Gennaio 28th, 2016 Riccardo Fucile
UN TERZO DEL PIL SOTTRATTO AL FISCO… ALTRI 200 MILIARDI DI ECONOMIA CRIMINALE
Al Pil ufficiale di circa 1.500 miliardi di euro, si affianca un Pil sommerso equivalente a circa un terzo, ovvero ad almeno 540 miliardi.
E’ la stima contenuta nel rapporto 2016 dell’Eurispes, che alle due cifre aggiunge anche oltre 200 miliardi di economia criminale.
Ai circa 540 miliardi di sommerso corrisponderebbero, considerando una tassazione del 50%, 270 miliardi di evasione. “Siamo tutti evasori? Probabilmente sì” scrive l’Eurispes.
L’istituto di ricerca parla di sommerso ed evasione fiscale come veri e propri fenomeni di massa, in cui trova terreno fertile il lavoro nero.
Secondo gli italiani, rileva il rapporto, le categorie che più spesso lavorano senza contratto sono le baby sitter (indicate nell’80% dei casi), gli insegnanti di ripetizione (78,7%) e i collaboratori domestici (72,5%).
Seguono badanti, giardinieri, muratori, idraulici, elettricisti, falegnami e, con una percentuale del 50%, i medici specialisti.
Nel corso del 2015, secondo l’Eurispes, ha accettato un lavoro senza contratto il 28,1% degli intervistati, contro il 18,6% dell’anno precedente.
Importanti segnali di miglioramento nell’ultimo anno per la situazione economica delle famiglie.
Secondo Eurispes, nel 2016 raddoppia la percentuale di quanti ritengono la situazione economica dell’Italia sia rimasta stabile nell’ultimo anno (dal 14,6% al 30,3%) e si dimezza quella di chi pensa ci sia stato un netto peggioramento (dal 58,4% al 23,3%). In aumento gli ottimisti: dall’1,5% del 2015 al 16,2% del 2016. Il 14,7% (+10,1% rispetto al 2015), è convinto che la situazione per il paese andrà migliorando nel 2016, mentre chi prevede un peggioramento scende dal 55,7% del 2015 al 27,3% del 2016. La gestione della quotidianità diventa meno critica: il 27,3% non riesce con le proprie entrate ad arrivare alla fine del mese (-19,9% rispetto al 2015). Il 44,5% (-18,3% rispetto al 2015) riferisce che la propria famiglia è costretta a utilizzare i risparmi per arrivare a fine mese.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Gennaio 28th, 2016 Riccardo Fucile
CALCOLO CONTRIBUTIVO MA CON REGOLE PIU’ VANTAGGIOSE: UN 39ENNE CON DUE MANDATI A 60 ANNI CON PENSIONE DI 1.500 EURO AL MESE
Non ci sono solo i vitalizi di ex parlamentari e consiglieri regionali. Che, di fronte al rischio di
possibili sforbiciate dei loro ricchi assegni, sono tornati ad aggrapparsi al vecchio tabù dei diritti acquisiti per disinnescare la ‘minaccia’ dei tagli invocati dalle diverse proposte di legge (pdl) depositate in commissione Affari costituzionali a Montecitorio.
Ma a gravare sui bilanci di Camera e Senato ci sono (e ci saranno) anche le pensioni, presenti e future, di deputati e senatori. Che, dopo l’abolizione dei vitalizi con l’ultima riforma dei regolamenti parlamentari, a partire dal 2012 saranno calcolate anche per i rappresentanti del popolo in base al sistema contributivo. Alle stesse condizioni applicate a tutti gli altri lavoratori? A quanto pare, no.
BENEDETTI PRIVILEGI
Anche il nuovo sistema di computo dell’assegno previdenziale dei parlamentari continua ad essere più vantaggioso. A cominciare dall’età pensionabile.
A partire dal 2012, con una sola legislatura (5 anni) alle spalle si acquisisce il diritto ad andare in pensione a 65 anni. Che scendono a 60 anni se i mandati salgono a due (10 anni).
Un bello sconto se si considera che, nel 2018, anno della scadenza naturale della legislatura in corso, la legge Fornero fissa a 66 anni e 7 mesi l’età pensionabile dei comuni mortali.
Ma non basta.
Anche i coefficienti di rivalutazione dei contributi versati dai parlamentari sono più vantaggiosi di quelli previsti dalla riforma che porta il nome della ministra del Lavoro del governo guidato da Mario Monti.
Due esempi, frutto delle simulazioni richieste da ilfattoquotidiano.it e fornite dagli uffici competenti della Camera, rendono l’idea.
Un deputato eletto nel 2013, quando aveva 27 anni, che cesserà il suo mandato nel 2018 senza essere riconfermato per il secondo, percepirà nel 2051 (a 65 anni) una pensione compresa tra i 900 e i 970 euro al mese, quando il 64,7% delle pensione erogate in Italia è inferiore ai 750 euro/mese.
Se, invece, l’onorevole eletto sempre nel 2013 a 39 anni, sarà riconfermato fino al 2023, con due legislature alle spalle potrà andare in pensione nel 2034 (a 60 anni) incassando circa 1.500 euro al mese.
Entrambe le simulazioni, ipotizzano che i contributi accantonati nell’arco della carriera parlamentare dai due ipotetici deputati siano gli unici versamenti effettuati nell’intera vita lavorativa.
Certo, nulla a che vedere con i ricchi vitalizi elargiti fino al 2011. Ma pur sempre un trattamento di privilegio rispetto ai comuni lavoratori.
FORNERO PER TUTTI
Per riallinearle con quelle del resto degli italiani, sono cinque le proposte di legge depositate in commissione Affari costituzionali della Camera che puntano ad estendere il regime della legge Fornero non solo alle pensioni future dei parlamentari in carica, ma anche (retroattivamente) ai vitalizi degli ex.
Due costituzionali (Mazziotti e Zanetti di Scelta civica) e tre ordinarie (Richetti del Pd, Caparini della Lega e Turco di Alternativa libera). “La mia proposta di legge costituzionale punta ad introdurre, anche per i parlamentari, un trattamento previdenziale assolutamente allineato a quello dei comuni lavoratori — spiega il sottosegretario all’Economia, Enrico Zanetti —. Un obiettivo che può essere perseguito da un lato attraverso l’innalzamento dell’età pensionabile dall’altro abbassando ai livelli della legge Fornero i coefficienti di rivalutazione dei contributi versati da deputati e senatori negli anni di esercizio del proprio mandato”.
Non solo. “Anche nel caso in cui la stessa persona abbia svolto più mandati elettivi in assemblee diverse (Camera, Senato, Consigli regionali ed Europarlamento) il trattamento pensionistico e il relativo sistema di calcolo deve essere unico — conclude Zanetti —. Insomma, nè più nè meno di quanto già avviene per tutti i pensionati. Ovviamente l’intervento ancora più urgente riguarda i vecchi trattamenti, posto che lì le sperequazioni sono di gran lunga maggiori e insopportabili”. Ricetta condivisa anche dal deputato del Partito democratico, Matteo Richetti.
“Anche dopo la riforma dei regolamenti parlamentari che hanno sostituito il vecchio vitalizio con il sistema contributivo, i moltiplicatori applicati per la rivalutazione dei versamenti pensionistici sono, in ogni caso, più favorevoli di quelli previsti dalla legge Fornero”, spiega il deputato dem. “Anche se va tenuto presente che, a differenza dei comuni lavoratori che versano un terzo del totale contributivo integrato per i restanti due terzi dal datore di lavoro, per i parlamentari l’intero ammontare grava sulle proprie tasche”, precisa Richetti.
“La mia proposta di legge stabilisce che il riferimento per il calcolo dell’assegno previdenziale sia esclusivamente il versato a prescindere dagli anni di permanenza in Parlamento”, prosegue l’esponente del Pd.
CONTO SALATO
Insomma, la sforbiciata colpirebbe non solo (retroattivamente) i vitalizi degli ex parlamentari ma anche le future pensioni di onorevoli e senatori in carica.
“Per questi ultimi tanto l’età pensionabile che i coefficienti di rivalutazione contributiva verrebbero adeguati ai parametri della Legge Fornero — prosegue il parlamentare del Pd —. Sulla base dei quali, la mia pdl attribuisce all’Inps il compito di calcolare gli importi da erogare e che saranno poi pagati da Camera e Senato”.
Una riforma che, nel medio-lungo termine, porterà dei benefici anche ai bilanci dei due rami del Parlamento. Sui quali, anche nel 2016, il peso dei trattamenti previdenziali degli ex continuerà a pesare in misura rilevante: vitalizi e pensioni (post riforma 2012), diretti e di reversibilità , costeranno 135 milioni 360 mila euro (il 13,8% della spesa totale) a Montecitorio e 82 milioni 890 mila euro (il 15,3%) al Senato.
“In questo modo — conclude Richetti — si arriverà ad un regime di sostenibilità della spesa per vitalizi e pensioni di Camera e Senato”.
Antonio Pitoni
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Gennaio 28th, 2016 Riccardo Fucile
ANNO GIUDIZIARIO, CANZIO: “LOTTA AL TERRORISMO NEL RISPETTO DELLA COSTITUZIONE”
Giustizia, legalità , efficienza ed efficacia della giurisdizione. Sono queste le cose di cui l’Italia ha bisogno e che i cittadini chiedono a gran voce, secondo il primo presidente della Cassazione, Giovanni Canzio, che ha parlato all’apertura della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario 2016 alla presenza del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
“Il paese chiede che la legge venga applicata in modo uniforme e rapido e che tutti abbiano un uguale trattamento in casi simili o analoghi”, ha aggiunto Canzio.
Canzio ha aperto la sua relazione con un auspicio: “Vorrei davvero che la cerimonia per l’apertura dell’anno giudiziario non fosse considerata un semplice rito, solenne nella forma, ma ripetitivo e perciò inutile nella sostanza, bensì riuscisse a segnare uno spazio di riflessione e di dialogo e a trasmettere alla comunità nazionale un messaggio di speranza, fiducia e impegno per una più feconda stagione della Giustizia”.
Perchè questo accada, serve anche “una magistratura aperta che non arretra al cospetto di mutamenti tanto repentini” e “una giustizia efficiente nell’affermare diritti e garantire effettività alle libertà dei cittadini”, ha detto il vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini.
Immigrazione clandestina.
Contro l’immigrazione clandestina, “la risposta sul terreno del procedimento penale si è rivelata inutile, inefficace e per alcuni profili dannosa, mentre la sostituzione del reato con un illecito e con sanzioni di tipo amministrativo, fino al più rigor oso provvedimento di espulsione, darebbe risultati concreti”, ha sottolineato Canzio, ricordando che sulla questione è “in atto una riflessione del Parlamento e del Governo”.
“Ci adopereremo nel quadro di una ridefinizione delle regole che disciplinano il fenomeno migratorio per il superamento del reato di immigrazione clandestina”, ha ribadito anche il guardasigilli Andrea Orlando.
Terrorismo.
Canzio ha parlato anche di terrorismo, sottolineando che “ogni forma di criminalità organizzata o terroristica, anche quella internazionale di matrice jihadista”, deve essere condotta “nel rispetto delle regole stabilite dalla Costituzione e dalle leggi dello Stato”.
“Diversamente tradiremmo la memoria” dei magistrati “caduti in difesa dei più alti valori democratici” e “non faremmo onore al giuramento di fedeltà che abbiamo prestato”.
Giovanni Canzio cita per primo Emilio Alessandrini (di cui ricorre domani il 37° anniversario della morte), “titolare delle indagini sulla strage di Piazza Fontana e sul terrorismo di destra e di sinistra, colpito a morte da un gruppo di fuoco di Prima linea”.
E poi Guido Galli, Mario Amato, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino insieme ai “tanti magistrati vittime del terrorismo e della mafia”. Non sono stati degli “eroi (come mai avrebbero voluto definirsi), ma un modello di riferimento al quale ogni magistrato dovrebbe ispirarsi per il messaggio di speranza, fiducia, forza della ragione e della democrazia contro la violenza e le farneticazioni di coloro nei quali si annida il ‘cuore di tenebra’, traendo dal loro fulgido esempio un monito per la legittimazione, la credibilità , l’autorevolezza della giurisdizione”.
Prescrizione.
Il presidente della Cassazione ha dedicato una parte della sua relazione alla modifica dell’istituto della prescrizione: come è stata modificata, ha detto Canzio, “irragionevolmente continua a proiettare la sua efficacia pure nel corso del processo, dopo l’avvenuto esercizio dell’azione penale o addirittura dopo che è stata pronunciata la sentenza di condanna di primo grado, mentre sarebbe logico, almeno in questo caso, che il Legislatore ne prevedesse il depotenziamento”.
Indipendenza come garanzia.
Il primo presidente della suprema Corte ha, poi, puntato l’accento sull’importanza dell’indipendenza e dell’autonomia dei magistrati, affinchè “non appaiano come una prerogativa o un privilegio dei magistrati, bensì come la garanzia dei cittadini. In uno stato di diritto – ha aggiunto – l’autonomia delle toghe è essenziale per l’applicazione equa e imparziale del diritto e per l’uguaglianza davanti alla legge”.
Cassazione in crisi d’identità .
Infine le cifre: per Canzio “la Cassazione versa in uno stato di profonda e visibile crisi di funzionamento e di identità . Si muove oggi lungo un crinale drammatico. La rotta potrà essere invertita – continua – solo con decisi e rapidi interventi di riforma e di autoriforma”.
E ha spiegato: “I dati statistici, aggiornati al 31 dicembre 2015, segnano l’insuccesso di una strategia mirata alla deflazione delle pendenze e del pesante arretrato mediante il mero aumento della produttività , fino al limite dell’esaurimento delle energie dei magistrati e del personale”.
Nel settore civile, “nel 2015 emergono la stabilità dell’alto numero delle iscrizioni (29.966); l’aumento delle pendenze fino alle attuali 104.561 (+3,8%); l’aumento fino a 44,4 mesi della durata media dei procedimenti; gli insoddisfacenti indici di ricambio (87%) e di smaltimento (20%); l’inidoneità del pur altissimo tasso di definizioni (-7,1%) e di produttività del singolo magistrato (215,7 provvedimenti, il 5,6% in meno) a fronteggiare l’impatto della domanda, a causa dell’ormai avvenuto superamento del limite di impiego delle risorse dell’apparato”.
Anche nel settore penale, “a fronte di una sopravvenienza di 56.539 ricorsi (-4,1%), le eliminazioni, nonostante l’incremento di produttività di ciascun consigliere si avvicinano alla sopravvenienza ma non la superano. Sicchè la pendenza aumenta fino a 35.980 procedimenti (+5,4%)”.
Peraltro, conclude Canzio, “la durata media dei procedimenti (7 mesi e 9 giorni) resta al di sotto della soglia europea”, mentre “il passo di inammissibilità dei ricorsi resta altissimo (64,2%), e le decisioni di rigetto sono pari al 14,3%, quelle di annullamento con o senza rinvio sono il 19,3%.
No a modifiche continue.
Il presidente della Cassazione ha anche lanciato un appello a evitare cambi frequenti alle norme: “Sarebbe auspicabile che il legislatore evitasse di intervenire sul tessuto normativo con modifiche troppo frequenti spesso ispirate a logiche emergenziali poco attente ai profili sistematici dell’ordinamenmto”. Sono necessarie, invece, da parte del legislatore, “norme chiare, precise, comprensibili e conoscibili”.
(da “La Repubblica”)
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