Dicembre 2nd, 2015 Riccardo Fucile
FINALMENTE SI PARLA DI LIGURIA SUI MEDIA: PER QUALCHE INIZIATIVA DEL GABIBBO BIANCO? NO PER L’ASSESSORE TACCO 12, EX DIPENDENTE MEDIASET E AMICA DELLA MOGLIE DEL GOVERNATORE
Dicono che i tacchi bisogna saperli portare. In questo caso la frase va interpretata alla lettera, ovvero non stiamo parlando della capacità dell’assessore Ilaria Cavo di calzare anche un impegnativo tacco 12, quanto proprio della sua scarsa predisposizione a portare, di “persona personalmente” come direbbe il Catarella di Montalbano, le proprie scarpe dal calzolaio per le riparazioni
La vicenda di cui si mormora in tutti gli uffici regionali e divenuta anche un caso sindacale, riguarda infatti questa banale commissione – e le sue conseguenze che la titolare della cultura e della comunicazione ha deciso di delegare ad un’impiegata.
Ma l’impiegata non avrebbe portato a termine la missione secondo le direttive, suscitando così le ire della ex giornalista.
Provocando quindi il trasferimento in altro ufficio dell'”addetta al ciabattino”.
Questo sostengono le voci e pure una maligna ma dettagliata lettera anonima che in queste ore viene letta in via Fieschi assai più delle circolari interne.
L’impiegata, M.P., contattata da Repubblica non commenta («so che la storia sta circolando ma mi capisca, io non ne voglio parlare») ma i sindacati confermano che la richiesta di una nuova destinazione è arrivata dopo il caso dei tacchi, mentre l’assessore Cavo spiega di non aver ordinato a nessuno di portare le scarpe a riparare, che l’impiegata si offrì volontariamente e che, naturalmente, la rimborsò della spesa sostenuta.
Per fare un po’ d’ordine in questa vicenda, tanto piccola nel merito quanto importante nella forma, bisogna partire dal signor Renato Giusquiami titolare della “Bottega del calzolaio” di via Porta Soprana.
«La Ilaria Cavo – esordisce- è bravissima, la seguo da sempre, da Primo Canale a Mediaset e Rai, e sua mamma ( ne pronuncia il nome, ndr ) è una mia vecchia cliente. Il problema con le scarpe lo ricordo benissimo. Circa due mesi fa un’impiegata mi ha portato delle scarpe per risuolare il tacco. Il giorno dopo è tornata dicendomi che la Cavo era arrabbiatissima perchè c’era da mettere una pezza a uno strappo. Ma nè lei nè io ci saremmo sognati di fare un lavoro che non ci era stato richiesto. Così le ho riparate, lei ha pagato ed è finita lì».
Ma per l’impiegata M.P. non sarebbe finita lì.
Poche settimane dopo avrebbe chiesto e ottenuto il trasferimento. Amareggiata sia per essere stata utilizzata per mansioni del genere e per di più per essere stata pure sgridata.
L’assessore Cavo risponde: «Ho accordato io tranquillamente il suo trasferimento, che lei ha chiesto. Forse non reggeva i nostri ritmi, o forse non sarà andata d’accordo con qualcuno, succede, ma non è stato segnalato alcun problema, nè lo hanno fatto i sindacati».
I sindacati però raccontano: «Sapevo di questa richiesta di trasferimento legata a ragioni di incompatibilità di carattere con l’assessorato, anche per via degli atteggiamenti di alcune nuove collaboratrici. E per altro devo dire che abbiamo anche altre domande di trasferimento sempre da quell’ufficio per la stessa ragione, ossia per le questioni diciamo così “ambientali”» dice Aldo Ragni segretario regionale della Uil.
Michela Bompani e Marco Preve
(da “La Repubblica”)
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Dicembre 2nd, 2015 Riccardo Fucile
MORANDO PROMETTE AIUTI, MA PRIMA BISOGNERA’ DIMOSTRARE IN TRIBUNALE LA VENDITA TRUFFALDINA, QUINDI FAR PAGARE IL CONTO A CHI LI HA VENDUTI
Ora il Tesoro scopre che in banca non tutto fila come dovrebbe e prodotti rischiosi vengono venduti come sicuri a clienti ignari.
A parlarne in termini inequivocabili, ma a cose fatte, è stato il viceministro dell’Economia, Enrico Morando proprio nel giorno dell’arrivo alla Camera del discusso decreto salva-banche che dopo mesi di studio ha messo in sicurezza Banca Marche, Banca Etruria, CariChieti e Cassa di Risparmio di Ferrara, colpendo azionisti e obbligazionisti subordinati da giorni in rivolta.
“L’azzeramento del valore delle obbligazioni subordinate — come tali parte del capitale di rischio — costituisce un vincolo non eludibile, imposto dalla Direzione Generale Competitività (l’Antitrust Ue, ndr) per approvare gli interventi del fondo di risoluzione”, si è inizialmente scusato Morando che è intervenuto sul tema in Commissione bilancio della Camera.
L’esecutivo, ha aggiunto poco dopo, “è tuttavia consapevole che — almeno ad una parte dei risparmiatori coinvolti — la natura dello strumento obbligazione subordinata poteva non essere perfettamente nota“.
Per questo, ha proseguito, il governo “ha avviato una approfondita verifica circa la possibilità che siano messe in atto misure in grado di ridurre gli effetti negativi del processo di risoluzione sulla componente socialmente più debole degli investitori coinvolti, che possa aver agito senza la necessaria consapevolezza del livello di rischio del prodotto acquistato”.
Difficile capire a quale tipo di misure stia pensando Morando, visto che il salva-banche approvato il 22 novembre scorso è frutto di mesi di studio e trattative con Bruxelles ed è appena stato inserito nella legge di Stabilità con un emendamento governativo.
Certo, la misura potrà essere modificata con i sub emendamenti, che dovranno essere presentati entro le 11.00 di venerdì.
Ma è improbabile che siano efficaci e tempestivi: prima di tutto bisognerà dimostrare in tribunale la vendita truffaldina dei prodotti bancari.
Quindi far pagare il conto a chi li ha venduti e non a chi li ha comprati.
Oltre che ai vigilanti che hanno chiuso un occhio.
Ma i tempi della giustizia non coincidono con quelli della politica, come ben sa perfino Morando.
Rino Cole
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Dicembre 2nd, 2015 Riccardo Fucile
“ESTREMISTA E’ LO STATO CHE MI HA DISTRUTTO LA VITA ROVINANDOMI LA REPUTAZIONE E NEGANDOMI IL DIRITTO DI DIFENDERMI”
Il 20 agosto 2015 Diana Ramona Medan, cittadina rumena residente a Bolzano, viene espulsa dall’Italia perchè considerata “un pericolo per la Repubblica”.
Secondo il Viminale, “è stato possibile accertare il suo impegno nella propaganda jihadista e il suo desiderio di combattere al fianco dei mujaheddin”.
Sotto la lente degli investigatori la sua attività sui social network dove, secondo le prove raccolte, la donna inneggia alla guerra santa, si dice pronta al martirio ed esprime parole pesanti sulla strage di Charlie Hebdo.
L’operazione scatta al rientro dalla Tunisia dove si era recata insieme al marito tunisino per il matrimonio del genero.
Rimpatriata a Bucarest, le autorità non la considerano una minaccia e la lasciano subito andare via.
“Così mi sono trasferita a Innsbruck vicino ai miei cari che stanno Alto Adige”.
Già perchè per Vienna, Diana non rappresenta un pericolo per la sicurezza nazionale e può rimanere sul territorio nazionale da cittadina libera.
“La polizia austriaca mi ha augurato che in Italia possa avere giustizia e vincere il ricorso — racconta — Ho iscritto le mie due bimbe qui a scuola e mio marito, che lavora a Bolzano, lo vedo una volta la settimana”.
Diana si converte all’Islam circa 10 anni fa, dopo avere conosciuto suo marito che è tunisino.
Finisce sotto la lente dell’Antiterrorismo in seguito alla sottoscrizione di una petizione contro il divieto di indossare burqa e nijab.
Da quel momento, secondo le autorità italiane, comincia il suo percorso di radicalizzazione.
Ma lei nega di essere una musulmana intransigente e attacca: “E’ in atto una psicosi contro il diverso. Se c’era qualcosa contro di me avrebbero dovuto indagarmi, non avendo trovato niente si sono limitati a cacciarmi da casa mia. E’ una forma di estremismo anche questa che mi ha distrutto la vita e rovinato la reputazione negandomi pure il diritto di difendermi”
Lorenzo Galeazzi
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Dicembre 2nd, 2015 Riccardo Fucile
IERI SERA A LA7 LA SATIRA CORROSIVA DEL COMICO GENOVESE
Maurizio Crozza ha aperto la nuova puntata di Dimartedì (La7), soffermandosi sulla conferenza Cop21 a Parigi sul clima: “Giova, ricordavi un novembre così caldo? Di questo passo Babbo Natale in bermuda e con le infradito. Il 6 gennaio la Befana ai bambini buoni, anzichè la calza, porterà il Calippo. A Parigi ci sono tutti: Hollande, Merkel, Obama, Erdogan, Putin. A Parigi. Che clima vuoi ci sia? Un clima merda. Decideranno solo se chiamarla guerra fredda o guerra tiepida”.
E aggiunge: “In pratica a Parigi per salvare il pianeta dal riscaldamento globale ci stanno gli stessi che stanno per distruggerlo con la Terza Guerra Mondiale, che, tra l’altro, sta scoppiando in Siria per il petrolio che è proprio la cosa che fa più male al clima. E’ come se i tarli di tutto il mondo si riunissero per salvare il legno e intanto si ammazzassero tra di loro per rosicchiare un tavolino del cazzo”.
Il comico imita il premier: “Signori miei, ho soluzione: diamo 80€ al clima ‘una tantum’ e 500€ a tutti i faggi che compiono 18 anni, i faggiorenni“.
Crozza poi parla del caso Rozzano: “Era una bufala che il preside della scuola di Rozzano volesse annullare i festeggiamenti natalizi. Però sono arrivati tutti: Gelmini, La Russa, Salvini. Tanto che a Rozzano pensavano che fosse il promo di Guerre Stellari. E Salvini non vedeva l’ora… si è messo a distribuire statuine del presepe. Salvini, guarda che tutti quelli del presepe erano arabi, a parte i Re Magi che erano curdi“.
E aggiunge: “Scusate, ma qual è la nostra tradizione italiana del Natale? No, perchè io a Natale vedo solo gente isterica che compra forsennatamente regali, mangia 82 portate, si riempie di frutta secca, gioca a tombola fino alle otto di sera, per poi ricominciare a mangiare gli avanzi, e in più circondata da parenti che tendenzialmente odia. Vorrei ricordare a Salvini e a tutti che per rivivere un evento accaduto in Palestina 2000 anni fa ci montiamo in casa un abete che cresce in Trentino Alto Adige e ci facciamo portare i regali da un vecchio ciccione che vive in Lapponia, vestito dalla Coca Cola. Di che minchia di tradizioni stiamo parlando?“.
Crozza continua: “E’ come se Bersani qui adesso si mettesse a difendere i valori del Pd, con Renzi segretario. A quel punto, è più credibile il vecchio ciccione lappone. Vedere qui in studio Bersani mi fa lo stesso effetto del vedere Pietro Paolo Virdis, bravo, vecchia gloria, fuoriclasse. Ma che cazzo fa adesso? Almeno Virdis ha aperto una enoteca a Milano. Bersani, perchè non torna alla pompa di benzina a Bettole?”.
Inevitabile l’imitazione dell’ex segretario del Pd: “Porco boia, ragazzi, l’albero di Natale non lo addobbi mica con le palle che s’inventa Renzi“.
Finale con menzione del Cavaliere: “Berlusconi dice che il bonus da 500 euro di Renzi ai 18enni è una mancia disgustosa. E ci credo. Lui alle 18enni ha sempre regalato almeno un appartamento. Sempre che fossero 18enni, eh“
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Dicembre 2nd, 2015 Riccardo Fucile
LA REGOLA VALE SOLO PER GLI ALTRI, NON PER GLI SCONTRINI DEL PREMIER
Il ministro Marianna Madia, ospite a Bologna del convegno “Viaggia nell’Italia che innova”, organizzato da Sole24ore e Confindustria e EY, prima parla dell’imminente varo del FOIA, il Freedom Of Information Act indirizzato a “un accesso civico generalizzato per le informazioni della pubblica amministrazione”.
Ma pochi istanti dopo avere parlato del nuovo Act del governo (il secondo dopo il Jobs Act) e avere citato la “trasparenza“, il titolare della Pubblica Amministrazione non risponde a una domanda del Fatto sulla questione degli scontrini di Matteo Renzi quando era sindaco di Firenze.
La vicenda è nota.
Dopo che la Corte dei conti della Toscana aveva archiviato l’inchiesta sulle spese dell’ex primo cittadino fiorentino, il consigliere comunale di opposizione Tommaso Grassi (Sel), che da troppo tempo chiede l’accesso alla documentazione, ha continuato a insistere sulle ricevute delle spese sostenute dall’ex sindaco, comprese quelle riguardanti pranzi e cene. Inizialmente l’amministrazione, ora guidata dal sindaco Dario Nardella, aveva parlato di impossibilità di consegnarli per la “riservatezza” dovuta alle indagini dei magistrati contabili.
E se la scusa non reggeva, le indagini ora sono definitivamente chiuse: “Non ci sono più scuse. Devono darmi copia degli scontrini di Renzi. Non ci sono veti nè inchieste”, aveva detto Grassi.
I consiglieri che fanno richiesta di accesso agli atti della pubblica amministrazione comunale hanno per legge il diritto di ottenerli.
A proposito di trasparenza.
Ma c’è trasparenza e trasparenza, intendiamoci.
Così, il ministro della PA a domanda non risponde, preferendo la fuga
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Dicembre 2nd, 2015 Riccardo Fucile
AUMENTA IL GRUPPO MISTO, PERDONO FORZA ITALIA, M5S E LEGA…COME SONO SPESI? IL 70% SERVE A PAGARE IL PERSONALE
Più di 50 milioni di euro l’anno. Tanto costano a Camera e Senato i gruppi politici che oggi, da sinistra a destra, compongono i due rami del parlamento (dove la riforma costituzionale è ancora in discussione).
Montecitorio e Palazzo Madama, infatti, nel solo 2014 hanno stanziato rispettivamente 32 e 21,3 milioni di euro per le formazioni elette dai cittadini alle politiche.
Deputati e senatori.
Da inizio legislatura – marzo 2013 – il totale calcolato sui due anni è di 106,7 milioni di euro. Soldi che vanno ad affiancarsi ai rimborsi elettorali destinati ai partiti a ogni chiamata alle urne. A fine 2014, sette gruppi parlamentari hanno chiuso il bilancio in negativo: tra questi, la Lega. E Forza Italia al Senato.
Ma come viene diviso questo denaro? E come viene speso?
Di sicuro c’è che il numero elevato di cambi di casacca – di passaggi, cioè, da un gruppo politico all’altro – influisce di gran lunga sulla ripartizione della cifra.
Ciascun gruppo, infatti, riceve un contributo destinato al proprio funzionamento che viene calcolato, fra le altre cose, sulla base della propria composizione: più è grande – dunque più parlamentari vi risultano iscritti – e più soldi riceverà .
Ciò significa che l’acquisizione o la perdita di esponenti non sarà soltanto un ‘dato’ politico ma influenzerà pesantemente anche l’ammontare dei fondi a disposizione. Secondo i dati Openpolis per Repubblica.it, è stato possibile valutare l’apporto fornito da ciascun parlamentare iscritto proprio a partire dal contributo annuo stanziato da Camera e Senato.
Si tratta di circa 50mila euro a deputato e di oltre 67mila euro a senatore.
“Sono stime – precisa Openpolis – che permettono di capire quanto si perda o si guadagni attraverso il valzer dei cambi di casacca”.
Sulla base di tali stime, tra Camera e Senato il Pd oggi riceverebbe circa 1,3 milioni di euro in più grazie ai 23 parlamentari entrati nel corso della legislatura.
Sempre per gli stessi motivi, l’implosione del Pdl a fine 2013 con la genesi del Nuovo centrodestra e la ‘rinascita’ di Forza Italia farebbe sì che nei bilanci dei berlusconiani vengano a mancare grosso modo 5 milioni di euro.
Certo, il trasformismo in parlamento è fenomeno che fa parte da sempre del nostro assetto costituzionale ma che in questi ultimi anni, complici le spaccature interne a tutti i partiti, ha raggiunto nuove dimensioni.
Di sicuro, deputati e senatori sono costituzionalmente liberi (articolo 67) di cambiare gruppo senza dover renderne conto.
E se nel 2010 sono stati proprio improvvisi cambi di gruppo – e di schieramento – a salvare il governo guidato da Silvio Berlusconi (vedi i casi di Domenico Scilipoti e Antonio Razzi), più recentemente si è assistito al proliferare di espulsioni sommarie (come nel caso del Movimento 5 Stelle), scissioni interne (dopo il Pdl, anche la rottura dentro Fi a opera dei fittiani e dei verdiniani) e la fine di esperimenti politici, tipo Scelta civica.
Basti pensare che oggi alla Camera il terzo partito più grande, addirittura più di Forza Italia, è il gruppo Misto.
Con 59 deputati (contro i 53 azzurri) si propone come un approdo sempre più accogliente. Dalla nuova creatura di Denis Verdini (Ala) a quella di Raffaele Fitto (Conservatori e riformisti) passando per Pippo Civati, alla fine in tanti a Montecitorio si sono iscritti al Misto pur di non scomparire.
Ma chi ha vinto e chi ha perso dopo oltre 300 cambi di casacca?
Il Misto è tra coloro che incasserebbero di più (2,1 milioni in aggiunta), sorpassato soltanto da Area popolare (Ncd più Udc) al quale andrebbe quasi il doppio. A cedere, oltre Fi, anche Lega, Sel e M5s.
Tutti i gruppi, inoltre, spendono la parte principale del loro budget per il personale: in media il 70% del totale. In questa voce rientrano i dipendenti, i collaboratori e anche le consulenze.
Al netto dei consulenti, di cui non viene fornito il dettaglio, nel 2014 hanno lavorato per i gruppi parlamentari oltre 500 persone, con un rapporto di 1 ogni 2 eletti a Palazzo Madama e Montecitorio.
Non rientrano nel conteggio gli assistenti dei singoli parlamentari che fanno invece parte dello staff personale.
I bilanci 2013-2014 dei gruppi parlamentari
Area popolare (Ncd più Udc).
I dati del gruppo, che inizialmente si chiamava Nuovo centrodestra, sono fortemente influenzati dalla sua nascita, avvenuta dopo le elezioni politiche del 2013. Per questo motivo sia il contributo ricevuto sia, più in generale, le risorse impiegate, hanno subìto forti variazioni nel corso della legislatura.
Fratelli d’Italia.
Il gruppo è presente solamente a Montecitorio. La sua consistenza nei due anni di riferimento non è variata, e quindi il maggior contributo è dovuto ai maggiori mesi di attività del parlamento. E’ uno dei pochi gruppi in cui il rapporto personale-deputati è di 1 a 1.
Forza Italia.
Il gruppo, ex Pdl, è fra quelli che ha subìto le perdite maggiori (numero di iscritti) da inizio legislatura. Ad oggi risulta avere 35 deputati in meno alla Camera e 48 senatori in meno al Senato, per una tendenziale contrazione del contributo ricevuto pari a 5 milioni di euro l’anno.
Lega Nord.
Da inizio legislatura le entrate del gruppo, presente sia alla Camera sia al Senato, sono state pari a 4,6 milioni di euro. Una percentuale molto alta, oltre l’11% a Montecitorio e il 12% a Palazzo Madama, è stata spesa in comunicazione. Nessun altro gruppo in parlamento raggiunge le percentuali del Carroccio.
Movimento 5 Stelle.
Da inizio legislatura, le entrate del gruppo, presente sia alla Camera sia al Senato, sono state pari a 13,4 milioni. Entrambi gli anni di legislatura sono stati chiusi con un avanzo di gestione. Dopo Forza Italia, il M5s risulta essere il gruppo politico che ha perso più membri dalle scorse politiche (e che non si è sciolto). Ad oggi, la sua perdita tendenziale annua sarebbe pari a 2 milioni di euro.
Misto.
Le entrate del gruppo Misto sia alla Camera sia al Senato sono fortemente legate agli esborsi per il personale (circa l’80%). Nei continui cambi di gruppo dell’attuale legislatura però, il gruppo Misto ha visto i suoi numeri salire fortemente, segnando un +23 alla Camera e un +14 al Senato. Ad oggi, la crescita tendenziale del suo contributo sarebbe pari a 2 milioni l’anno.
Partito democratico.
In entrambi i rami del parlamento, il Pd è il gruppo più numeroso. Da inizio legislatura ha avuto entrate pari a 38,5 milioni di euro, finendo tanto il 2013 quanto il 2014 con un avanzo di bilancio. Il crescente numero di parlamentari iscritti al Pd, sia alla Camera sia al Senato, non farà che aumentare il contributo che riceve il gruppo, un incremento tendenziale ad oggi pari a 1,3 milioni di euro l’anno.
Scelta civica.
Dopo Forza Italia e il Movimento 5 Stelle, è il terzo gruppo maggiormente in perdita da inizio legislatura. Completamente sparito al Senato, alla Camera ha ad oggi un saldo negativo di 22 deputati, per una perdita tendenziale di contributi da parte di Montecitorio pari a 1,1 milioni di euro l’anno. Dopo Sel, è il gruppo alla Camera che ha speso di più nell’acquisto di beni in relazione ai suoi iscritti: circa 438 euro per deputato in due anni.
Sinistra ecologia e libertà .
Il gruppo è presente solamente a Montecitorio. In due anni ha ricevuto quasi 3 milioni di euro. E’ uno dei gruppi che ha potuto sopportare una chiusura del 2014 in negativo, grazie all’avanzo di bilancio ereditato dal 2103. Ben 12 le perdite all’interno del gruppo alla Camera, con un calo tendenziale ad oggi di 609mila euro l’anno.
Spese per il personale.
Circa il 70% delle risorse a disposizione dai gruppi parlamentari viene impiegato per pagare il personale: si tratta di circa 70 milioni di euro da inizio legislatura. Cifre e numeri importanti se si considera che questi non includono gli assistenti nè i collaboratori personali dei parlamentari stessi. “La Camera e il Senato – sottolinea Openpolis – hanno regole piuttosto stringenti che disciplinano l’assunzione di personale dipendente da parte dei gruppi. I quali, anche per non incorrere in questi vincoli, hanno aumentato nel tempo l’attivazione di collaborazioni temporanee e di consulenze esterne. Una libertà di azione e di rendicontazione che ha portato alla pubblicazione – da parte dei gruppi – di informazioni poco omogenee ed esaustive. Se da un lato quindi, il ‘quanto’ viene speso è riportato in maniera chiara, non si può dire altrettanto per altre questioni. Per fare un esempio: accanto alla cifra stanziata per le spese di consulenza, spesso e volentieri non segue un dettaglio. Mettere insieme il numero esatto di collaborazioni e consulenze non è quindi sempre evidente”.
Nonostante le difficoltà nel ricostruire il dato, dunque, nel 2014 sono state contate oltre 560 persone (dipendenti e collaboratori) che lavoravano per i gruppi parlamentari di Montecitorio e Palazzo Madama, con un rapporto di 1 a 2 rispetto ai parlamentari. Alla sola Camera dei deputati nel 2014 sono state impiegate dai gruppi, tramite varie forme contrattuali, 380 persone.
Due gruppi a Montecitorio a fine 2014 avevano più personale che membri effettivi del gruppo stesso: Per l’Italia-Centro Democratico e Misto.
Fra tutti, il gruppo con il rapporto più basso, era il Movimento 5 Stelle (0,49).
Acquisto di beni e comunicazione.
Nonostante la mole di denaro sia notevolmente inferiore rispetto a quella dedicata al personale, nei bilanci dei gruppi ci sono altre due voci che assumono rilevanza.
Sono le spese per l’acquisto di beni (carburante, cancelleria, stampanti, libri e pubblicazioni) che ammontano a quasi 200mila euro, e quelle per il supporto all’attività politica (studio, editoria e comunicazione) che superano i 4,6 milioni.
Da un lato quindi si tratta di denaro utilizzato per la quotidianità del gruppo, dall’altro di soldi che hanno lo scopo di “pubblicizzare” l’attività portata avanti in parlamento. Feste di partito comprese.
Nel merito dell’acquisto di beni, in due anni i gruppi di Palazzo Madama hanno stanziato 81mila euro.
In media, a senatore, sono stati spesi 374,93 euro: un dato molto più alto rispetto alla Camera e fortemente trainato dal gruppo Misto che in due anni ha speso oltre mille euro per senatore, tre volte la media dell’aula.
In particolare, 7mila euro all’anno in carburante. Salta all’occhio anche il dato 2013 per il Movimento 5 Stelle, con 28mila euro utilizzati per l’acquisto di beni strumentali, portando il gruppo a totalizzare la più alta spesa assoluta in due anni, oltre 30mila euro.
Michela Scacchioli
(da “La Repubblica”)
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Dicembre 2nd, 2015 Riccardo Fucile
NON SOLO SIAMO SOTTO LA MEDIA EUROPEA, MA AUMENTANO LE DISEGUAGLIANZE
Nel Rapporto sul benessere equo e sostenibile in Italia dell’Istat il ritratto che emerge del Paese è ancora di forti disuguaglianze e contrapposizioni, tra Nord e Sud, ricchi e poveri, uomini e donne, anziani e giovani.
“Dopo la grande tempesta del 2013 e le criticità presente dal 2008, – spiega LInda Laura Sabbadini, direttore centrale dell’Istat – il 2014 è un anno di transizione. Si ferma la caduta e ci sono addirittura segnali di miglioramento. Le reti sociali, che hanno rappresentato un importante riferimento nella crisi, migliorano. Però tra Nord e Sud c’è una situazione speculare, in particolare rispetto a lavoro e sicurezza: il Sud si colloca ai livelli più bassi e con una dinamica peggiore per il lavoro, e la forbice è aumentata in questi anni, sia per la qualità che per la quantità del lavoro”.
Aumenta il reddito, ma non per tutti.
Nel 2014 all’aumento dello 0,7% della spesa per consumi, che prosegue anche nel 2015, si aggiunge il leggero aumento del reddito totale disponibile.
Però crescono le disuguaglianze nella distribuzione: il rapporto tra il reddito posseduto dal 20% della popolazione con i redditi più alti e il 20% con i redditi più bassi raggiunge il 5,8, dal 5,1.
Risale la propensione al risparmio, anche se il 12% precrisi è ancora lontano, e si riducono notevolmente le “azioni di contenimento della spesa”, per la prima volta dall’inizio della crisi.
La povertà non si riduce, ma almeno quella assoluta nel 2014 smette di salire, anche se affligge ancora notevolmente le famiglie con cinque o più componenti.
E per i più poveri non ci sono miglioramenti.
Il disagio delle persone con gravi difficoltà economiche però non si attenua: la ripresa non raggiunge le famiglie in situazioni di “grave deprivazione materiale”.
Si tratta di una serie di situazioni che limitano fortemente il benessere: il 15% della popolazione maggiore di 16 anni (il 20,6% della popolazione del Mezzogiorno) non può permettersi di sostituire gli abiti consumati, un quinto non può svolgere attività di svago fuori casa per ragioni economiche, un terzo non può permettersi di sostituire mobili danneggiati.
E ci sono anche indici di deprivazione costruiti su misura per i bambini: oltre il 7% non può permettersi di festeggiare il compleanno o di invitare a casa gli amici.
Nel Mezzogiorno il 16% dei bambini non può permettersi di partecipare a una gita scolastica e il 14,7% non dispone di uno spazio adeguato per studiare.
Il Mezzogiorno in generale, pur mostrando miglioramenti nelle situazioni di grave deprivazione, mantiene livelli superiori di tre volte al resto del Paese.
Più famiglie “a bassa intensità lavorativa”.
Anche se gli indicatori del lavoro migliorano, aumenta il numero di persone che vivono in famiglie “a bassa intensità lavorativa”, che cioè nell’anno precedente hanno lavorato per meno del 20% del loro potenziale.
Diminuiscono invece le famiglie che dichiarano di essere in difficoltà ad arrivare alla fine del mese, ma anche in questo caso c’è un abisso tra il 30,3% del Mezzogiorno e il 10,4% del Nord.
Dopo alcuni anni di “avvicinamento”, spiega l’Istat, il Sud ha riconominciato ad allontanarsi dal Nord nel 2011: le Regioni più penalizzate per l’indice di disagio e quello di disuguaglianza sono la Sicilia, la Campania, la Calabria e la Puglia.
Il lavoro cresce, ma aumentano mismatch e part time involontario.
Per la prima volta dal 2008 c’è una ripresa dell’occupazione, ma più lenta rispetto a quella Ue tant’è che aumenta il divario, che passa dagli 8,7 punti del 2013 a 9,3 punti. Inoltre, mentre il Europa migliora il tasso di mancata partecipazione al mercato del lavoro, in Italia aumenta di 1,2 punti (per via della crescita dei disoccupati e delle forze di lavoro potenziali, pur in presenza di un aumento degli occupati).
Inoltre in Italia la quota del part-time involontario è doppia rispetto al resto dell’Europa, e oltre 5 milioni di occupati, il 23% del totale, hanno un titolo di studio superiore a quello richiesto per il lavoro svolto.
Sale dall’85,7% all’88,6% la quota di coloro che ritengono improbabile la possibilità di perdere il proprio lavoro. Il 45,3% degli occupati si dichiara soddisfatto del proprio lavoro, percentuale in aumento di un decimo di punto sul 2013.
Infine, nonostante la ripresa dell’occupazione sia stata soprattutto al femminile, oltre il 27% delle donne che vogliono lavorare non ci riesce, contro il 19,3% degli uomini, e con un divario cinque volte superiore a quello europeo.
Inoltre il tasso di occupazione aumenta sopratutto per gli ultracinquantacinquenni (+3,5 punti), mentre l’indicatore scende al di sotto del 50% per i giovani 20-34enni e non mostra segni di recupero per le altre fasce di età .
Cresce la spesa in ricerca e sviluppo, ma lontani dall’Europa.
Nel 2013 la spesa per ricerca e sviluppo guadagna il 2,3% in termini nominali e l’1,1% in termini reali. L’incidenza sul Pil arriva all’1,31% contro l’1,27% del 2012 ma siamo lontani dal target nazionale di Europa 2020 dell’1,5% e abbiamo ancora un gap di 0,7 punti percentuali rispetto al 2% della media Ue28.
Rosaria Amato
(da “La Repubblica”)
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