Gennaio 28th, 2016 Riccardo Fucile
ESECUTIVO DA 56 A 64 MEMBRI, 4 NUOVE POLTRONE AL PARTITO DI ALFANO: ECCO I NOMI
La squadra di governo di Matteo Renzi sale da 56 a 64 membri e quattro sottosegretari cambiano ministero.
Il consiglio dei ministri di giovedì ha infatti dato il via libera al rimpasto dell’esecutivo e nominato i nuovi titolari di alcune cariche vacanti da mesi.
Tre degli otto freschi di nomina e cinque sui 12 coinvolti dal rimpasto sono del partito di Angelino Alfano.
“Dal manuale Cencelli al manuale Renzelli, con Ncd che ha più ministri che voti #rimpasto #todocambia”, ha commentato via Twitter il senatore bersaniano Miguel Gotor.
Teresa Bellanova (Pd) diventa viceministro allo Sviluppo economico, Gennaro Migliore (Pd) e Federica Chiavaroli (Ncd) sottosegretari al ministero della Giustizia, Antimo Cesaro (Scelta civica) e Dorina Bianchi (Ncd) alla Cultura, Enzo Amendola (Pd) sottosegretario agli Esteri, Antonio Gentile (Ncd) va allo Sviluppo economico, Mario Giro (ex Scelta civica, ora Democrazia solidale) agli Esteri con delega all’immigrazione.
Traslocano invece Ivan Scalfarotto (Pd), che passa da sottosegretario alle Riforme allo Sviluppo economico, Enrico Costa (Ncd), ora viceministro alla Giustizia, che diventa titolare degli Affari regionali con delega alla Famiglia e Simona Vicari (Ncd), ora sottosegretario allo Sviluppo, che passa alle Infrastrutture.
Enrico Zanetti (Scelta civica) viene promosso da sottosegretario a viceministro all’Economia.
Infine è ufficiale che Tommaso Nannicini, attuale consulente economico di Matteo Renzi, diventa sottosegretario alla presidenza del Consiglio, come il premier aveva annunciato la settimana scorsa.
Costa, relatore del lodo Alfano, agli Affari regionali vacanti da un anno
Il deputato Ncd Costa, ex berlusconiano e già celebre per essere stato relatore del Lodo Alfano per garantire l’immunità tra gli altri all’ex Cavaliere, passa dalla carica di viceministro alla Giustizia a quella di ministro degli Affari regionali.
Vacante dalle dimissioni di Maria Carmela Lanzetta (Pd), che il 25 gennaio 2015 lasciò il governo per andare a far parte della giunta regionale di Mario Oliviero in Calabria, salvo rinunciare due giorni dopo in polemica per la nomina di un altro consigliere sfiorato da un’indagine per voto di scambio.
La delega all’immigrazione va a Giro, ex consigliere di Riccardi
Mario Giro da sottosegretario agli Esteri viene promosso a viceministro. Dal 1975 è membro della Comunità di Sant’Egidio dove è stato responsabile per le Relazioni internazionali. E’ stato consigliere del ministro Andrea Riccardi nel governo Monti.
Il leader di Scelta civica diventa vice di Padoan
A via XX Settembre, come rivelato da ilfattoquotidiano.it nei giorni scorsi, il sottosegretario Enrico Zanetti diventa viceministro. Per lui, però, non ci sarà l’attesa delega al fisco e le sue competenze verranno definite più in avanti. La promozione del leader di Scelta civica modifica gli equilibri al Tesoro e rende meno salda la poltrona della direttrice dell’Agenzia delle Entrate Rossella Orlandi, di cui Zanetti già lo scorso autunno aveva chiesto le dimissioni.
Migliore, l’ex capogruppo di Sel convertito al renzismo
Sono due i nuovi sottosegretari alla Giustizia: Gennaro Migliore (Pd) e Federica Chiavaroli (Ncd). Il primo è l’ex capogruppo di Sel che a ottobre 2014 in diretta su Rai3 a Ballarò aveva annunciato il suo passaggio con Renzi. Pochi mesi prima aveva abbandonato il partito di Nichi Vendola dopo uno scontro con il leader sul decreto Irpef e il bonus di 80 euro. Chiavaroli, iscritta all’albo dei commercialisti, professione imprenditrice, è stata eletta senatrice nel 2013 nelle fila del Pdl. Pochi mesi dopo ha aderito al Nuovo Centrodestra, di cui è diventata vicecapogruppo a palazzo Madama.
Scalfarotto lascia la Boschi e passa allo Sviluppo
Ivan Scalfarotto, fino a oggi sottosegretario alle Riforme, lascia il dicastero di Maria Elena Boschi in cui è entrato alla nascita del governo Renzi per passare a quello di Federica Guidi. Scalfarotto, ex manager ed ex consigliere di circoscrizione a Foggia per i Verdi del Sole che ride, londinese d’adozione e fondatore del primo circolo di “Libertà e Giustizia” all’estero, nel 2005 si è candidato alle primarie dell’Unione, arrivando sesto. Dal 2009 al 2013 è stato vicepresidente del Pd. Omosessuale dichiarato e attivista per i diritti gay, sostiene il ddl Cirinnà sulle unioni civili.
Gentile, il “cinghiale ferito che ammazza tutti”
Insieme a Scalfarotto diventa sottosegretario allo Sviluppo Antonio Gentile. Colui che nel marzo 2014, agli albori del governo Renzi, fu per 72 ore sottosegretario ai Trasporti ma dovette dare le dimissioni travolto dall’accusa di aver fatto pressioni sul quotidiano Ora della Calabria che stava per pubblicare un articolo su un’inchiesta a carico del figlio Andrea, a cui la procura di Catanzaro contestava i reati di abuso d’ufficio, falso ideologico e associazione per delinquere in relazione a una vicenda di consulenze d’oro assegnate dall’Azienda sanitaria provinciale.
Il direttore Luciano Regolo si rifiutò di fermare il pezzo e a quel punto intervenne lo stampatore e presidente di Fincalabra Umberto De Rose che cercò di mediare con l’editore del giornale invitandolo a non pubblicare la notizia perchè “il cinghiale, quando viene ferito, ammazza tutti”.
Al posto della Barracciu l’Ncd Bianchi e Cesaro (Scelta Civica)
I due nuovi sottosegretari alla Cultura sono Dorina Bianchi e Antimo Cesaro. A ottobre 2015 si era liberato un posto dopo che la deputata Pd Francesca Barracciu aveva fatto un passo indietro perchè rinviata a giudizio per spese pazze in merito alla sua attività di consigliera regionale. Bianchi, medico, eletta nel 2001 in Senato nel centrodestra, ha militato prima nel Ccd, poi nell’Udc.
E’ passata poi al centrosinistra (prima Margherita e infine Pd) per poi finire nuovamente nel centrodestra: Udc, Pdl e infine Ncd.
(da “il Fatto Quotidiano”)
argomento: Parlamento | Commenta »
Gennaio 28th, 2016 Riccardo Fucile
IL PROF. CHERUBINI DELLA LUISS E’ UN ESPERTO DEL DIRITTO DI ASILO: “IMPOSSIBILE RIMPATRIARE SIRIANI, IRACHENI E AFGHANI”. PER GLI ALTRI PAESI CI VUOLE UN ACCORDO SUI RIMPATRI, IN LIBIA UN GOVERNO”
“Rimpatriare 80 mila persone? Ѐ difficile e molto costoso. Ho l’impressione che l’idea del governo svedese sia più una manovra politica che una possibilità concreta”.
Francesco Cherubini, docente di Diritto dell’Unione Europea all’Università Luiss “Guido Carli” di Roma e autore di numerose pubblicazioni sul diritto d’asilo, spiega a IlFattoQuotidiano.it le difficoltà di un provvedimento come quello annunciato dal governo di Stoccolma sul rimpatrio degli immigrati che non hanno ottenuto il diritto d’asilo.
Le percentuali dicono che solo il 35% degli irregolari identificati vengono rimpatriati. Numeri che non tengono conto di quelli non ancora registrati.
“Ma dichiarazioni del genere — aggiunge Cherubini — possono provocare una fuga degli irregolari dalla Svezia verso i Paesi Ue confinanti. È questa la vera minaccia di Stoccolma nei giorni in cui si stanno ridiscutendo le politiche europee sull’immigrazione”.
Dal punto di vista legislativo, la proposta del ministro degli Interni, Anders Ygeman, è applicabile. Ciò che la rende inverosimile, però, sono le procedure necessarie perchè questa possa diventare esecutiva.
“La prima cosa da verificare — spiega il docente — sono le garanzie sull’incolumità di ogni singolo immigrato irregolare che viene rimpatriato nel Paese di provenienza, sempre che si sia riusciti a stabilire quale questo sia. Se esiste la possibilità che dopo il ritorno la persona possa veder violati i propri diritti fondamentali o messa in pericolo la sua sicurezza, allora il rimpatrio è vietato per legge”.
Criteri che già limitano il numero di rimpatri, visto che molti dei migranti provengono da Paesi come Siria, Iraq, Afghanistan o Libia.
Inoltre, per poter organizzare un rimpatrio è necessario che esistano già degli accordi tra il Paese membro dell’Ue e quello di provenienza.
“Queste intese formalmente esistono — continua Cherubini — ma la loro applicazione non è sempre automatica. Quando vengono firmate, i Paesi europei stanziano dei fondi agli Stati da cui provengono gli immigrati per far fronte all’emergenza. In cambio ottengono un accordo sui rimpatri. Il problema è che, quando si arriva al momento di rispedire le persone nel proprio Paese, i governi stranieri cercano sempre di limitare il ritorno dei propri connazionali. Anche così si spiegano le percentuali di irregolari identificati e rimpatriati che non superano il 35%. Ci sono poi casi come quello della Libia: con quale istituzione ti relazioni per organizzare un rimpatrio?”.
Un’altra possibilità è quella di trovare un accordo non con i Paesi di provenienza, ma con l’ultimo da cui i migranti passano prima di entrare in Europa.
Nella maggior parte de casi, soprattutto dal 2015, quando è esplosa la rotta balcanica, si tratta della Turchia. È così che l’Olanda, nel suo semestre di presidenza dell’Unione Europea, sta discutendo con Ankara e i principali Paesi dell’unione i seguente piano: Bruxelles si impegna ad accogliere 250 mila rifugiati attualmente nel Paese del presidente Recep Tayyip ErdoÄŸan in cambio della possibilità di respingere in Turchia ogni migrante che sbarcherà in Grecia.
Un’opzione che, nonostante i 3,2 miliardi di euro stanziati dall’Ue a favore della Turchia per gestire i flussi migratori, non può prescindere da un adeguamento delle leggi turche che devono garantire un’accoglienza dignitosa ai migranti respinti dall’Ue.
“Se questo accordo venisse stipulato — continua Cherubini — Ankara dovrebbe garantire il rispetto dei diritti fondamentali e l’incolumità di queste persone”.
Con il Paese che ospita già 2,2 milioni di rifugiati siriani, una politica di rimpatri di questo tipo, affiancata dai respingimenti pensati dall’Olanda, rischierebbe di trasformare la Turchia in un enorme campo profughi impossibile da gestire.
Le prevedibili difficoltà nell’applicazione dei piani di Svezia e Olanda fanno pensare a dichiarazioni con un intento politico, nei giorni in cui si stanno ridiscutendo le politiche europee in materia di immigrazione.
“Il clima che si respira negli ultimi giorni — conclude Cherubini — è proprio quello di un tira e molla dovuto alla ridiscussione delle politiche europee. Dichiarazioni come quelle del governo svedese sono intese a dar vita a una fuga in massa degli irregolari dalla Svezia che, così, si rifugerebbero nei Paesi Ue vicini. Una minaccia simile a quella del blocco per due anni di Schengen, opzione che provocherebbe gravi danni economici al commercio di tutti i Paesi dell’Unione”.
(da “il Fatto Quotidiano“)
argomento: denuncia | Commenta »
Gennaio 28th, 2016 Riccardo Fucile
“CEDA PROPRIETA’ DEL MARCHIO M5S”
Quella di Grillo? Non è più satira, è propaganda. E il leader dei 5 Stelle ha ceduto alla lusinga del potere.
E’ quanto scrive sul suo blog Daniele Luttazzi, uno che di satira se ne intende: “Quella che Grillo porterà sul palco non sarà più satira”, scrive riferendosi al ritorno di Grillo a teatro.
“La satira nasce politica con Aristofane: esprime un punto di vista. Un punto di vista è sempre opinabile, ma non per questo pregiudiziale: lo diventa, però, se il comico fa attività partitica. Dal momento in cui il comico decide di compiere questo passo, la sua satira diventa, inevitabilmente, propaganda”.
Scrive Luttazzi:
Il comico che fa propaganda ne ricava vento in poppa: è la lusinga del potere. E prima che gli influencer del PD mi strumentalizzino per l’ennesima volta (non mi illudo, lo faranno comunque), aggiungo questo: il problema riguarda tutti i satirici che pubblicano su giornali di partito; e quelli che, in periodo elettorale, invitano un segretario di partito in un loro programma tv per fargli da spalla comica; e quelli che salgono su palchi identitari senza fare satira sull’identità ospite.
Secondo Luttazzi, “con la scelta di fare attività partitica, Grillo ha ceduto alla lusinga del potere, che è nemico della satira”: questa decisione, benchè ottima per il marketing, ha cambiato la natura della sua comicità per sempre. Grillo adesso vorrebbe tornare quello di prima, dice che si fa da parte. Troppo tardi. Ed è falso: ha forse rinunciato alla proprietà del marchio Movimento 5 Stelle? Ci rinunci, dunque, e potremo giudicare fino a che punto è credibile la sua satira contro Casaleggio, Fico, Di Battista e Di Maio (ooops!).”
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Grillo | Commenta »
Gennaio 28th, 2016 Riccardo Fucile
LE ACCUSE DEGLI USA… LO YACHT DONATO DA ABRAMOVIC
L’argomento sembra destinato ad aprire un nuovo fronte nelle difficili relazioni tra Russia e Stati Uniti: il Tesoro americano ha ufficialmente dichiarato per bocca di un suo sottosegretario di ritenere il presidente russo Vladimir Putin «un corrotto» e di aver saputo dei suoi traffici «per molti anni».
L’accusa, contenuta in un programma della Bbc sul supposto tesoro segreto di Putin, ha scatenato l’ira del Cremlino che ha sfidato gli Stati Uniti a provare queste affermazioni: «Ora è compito del dipartimento sottoporre elementi in grado di dimostrare che le affermazioni del loro rappresentante ufficiale non sono semplice diffamazione», ha dichiarato stizzito il portavoce del presidente Dmitrij Peskov.
Il palazzo nel Caucaso
Gli Stati Uniti confermano, dunque, una voce che circola da molti anni e che fu diffusa originariamente nel 2007 da un discusso giornalista russo con entrature al Cremlino, Stanislav Belkovskij: Vladimir Vladimirovich avrebbe ammassato un patrimonio segreto di quaranta miliardi di dollari.
Da allora le rivelazioni si sono arricchite di nuovi elementi, nonostante le continue smentite e l’oggettiva mancanza di qualsiasi prova.
Roman Abramovich, il patron del Chelsea che mantiene stretti legami con la madrepatria, avrebbe contribuito con più di 200 milioni di dollari alla costruzione di un colossale palazzo da un miliardo nel Caucaso. Poi c’è uno yacht da 35 milioni, oltre a tutto il resto, naturalmente.
Le quote azionarie
Si è parlato di quote azionarie di alcune delle grandi società russe «riferibili a Putin»: il 37 per cento della compagnia petrolifera Surgutneftegaz; il 4,5 per cento di Gazprom, il gigante del gas.
Inoltre c’è il capitolo Gunvor, una delle più grandi società di brokeraggio petrolifero. Si è detto che la Gunvor otteneva greggio russo a prezzi di favore, facendo affari d’oro. Ma tutto questo è stato smentito più volte e nella maniera più decisa.
La Gunvor ha sostenuto che «il presidente Putin non ha mai avuto alcuna quota di proprietà , non è un beneficiario della Gunvor o delle sue attività . Qualsiasi illazione contraria è fondamentalmente frutto di disinformazione ed è inaccettabile».
Di certo si sa solo che uno dei principali soci della società di trading era Gennadij Timchenko, un uomo che Putin conosce da molti anni. Ma quando è scoppiata la guerra delle sanzioni con Stati Uniti ed Europa, Timchenko ha venduto le sue quote.
Orologi di lusso
In varie occasioni i mass media hanno fatto notare come Putin indossi orologi di gran lusso e perfino tute sportive molto costose. Il suo stipendio è di poco superiore ai centomila dollari l’anno.Va però detto che oramai da più di 16 anni Vladimir Vladimirovich vive, a causa dei suoi ruoli ufficiali (primo ministro – presidente — primo ministro — presidente), in più di 20 residenze ufficiali ed è spesato di tutto.
Ha palazzi di rappresentanza in montagna e al mare; a Sochi e sul golfo di Finlandia a San Pietroburgo.
Dispone di elicotteri, di 43 aerei (Ilyushin, Airbus, Falcon) e di 4 yacht.
E ieri, mentre il Cremlino rispondeva al Tesoro americano, Putin ha presieduto una riunione del Consiglio anti-corruzione: «Dobbiamo migliorare i meccanismi contro questo fenomeno come la confisca delle proprietà acquisite illegalmente».
Per il presidente russo, i fondi recuperati fino ad oggi «rappresentano una somma decisamente troppo modesta»
Fabrizio Dragosei
(da “il Corriere della Sera”)
argomento: denuncia | Commenta »
Gennaio 28th, 2016 Riccardo Fucile
L’INDIFFERENZA E’ PIU’ SANGUINARIA DEL MACHETE E DEI MITRA
Ieri sono stati molteplici i programmi televisivi che, tra film e reportage di ogni tipo, hanno “parlato” dell’Olocausto.
Molto interessante un documentario trasmesso da Rete4, in seconda serata, sulla storia della giovanissima Anna Frank e della sua famiglia. Una storia fatta di reiterate e continuate richieste di “visti ed asilo”, sistematicamente negati.
Storia, ferocemente ampia, di un dramma collettivo che cresceva a dismisura e di una residua parte del mondo chiuso in se stesso, tra paura e finta circoscrizione “del problema”, quasi come se non esistesse.
La storia ha dimostrato che quelle paure erano infondate e che il dramma umano che vi si riferiva era, invece, enorme.
L’uomo non imparerà mai dai propri errori. e la cosa non riguarda soltanto i singoli, ma gli stessi popoli.
L’attualità ci ripropone nuovi “olocausti”, nuovi drammi, nuovi sistemi illiberali e schiaccianti, eppure la reazione dei popoli è quasi sempre la stessa.
E’ vero che ogni problema va affrontato con doverosa serietà e che involgere al populismo fa male all’anima ” e finanche alla salute”, perchè della serietà non possono far parte i meri spot.
E’ altresì vero, però, che di fronte ad una parte del mondo che soffre, “l’indifferenza di concetto” è molto più sanguinaria dei macete, dei forni crematori e dei mitra.
Ogni volta che una civiltà crea “ghetti”, “fisici o virtuali”, in varie parti del mondo ma anche al proprio interno, costringendo gli uomini a contrapporsi in una rediviva, drammatica e indegna comparsata tra “guelfi” e “ghibellini”, rinnega se stessa, la storia dell’umanità e quell’umanesimo liberale, fervente ed illuminato, che dovrebbe, invece, scuotere le coscienze e diventare futuro.
Non è questa l’Europa che avevamo sognato ed immaginato.
Non è questa l’Europa da fare e non è questa l’Italia da costruire.
Salvatore Castello
Right BLU – La Destra Liberale
argomento: denuncia | Commenta »
Gennaio 28th, 2016 Riccardo Fucile
A LUNGO SEGRETARIO DI FINI, EX PARLAMENTARE AN E IN RAPPORTI CON CORALLO, IL RE DELLE SLOT MACHINE, A DICEMBRE HA FONDATO L’ENNESIMO MSI
Francesco Cosimi Proietti, 62 anni, originario di Subiaco, piccolo centro della provincia di Roma dove San Benedetto da Norcia fondò i suoi monasteri, è stato affascinato dalla politica sin da giovane.
“Checchino”, come lo chiamano gli amici, si è ben presto legato a Gianfranco Fini, ne è diventato collaboratore, segretario particolare e infine ha ottenuto un posto alla Camera con An e, nella scorsa legislatura, nuovamente con il Pdl.
Aver seguito il capo in Fli ha poi fatto cadere in disgrazia anche Cosimi Proietti, rimasto fuori dal Parlamento.
Francesco Cosimi Proietti, come il collega Amedeo Laboccetta, all’impegno politico ha inoltre unito rapporti stretti con Francesco Corallo, il “re delle slot machine”, al timone della “Bplus Giocolegale Ltd”, un colosso del settore, con un giro d’affari da 30 miliardi di euro annui.
Nel mirino della Procura di Roma sono finiti i rapporti tra la “Bplus” e l’ex braccio destro di Fini, tra fatture considerate false e utilizzate da Corallo per evadere il Fisco e ingenti finanziamenti di quest’ultimo al parlamentare.
Il pm romano Giuseppe Cascini, chiuse le indagini, ha accusato Francesco Cosimi Proietti di bancarotta, fatture false per operazioni inesistenti e finanziamento illecito ai partiti.
Per gli inquirenti, il politico, insieme alla figlia e al nipote, sarebbe responsabile di bancarotta, avendo distratto oltre due milioni di euro dalla “Ke.Is Media Comunicazione srl”, società di comunicazione e spettacolo dichiarata fallita il 22 luglio 2010, e di emissione di fatture false per operazioni inesistenti, utili alla “Bplus”, alla “Sisal”, e alla “Ldm Comunicazioni” per evadere il Fisco.
Da tali società , per gli inquirenti, l’ex deputato avrebbe ottenuto 468mila euro. Determinanti, secondo l’accusa, alcune conversazioni telefoniche, intercettate dai finanzieri lo scorso anno, mentre controllavano i telefoni della figlia e del nipote del parlamentare, e dalle quali emergerebbe il diretto coinvolgimento del politico nei fatti contestati.
L’intesa bipartisan
A fine maggio 2013 il gip romano Luciano Imperiali ha chiesto alla Camera l’autorizzazione a utilizzare le intercettazioni telefoniche incriminate.
Niente da fare. La Giunta, esaminata a fondo la vicenda, ha trovato un’intesa bipartisan sul salvataggio di Proietti Cosimi. I parlamentari sono stati d’accordo nel non ritenere necessaria l’utilizzazione delle conversazioni intercettate: con undici voti favorevoli e quattro contrari, senza troppo clamore vista la pausa estiva dei lavori parlamentari, è stato stabilito di proporre all’assemblea di non concedere l’autorizzazione chiesta dal gip.
(da “La Notizia”)
argomento: denuncia | Commenta »
Gennaio 28th, 2016 Riccardo Fucile
A DARE L’ANNUNCIO E’ IL SITO DEL NEO-PARTITO GUIDATO DA PROIETTI COSIMI CHE DEFINISCE “FANTASIOSE” LE ACCUSE MOSSE NEI CONFRONTI DEL POLITICO GENOVESE… SARA’ ANCHE TESORIERE (UNA GARANZIA)
Al peggio non c’è mai fin: Francesco Belsito, ex tesoriere della Lega Nord espulso nel 2012 per lo scandalo sui rimborsi elettorali che ha colpito la segreteria di Umberto Bossi, è il nuovo tesoriere e vicepresidente del nuovo Movimento Sociale Italiano, di cui è coordinatore nazionale Francesco Proietti Cosimi.
Ad annunciarlo è il sito del partito risorto sulle basi lasciate da quello fondato da Giorgio Almirante: Francesco Belsito “dopo una lunga riflessione ha accettato con entusiasmo l’incarico che i vertici del MSI — Destra Nazionale gli hanno proposto”.
Il comunicato esilarante sottolinea le resistenze espresse da Belsito riguardo la sua nomima, una titubanza legata alla volontà di “non strumentalizzare” la vicenda che lo vede “suo malgrado innocentemente coinvolto.
“Infatti tutte le fantasiose accuse che gli vengono mosse” sono, per il movimento, “surrealmente inventate di sana pianta” mentre altre sarebbero state “precostituite da chi voleva colpire Bossi passando per il tesoriere”.
Belsito, precisano, nella vicenda “non ha incassato il becco di un quattrino illegalmente”.
Intanto la Procura di Genova il 13 gennaio di quest’anno ha disposto il sequestro di beni mobili e immobili di sua proprietà .
Secondo le indagini il neovicepresidente dell’Msi, ha sottratto al fisco importi per oltre 7,5 milioni derivanti dall’appropriazione indebita, nel biennio 2011-2012, di somme prese dalle casse del partito.
Questo, secondo la denuncia dell’Agenzia delle Entrate, avrebbe portato un sostanziale incremento del patrimonio di Belsito che doveva essere sottoposto a tassazione.
Un anno dopo la fine della sua parabola politica, invece, l’ex tesoriere genovese era stato arrestato dai pm di Reggio Calabria con l’accusa di appropriazione indebita, riciclaggio, truffa e false fatturazioni.
“Con la politica ho chiuso” aveva dichiarato a marzo dello scorso anno e a ilfattoquotidiano.it aveva detto: “Quel passato per me è chiuso. A me interessa che i giudici facciano chiarezza e accertino la verità . Il mio presente è qui, alla cassa o al banco di questo bar”.
Accantonata la carriera politica Belsito si era infatti dedicato alla gestione del cafè Balilla di Genova, di cui è uno dei titolari.
Prima del ritorno annunciato oggi.
(da “il Fatto Quotidiano“)
argomento: denuncia | Commenta »
Gennaio 28th, 2016 Riccardo Fucile
LA NUOVA SEDE DI CATANZARO: 65.000 METRI QUADRI, COME VERSAILLES…14 EDIFICI PER 2.141 PERSONE, COSTI TRIPLICATI FINO A 160 MILIONI…MA RESTA ANCHE LA SEDE DI REGGIO CALABRIA
Dicono che con i 46 anni di affitti pagati finora per alloggiare gli uffici della Regione Calabria si sarebbe costruita la reggia di Versailles. Ma non è esatto. Perchè – invece – l’hanno costruita davvero.
Si trova a Catanzaro, località Germaneto: dove la grandeur calabrese ha potuto avere pieno sfogo, come avrà modo di verificare anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che venerdì 29 gennaio andrà a inaugurarla.
La nuova sede della giunta regionale oggi presieduta dal democratico Mario Oliverio è un immenso complesso edilizio che raggiunge un’altezza di 39 metri, come un palazzo di 13 piani, per una superficie coperta di 65 mila metri quadrati.
Appena duemila in meno rispetto ai 67.121 della reggia del re Sole.
In compenso, però, la reggia regionale progettata dall’architetto Paolo Portoghesi ha 2.400 metri quadrati di garage e più 2 mila posti auto scoperti: ma ai tempi di Luigi XIV non era stato ancora inventato il motore a scoppio.
E come per costruire il palazzo reale di Versailles ci vollero più di vent’anni e i costi lievitarono in modo astronomico, così è accaduto anche per la «Cittadella», come l’hanno battezzata, di Germaneto.
Il primo bando per costruirla risale addirittura al 1987, e quando dieci anni fa iniziarono i lavori il costo preventivato era di 53 milioni: alla fine siamo arrivati a 160,5. Il triplo, e se basta.
Con il risultato di avere oggi una specie di astronave a forma di C in grado di ospitare comodamente in 14 edifici da 3.500 a 5.500 mila persone, in base alle specifiche dell’agenzia del Demanio secondo cui la superficie ottimale per ogni dipendente pubblico varia da un minimo di 12 a un massimo di 20 metri quadrati.
Peccato che gli occupati della giunta regionale calabrese, pur non essendo un numero propriamente esiguo, non siano che 2.141: compresi, si badi bene, quei 481 trasferiti dalle Province dopo l’entrata in vigore della legge che porta il nome del ministro Graziano Delrio. Così da far meravigliare l’implacabile Antonio Ricchio sul Corriere della Calabria che «in una superficie tanto sterminata non siano stati previsti spazi per ospitare gli archivi».
Dicono pure che grazie alla «Cittadella» si risparmieranno 5 milioni e mezzo l’anno, il che consentirebbe di ammortizzare il costo dell’enorme manufatto in vent’anni.
Ma anche questo non è esatto: perchè di anni ne servirebbero una trentina almeno. Non bastasse, restano aperti gli uffici di palazzo Alemanni, declassata a semplice sede di rappresentanza della Regione nel centro di Catanzaro e che ora ospita la struttura del commissario ad acta per la Sanità : circostanza, questa, che fa sorgere almeno un paio di domande.
La prima, è a che cosa serva una sede di rappresentanza a tre chilometri e mezzo in linea d’aria dal nuovo gigantesco quartier generale regionale. La seconda, è come mai gli uffici del commissario non abbiano trovato posto nella Cittadella, dove i metri quadrati davvero non mancano.
Di domande, però, ce n’è una terza ben più seria. È accettabile che ancora nel 2016 la giunta regionale abbia sede a Catanzaro e il Consiglio si trovi invece a Reggio Calabria?
Soprattutto con la valanga di soldi spesi per la reggia di Germaneto e dopo il taglio del numero dei consiglieri regionali, ridotti per legge da 50 a 30?
Questa assurda situazione, capace di superare nella realtà perfino le suggestioni immaginifiche delle Città Invisibili di Italo Calvino, è figlia della rivolta del 1970 a Reggio, quando con la nascita delle Regioni si decise che il capoluogo calabrese non fosse la città dello Stretto bensì Catanzaro.
Al grido di «Boia chi molla» i neofascisti reggini scatenarono per mesi un inferno: dovette intervenire l’esercito, e i moti si conclusero con la garanzia che una fetta del potere sarebbe comunque rimasta a Reggio. Il Consiglio regionale, appunto.
Mentre la giunta veniva invece insediata 157 chilometri più a Nord, nella città di Catanzaro. Restava però sempre con un pugno di mosche in mano il terzo capoluogo provinciale: la Cosenza del potentissimo leader socialista calabrese Giacomo Mancini. Così, visto che i pezzi della Regione erano esauriti, ci piazzarono la sede della Rai: a 91 chilometri da Catanzaro e a 180 da Reggio Calabria.
Dodici dipendenti per ogni consigliere
Impossibile dire quanti denari sia costata a tutti noi questa folle dicotomia geografica fra giunta e Consiglio, in una Regione con meno di due milioni di abitanti.
Può dare tuttavia un’idea il rimborso chilometrico concesso cinque anni fa a un ex presidente del Consiglio regionale (il diessino Giuseppe Bova) per 1.340 giorni di uso dell’auto propria: 211.842 euro e 42 centesimi.
Anche se toccare questo tasto equivale sicuramente in Calabria a provocare una feroce guerra fra campanili, non c’è dubbio che l’unificazione delle sedi sarebbe stata per i contribuenti una mano santa: considerato che il Consiglio regionale costa 58 milioni l’anno.
Nei 65 mila metri quadrati della reggia di Germaneto avrebbero potuto trovare facilmente collocazione non soltanto i 30 consiglieri con i loro staff di quattro persone ciascuno, per un totale di 120. Ma anche i dipendenti dell’assemblea regionale, che sono 362.
Ben 12 per ogni consigliere, a ulteriore riprova delle generose opportunità occupazionali offerte dalla politica regionale.
Per capirci, i dipendenti di Camera e Senato non arrivano a duemila unità , con un rapporto di poco superiore a due dipendenti per ogni onorevole. Sei volte inferiore.
E poi parlano di risparmi…
Sergio Rizzo
(da “il Corriere della Sera”)
argomento: sprechi | Commenta »
Gennaio 28th, 2016 Riccardo Fucile
OLTRE ALL’ARCHITETTO CI SONO UN NOTAIO E UNA SOCIETA’ DI COMUNICAZIONE VICINA A CL
Se non bastavano le mezze verità sull’architetto che ha lavorato per Expo e per la sua villa al mare, ora Giuseppe Sala casca su una bugia vera e propria.
“Non ci sono altri casi di aziende, persone e professionisti che hanno lavorato per Expo e per me”, ha detto l’aspirante sindaco di Milano lunedì scorso a Palazzo Marino, mentre nel corso dell’audizione sui conti di Expo rispondeva a una domanda del consigliere comunale Manfredi Palmeri.
“Aziende, persone e professionisti”, ha scandito l’amministratore delegato di Expo. Ma le cose non stanno così.
Oltre all’architetto Michele De Lucchi, ad avere lavorato sia per l’esposizione che per il Sala privato ci sono un professionista, ovvero un notaio e un’azienda, la Sec, società di comunicazione vicina a Cl, guidata da Fiorenzo Tagliabue, un tempo portavoce di Roberto Formigoni.
Partiamo dal professionista. Filippo Zabban è il notaio davanti al quale il 23 dicembre 2015 Sala ha firmato l’atto di costituzione di una nuova società di consulenza, la Finalter spa, di cui è socio al 20% con un versamento di capitale di 10mila euro. L’atto è stato scritto sulla carta intestata dello studio Zabban-Notari-Rampolla, lo stesso studio che, come ha notato Altreconomia, ha avuto in affidamento da Expo una serie di incarichi per servizi notarili il cui valore complessivo supera i 120mila euro. Alcuni di tali incarichi, per di più, sono stati firmati dallo stesso Sala.
Ma i motivi di imbarazzo non finiscono qui.
Perchè l’atto di costituzione di Finalter è stato siglato in via Rovello 2 a Milano, proprio dove ha sede Expo.
Un nuovo caso dunque di utilizzo degli spazi della società , che è pubblica, per fini privati. Come accaduto con la riunione elettorale che si è svolta qualche giorno fa in quegli stessi uffici, alla presenza di rappresentanti della comunità ebraica milanese e dell’ex vice sindaco Ada Lucia De Cesaris, con tanto di foto pubblicata su Facebook dal consigliere comunale Ruggero Gabbai e ripresa poi dalla stampa.
E non basta. Perchè tra i soci e i consiglieri di amministrazione di Finalter c’è Pietro Galli, non una figura qualsiasi all’interno di Expo.
Ma il direttore della divisione Sales & entertainment finito sotto i riflettori quando il presidente dall’autorità Anticorruzione Raffaele Cantone ha scoperto che nel 2005 è stato condannato in via definitiva per bancarotta, particolare taciuto nel curriculum consegnato a Expo.
Una volta avvisato, Sala, ha deciso di riconfermarlo. E oggi si è associato a lui nella nuova impresa, che tra le altre cose si occuperà anche del settore già sperimentato con Expo, ovvero “l’organizzazione e la promozione di eventi”.
Un intreccio tra le vicende pubbliche di Expo e quelle private di Sala che va avanti con la Sec, altro fornitore di Expo finito a fornire servizi anche a Sala.
La società di comunicazione ha infatti vinto in associazione temporanea d’impresa con Hill&Knowlton e Digital PR la gara da oltre un milione di euro per le attività di media relations internazionali dell’esposizione.
E si è inoltre aggiudicata l’attività di “comunicazione globale di cantiere” in associazione d’impresa con Plotini Allestimenti srl e, da sola, altri incarichi di comunicazione per svariate decine di migliaia di euro.
Ed è proprio Sec la società scelta da Sala per essere seguito nella campagna elettorale per le primarie. “Sec ha gestito il Media center di Expo avendo vinto una gara (in Ati con altre società ) con il criterio del massimo ribasso, una formula che non consente a chi la assegna nessuna discrezionalità — sottolinea la società contattata da ilfattoquotidiano.it -.
La successiva scelta di Sec da parte del candidato Sala non ha nulla a che fare con quella gara, semmai con la competenza maturata da Sec nella gestione della comunicazione di campagne elettorali (vedi primarie di Pisapia)”.
Ma il punto non è questo. Sala si stava giustificando davanti ai consiglieri comunali riguardo ai lavori nella villa al mare affidati a De Lucchi, che ha lavorato anche al Padiglione Zero, incassando oltre 100mila euro direttamente da Expo e 500mila da Fiera Milano per gli allestimenti.
E cos’è che diceva l’aspirante sindaco? “Non ci sono altri casi di aziende, persone e professionisti che hanno lavorato per Expo e per me”.
Già .
Luigi Franco
(da “il Fatto Quotidiano“)
argomento: denuncia | Commenta »