante le ferite e le cicatrici che porto cerco ogni giorno di convincere i colleghi a resistere.
Ma quelli non sentono più, sono atarassici.
Il senatore accondiscendente ai voleri di Renzi si divide in due categorie.
C’è chi come Pier Ferdinando Casini pensa che la via del Paradiso è sempre dietro l’angolo e attende che passi la buriana.
Non esserci, scomparire, non prendere posizione è la virtù massima da coltivare.
C’è sempre un futuro, e chissà che nel 2018…
Poi esistono i colleghi che pongono il voto come la fine della loro vita e accolgono con un sospiro di sollievo ogni azione che possa distanziarli dalla morte civile, economica e politica.
Quindi accettano di tutto, anche di imbucare la Costituzione in un tritovagliatore”.
Passa Linda Lanzillotta, silenzio. È imputata del reato di cui al capo a: correre in soccorso del vincitore per salvare l’anima e una candidatura.
Saluti tiepidi ad Anna Finocchiaro, imputata di un reato più grave: favoreggiamento continuato in favore di Renzi.
E lei cosa vuol fare? Mirava al Quirinale, lascerà sicuramente la politica. È magistrato, può occupare sia la poltrona di giudice costituzionale che quella di consigliere al Csm. Lei sì che si è messa in salvo. Che invidia ma anche quanto veleno tra i resistenti!
Eccolo qui Corradino Mineo: “Mi sono rovinato opponendomi a queste schifezze. Ma nel Pd è più forte l’idea che la democrazia non sia una questione di forme, di regole. È la vecchia scuola comunista che accetta supina di stare dalla parte del Capo, chiunque egli sia. Ascoltano alle feste dell’Unità alcuni beoti che ingiungono di andare avanti, cambiare il mondo, svoltare, vincere perdio!E’ la nostra riforma, dicono.E tornano al Senato persuasi che il silenzio è il meglio che si possa opporre a questa porcheria”.
È la specie dei suicidatori, sicuramente la più numerosa oggi al Senato.
Senatori all’ultimo stadio, ex arditi, combattenti afflosciati che contabilizzano il trapasso nell’età della pensione. Le cose vanno storte? Silenzio. Per Altero Matteoli poi, figurarsi. Neanche la Juve riesce a donargli un sorriso: “Fin quando c’è Allegri, che è pure livornese…”.
Oppure degli esperti in dribbling, come il lucano Guido Viceconte, fuggito da Forza Italia per trovare nuova vita nella scialuppa dell’Ncd e ora dato in fuga. Si sono accorti, lui come altri 14 senatori, che Angelino Alfano forse li stia fregando, che il computo dei cooptati da Renzi nelle liste per la Camera non superi la metà degli eletti accampati nell’Ncd.
E quindi chi sopravvive? Chi passa? Chi invece trapassa? Ieri riunione carbonara a Palazzo, essendo purtroppo anche deceduta la sede ufficiale del partito, quella in via in Arcione, chiusa per problemi di quattrini. È il segno dei tempi, l’Udc — per dire — ha dovuto accettare la degradazione degli uffici, prima disposti in dieci stanze in via Tomacelli, all’ingresso di piazza di Spagna, ed ora ridotti in un ampio mezzanino al piano terra del palazzo. Sfollati, appunto.
Si passa, oppure si attende di trapassare.
Il suicidatore è colui che deraglia perfino dalla scelta definitiva del suicidio.
Mitraglia la piazza prima di spararsi. In questo caso fa fuoco sulla Costituzione: “In commissione, dove siedo, una volta ho chiesto — racconta Mauro — Sapete dirmi quanti articoli della Carta stiamo cambiando? Niente, non ricordavano. Ho letto alcune modifiche. Alcune sono senza senso logico, senza la minima compiutezza lessicale”.
La Costituzione a che serve? “Nella percezione del nostro popolo viene dopo il lavoro. La democrazia non è più sentita come un valore assoluto. Noi vorremmo fare di più, potremmo fare di più se la gente ci seguisse. Ma non troviamo sponde, forze della società attive”.
Andrea Cioffi, il capogruppo del M5S, trova nell’assopimento generale la chiave di lettura.
Antonello Caporale
(da “il Fatto Quotidiano”)
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