Gennaio 8th, 2016 Riccardo Fucile
LA QUADRA SULLE UNIONE CIVILI E’ ANCORA LONTANA
L’incontro si è tenuto questa mattina a Palazzo Chigi prima del consiglio dei ministri.
Matteo Renzi, Maria Elena Boschi hanno ricevuto i capigruppo del Pd di Senato e Camera, Luigi Zanda ed Ettore Rosato, per fare il punto su tutta l’attività parlamentare alla ripresa dopo la pausa natalizia, ma soprattutto sulle unioni civili, l’argomento più spinoso che rischia di mandare gambe all’aria gli equilibri di maggioranza e nel Pd.
La soluzione non è stata individuata nemmeno nel vertice mattutino. E si allontana la direzione nazionale del Pd mai convocata ufficialmente ma fissata informalmente per il 18 gennaio.
Si terrà comunque entro la fine del mese.
Ma intanto oggi a Zanda è stato affidato il mandato di ‘riscaldare’ i senatori con un’assemblea di gruppo prima del passaggio del ddl in aula il 26 gennaio.
L’obiettivo principale del premier e del ministro Boschi, la quale alla ripresa dell’attività parlamentare ha tra le mani la gestione del dossier unioni civili, è ricompattare il Pd tentando di far rientrare le dissidenze di 22 senatori cattolici.
Renzi infatti è convinto che i contrari alla stepchild adoption non siano realmente 28, a dispetto di quanto dichiarano. Ma 22 è sempre un numero alto, un quinto del gruppo parlamentare Dem del Senato. Occorre farli rientrare.
Tanto più che la riunione di oggi è servita a scartare l’ipotesi di ‘affido rafforzato’, la proposta di area cattolica per moderare l’istituto delle adozioni del figlio del partner sancito nel testo sulle unioni civili.
L’affido rafforzato, è la riflessione fatta al vertice mattutino, presenta maggiori difficoltà dal punto di vista costituzionale rispetto alla ‘stepchild adoption’.
E’ una conclusione alla quale Renzi e i suoi sono giunti dopo un attento screening con i costituzionalisti. Ciò non significa che automaticamente il testo resterà così com’è. O almeno: rimanere fedeli al testo Cirinnà (licenziato senza il voto della commissione e dunque spedito direttamente in aula senza relatore) è l’obiettivo di Renzi che però non ha abbandonato del tutto la ricerca di mediazione con Ncd o quanto meno con la parte più laica del partito di Alfano (Cicchitto e altri).
Di fatto però ancora la soluzione non c’è.
La direzione nazionale nella quale Renzi dirà la sua sul tema e anche su altri argomenti slitta a fine mese. Zanda tenterà di rimettere insieme tutti i cocci del gruppo dei senatori in un’assemblea tra due settimane.
Fino ad allora si lavorerà di mediazione. Lunedì intanto Renzi si prepara a festeggiare l’approvazione alla Camera del ddl sulle riforme costituzionali, al voto finale a Montecitorio (seguiranno altre due letture, Senato e di nuovo Camera, ma senza emendamenti, dunque più veloci).
Poi ci sono i decreti Ilva, Giubileo e Milleproroghe da riconvertire, quindi le unioni civili a fine mese. Sulle quali c’è una sola certezza: il testo che verrà varato dal Senato — sempre che l’aula non lo bocci, dati i voti segreti in programma e i numeri ballerini di una maggioranza spaccata — sarà blindato nel passaggio alla Camera.
Una scelta che Renzi ha messo in chiaro già a luglio, all’assemblea del Pd all’Expo.
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 8th, 2016 Riccardo Fucile
L’AIR FORCE ONE DEL MEGALOMANE NECESSITA ANCORA DI ULTERIORI MODIFICHE INTERNE ED E’ FERMO AD ABU DHABI
Oramai tutti la definiscono una “telenovela”.
Il nuovo aereo di Stato della Presidenza del Consiglio, ribattezzato da alcuni “Air Force Renzi” doveva arrivare oggi in Italia e invece resterà , chissà per quanto tempo, ancora ad Abu Dhabi.
Come riporta il Messaggero, l’ennesimo rinvio è stato scaturito da alcune modifiche interne al velivolo che non sono state ancora portate a conclusione.
L’aereo preso in leasing per otto anni dalla presidenza del Consiglio sarebbe dovuto arrivare oggi, comne annunciato ieri dal ben informato Ivan Orlando, direttore del sito www.aviazionecivile.it, profondo conoscitore dell’aeronautica europea e che qualche settimana fa pubblicò le foto dell’aereo presidenziale.
Per l'”Air force one” di Renzi dodici posti in prima classe, ventotto in business e 200 in economy, si dovrà attendere ancora prima di vederlo atterrare a Fiumicino.
Come ricorda il quotidiano romano, l’airbus (già al centro di polemiche per il presunto costo aggiuntivo per le casse dello Stato) andrà a sostituire il vecchio aereo Airbus 319, troppo piccolo per i voli intercontinentali.
L’aereo sembrava pronto già a fine ottobre in previsione della trasferta in Sudamerica del presidente del Consiglio.
Poi si scoprì che era pronto solo esteticamente. Ovvero che era stato riverniciato con il logo della presidenza del Consiglio, la bandiera italiana, la scritta “Repubblica italiana” e tre lunghe scie tricolori.
Non solo gli interni erano ancora come un qualsiasi aereo di linea, ma mancava anche il personale di servizio e soprattutto i piloti addestrati.
(da “Huffingtonpost“)
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Gennaio 8th, 2016 Riccardo Fucile
85 EURINI AI MAGAZZINI DI LUSSO GUM E CON “LEADERS NUMER ONE” TI SENTI “SOVRANISTA”
Dopo il calendario 2016 e le cover per smartphone, ecco “Leaders Number One”, il profumo ispirato al presidente russo Vladimir Putin.
Si tratta di un’edizione limitata: sono disponibili solo mille pezzi acquistabili entro il 20 gennaio nei grandi magazzini di lusso Gum.
Il packaging, molto elegante, presenta il profilo di Putin in rilevo.
La fragranza può essere acquistata anche online per 6.500 rubli (circa 85 euro). Il creatore del profumo è il biellorusso Vladislav Rekunov, che ha trascorso un anno in Francia per mettere a punto una fragranza degna del presidente.
Per realizzarla ha usato bergamotto, agrumi, ribes e cedro bianco.
L’agenzia di stampa Reuters ha intervistato, a Mosca, due uomini che hanno acquistato il prodotto.
Il loro giudizio è stato impietoso: “Costa molto ma il suo odore non si discosta da quello di profumi economici”.
Certo mille confezioni non sono molte, le truppe della destra orfana di leader nostrana devono organizzarsi in tempo e magari Salvini potrebbe anche lanciare un post “Che ne pensate se ne ordiniamo 1000 per il mercato italiano?”
Sarebbe un modo per verificare se i tanti sedicenti fans dell’ex agente comunista del Kgb, nonchè esperto nell’eliminare i dissidenti, nonchè socio in affari dei miliardari russi, raggiungono almeno quota mille.
Che poi il profumo non valga il prezzo è relativo: in fondo neanche loro valgono la definizione di destra.
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Gennaio 8th, 2016 Riccardo Fucile
PER LA SERIE “FACCIAMOCI CONOSCERE”: DELEGATI ITALIANI SI ACCAPIGLIANO PER 50 OROLOGI DI VALORE… LA SCORTA DI RENZI COSTRETTA A INTERVENIRE E A SEQUESTRARE I DONI
Parapiglia tra dirigenti del governo in viaggio con Matteo Renzi per i Rolex elargiti dagli amici di Ryad.
Questo racconto, descritto da testimoni oculari, proviene dall’Arabia Saudita.
È una grossa figuraccia internazionale per l’Italia. È ormai la notte tra domenica 8 e lunedì 9 novembre. Il palazzo reale di Ryad è una fonte di luce che illumina la Capitale saudita ficcata nel deserto.
La delegazione italiana, che accompagna Matteo Renzi in visita ai signori del petrolio, è sfiancata dal fuso orario e dal tasso d’umidità .
La comitiva di governo è nei corridoi immensi con piante e tende vistose, atmosfera ovattata, marmi e dipinti. Gli italiani vanno a dormire.
Così il cerimoniale di Palazzo Chigi, depositario degli elenchi e dei protocolli di una trasferta di Stato, prima del riposo tenta di alleviare le fatiche con l’inusuale distribuzione dei regali.
Quelli che gli oltre 50 ospiti di Roma — ci sono anche i vertici di alcune aziende statali (Finmeccanica) e private (Salini Impregilo) — hanno adocchiato sui banchetti del salone per la cena con la famiglia al trono: deliziose confezioni col fiocco, cognome scritto in italiano e pure in arabo.
Gli illustri dipendenti profanano la direttiva di Mario Monti: gli impiegati pubblici di qualsiasi grado devono rifiutare gli omaggi che superano il valore di 150 euro oppure consegnarli subito agli uffici di competenza.
Qui non si tratta di centinaia, ma di migliaia di euro. Perchè i sovrani sauditi preparano per gli italiani dei pacchetti con orologi preziosi: avveniristici cronografi prodotti a Dubai, con il prezzo che oscilla dai 3.000 ai 4.000 euro e Rolex robusti, per polsi atletici, che sforano decine di migliaia di euro, almeno un paio.
A Renzi sarà recapitato anche un cassettone imballato, trascinato con il carrello dagli inservienti. Il cerimoniale sta per conferire i regali. Il momento è di gioia. Ma un furbastro lo rovina. Desidera il Rolex.
Scambia la sua scatoletta con il pacchiano cronografo con quella dell’ambito orologio svizzero e provoca un diverbio che rimbomba nella residenza di re Salman.
Tutti reclamano il Rolex. Per sedare la rissa interviene la scorta di Renzi: sequestra gli orologi e li custodisce fino al ritorno a Roma.
La compagine diplomatica, guidata dall’ambasciatore Armando Varricchio, inorridisce di fronte a una scena da mercato di provincia per il chiasso che interrompe il sonno dei sauditi.
Anche perchè i generosi arabi sono disposti a reperire presto altri Rolex pur di calmare gli italiani. Non sarà un pezzo d’oro a sfaldare i rapporti tra Ryad e Roma: ballano miliardi di euro di appalti, mica affinità morali.
Nonostante le decapitazioni di Capodanno, tra cui quella dell’imam sciita che scatena la furia dell’Iran, per gli italiani Ryad resta una meta esotica per laute commesse.
E che sarà mai una vagonata di Rolex? Il guaio è che degli orologi, almeno durante le vacanze natalizie, non c’era più traccia a Palazzo Chigi.
Non c’erano nella stanza dei regali al terzo piano.
Chi avrà infranto la regola Monti e chi l’avrà rispettata? E Renzi ce l’ha o non ce l’ha, il Rolex?
La dottoressa Ilva Sapora, la padrona del cerimoniale di Palazzo Chigi, non rammenta il contenuto dei doni. Ha la febbre e poca forza per rovistare nella memoria. Varricchio ascolta le domande e la ricostruzione dei fatti di Ryad: annuisce, non replica.
Varricchio è il consigliere per l’estero di Renzi, nonchè il prossimo ambasciatore italiano a Washington. Allora merita un secondo contatto al telefono.
Non svela il destino del Rolex che ha ricevuto, ma si dimostra comprensivo: “I cittadini devono sapere. Queste vicende meritano la massima attenzione. Le arriverà una nota di Palazzo Chigi. Che la voce sia univoca”.
Ecco la voce del governo, che non smentisce niente, che non assolve la Sapora, ma precisa i ruoli: “I doni di rappresentanza ricevuti dalla delegazione istituzionale italiana, in occasione della recente visita italiana in Arabia Saudita, sono nella disponibilità della Presidenza del Consiglio, secondo quello che prevedono le norme. Come sempre avviene in questi casi, dello scambio dei doni se ne occupa il personale della presidenza del Consiglio e non le cariche istituzionali”.
Il racconto non finisce.
Cos’è accaduto dopo la notte di Ryad? Chi non voleva restituire o non ha ancora restituito i Rolex?
Carlo Tecce
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Gennaio 8th, 2016 Riccardo Fucile
MAGISTRATI E FORZE DELL’ORDINE LO HANNO CAPITO DA TEMPO, SOLO UNA DESTRA CHE LUCRA SULL’IGNORANZA FINGE CHE SIA UNA COSA SERIA
Il reato di immigrazione clandestina così come attualmente concepito e sanzionato, oggettivamente “non serve proprio a nulla”.
Non previene. Non combatte e non elide il problema.
Quello dell’immigrazione incontrollata e della lotta ai “commercianti di vite umane” (e finanche di morte) è un problema serio. Un problema che postula una riflessione profonda, misure adeguate ed un generalizzato moto riformatore.
Pur rimanendo soltanto “in superficie” (il tema, infatti, è, “tremendamente”, molto più ampio e complesso), la previsione incriminatrice di che trattasi: a) non prevede nessuna limitazione e/o restrizione della libertà personale (ma soltanto un’ammenda – dai 5 ai 10 mila euro – che, non solo risulta – ex facto – “inesigibile” ed “inevasa”); b) impegna addirittura i tribunali con migliaia di procedimenti ogni anno senza che ad alcunchè di positivo si addivenga.
La depenalizzazione in parola, invece: 1) renderà più spedite ed efficaci le espulsioni (e sempre che ve ne siano i presupposti); 2) eviterà di intasare inutilmente l’attività dei Tribunali; 3) consentirà di acquisire, in guisa adeguata alla vigenti regole probatorie, elementi utili nelle indagini sulla criminalità , nazionale ed internazionale, che gestisce gli sbarchi clandestini.
E “poco” non è, anzi…
Una destra credibile si batterebbe “per quello”.
Il tempo di abbandonare l’agone degli “urlatori” e dei “destri forcaioli” è arrivato da un pezzo anche se soltanto “quelli” che non vanno più a votare sembrano averne consapevolezza.
Salvatore Castello
Right BLU – La Destra Liberale
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Gennaio 8th, 2016 Riccardo Fucile
LA SINDACO COSTRETTA A REVOCARE L’APPALTO A IMPRESA INTERDETTA DALL’ANTIMAFIA, MA POI LO AFFIDA A UN’ALTRA DELLA STESSA COSTELLAZIONE E CON LO STESSO MANAGER
L’ombra dei rapporti con la camorra avvolge gli atti dell’amministrazione dei Cinque Stelle a Quarto prima che a dicembre esploda l’inchiesta di Woodcock.
Ed è legata, nel Comune di Quarto sciolto per mafia due volte negli ultimi vent’anni, al grosso business dell’amministrazione straordinaria dell’acquedotto e della fognatura.
La notizia non è (solo) che il sindaco dei Cinque Stelle Rosa Capuozzo ha fatto lavorare una impresa su cui pendeva un’interdittiva antimafia.
Ma, c’è dell’altro: quando è stata costretta a risolvere il contratto, la Capuozzo ha affidato la prosecuzione dei lavori a un’altra impresa che apparteneva alla stessa costellazione della precedente, come emerge dalle carte che l’HuffPost pubblica.
E allora occorre ripercorrere dall’inizio i vari passaggi di questa storia, per la quale la richiesta di scioglimento del Comune è praticamente obbligata.
La vicenda riguarda una gara per la manutenzione straordinaria dell’acquedotto e della fognatura, aggiudicata per tre anni dall’Ati che vede come capogruppo la Fradel Costruzioni, per un importo di circa due milioni e settecentomila euro.
La società in questione, con sede a Quarto, risulta essere destinataria di misura di prevenzione antimafia, disposta dalla prefettura di Napoli, poi sospesa dal Tar, ma ancora su sub judice al momento del conferimento dei lavori, perchè l’avvocatura di Stato aveva presentato ricorso.
Ricorso che l’avvocatura di Stato vince, con sentenza depositata il 28 settembre.
È un documento cruciale la sentenza del Consiglio di Stato che l’HuffPost pubblica integralmente, perchè ripristina l’interdittiva antimafia che gravava contro la Fradel, ritenendo fondati gli accertamenti “compiuti dai diversi organi di polizia e oggetto di valutazione da parte del prefetto”.
Il Comune di Quarto, una volta notificata la sentenza, avrebbe dovuto bloccare subito l’appalto della Fradel.
E invece il sindaco e la giunta a Cinque Stelle ignorano la sentenza.
Solo quando, a seguito di una interrogazione parlamentare della senatrice del Pd (e giornalista anticamorra) Rosaria Capacchione anche l’Autorità anticorruzione di Cantone chiede informazioni al prefetto di Napoli sulla Fradel, solo a quel punto il sindaco affronta la questione.
E l’affronta in modo irregolare e ugualmente opaco sul terreno della legalità .
Con una delibera di giunta del 22 dicembre — quasi tre mesi dopo la sentenza del Consiglio di Stato – si “procede alla risoluzione contrattuale con la Fradel prendendo atto della subentrante Edil Sud”.
L’irregolarità riguarda la delibera di giunta (e non del consiglio) e la formula della “presa d’atto” nel passaggio di consegne da una impresa all’altra.
L’opacità riguarda l’affidamento alla Edil Sud. Perchè ammesso che il sindaco non ha sentito il dovere di fare delle verifiche sulla trasparenza dell’azienda, era tutto già scritto nella sentenza del Consiglio di Stato che aveva ripristinato l’interdittiva antimafia sulla Fradel.
C’era scritto che la Edil Sud faceva parte della stessa costellazione di imprese della Fradel.
Un legame così stretto quello tra la Fradel e la Edil Sud che le due imprese avevano lo stesso amministratore delegato: “La Fradel — è scritto nella sentenza — è consociata di Finconsorzio, con sede in Roma, unitamente a Edil Sud 75, il cui amministratore è sempre Guglielmo Del Prete”.
Del Prete è una figura centrale, l’amministratore i cui figli “sono imputati in un procedimento penale per favoreggiamento, associazione a delinquere, ricettazione e riciclaggio”, perchè è il regista dell’intera costellazione di imprese: “Le cointeressenze aziendali — si legge nella sentenza — inerenti alla gestione delle varie compagini societarie, segnatamente la Tecno Bridge s.c.a.r.l., General Costruzini s.r.l., G.M. Group s.c.a.r.l., Edil Sud 75 s.c.a.r.l., oltre che Fiderconsorzio, tutte riconducibili all’amministratore Guglielmo Del Prete, sono elementi che vanno colti nel loro insieme e non singolarmente”.
Dunque, il business dell’acquedotto, per responsabilità del sindaco pentastellato, non esce dall’intreccio societario che ruota attorno alla Fradel.
I Cinque stelle in questi giorni si difendono ricordando che furono loro a espellere, il 14 dicembre, Giovanni De Robbio il consigliere comunale più votato finito nell’inchiesta sul presunto scambio con i clan.
Proprio in quei giorni però la giunta ribadisce una continuità sul business dell’acquedotto ignorando di fatto un’interdittiva antimafia.
(da “Huffingtonpost“)
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Gennaio 8th, 2016 Riccardo Fucile
DEVE INTERVENIRE LA POLIZIA, LA SINDACA CAPUOZZO IN LACRIME
E la sindaca scoppiò a piangere. “Se state strumentalizzando questa questione della lotta alla camorra per un fatto politico vi dovreste vergognare. La lotta alla camorra è un dovere morale per tutti” .
Così Rosa Capuozzo, sindaca di Quarto, chiude la mattinata in consiglio comunale con un brevissimo intervento che le strappa anche le lacrime.
Seduta del Consiglio comunale a Quarto sospesa (e poi ripresa) nel comune flegreo, sotto i riflettori nazionali dopo la pubblicazione delle intercettazioni dalle quali emerge che alle comunali del giugno scorso un clan camorrista locale avrebbe sostenuto il candidato pentastellato Rosa Capuozzo (poi eletta sindaco).
Gli esponenti del Pd vengono accompagnati fuori dall’aula da vigili e carabinieri e un presidio Pd all’esterno con cartelli: “Vergogna, Capuozzo dimettiti”.
Il presidio.
Comincia alle 9,30 a Quarto, cittadina flegrea, il presidio organizzato dal Pd, davanti alla sede della sala consiliare del Comune, per chiedere le dimissioni della sindaca. Presente, tra gli altri, l’europarlamentare Pina Picierno e i deputati Leonardo Impegno e Rosaria Capacchione, oltre agli esponenti locali oltre il mancato sindaco Francesco Dinacci. Nel piazzale oltre 200 persone.
Inizia il consiglio comunale.
Alle 10,30 si apre la seduta, la sindaca è presente. Appena iniziata la seduta un gruppo di manifestanti del Pd entra in aula esponendo dei cartelli con la scritta: “Dimissioni, vergogna”.
Il presidente del consiglio, Lorenzo Paparone, chiede di rimuovere i cartelli e dalle fila del Pd parte una protesta ad altra voce.
Protagonista soprattutto il leader dei giovani democratici Marco Sarracino: “Fate un casino incredibile in Parlamento, adesso chiedete a noi moderazione? E basta, adesso ci divertiamo noi”.
Dal pubblico un battibecco. Alcuni militanti Cinque Stelle rimbeccano Sarracino sostenendo: “Da noi la camorra è entrata, ma poi è subito uscita”. Mentrre Paparone a sua volta risponde: “Lei vuole divertirsi, io voglio solo lavorare”.
Bagarre e urla.
Alle 12.30 nuova bagarre in consiglio e urla: “Dimissioni. Dimissioni”. I cinque consiglieri di minoranza (liste civiche) hanno chiesto un Consiglio straordinario per dibattere degli ultimi fatti che hanno coinvolto la giunta grillina con l’inchiesta della magistratura per tentata estorsione alla sindaca e voto di scambio da parte del consigliere de Robbio.
Ma la maggioranza ha appena votato una eccezione, proposta dal capogruppo Cinque Stelle Nicolais, per non far passare la mozione. Il Pd, presente negli spazi riservati al pubblico, protesta violentemente.
Intervengono le forze di polizia.
Ore 13 le tensioni si concludono con l’espulsione dall’aula di esponenti Pd, seduti nel pubblico, con i vigili urbani e anche alcuni carabinieri impegnati nell’operazione. Violenta la reazione del Pd all’esterno con il giovane Sarracino che lamenta: “Tacciano me, invece di andarsene loro”.
E la Picierno denuncia: “Sono indignata. Cose mai viste neanche nella prima Repubblica. È incredibile che caccino un ragazzo, chiedendogli anche i documenti, da una seduta convocata come seduta aperta” Il consiglio riprende.
Dopo la bagarre la maggioranza si è riunita e alle 14 il consiglio è ripreso e il presidente Paparone ha riaperto la discussione sulla eccezione consentendo l’espressione delle dichiarazioni di voto.
L’intervento della sindaca. Alle 14,30 prende la parola Rosa Capuozzo con un brevissimo intervento che le strappa anche le lacrime, mentre la sua maggioranza le riserva un caloroso applauso.
Nel suo intervento il sindaco ribadisce che “la questione è già stata affrontata quindici giorni fa. Se infiltrazione c’è stata è perchè il territorio è difficile e ci hanno provato, ma hanno trovato in noi un muro. I cittadini lo sanno e ci appoggiano. E non c’è niente di cui rallegrarsi. Ci dovrebbero invece sostenere in questa lotta alla camorra perchè questa lotta non ha colore politico”. Alla fine del suo intervento ha un lieve malore, ma poi conclude la seduta.
(da “La Repubblica”)
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Gennaio 8th, 2016 Riccardo Fucile
FINANZIAMENTI MILIONARI ANONIMI, INTRECCI CON BANCHIERI, COSTRUTTORI E PETROLIERI, SOCIETA’ FANTASMA
Finanziamenti milionari ma anonimi. Un intreccio tra ministri, petrolieri, banchieri e imprenditori. Con una lunga inchiesta nel numero in edicola “L’Espresso” ha esaminato i documenti ufficiali delle fondazioni che fanno capo ai leader politici, da Renzi a Gasparri, da Alfano a Quagliarello, tutte dominate dall’assenza di trasparenza.
Nel consiglio direttivo di Open, il pensatoio-cassaforte del premier, siedono l’amico che ne è presidente Alberto Bianchi, ora consigliere dell’Enel, il sottosegretario Luca Lotti, il braccio destro Marco Carrai e il ministro Maria Elena Boschi.
Il sito pubblica centinaia di nomi di finanziatori, ma omette «i dati delle persone fisiche che non lo hanno autorizzato esplicitamente».
Il patrimonio iniziale di 20 mila euro, stanziato dai fondatori, si è moltiplicato di 140 volte con i contributi successivi: in totale, 2 milioni e 803 mila euro.
Sul sito compaiono solo tre sostenitori sopra quota centomila: il finanziere Davide Serra (175), il defunto imprenditore Guido Ghisolfi (125) e la British American Tobacco (100 mila).
Molto inferiori le somme versate da politici come Lotti (9.600), Boschi (8.800) o il nuovo manager della Rai, Antonio Campo Dell’Orto (solo 250 euro).
Ma un terzo dei finanziatori sono anonimi per un importo di 934 mila euro.
Ad Angelino Alfano invece fa oggi capo la storica fondazione intitolata ad Alcide De Gasperi, che ha «espresso il suo dissenso» alla richiesta ufficiale della prefettura di far esaminare i bilanci: per una fondazione presieduta dal ministro dell’Interno, la trasparenza non esiste.
Nell’attuale direttivo compaiono anche Fouad Makhzoumi, l’uomo più ricco del Libano, titolare del colosso del gas Future Pipes Industries.
Tra gli italiani, Vito Bonsignore, l’ex politico che dopo una condanna per tangenti è diventato un ricco uomo d’affari; il banchiere Giovanni Bazoli, il marchese Alvise Di Canossa, il manager Carlo Secchi, l’ex dc Giuseppe Zamberletti, l’ex presidente della Compagnia delle Opere Raffaello Vignali, l’avvocato Sergio Gemma e il professor Mauro Ronco. Ma tutti i contributi alla causa di Alfano sono top secret.
Invece la fondazione Magna Carta è stata costituita dal suo presidente, Gaetano Quagliariello, da un altro politico, Giuseppe Calderisi, e da un banchiere di Arezzo, Giuseppe Morbidelli, ora numero uno della Cassa di risparmio di Firenze.
Gli altri fondatori sono tre società : l’assicurazione Sai-Fondiaria, impersonata da Fausto Rapisarda che rappresenta Jonella Ligresti; la Erg Petroli dei fratelli Garrone; e la cooperativa Nuova Editoriale di Enrico Luca Biagiotti, uomo d’affari legato a Denis Verdini. Il capitale iniziale di 300 mila euro è stato interamente «versato dalle tre società in quote uguali».
I politici non ci hanno messo un soldo, ma la dirigono insieme ai finanziatori.
Nel 2013 i Ligresti escono dal consiglio, dove intanto è entrata Gina Nieri, manager di Mediaset.
L’ultimo verbale (giugno 2015) riconferma l’attrazione verso le assicurazioni, con il manager Fabio Cerchiai, e il petrolio, con Garrone e il nuovo consigliere Gianmarco Moratti. La fondazione pubblica i bilanci, ma non rivela chi l’ha sostenuta: in soli due anni, un milione di finanziamenti anonimi.
La Nuova Italia di Gianni Alemanno invece non esiste più. “L’Espresso” ha scoperto che il 23 novembre scorso la prefettura di Roma ne ha decretato lo scioglimento: «la fondazione nell’ultimo anno non ha svolto alcuna attività », tanto che «le raccomandate inviate dalla prefettura alla sede legale e all’indirizzo del presidente sono tornate al mittente con la dicitura sconosciuto».
Ai tempi d’oro della destra romana sembrava un ascensore per il potere: dei 13 soci promotori, tutti legati all’ex Msi o An, almeno nove hanno ottenuto incarichi dal ministero dell’agricoltura o dal comune capitolino.
All’inizio Gianni Alemanno e sua moglie Isabella Rauti figurano solo nel listone dei 449 «aderenti» chiamati a versare «contributi in denaro».
I primi soci sborsano il capitale iniziale di 250 mila euro. Tra gli iscritti compaiono tutti i fedelissimi poi indagati o arrestati, come Franco Panzironi, segretario e gestore, Riccardo Mancini, Fabrizio Testa, Franco Fiorito e altri.
La “Fondazione della libertà per il bene comune” è stata creata dal senatore ed ex ministro Altero Matteoli assieme ad altre dieci persone, tra cui politici di destra come Guglielmo Rositani (ex parlamentare e consigliere Rai), Eugenio Minasso, Marco Martinelli e Marcello De Angelis.
A procurare i primi 120 mila euro, però, sono anche soci in teoria estranei alla politica, come l’ex consigliere dell’Anas Giovan Battista Papello (15 mila), il professor Roberto Serrentino (10 mila) e l’imprenditore, Erasmo Cinque, che versa 20 mila euro come Matteoli.
La fondazione, gestita dal tesoriere Papello, pubblica i bilanci: tra il 2010 e il 2011, in particolare, dichiara di aver incassato 374 mila euro dai «soci fondatori», altri 124 mila di «contributi liberali» e solo duemila dalle proprie attività (convegni e pubblicazioni).
Gli atti della prefettura però non spiegano quali benefattori li abbiano versati.
Espressione di Massimo D’Alema, ItalianiEuropei nel 1999 è stata una delle prime fondazioni.
I fondatori sono l’ex premier Giuliano Amato, il costruttore romano Alfio Marchini, il presidente della Lega Cooperative, Ivano Barberini, e il finanziere esperto in derivati Leonello Clementi.
Il capitale iniziale è di un miliardo di lire (517 mila euro), quasi totalmente versati da aziende o uomini d’affari: 600 milioni di lire da varie associazioni di cooperative rosse, 50 ciascuno da multinazionali come Abb ed Ericsson, la Pirelli di Tronchetti Provera, l’industriale farmaceutico Claudio Cavazza, oltre che da Marchini (50) e Clementi (55).
ItalianiEuropei deposita regolari bilanci e ha autorizzato la prefettura di Roma a mostrarli. L’ultimo è del 2013. Gli atti identificano solo i finanziatori iniziali del 1998. A quei 517 mila euro, però, se ne sono aggiunti altri 649 mila sborsati da «nuovi soci», non precisati.
Nei bilanci inoltre compare una diversa categoria di «contributi alle attività » o «per l’esercizio»: in totale in sei anni i finanziamenti ammontano a un milione e 912 mila euro.
Italia Protagonista nasce nel 2010 per volontà di due leader della destra: Maurizio Gasparri, presidente, e Ignazio La Russa, vicepresidente.
Tra i fondatori, che versano 7 mila euro ciascuno, c’è un ristretto gruppo di politici e collaboratori, ma anche un manager, Antonio Giordano.
Dopo la fine di An, però, La Russa e i suoi uomini escono e la fondazione resta un feudo dell’ex ministro Gasparri.
Come direttore compare un missionario della confraternita che s’ispira al beato La Salle, Amilcare Boccuccia, e come vice un suo confratello spagnolo.
Tra i soci viene ammesso anche Alvaro Rodriguez Echeverria, esperto e uditore del sinodo 2012 in Vaticano, nonchè fratello dell’ex presidente del Costarica.
L’ultimo bilancio riguarda il 2013, quando il capitale, dai 100 mila euro iniziali, è ormai salito a 231 mila.
Le donazioni di quell’anno, 56 mila euro, non sono bastate a coprire le spese, con perdite finali per 63 mila, però in banca ci sono 156 mila euro di liquidità .
Ma sui nomi dei benefattori, zero informazioni.
«Quello che è assolutamente inaccettabile è l’assenza di una regolamentazione che quanto meno adegui le fondazioni alle regole dei partiti politici», dichiara Raffaele Cantone a “l’Espresso” : «Fermo restando che la riforma Letta sulla pubblicità ai partiti si è rivelata inadeguata, perchè il sistema delle verifiche è assolutamente ridicolo, ma almeno ha introdotto un meccanismo di controllo. Sulle fondazioni invece c’è totale anarchia: non si possono conoscere entrate e uscite, non c’è trasparenza sui finanziatori».
Paolo Biondani, Lorenzo Bagnoli e Gianluca Di Feo
(da “L’Espresso”)
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Gennaio 8th, 2016 Riccardo Fucile
PD 33,4%, M5S 26%, LEGA 13,7%, FORZA ITALIA 11,1%, FDI 4,4%, SINISTRA ITALIANA 4,3%, AREA POPOLARE 3,4%…CALA LA FIDUCIA IN RENZI E NEL GOVERNO
Scende di 2 punti rispetto a dicembre (32%) la fiducia in Matteo Renzi, secondo l’ultima rilevazione dell’Istituto Ixè per Agorà .
Stessa flessione per il governo: la fiducia torna al 29%, come due mesi fa.
Tra i leader politici, Sergio Mattarella è in testa al 59%, seguito appunto da Renzi (29%), Di Maio (28%), Meloni (24%), Salvini (23%).
Flessione anche per i primi tre partiti italiani.
Nei sondaggi dell’Istituto Ixè per Agorà , il Partito Democratico perde uno 0,3, passando dal 33,7% della rilevazione del 18 dicembre al 33,4%.
Meno consistente è il calo del Movimento 5 Stelle: nelle intenzioni di voto si assesta al 26%, perdendo solo lo 0,1.
Ulteriore flessione anche per la Lega Nord: il partito di Salvini passa dal 13,9% al 13,7, perdendo lo 0,2% dei consensi.
I voti che perde la Lega li guadagna Forza Italia: nelle intenzioni degli elettori, il partito di Silvio Berlusconi passa dal 10,9 all’11,1%.
Tra i partiti minori calano Fratelli d’Italia al 4,4%, così come Sinistra Italiana al 4,3%, mentre Area Popolare (Ncd + Udc) cresce, passando dal 3,1% al 3,4%.
Stando alla rilevazione fatta da Ixè, se si votasse oggi l’affluenza sarebbe al 66,5%, in calo rispetto alla precedente del 18 dicembre, quando era al 67,4%.
L’anno appena trascorso ha visto crescere negli italiani il senso di paura e insicurezza. Nella rilevazione Ixè, il 58% afferma che ha paura dell’Islam mentre il il 65% teme attentati in Italia nel corso del 2016.
(da “Huffingtonpost“)
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