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RIFORMA SENATO, COSA PORTA A CASA LA MINORANZA PD

Settembre 22nd, 2015 Riccardo Fucile

COMMA 5, UN MINISTERO DI PESO E IL CONGRESSO NEL 2017

Poggia la tazzina di caffè, Federico Fornaro, uno dei ribelli della sinistra: “Ma quale resa. Non abbiamo ceduto. Prima non si potevano eleggere i senatori, ora sì”.
Fornaro, lei ha detto eleggere? “L’ha detta bene Tonini: politicamente è un’elezione di primo livello, giuridicamente di secondo”.
Dalla “torsione autoritaria” di cui parlò Bersani ai commi della concordia. Palazzo Madama. A mezzogiorno, la riunione della minoranza. Per mettere a punto come spiegare che la resa è una vittoria.
Il primo atto è far sapere che comunque nessun emendamento (per ora) è stato ancora ritirato. Ma è solo una finta. Maurizio Migliavacca, nel corso della riunione, spiega che ormai l’accordo non è in discussione. E guai a riaprire la questione.
All’uscita quelli che parlavano di torsione autoritaria, ti spiegano che l’emendamento al punto 5 è “la sostanza democratica”.
Anche se si capisce che è solo un modo per salvare la faccia. Nico Stumpo, all’uscita di un ristorante vicino al Senato, taglia corto: “Io non mi occupo di Senato, diciamo. Come noto sono alla Camera”.
È un film che si ripete, la sconfitta della minoranza, con annessa perdita di pezzi.
In principio furono i turchi di Orfini e Orlando. Ai tempi della legge elettorale, Maurizio Martina si blinda al governo, portandosi nel voto un pezzo dell’allora minoranza.
Ora è il partito emiliano che porta a Renzi il Senato in cambio del governo.
Per carità  l’ingresso di Vasco Errani al governo è nell’aria da tempo, ma finora Bersani l’ha stoppato. Ora si ragiona in modo concreto, tanto che è già  stata individuata la caselle.
La prima porta allo Sviluppo Economico, perchè il primo a giudicare insoddisfacente il lavoro della Guidi è Renzi.
Più che la semplice sostituzione del posto lasciato libero da De Vincenti, l’ipotesi per Errani è il ministero vero e proprio, al posto della Guidi.
L’idea su cui si sta ragionando è una exit strategy dell’attuale ministro entro dicembre, visto che Guidi si sta preparando al dopo Squinzi in Confindustria e le candidature vanno annunciate entro la fine dell’anno: “Sarebbe – spiegano fonti di governo – la separazione consensuale perfetta”.
Lo Sviluppo è l’habitat naturale per Errani. E non solo perchè il ministero, a livelli di uomini chiave nei posti chiave, è ancora quello che plasmò Bersani ai suoi tempi.
Ma soprattutto quel ruolo incarna la perfetta intesa politica che sta prendendo forma in questi giorni tra governo Renzi e Ditta.
Spiegano fonti degne di questo nome: “Pensare che in questi giorni il mondo bersaniano fossero solo Gotor e compagnia, e non cooperative, imprese e amministratori delle zone rosse, significa non aver capito chi comanda lì”.
E quel mondo non solo non voleva una crisi di governo, ma vuole un numero di telefono, un interlocutore e una certa affidabilità  di interlocuzione. È un pezzo rilevante della constituency democratica.
Ecco Errani, appunto. È stato lui a far ragionare Bersani sul Senato e non viceversa. Anche se guai a parlare di “scambio” o di premio di minoranza: “Questa cosa di Errani – dice Gotor – gira da tempo. È sbagliato vederla come uno scambio. È un ragionamento che viene da lontano”.
Ora però, al ragionamento, si aggiungono due fatti che lo rendono vicino.
Il primo è che è Errani è stato definitivamente assolto e ha una gran voglia di tornare a fare politica, infatti è stato protagonista di due uscite pesanti alla Festa di Ravenna e a quella di Bologna.
La secondo è il suo ruolo sul Senato, dove ha condotto Bersani su posizioni trattativiste.
E c’è un secondo terreno della grande integrazione della Ditta che fu nel governo. Riguarda il partito: “Stabilità  di governo – dicono fonti vicine alla trattativa – significa congresso. Lo scenario di elezioni anticipate, se fosse saltato tutto, avrebbe fatto saltare il congresso del Pd. Non è un caso che in direzione Renzi ha ribadito che si farà  nel 2017”.
E nel mondo ex ds, al momento, l’alternativa non c’è. A proposito.
Nel prossimo (e vicino) rimpasto dovrebbero essere colmate anche altre caselle. Viceministro agli Esteri, Enzo Amendola (ex protagonista dello strappo pro-governo sulla legge elettorale), mentre gli Affari Regionali andranno a Ncd, anzi alla parte renziana di Ncd: “Piuttosto che Quagliariello – ha detto Renzi ad Alfano – ti do due posti per due donne”.

(da “Huffingtonpost”)

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EVASIONE, BEN 91 MILIARDI SOTTRATTI ALL’ERARIO, 40 SOLO DI IVA: I DATI UFFICIALI DEL MINISTERO

Settembre 22nd, 2015 Riccardo Fucile

AL NORD IL RECORD DI IMPOSTE NON PAGATE… IL CASO IMU

L’evasione fiscale da sola, senza contare quindi quella sui contributi sociali (Inps, Inail), sottrae ogni anno alle casse pubbliche più di 91 miliardi di euro.
I «valori più elevati di evasione si attestano nelle regioni settentrionali», perchè sono le più ricche, mentre la più alta «propensione all’evasione» si riscontra nel Mezzogiorno. L’imposta più evasa è l’Iva, dove l’Italia è anche ai primi posti in Europa, battuta solo da Grecia, Slovacchia, Lituania e Romania.
Tra le ditte individuali, i campioni dell’evasione sono i commercianti.
Infine, nonostante si affermi che è difficilissimo evadere sugli immobili, esiste anche un’evasione sull’Imu.
Questi i principali contenuti del «Rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto all’evasione fiscale», allegato alla nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza approvato venerdì dal Consiglio dei ministri.
Il rapporto previsto dalla legge di Stabilità  2013 e giunto quest’anno alla seconda edizione disegna una mappa dell’evasione dalla quale emerge tra l’altro come, nonostante gli sforzi fatti, si sia abbassato di poco negli ultimi dieci anni il livello di « tax gap », ovvero «la differenza tra l’ammontare del gettito teorico di ciascuna imposta e l’ammontare del gettito effettivamente riscosso».
Secondo la tabella di pagina 61 del Rapporto, consultabile sul sito del ministero dell’Economia, il tax gap medio nel quinquennio 2001-2006 era di 93,5 miliardi all’anno, un valore sceso a 91,3 miliardi nel quinquennio 2007-2013, pari al 6,6% del Prodotto interno lordo.
L’imposta più evasa resta l’Iva, che da sola sottrae alle casse del Fisco più di 40,2 miliardi di euro all’anno rispetto al gettito che si avrebbe senza evasione.
Il mancato introito di Irpef e Ires viene calcolato insieme e dà  una somma di quasi 44 miliardi mentre l’evasione sull’Irap è pari a 7,2 miliardi.
Nel complesso il tax gap ammonta a circa 47,4 miliardi al Nord (il 54% del totale) , 24,4 miliardi al Centro (27%) e 19,5 miliardi al Sud (21%).
Questo perchè, dice la relazione, l’evasione «tende a concentrarsi maggiormente nelle aree del Nord dove si colloca anche la quota maggiore di valore aggiunto prodotto dal Paese».
Quanto alla propensione a non pagare le tasse sono invece le regioni meridionali che «manifestano livelli più elevati di intensità  di evasione, che in alcuni casi sfiora il 60% (60 centesimi di gettito evaso per ogni euro regolarmente versato)».
Il rapporto contiene anche una stima del tax gap Irpef-Irap per le ditte individuali.
A evadere di più sono i commercianti (27.644 euro l’imponibile medio non dichiarato) seguiti da lavoratori autonomi e professionisti (10.829 euro).
Sorprendente, infine, il tax gap sull’Imu 2013: 5,6 miliardi, «pari al 28,5% del gettito Imu teorico».
A livello regionale l’evasione è più elevata nel Mezzogiorno e minore nel resto d’Italia, «variando dal 40,5% del gettito teorico in Calabria al 12,6% in Valle d’Aosta».
Il rapporto indica anche la quota di maggiori entrate derivanti da lotta all’evasione fiscale che deve andare a riduzione della pressione fiscale.
Tenuto conto dei risultati ottenuti e dei limiti fissati dalla legge (deve trattarsi di entrate aggiuntive e permanenti) il bilancio è davvero magro.
Per il 2015, infatti, le maggiori risorse rispetto agli incassi permanenti ottenuti nel 2014 sono stimate in appena 143 milioni di euro.
Se li suddividiamo per 40 milioni di contribuenti, fa tre euro e mezzo a testa.

Enrico Marro
(da “il Corriere della Sera”)

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SANITA’, I 208 ESAMI A RISCHIO CHE RENZI FARA’ PAGARE AI MALATI: MEDICI IN RIVOLTA

Settembre 22nd, 2015 Riccardo Fucile

SE “INAPPROPRIATI”, SANZIONI AI MEDICI E COSTI A CARICO DEI PAZIENTI… COSI’ PER PAURA NESSUN MEDICO LI PRESCRIVERA’ PIU’ E IL GOVERNO GUADAGNERA’ SULLA PELLE DEI MALATI

Risonanze magnetiche della colonna e delle articolazioni, tac, esami di laboratorio e genetici, test allergici.
Ecco le 208 prestazioni a maggior rischio inappropriatezza, e quindi di spreco, individuate dal ministero della Salute.
L’elenco, allungato rispetto alla prima ipotesi e già  illustrato alle società  scientifiche dei medici, è stato presentato oggi ai sindacati dei camici bianchi che hanno due giorni per fare le loro osservazioni. Una volta ottenuto il parere positivo del Consiglio superiore di sanità , che ha già  dato un via libera preliminare, il testo andrà  andrà  verso l’approvazione.
Quando sarà  in vigore, chi vorrà  sottoporsi alle prestazioni incluse nell’elenco le potrà  ottenere solo in certi casi a carico del servizio sanitario: se non ricorrono le condizioni elencate nel documento del ministero, dovrà  pagare di tasca propria.
Il grosso dell’operazione, il cui obiettivo è portare a un risparmio per le casse pubbliche, riguarda probabilmente le risonanze magnetiche.
Quando il provvedimento sarà  in vigore, l’esame della colonna vertebrale senza mezzo di contrasto verrà  passato dal servizio sanitario solo se, in assenza di sindromi neurologiche o sistemiche, il dolore alla schiena resiste alla terapia e va avanti per almeno 4 settimane.
Ovviamente l’accertamento verrà  fatto anche in caso di traumi o fratture. E se non ci sono problemi, prima di poterlo rifare bisognerà  comunque aspettare un anno.
La risonanza alla colonna con e senza mezzo di contrasto deve essere invece legata alla patologia oncologica o a un sospetto, oltre che a problemi traumatici.
Ci sono previsioni stringenti anche per alcune tac, passate solo se giustificate da sospetti di patologie oncologiche e da traumi. Nella lista sono molte le prestazioni odontoiatriche, già  oggi, comunque, molto difficili da ottenere nella maggior parte delle aziende sanitarie e ospedaliere, dove si è costretti ad attese assai lunghe.
La maggior parte – ad esempio estrazioni, applicazioni di corone e inserimento di protesi – saranno a carico del sistema pubblico se il paziente è in condizioni di vulnerabilità  sociale e sanitaria.
Nell’elenco ci sono anche moltissimi esami di laboratorio, e anche tanti test e trattamenti allergologici e dermatologici.
Le prestazioni a rischio spreco perchè non appropriate, per le quali i pazienti dovrebbero pagare, diventano dunque 208.
La lista del ministero cresce di 25 voci, come rendono noto i sindacati medici, che oggi hanno avuto un incontro con il ministro Beatrice Lorenzin.
L’idea alla base del provvedimento è quella di passare gratuitamente (o con il ticket) solo le prestazioni che hanno un’indicazione specifica e quindi sono davvero utili.
I medici che prescriveranno accertamenti considerati inappropriati andranno incontro a una sanzione pecuniaria.
E’ proprio questo il punto che non piace ai sindacati dei camici bianchi, i quali oggi hanno ribadito la loro posizione. “Questo meccanismo rischia di rompere il rapporto tra i medici e i cittadini – commenta Massimo Cozza- anche perchè i pazienti dovranno pagare di tasca propria varie prestazioni in determinate situazioni”.
Anche i medici di famiglia, cioè i professionisti che fanno il maggior numero di prescrizioni, scendono in campo: “Siamo assolutamente critici sulla previsione di sanzioni pecuniarie per i medici nell’ambito del decreto in preparazione sull’appropriatezza delle prestazioni, e alzeremo i toni della nostra protesta”, dice Silvestro Scotti, della Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg), il sindacato più importante della categoria.
“Questo provvedimento – dice Scotti – rientra nella protesta che stiamo preparando nell’ambito della mobilitazione indetta dalla Federazione degli ordini dei medici Fnomceo. Così si riduce il ruolo del medico. I colleghi del Consiglio superiore di sanità , che hanno prodotto un parere scritto favorevole a questo provvedimento, si assumeranno la responsabilità  rispetto al mondo scientifico delle scelte di erogabilità  e appropriatezza che hanno validato”.
Dura anche Anaao, il sindacato degli ospedalieri. “Il punto debole del decreto ministeriale della Lorenzin è che mette in moto un meccanismo, quello sanzionatorio rispetto alle prescrizioni cosidette “inappropriate”, che oltre a spaventare il medico e farlo lavorare male, creano un danno al malato che vedendosi negare la Tac o l’esame rinuncerà  a curarsi del tutto o andrà  nel privato. Così salta il delicato e fondamentale rapporto paziente-medico”m dice Domenico Iscaro, presidente nazionale dell’associazione.

Michele Bocci
(da “La Repubblica”)

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BOSSI CONDANNATO A UN ANNO E MEZZO PER VILIPENDIO CON AGGRAVANTE RAZZIALE

Settembre 22nd, 2015 Riccardo Fucile

NEL 2011 IL SENATUR DEFINI’ TERUN IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, DETERMINANDO CENTINAIA DI DENUNCE DI PRIVATI CITTADINI

Un anno e sei mesi di reclusione per vilipendio del presidente della Repubblica e del presidente del Consiglio.
E’ questa la condanna in primo grado che il tribunale di Bergamo ha inflitto al leader storico della Lega Nord Umberto Bossi per le sue parole pronunciate contro Giorgio Napolitano e Mario Monti dal palco della festa ‘Bèrghem frecc’ ad Albino il 29 dicembre 2011.
Quella sera, intorno alle 22, durante il suo comizio al raduno invernale del Carroccio, Bossi aveva accennato il gesto delle corna con la mano destra mentre parlava di Napolitano, definendolo ‘terùn’.
Dopodichè aveva fatto battute di natura sessuale nei confronti dell’allora primo ministro Monti. Il comizio era stato filmato e poi trasmesso sia da televisioni sia su Youtube, e molti cittadini (oltre un centinaio) da tutta Italia avevano presentato denunce contro Bossi: alcuni di loro sono anche stati sentiti come testimoni nel corso del processo a Bergamo.
Ora è arrivata la condanna.

(da “il Fatto Quotidiano“)

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LA PADAGNA DEL MAGNA MAGNA: PERQUISIZIONI ALLA BANCA POPOLARE DI VICENZA, INDAGATO IL PRESIDENTE

Settembre 22nd, 2015 Riccardo Fucile

L’ACCUSA E’ DI AGGIOTAGGIO E OSTACOLO ALLA VIGILANZA

Aggiotaggio e ostacolo alle funzioni dell’autorità  di vigilanza. Sono questi i reati ipotizzati dalla Procura di Vicenza che ha avviato un’inchiesta che chiama in causa alcuni esponenti di vertice del gruppo Banca popolare di Vicenza.
Per questo, gli inquirenti hanno delegato la guardia di finanza ad eseguire una serie di perquisizioni nei confronti delle persone sottoposte ad indagine e di altri non indagati.
Le fiamme gialle hanno svolto verifiche anche sul presidente dell’istituto di credito, Giovanni Zonin, e sull’ex direttore generale dell’istituto Samuele Sorato.
Le indagini sulla Banca popolare di Vicenza sono seguite dal pm Luigi Salvadori e dal procuratore capo Antonino Cappelleri.
Gli accertamenti sono invece condotti dai militari del nucleo speciale di polizia valutaria della guardia di finanza di Roma e dalla tributaria di Vicenza.
Le perquisizioni disposte dall’autorità  giudiziaria riguardano oltre alla sede amministrativa e legale di Vicenza dell’istituto di credito anche gli uffici direzionali di Milano, Roma e Palermo.
Gli inquirenti, in una nota firmata dal procuratore Cappelleri, sottolineano come “l’obbligo del segreto istruttorio deve tutelare ogni portatore di legittimi interessi anche contrapposti tra loro presenti nel contesto”.
In ogni caso gli atti d’indagine sono ritenuti indispensabili – si aggiunge – “nell’ambito della più complessa acquisizione istruttoria, per rendere compiuta la necessaria e doverosa ricerca di elementi probatori documentali, intesa sia nell’accertamento e riscontro degli elementi di fatto sia all’attribuzione delle responsabilità  soggettive”.
E, sempre in una nota, la Banca ha fatto sapere che c’è “piena collaborazione da parte della dirigenza e del personale della Banca Popolare di Vicenza ai nuclei di polizia giudiziaria della guardia di finanza che hanno svolto perquisizioni presso la sede centrale della Banca a Vicenza e negli uffici direzionali di Milano, Roma e Palermo”.
Tempi duri.
La Banca, negli ultimi mesi, ha affrontato un periodo non semplice, complice la necessità  di trasformarsi in Spa dopo il decreto sulle popolari varato dal governo Renzi, il taglio del valore delle azioni da 62,5 a 48 euro, che ha fatto infuriare molti azionisti, il rosso da oltre 1 miliardo di euro registrato nel primo semestre del 2015 e la necessità , dopo un’ispezione della Bce, di iscrivere a riserva indisponibile 611,6 milioni di euro perchè erano stati erogati ai soci finanziamenti per 974,9 milioni per acquistare o sottoscrivere azioni.
Nelle ultime settimane, ad appesantire ulteriormente il clima, lo scontro a distanza tra l’ex dg e ad, Samuele Sorato, uscito dall’istituto a luglio, e Gianni Zonin, storico presidente, in sella da 19 anni.
La banca, nel frattempo, si è affidata a Francesco Iorio, che oggi pomeriggio presiederà  un comitato esecutivo, e che sta lavorando al nuovo piano 2015-2020 dell’istituto e all’aumento di capitale da 1,5 miliardi.
Proprio ieri la Popolare di Vicenza aveva annunciato di aver firmato con Unicredit un accordo sulla garanzia dell’aumento, che vedrà  un consorzio di collocamento con 5 joint global coordinator: BNP Paribas, Deutsche Bank AG, London Branch, J.P. Morgan, Mediobanca e la stessa UniCredit.
“I due passaggi sopra descritti costituiscono importanti conferme dell’interesse del mercato per il piano di rilancio varato dalla Banca, che andrà  ulteriormente a rafforzarsi e qualificarsi con l’approvazione, prevista entro il mese di settembre, del nuovo piano industriale”, aveva spiegato l’istituto di credito.
L’inchiesta.
Azioni della banca acquistate tramite finanziamenti, per 975 milioni di euro, erogati agli azionisti dallo stesso istituto di credito, in misura tale da costituire violazione delle norme del diritto bancario: è questo il filone principale dell’inchiesta della magistratura sulla Banca Popolare di Vicenza (117mila soci), che fa seguito ad un’ispezione compiuta dalla Bce.
La banca avrebbe, dunque, finanziato – secondo l’ipotesi investigativa – un quarto del suo stesso capitale azionario (circa 4 miliardi di euro), superando i limiti consentiti. L’indagine della magistratura riguarda anche una sovrastima del prezzo delle azioni della Banca, che ha determinato numerose proteste degli azionisti, e che nell’ultima semestrale, avrebbe indotto i vertici a svalutare i crediti considerati deteriorati.
Codacons annuncia class action.
Il Codacons depositerà  formale richiesta di costituzione di parte offesa nell’inchiesta aperta dalla Procura della Repubblica di Vicenza.   “Abbiamo deciso di entrare nel procedimento aperto dalla Procura in rappresentanza della collettività  e dei clienti della banca – spiega il presidente Carlo Rienzi – e se dalle indagini emergeranno illeciti e violazioni delle norme, avvieremo una class action da parte di azionisti e correntisti dell’istituto di credito volta ad ottenere il risarcimento dei danni morali e patrimoniali subiti, anche nei confronti delle autorità  di vigilanza per l’omesso controllo”.

(da agenzie)

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SALLUSTI SI SCHIERA CON ERRI DE LUCA: “SE SI TOGLIESSE AGLI INTELLETTUALI IL DIRITTO DI ISTIGARE, ANCHE SOCRATE E PASOLINI SAREBBERO FINITI IN GALERA”

Settembre 22nd, 2015 Riccardo Fucile

LO SCRITTORE MAURO CORONA: “ACCANIMENTO GIUDIZIARIO”

“Dopo il caso di Erri De Luca, capisco molto bene Berlusconi e l’accanimento giudiziario contro di lui. E’ la mia rozza opinione, se dico altro rischio di essere incriminato e processato anch’io”.
Sono le parole dello scrittore Mauro Corona, ospite, insieme al direttore de Il Giornale, Alessandro Sallusti, di Alessandro Milan nella sua trasmissione 24 Mattino (Radio24).
Si dibatte del caso Erri De Luca, per il quale il pm Antonio Rinaudo ha chiesto 8 mesi di reclusione al termine della sua requisitoria al processo a Torino per alcune dichiarazioni dello scrittore sui sabotaggi alla Tav.
Sallusti e Corona sono concordi nel ritenere sbagliata la richiesta del pm.
“Viviamo in una democratura” — afferma lo scrittore trentino — “Devi stare attento alle parole, che non sono cani che con un fischio tornano indietro. Erri è l’unico amico che mi è rimasto. E’ una persona dolce e buona. Ma il problema è che ha un passato in Lotta Continua e secondo me questo ha influenzato i giudici. Io, ad esempio, a La Zanzara ho detto le stesse cose di Erri e non sono stato denunciato“.
E aggiunge: “Probabilmente, e spero di non essere querelato per questo, si è voluto prendere lo scrittore come esempio di guerrigliero e farlo da deterrente ai No Tav, in modo da dare una lezione a uno per tirare le orecchie a tanti. Per me” — continua — “vale quello che disse Henry David Thoreau nel suo saggio “Disobbedienza civile”, un libricino che dovrebbe stare sul comodino di giudici e di gente normale: quando una legge è iniqua, bisogna ribellarsi civilmente. La frase sulle cesoie? Le cesoie non sono dinamite, servono anche a potare le vigne, non mi danno l’idea di terrorismo”. Sallusti osserva: “Erri De Luca ha passato la vita a fare il cattivo maestro, ma ha il diritto di farlo e non va arrestato per questo. No al carcere per le idee. La sua è sicuramente un’opinione forte, siamo sul filo dell’istigazione, ma a me spaventa che ci sia un giudice che stabilisca dove mettere questo filo: a destra o a sinistra”.
E sottolinea: “Chi ha messo in atto le parole di De Luca va punito, come chi ha usato le cesoie. Se togliessimo però agli intellettuali il diritto di istigare, allora Pasolini non sarebbe mai esistito: sarebbe stato arrestato e poi dimenticato. Da Socrate in poi sarebbero stati arrestati tutti”.
Poi la sua accusa ai ‘cinguettatori’ della rete: “Se fosse giusto condannare De Luca, allora due terzi del popolo di twitter andrebbe processato e condannato almeno a 8 mesi di reclusione, perchè gli insulti e le minacce, che viaggiano sulla rete sono all’ordine del giorno. Io ne ricevo centinaia ogni giorno. Perchè allora De Luca sì e Mario Bianchi no? Soltanto perchè non è famoso?”

(da “il Fatto Quotidiano”)

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IL SINDACO LEGHISTA CACCIA I GIOCATORI PROFUGHI DAL CAMPO DI CALCIO: “SONO “IBRIDI” NON HANNO DIRITTO AD ALLENARSI”

Settembre 22nd, 2015 Riccardo Fucile

A MORTARA IL COMUNE COSTRINGE LA SOCIETA’ DI CALCIO AD ANNULLARE ACCORDO CON COOPERATIVA CHE ASSISTE MIGRANTI… MA UN REPARTO DI PSICHIATRIA ESISTE IN ZONA?

I profughi non possono allenarsi sui campi di calcio del Comune di Mortara, città  amministrata da un monocolore leghista.
La società  locale, che milita in Seconda categoria, ha annunciato la revoca dell’accordo verbale che aveva preso nei giorni scorsi con la cooperativa Faber, che ospita 131 richiedenti asilo in quattro strutture lomelline, di cui due proprio a Mortara.
Volevano far giocare una quarantina di ragazzi, tra i quali due libici che nel loro Paese militavano tra i professionisti: “Poteva essere un’occasione di integrazione – ha spiegato il presidente della cooperativa, Fabio Garavaglia – ma anche la possibilità  di scoprire qualche talento tra questi ragazzi”.
Hanno avuto il tempo di fare un solo allenamento, poi il Comune ha imposto alla società  il dietrofront: se non fosse tornata sui suoi passi, avrebbe rischiato la revoca della convenzione per la gestione dei campi, per la quale percepisce un contributo dal Comune di 40 mila euro all’anno.
“Noi non vogliamo che persone con uno status ibrido si allenino sui campi da calcio del Comune di Mortara” dice il sindaco Marco Facchinotti .

(da “il Fatto Quotidiano”)

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LE DIECI BALLE BLU

Settembre 22nd, 2015 Riccardo Fucile

OGNI TANTO RENZI RISCOPRE IL CAZZARO CHE E’ IN LUI

Ieri, quando non parlava di Costituzione — materia in cui è sempre da insufficienza grave — Matteo Renzi ha dimostrato padronanza dei dossier e una certa abilità  dialettica.
Un anno e mezzo a Palazzo Chigi non sono passati invano: il premier ha studiato, e si vede da come parla di immigrazione, semplificazione, pensioni e soprattutto degli aspetti psicologici dell’economia, ignoti alla vecchia sinistra grigia e ideologica, ma utilissimi a dare fiducia ai consumatori.
La promozione sarebbe a pieni voti senza le solite balle sui nuovi posti di lavoro grazie al Jobs Act, la rimozione dei poveri in aumento, le smargiassate da mosca cocchiera (“Senza di noi, l’Ue non parlerebbe di immigrati”, ma forse voleva dire: senza la Merkel), le berlusconate di ritorno (“non mettiamo le mani nelle tasche degli italiani”) e le gaglioffate da americano a Roma (“il tannel di Calais”).
Poi purtroppo, quando affronta il tema del Senato e non solo, è come se il cazzaro che è in lui riprendesse il sopravvento, portandolo a dire asinerie da ripetente di prima elementare.
1. “Oggi i nostri avversari dicono il contrario di ieri”.
Vero: FI scrisse e votò col Pd sia l’Italicum sia il nuovo Senato, poi cambiò idea. Ma nemmeno lui scherza: per vincere le primarie prometteva di “dimezzare numero e indennità  dei parlamentari e sceglierli noi con i voti, non farli decidere a Roma con gli inchini al potente di turno”, affinchè i cittadini potessero “guardarli in faccia”, controllarli e premiarli o bocciarli. Invece,con le sue schiforme,avremo 2/3 dei deputati e tutti i senatori nominati. Se li guardi in faccia, non sai chi siano.
2. ”Questa riforma costituzionale la voleva il centro sinistra negli ultimi 20 anni, e prima il Pci e parte della Dc”.
Forse il superamento del bicameralismo paritario (tuttora condiviso da tutti i partiti e i costituzionalisti), non certo un Senato ridotto a cameretta senza poteri, a dopolavoro dei consiglieri regionali che lavorano gratis perchè sono inutili, però ricompensati con l’immunità . Questa boiata non l’ha mai chiesta nè immaginata nessuno, tranne lui, la Boschi e Verdini. Ed è qui che dissentono non solo le opposizioni interne ed esterne, ma anche i migliori giuristi e il 73% degli italiani (sondaggio Ipsos-Corriere).
3. “Noi massima apertura, la minoranza solo diktat e continui rilanci”.
La questione è molto semplice: la minoranza chiede che i senatori vengano eletti dai cittadini, Renzi & C. che vengano nominati dai consiglieri regionali. Dove sarebbero le aperture?
4. “C’è un punto da chiarire: cosa fa il presidente del Senato?
Se apre a modifiche di una norma già  approvata con la doppia conforme (l’art. 2 del ddl Boschi sulla non-elettività  del Senato,votato in prima lettura sia a Montecitorio sia a Palazzo Madama, ndr), sarebbe grave e inedito”.
Balla sesquipedale: per informazioni, chiedere a Napolitano, che nel 1993 da presidente della Camera rimise ai voti un d-dl costituzionale già  votato in entrambe le Camere.
E dia una ripassata all’art. 72 della Costituzione:“La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i ddl in materia costituzionale”. Con emendamenti e votazioni.
Tanto più che l’art. 2 uscito dal Senato è cambiato alla Camera: doppia lettura, ma non conforme, come nel ’93.
5. “Se Grasso non stravolge Costituzione e regolamenti e ci fa lavorare su ciò che non è doppia conforme, ci mettiamo d’accordo in 10-12 minuti netti”.
Grasso stravolgerebbe la Carta se non facesse votare gli emendamenti all’art. 2. In ogni caso, come si mette d’accordo in 10-12 minuti chi i senatori li vuole eleggere e chi li vuole nominare?
6. “L’elezione diretta non può sussistere: è proibita dalla doppia conforme. Ma può esistere la designazione”.
La designazione non esiste in natura: si chiama nomina dall’alto, cioè dai consigli regionali,mentre l’elezione è una scelta dal basso degli elettori,l’unica consentita dalla Costituzione: il Senato conserva funzioni legislative e di revisione costituzionale, dunque farlo nominare o designare significa violare l’art. 1 della Carta: “La sovranità  appartiene al popolo”. Non alle Regioni.
7. “Basta con i dettagli tecnici sul comma x l’emendamento y dalle cucine delle Feste dell’Unità  ci dicono di andare avanti”.
Con buona pace delle cuoche, queste sono questioni di sostanza, che rendono incostituzionale la sua riforma costituzionale.
8. “L’Italia dei gufi è minoranza. Martedì i due talk show hanno fatto meno di Rambo, perchè raccontano sempre che va tutto male”.
Ora, Ballarò (1.095.000 spettatori) e Di Martedì (839.000) vanno in onda contemporaneamente, dunque la somma dei gufi è 1.934.000, contro i 1.349.000 fans di Rambo.
Ma c’è qualcuno che va peggio sia dei gufi sia di Rambo: Renzi, che l’ultima volta a Virus fu visto da 1,5 milioni di persone, e l’ultima volta a Porta a Porta ne mise insieme appena 1.224.000, sbaragliato dai Casamonica che l’indomani ne raccolsero 1.340.000 senza neppure precisare come la pensano sull’elettività  del Senato.
9. “Scegliendo Corbyn, i laburisti inglesi sono gli unici al mondo che godono a perdere”.
A parte la preoccupante ignoranza sulle cause del trionfo delle sinistre radicali in mezza Europa (l’aumento delle diseguaglianze sociali), la stessa cosa potrebbe dire Corbyn del Pd che ha scelto Renzi, visto che da allora non s’è più votato nè in Gran Bretagna nè in Italia. O forse Renzi confonde le comunali a Firenze con le elezioni politiche?
10. “Le menzogne hanno le gambe corte”.
Almeno questo è vero. Ma chi gli dice che sia una bella notizia?

Marco Travaglio
(da “il Fatto Quotidiano”)

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LA RIFORMA DEL SENATO REGALA L’IMPUNITA’ A 21 SINDACI

Settembre 22nd, 2015 Riccardo Fucile

IL PARLAMENTO LAVERA’ I REATI: NON POTRANNO ESSERE PERQUISITI, INTERCETTATI E ARRESTATI SENZA AUTORIZZAZIONE DEL SENATO

Col Senato 2.0 di Renzi il primo cittadino di Venezia sarebbe ancora Giorgio Orsoni, oggi ai
domiciliari per l’inchiesta sul Mose con richiesta di patteggiamento.
Il Comune di Trani avrebbe ancora a che fare con il “comitato politico-affaristico” che pilotava gli appalti. Il suo sindaco, Luigi Riserbato, non sarebbe stato interdetto dai pubblici uffici e non si sarebbe mai dimesso.
Nulla si sarebbe poi saputo di Calatafimi, comune del Trapanese dove Nicolò Ferrara deliberava le gare di giorno e prendeva la stecca di sera: perchè tanto onesto e puro era da presiedere il “Consorzio per la legalità ” e tenere seminari sulla corruzione in Prefettura. A inchiodarlo, ancora una volta, le intercettazioni.
E’ lungo, lunghissimo, l’elenco dei sindaci disarcionati in questi anni dalle inchieste giudiziarie.
Presto però quell’elenco potrebbe accorciarsi di quel po’. Perchè tra gli effetti collaterali della riforma del Senato che tiene banco da mesi c’è anche quello di concedere il privilegio dell’impunità  ai primi cittadini d’Italia: niente più arresti, niente intercettazioni o perquisizioni per loro senza autorizzazione del Parlamento. Per cinque anni, a tutto beneficio della prescrizione.
E’ l’effetto imprevisto di una piccola ma ingombrante “svista” del governo e delle competenti commissioni parlamentari: mentre sui 74 consiglieri regionali si cercano accordi per dar loro una parvenza di elettività  col cosiddetto “listino”, nulla si dice a proposito di quei 21 sindaci, uno per regione più uno ciascuno per le Province autonome di Trento e Bolzano.
Loro saliranno tutti sul Freccia Rossa diretto a Palazzo Madama, e non sarà  il cittadino-elettore a rifornirli di biglietto nè tantomeno a fermarli con le preferenze.
Poco importa ora se in questo   modo viene aggirata del tutto la disposizione con cui nel 1957 il legislatore aveva disposto l’incompatibilità  tra le cariche di sindaco (sopra i 20mila abitanti) e di parlamentare.
Perchè nei successivi 58 anni i partiti hanno fatto spallucce catapultandone a dozzine (oggi, tra le grandi città : Biffoni a Prato, Decaro a Bari e Bitonci a Padova…).
Il punto vero è che adesso una legge dello Stato — costituzionale per di più! — li spinge a forza in Senato e li mette tutti sotto l’ombrello delle guarentigie: significa, in soldoni, che un minuto dopo il giuramento sulle loro spalle calerà  la coperta dell’immunità  parlamentare, pur continuando a deliberare atti e concessioni in veste di sindaci. Fine degli arresti, zero intercettazioni, giammai perquisizioni senza il via libera del Senato.
In altre parole: i sindaci non saranno più sottoposti al controllo di legalità  della magistratura, come gli altri cittadini.
Che rubino o ricettino materiale pedopornogrfico (è successo a febbraio, a un sindaco del Salernitano) il destino delle loro vite sarà  sottratto ai giudici ordinari e appeso al chiodo della Giunta per le autorizzazioni e dell’Aula, dove la ragion politica è riuscita a salvare Azzollini dall’arresto e Calderoli da un processo.
Il primo, in fondo, doveva rispondere solo di associazione a delinquere. Il secondo d’aver paragonato un ministro a un gorilla. Non è questione di lana caprina: in ballo ci sono l’architettura istituzionale dello Stato e la classe di amministratori e politici locali più mediocre e corrotta di sempre.
E’ poi vero che il loro mandato terminerà  con quello delle amministrazioni locali cui appartengono. E che quindi si dà  per acquisita l’elettività  indiretta per una sorta di “proprietà  transitiva”: i cittadini eleggono i consiglieri regionali, questi a loro volta eleggono i sindaci-senatori.
Ma la selezione fatta dai partiti e nelle urne non si è dimostrata un sostituto adeguato ai magistrati, nè un antidoto alla corruzione della classe politica.
Al punto che per arginare gli “impresentabili” messi in lista si è dovuto ricorrere a una “legge speciale”, la Severino, che ponesse limiti alla candidabilità  dei condannati. E gli indagati? Fieramente resistono e in attesa di giudizio… si candidano.
Come il sindaco di Bolzano, per dire. Gigi Spagnolli (Pd) si è candidato per la terza volta rischiando il rinvio a giudizio ad urne aperte.
Un domani potrebbe tranquillamente vestire i panni di senatore della Repubblica. Proprio in questi giorni la Procura sta chiudendo l’indagine a suo carico (abuso d’ufficio) in una vicenda di concessioni edilizie sospette, a favor di centro commerciale.
Ecco, se passasse la riforma del Senato e fosse scelto in “quota Bolzano”, Spagnolli potrebbe riporre la pratica nel cassetto, congedare i suoi legali e fare “ciao ciao” con la manina ai pm mentre sale sul treno per Roma.
Così, grazie alla riforma, per gli amministratori locali inguaiati si accenderà  una lucina in fondo al tunnel: quelli che avessero un problema con la giustizia per quel che fanno da sindaci lo risolverà  all’istante con le prerogative che hanno come senatori. Un incentivo a delinquere.
La Riforma della Costituzione disegnata dal Governo rischia così di consegnare alla storia il peggior Senato della Repubblica, zeppo di casi umani e giudiziari.
Le ragioni affondano nella debolezza dell’impianto della legge che non abolendo il Senato ne tiene in vita un fantoccio sgonfio.
Nel passaggio alla Camera sono evaporate in ordine: le “funzioni in via esclusiva” di intrattenere rapporti con la Ue, quella di controllo sui curricula delle authority, le competenze sui temi di bioetica, famiglia, diritti eccetera. Cosa resta? Quasi nulla.
E se il nuovo Senato nulla conta, questo il punto, anche chi lo compone conterà  come il due di picche a briscola. Non solo.
Essendo la carica sprovvista di obolo — perchè la riforma occasione di risparmio vuol sembrare — non c’è neppure l’appeal del guadagno.
Per tutte queste ragioni insieme l’investitura sarà  percepita da chi la riceve come una vera iattura.
E l’unica ragione per dedicarsi al pendolarismo romano, tolte di mezzo le altre, sarà  il beneficio dell’immunità . Così, una volta capita l’antifona, sul treno per Roma si farà  fatica a trovare posto.

Thomas Mackinson
(da “il Fatto Quotidiano”)

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