Gennaio 18th, 2016 Riccardo Fucile
IL COMPAGNO DI MERENDE DOPO AVER OSPITATO GRATIS IL PREMIER A FIRENZE ORA DIVENTA CONSULENTE DEL GOVERNO
La nomina di Marco Carrai tra i consulenti di fiducia di Matteo Renzi a Palazzo Chigi diventa un caso. Ma il premier non molla.
A quanto si apprende, l’intenzione del presidente del Consiglio è di affidare al fedelissimo ‘Marchino’ la gestione di una nuova unità di missione del governo sulla cybersecurity, nuovo chiodo fisso del premier dagli attentati di Parigi del 13 novembre scorso.
Ma la questione non è di quelle che passano sotto silenzio.
Nè sul fronte dell’opposizione che attacca e chiede chiarimenti: mercoledì Sinistra italiana presenta un’interrogazione parlamentare alla Camera.
Nè a Palazzo Chigi, dove per tutto il giorno si è discusso sul tema.
Una prima conclusione: la nuova unità di missione non andrà a toccare l’autorità delegata di Palazzo Chigi ai servizi segreti, che ora è nelle mani di Marco Minniti.
E’ tutto il giorno che Renzi e i suoi, soprattutto il sottosegretario Luca Lotti che sta gestendo la questione per conto del premier, si spendono in chiarimenti e rassicurazioni con i vertici dei servizi e di tutto il comparto sicurezza dello Stato.
Sono le aree più sensibili al tema Carrai. Avvertono il rischio di essere scavalcate da un uomo di fiducia del premier.
La risposta di Palazzo Chigi è no, rischio non c’è. E c’è anche che Carrai non sarà un nuovo sottosegretario del governo.
Avrà una qualifica tecnica, relativa al suo ambito di azione professionale: la sicurezza e la cybersecurity, appunto, materia al centro delle attività della sua Cys24, start up di sicurezza informatica nata lo scorso agosto.
Renzi vorrebbe portare Carrai a Palazzo Chigi possibilmente nell’ambito della ristrutturazione dell’esecutivo in programma nei prossimi giorni. Anche se c’è un punto interrogativo sui tempi: prima Carrai dovrà sbarazzarsi delle altre cariche, spogliarsi di ogni possibile conflitto di interessi. Ce la farà in pochi giorni?
Il punto è che tutte le spiegazioni tecniche di Palazzo Chigi non dipanano i dubbi dell’opposizione, unita da Sinistra italiana al M5s e anche Forza Italia a denunciare quello che si presenta come un altro caso di sospetto conflitto di interessi del premier nei rapporti con i suoi fedelissimi di sempre.
“Che vuol dire che l’unità di missione non andrà a toccare l’autorità delegata ai servizi? Sarà una struttura autonoma e parallela su un tema così delicato?!”, si chiede Francesco Ferrara, deputato di Sinistra italiana e componente del Copasir che sul tema ha preparato un’interrogazione parlamentare per mercoledì alla Camera.
In Parlamento insomma si avvista un’altra giornata di fuoco per il governo. “Le ricostruzioni dei giornali non ci convincono”, aggiunge Ferrara.
Sul tema in effetti il Pd resta in silenzio. Nessuno lo cavalca dalla cerchia renziana, segno che, al di là di tutte le spiegazioni che vengono lasciate trapelare sulla stampa, la questione resta ‘off limits’ anche nella percezione che se ne ha da Palazzo Chigi.
Un imbarazzo che l’opposizione sfrutta a suo favore.
“Sembrerebbe che il governo si sia attivato per la creazione di un`ulteriore agenzia specifica per la sola cyber-security, per la quale sembra sia pronto già un decreto ad hoc — scrive sul blog di Beppe Grillo Angelo Tofalo, deputato M5s e componente del Copasir – Eppure al Copasir, il comitato parlamentare per la sicurezza della repubblica del quale faccio parte insieme ai colleghi Vito Crimi e Bruno Marton, non è arrivata nessuna informativa. Stiamo parlando di un`agenzia che avrà fortissimi poteri e che se dovesse essere messa in mani sbagliate potrebbe sbilanciare irrimediabilmente l`equilibrio democratico del nostro paese. Il direttore di questa super agenzia sarà Marco Carrai”.
Da Forza Italia, Maurizio Gasparri accusa Renzi di “sconcertante occupazione degli apparati dello Stato”.
Mentre il capogruppo al Senato Paolo Romani gli chiede di chiarire: “E’ estremamente grave e pericoloso che una funzione delicatissima come quella di responsabile della sicurezza cibernetica del nostro Paese possa essere assegnata dal presidente del Consiglio all’imprenditore fiorentino Marco Carrai in base a suoi rapporti di amicizia e non a documentate competenze specifiche”. Persino Denis Verdini sconsiglia l’amico Renzi: “Mi sembra un azzardo…”.
E’ da fine novembre che Renzi insiste sulla cybersecurity. “I terroristi vogliono disintegrare il nostro modo di vivere. Ecco perchè stiamo cercando di insistere con la cyber-security, ecco perchè stiamo cercando di valorizzare di più e meglio le nostre forze dell’ordine, il nostro contributo militare, il nostro contributo alla sicurezza.
Tutte cose giustissime da fare, e le facciamo”, sono le parole che il premier ha pronunciato al Teatro della Pergola a Firenze, in occasione dell’apertura della Festa della Toscana che celebra l’abolizione della pena di morte nel Granducato nel 1786.
In mente ce l’aveva già l’idea di affidare la materia a Marco Carrai detto ‘Marchino’, da sempre nel suo giglio magico insieme a Luca Lotti e Maria Elena Boschi.
Anzi Carrai è proprio uno dei renziani della primissima ora, quando Matteo era solo un presidente di provincia, introdotto agli ambienti della borghesia fiorentina proprio da ‘Marchino’, cattolicissimo e vicino a Cl tanto da riuscire a costruire una enclave teocon nella ‘rossa’ Toscana.
Erano gli anni del caso Englaro, Firenze era governata da Leonardo Domenici, i consiglieri comunali Carrai e Dario Nardella, attuale sindaco già allora vicino a Renzi, votarono contro la proposta di cittadinanza onoraria a Beppino Englaro.
Rispetto agli inizi, tra il paese natale di Greve del Chianti e Firenze, ora Carrai non si occupa più di politica, non direttamente.
E’ uomo d’affari tra Italia e Israele, dove pure ha importanti investimenti nel settore della sicurezza.
Non è affatto un caso che ci fosse anche lui in sinagoga domenica per la visita papale.
Su di lui, Renzi non molla: incarico tecnico. Ma tra i renziani c’è chi giura che non ci si fermerà lì.
E che per Marchino arriverà anche un incarico più politico quando i tempi saranno maturi. Del resto, è l’unica persona di fiducia del premier che ancora non era entrata nella nuova sede del giglio magico: Palazzo Chigi.
(da “Huffingotnpost“)
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Gennaio 18th, 2016 Riccardo Fucile
L’AGENZIA REGIONALE RISCOSSIONI INCASSA SOLO L’8%… TRA I MOROSI CI SONO SINDACI, ASSESSORI E PARLAMENTARI: OLTRE 160 POLITICI
Dice Antonino Fiumefreddo: «Davanti a me c’è un muro. Non ho la sensazione che si vogliano cambiare le cose».
Venti giorni fa l’assemblea regionale gli ha bocciato a scrutinio segreto la ricapitalizzazione della società di cui è presidente da un anno, Riscossione Sicilia, e che ha il compito di incassare le imposte nell’isola.
Sarà una coincidenza, ma è successo dopo la scoperta che 61 deputati regionali su 90 avevano pendenze con il Fisco.
E sono soltanto una parte degli almeno 160 politici locali nelle stesse condizioni. Parlamentari, assessori, ex consiglieri, sindaci… C’è di tutto.
Nessuno gli chiedeva i soldi e forse quando è successo qualcuno si è arrabbiato.
Non li chiedevano a loro, nè a tantissimi altri. Basta dire che dei 5,7 miliardi di ruoli riscuotibili ogni anno nell’isola, si incassano 480 milioni. Paga solo l’8 per cento.
Ecco perchè Riscossione Sicilia, società regionale omologa di Equitalia, fa l’esattore perennemente in perdita, fino ai 14 milioni di buco del 2014. Per non parlare dei costi.
A Catania, 72 mila euro al mese per l’affitto della sede. A Siracusa, 35 mila. A Ragusa, 30 mila. A Palermo la società possiede un immobile di nove piani, eppure spendeva per affitti mezzo milione l’anno.
Quando Fiumefreddo è arrivato ha trovato 702 dipendenti e una lista di 887 avvocati esterni. Azzerarla non è stato facile. Come accorpare gli uffici provinciali.
Quanto all’offensiva contro gli evasori, lasciamo spazio all’immaginazione.
Da maggio a dicembre hanno sequestrato 3.200 auto. Ben 1.189 nei soli primi tre mesi: fra queste 33 Ferrari, 119 Porsche, 49 Jaguar, 17 Maserati, 2 Rolls Royce, 3 Cadillac, una Aston Martin e perfino quattro Hummer.
Più un jet privato da 8 milioni intestato alla proprietaria di un bar di Catania.
Alla faccia dello stereotipo di regione povera che da sempre marchia la Sicilia, i contribuenti che devono più di 500 mila euro sono 12.979, per un debito di 23,3 miliardi.
A Catania il carico maggiore spetta a una sconosciuta signora (Rosaria Ferlito) che dovrebbe dare a Riscossione Sicilia 85,7 milioni.
A Trapani il signor Silvano Lombardo di milioni ne deve 168.
A Messina, e nelle altre città siciliane, sono gravemente morose le principali aziende municipalizzate.
A Palermo la stessa Regione Siciliana deve al suo esattore 37,8 milioni. Mentre 54,6 milioni dovrebbe pagare Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino a suo tempo condannato per mafia.
Seguono numerosi altri debitori per milioni, alcuni deceduti, i cui nomi rimandano a Cosa Nostra: come se quel capitolo di quando le esattorie siciliane erano in mano ai cugini mafiosi Ignazio e Nino Salvo non si fosse mai del tutto chiuso.
Fantasie? «Si sottolinea», ha scritto Fiumefreddo al presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone, «come fra i grandi morosi vi siano soggetti a Catania riconducibili alla famiglia mafiosa di Cosa Nostra Santapaola-Ercolano, così come a Palermo diverse aziende sono collegabili alle famiglie più famigerate, con una situazione che diviene incredibile a Trapani dove molti soggetti sono noti alle cronache per essere sospettati di fungere da prestanome al boss Matteo Messina Denaro».
È saltato pure fuori che non poche imprese «con pendenze fiscali assai importanti» risultano titolari di contratti d’appalto con pubbliche amministrazioni, nonostante questo sia espressamente vietato dalla legge.
Neppure è raro imbattersi in aziende fallite, senza che Riscossione Sicilia con i suoi 887 avvocati si fosse inserita nel passivo.
Come pure in società apparentemente in gran salute, privati cittadini, commercianti. E studi professionali tra i più accreditati.
Un esempio? Scorrendo il tabulato di Palermo cade l’occhio sul nome del famoso avvocato Ignazio Messina, ex deputato e segretario dell’Italia dei Valori, partito che fu di Antonio Di Pietro. Gli viene attribuito un debito di 605.431 euro.
Ora è lecito chiedersi se quanto sta accadendo non sia il segno di un preoccupante rigurgito gattopardesco.
A novembre, sostiene Fiumefreddo, gli incassi sono saliti del 51 per cento e per la prima volta in dieci anni nel 2015 è stato superato il budget. Evviva.
Ma certo con un sistema informativo fermo al 1989 non si fa molta strada. Tanto più se pure la politica rema contro.
E non è escluso che Fiumefreddo, avendo forse pestato troppi calli, vada a casa dopo aver portato i libri in tribunale. Senza rimpianti: se questo è il risultato dell’autonomia regionale, meglio che riscuota lo stato centrale.
Sapendo però che solo vincendo la battaglia delle tasse si potrà dire che la Sicilia sta cambiando davvero.
Sergio Rizzo
(da il Corriere della Sera”)
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Gennaio 18th, 2016 Riccardo Fucile
I RAPPORTI GIA’ TESI ORA SONO PRECIPITATI… E JUNKER ACCUSA: A ROMA MANCA UN INTERLOCUTORE
Ma Federica Mogherini fa gli interessi italiani? A Palazzo Chigi ormai la risposta è chiara: no.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso nei rapporti tra Matteo Renzi e l’Alto Commissario europeo sulla politica estera c’è stata venerdì scorso.
Quando lei invitava l’Unione Europea all’unità , proprio nelle stesse ore in cui il premier schiumava rabbia per gli attacchi di Jean Claude Juncker.
Ma è da almeno un anno che Renzi e Mogherini non si parlano. L’apice dell’era glaciale tra i due si è raggiunta subito dopo l’estate, quando ‘Lady Pesc’ ha partecipato a un vertice su Siria e Iran con Hollande e Merkel a Parigi senza che l’Italia fosse invitata. Ormai il dato è tratto. E da oggi il premier aggiunge un altro tassello alla sua guerra di nervi contro l’Ue.
Il tassello si chiama Mogherini, l’unico nome che Renzi ha proposto nella trattativa sui nuovi commissari Ue nel 2014, non a caso unico nome italiano nella squadra di Juncker.
C’è anche lei tra i bersagli del premier italiano, impegnato in una lunga sfida con Bruxelles per ottenere il riconoscimento delle clausole di flessibilità nella legge di stabilità e l’applicazione degli accordi sui migranti. Due cose per niente scontate.
In tutto questo, accusano oggi dalla cerchia stretta del premier, Mogherini sembra non fare gli interessi italiani. Non si spende per Roma, insomma.
Proprio come non si sarebbe speso per Roma Stefano Sannino, ambasciatore italiano a Bruxelles che il governo di Roma ha deciso di sostituire. Mossa che tra l’altro avrebbe contribuito a increspare i rapporti con il presidente della Commissione Ue Juncker, visto che Sannino è conosciuto a Bruxelles come grande mediatore, un negoziatore vero.
Ma a Roma pensano che il momento non sia fatto per la mediazione. E quando arriverà deve essere gestita direttamente da Renzi che guarda già al vertice con Merkel a Berlino il 29 gennaio.
Sulla Mogherini ci va giù diretta Simona Bonafè, europarlamentare, renziana della prima ora, lo dice chiaramente intervistata da Giovanni Minoli su Radio 24: “Devo ammettere che le ultime prese di posizione sullo scontro Renzi-Juncker della Mogherini mi sono sembrate un eccesso, mi hanno ricordato il detto ‘fatta la festa gabbato lo santo’. Lo capisco che Federica Mogherini abbia l’obbligo di fedeltà al collegio dei commissari, vedo però che molti dei suoi colleghi che dovrebbero rappresentare l’Europa quanto lei non perdono occasione per difendere gli interessi nazionali”.
Il premier non interviene a calmare le acque in quello che potrebbe sembrare anche un regolamento di conti verbale al femminile. Perchè, benchè Bonafè non sia parte del giglio magico da un po’, quello che dice sulla Mogherini è condiviso dal presidente del Consiglio. Subito dopo l’estate, Renzi se la prese a male quando l’Alto Commissario volò a Parigi, per un vertice convocato dal ministro degli Esteri Laurent Fabius con Germania e Gran Bretagna. All’ordine del giorno: la situazione in Iran e Siria.
L’Italia non era invitata, pur essendo coinvolta in entrambi i dossier. Ma al tavolo di discussione partecipò l’Alto Commissario Ue. Un affronto per come la intendono a Palazzo Chigi. E Renzi non mancò di farglielo notare a Mogherini, in una telefonata di fuoco a fine settembre.
Da allora, comunicazioni interrotte. Se non negli appuntamenti ufficiali.
Nel frattempo l’Italia ha rafforzato le attività della Farnesina sulla politica estera. Paolo Gentiloni è riuscito a ottenere la convocazione della conferenza di Roma sulla Libia a metà dicembre.
E oggi è il ministro degli Esteri a rispondere piccato a Bruxelles, dove si lamentano per la mancanza di un interlocutore italiano sui dossier più caldi. “Abbiamo un continuo dialogo con le istituzioni, abbiamo un ministro degli esteri, degli interni, dell’economia, l’Italia ha un Governo nel pieno dei suoi poteri”, è l’elenco sciorinato da Gentiloni.
(da “Huffingtonpost“)
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Gennaio 18th, 2016 Riccardo Fucile
FALSE COOP DEI MATTATOI NEL MIRINO DEGLI INQUIRENTI: 15 ORE DI LAVORO SENZA CONTRIBUTI ED EVADENDO IL FISCO
Cesare ha 55 anni e le mani grandi. Gli occhi chiari e la voce profonda come le sue rughe. Lavora nei mattatoi da quando era ragazzino, macella i maiali che diventeranno prosciutti, che verranno firmati da aziende dai nomi importanti e con fatturati da milioni di euro.
Cesare, dopo 38 anni di lavoro, fa turni massacranti. E viene pagato 4,50 euro l’ora.
Prima della crisi era un operaio specializzato, oggi si deve accontentare per disperazione. Francesco, invece, ha 42 anni e ormai non riesce neanche più a tenere in mano un coltello. Ha i muscoli e i tendini usurati. Fa sempre lo stesso movimento, a ripetizione, senza sosta: lo stesso taglio ogni 3 o 4 secondi. Disossa polli per 12, spesso 15 ore al giorno. E gliene pagano meno della metà .
Ma ha una moglie e un figlio. E nessuna alternativa.
Sfruttamento per 5mila.
Succede nella provincia di Modena dove – dicono i dati che verranno pubblicati nel prossimo rapporto della Flai Cgil e che Repubblica è in grado di anticipare – 5mila operai sono gravemente sfruttati. Schiavi. Esistono irregolarità di ogni tipo, in Emilia Romagna. Abusi che, secondo l’Inea, l’Istituto Nazionale di Economia Agraria, si inquadrano soprattutto nella “sottodichiarazione delle ore e o dei giorni di lavoro o nella dichiarazione di mansioni inferiori a quelle svolte”.
Secondo i dati elaborati dal gruppo di studio della facoltà di Sociologia della Sapienza di Roma guidato dal professor Francesco Carchedi sulla base delle informazioni raccolte tra i lavoratori, in questa zona sono almeno 3.700 gli operai gravemente sfruttati nella zootecnia.
Ma secondo le stime ci sono almeno altre mille persone che lavorano in condizioni anche peggiori, perchè non hanno alcun contratto nè tutela. Vengono pagate anche in nero per turni dagli orari estenuanti.
Fatica bestiale.
Francesco e Cesare (i nomi sono di fantasia) si sono rovinati i polsi, i gomiti, le spalle. Prima del 2000 si occupavano dell’intero processo di lavorazione della carne: squartare, eviscerare, macellare, rifilare.
Le loro mani e le loro braccia erano sottoposte a diversi tipi di sollecitazioni. Adesso il lavoro si è ridotto ad una sola mansione. Perchè alle aziende conviene pagare poco un operaio non specializzato e fargli fare un’unica operazione, piuttosto che pagarne uno specializzato con compiti diversi.
La meccanizzazione, poi, ha fatto il resto. E dunque Cesare rifila il maiale, Francesco disossa il pollo. “Ma un conto è stressare i muscoli e i tendini per otto ore al giorno – spiega Giacomo (ancora un nome inventato), operaio anziano e molto esperto – un altro è farlo per 15. Spesso capita che lavori dalle 4 di mattina alle 7 di sera. E poi, con un sms, vieni convocato dal capo della cooperativa per le 23 del giorno stesso. Come si chiama tutto questo? Io lo chiamo schiavismo. Non solo. Se la carne da lavorare tarda ad arrivare, gli operai vengono costretti a rimanere in azienda ad aspettare per ore e ore. Senza essere pagati. E senza sapere quando torneranno a casa. A completa disposizione della ditta. Ormai non c’è differenza con il fenomeno dei braccianti agricoli assoggettati dai caporali nel sud Italia”.
Lo scandalo delle false coop.
La dimensione esatta dello sfruttamento è impossibile da determinare perchè a ingaggiare questi lavoratori non sono direttamente le grandi aziende, ma società appaltatrici, quasi sempre false cooperative, che cambiano spesso nome, che truccano i conti, i bilanci e le buste paga. Che non applicano il contratto nazionale, che non versano i contributi previdenziali, che evadono il fisco.
E che occupano soprattutto stranieri, quasi sempre romeni, marocchini, cinesi. Persone che spesso non conoscono la lingua e che non hanno mai votato un bilancio sociale, come invece spetterebbe ai soci lavoratori.
Ma su 100 operai sfruttati, 10 sono italiani. “Sono sempre di più – denuncia il segretario regionale della Flai Cgil, Umberto Franciosi – si tratta di uomini strozzati dalla crisi che per disperazione accettano di sottostare a queste condizioni”.
Poi ci sono i giovani, ragazzi senza alcuna esperienza, che vengono sfruttati più degli altri e che rischiano non solo malattie professionali, ma anche gravi infortuni sul lavoro.
“Non sanno usare il coltello – ragiona Giacomo – un tempo era previsto un periodo di apprendistato, oggi non si fa più. Costa troppo. Così questi ragazzi usano troppa forza, perchè non hanno tecnica. E succede che scappi la lama. Non è raro che se si diano una coltellata in pancia. Ma in ospedale raccontano che si è trattato di un incidente domestico. Perchè chi parla rischia il lavoro. Quando va bene ti tengono a casa per qualche settimana, ma capita che non vieni più chiamato. Così nessuno denuncia”.
Accuse pesanti confermate nella sostanza dall’intervista al direttore del Servizio prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro della Ausl di Modena Renato Di Rico .
Valeria Teodonio
(da “La Repubblica”)
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Gennaio 18th, 2016 Riccardo Fucile
INCHIESTA RIFIUTI ISCHIA, IL SEN. DE SIANO E L’INCHIESTA PER CORRUZIONE E ASSOCIAZIONE A DELINQUERE.. LA CORDATA CON CESARO
“Porta la carta d’identità tua e di tuo padre…”. “Porta la carta d’identità tua, dei parenti…”. “Recupera 10, 15 carte d’identità , va bene anche la fotocopia…”.
Sono le intercettazioni dei galoppini di Forza Italia a Napoli tra i quali Oscar Rumolo, la ‘longa manus’ di Domenico De Siano, nel capitolo ‘tesseramento Pdl’ dell’inchiesta sul senatore di Forza Italia che rischia l’arresto per associazione a delinquere e corruzione sugli appalti dei rifiuti a Ischia.
Le telefonate svelano metodi e clientele da Prima Repubblica alla vigilia del congresso napoletano del partito di Berlusconi del marzo 2012.
Gli inquirenti hanno accertato che per gonfiare il tesseramento Pdl, i galoppini si sono messi davanti alle sale Bingo per ‘adescare’ i giocatori, offrendo loro un buono da 10 euro per la sala giochi in cambio dei dati anagrafici per la tessera.
Le tessere costano dieci euro a cranio e nel gruppo politico-affaristico che risponde a De Siano e al deputato Luigi Cesaro, già presidente della Provincia di Napoli, scatta la corsa a gonfiare il numero di adesioni al Pdl per farle “pesare” al momento delle candidature alle politiche.
Per quelli che ne ‘portano’ di più, c’è qualche promessa. Nomine. Favori. Per uno si parla di un posto nel collegio sindacale di una società partecipata. Circostanza sulla quale sono in corso accertamenti, come sul tizio al quale sarebbero riferibili ben 3000 tessere.
Il particolare è nell’informativa della Squadra Mobile di Napoli, agli atti delle indagini del procuratore aggiunto Alfonso D’Avino e dei pm Graziella Arlomede e Maria Sepe.
Il capitolo ‘tesseramento’ rafforza la tesi dell’esistenza di un’associazione a delinquere che vedeva nel senatore De Siano — all’epoca consigliere regionale della Campania — “l’organizzatore, con il compito di sovrintendere ai rapporti con gli altri politici, anche sulla scorta di indicazioni provenienti dai vertici locali del Pdl-Forza Italia”.
Il gip Claudia Picciotti sottolinea che l’inchiesta conferma “l’esistenza di un vincolo molto forte tra lo stesso Cesaro, De Siano e Rumolo finalizzata a una indefessa opera di procacciamento di tesserati — anche falsi o oggetto di compravendita — al fine di far apparire la corrente del Cesaro la più votata all’interno del partito Pdl, con conseguente assunzione di posizione predominante nella predisposizione delle liste elettorali, basate sul sistema delle ‘liste bloccate’”.
Vincenzo Iurillo
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Gennaio 18th, 2016 Riccardo Fucile
ENNESIMO DRAMMA A PORDENONE, MA IN PARLAMENTO LA LEGGE PER INTERVENIRE E’ SEMPRE FERMA
Potrebbe esserci l’ennesimo episodio di bullismo dietro alla decisione di una ragazza di Pordenone di 12 anni di lanciarsi dal balcone di casa, al secondo piano.
La giovane, ferita non in modo grave, è stata prima trasportata dal 118 all’ospedale della città e poi portata all’ospedale di Udine per traumi agli arti inferiori.
Prima di lasciarsi cadere nel vuoto, la piccola ha lasciato due lettere sulla scrivania: una ai genitori, scusandosi per il gesto; l’altra ai compagni di classe, con una frase emblematica: “Adesso sarete contenti”.
Cadendo, la giovane è finita sulla tapparella del piano sottostante, che ne ha frenato la discesa, poi è precipitata a terra. Rimasta sempre cosciente, la ragazza è stata immediatamente soccorsa.
Oltre che nella lettera lasciata sulla scrivania, la piccola anche nelle prime fasi dei soccorsi, tanto al personale del 118, quanto alla mamma e pure agli agenti della polizia, che stanno svolgendo le indagini, ha ripetuto il proprio disagio per i difficili rapporti con amici e coetanei della scuola.
La madre si è accorta di quello che era accaduto, entrando camera della figlia: la finestra era aperta e la ragazza non c’era. Allora si è affacciata e ha visto la 12enne distesa nel cortile, con un vicino affianco che le stava soccorrendo.
Lettere scritte giorni fa.
Non è stata una decisione improvvisa quella maturata dalla 12enne: si desume dal fatto che le lettere lasciate sulla scrivania non sono state scritte oggi, ma riportano una data della settimana scorsa. La ragazzina da circa una settimana non andava a scuola a causa di una infiammazione alle vie respiratorie. Stamani la mamma è entrata nella sua cameretta proprio per somministrarle una terapia di aerosol, scoprendo che la figlia si era lanciata nel vuoto.
Indagini sul Web.
Gli agenti della polizia di Stato, insieme ai colleghi della scientifica e della polizia postale, stanno acquisendo informazioni in merito alla messaggeria del telefono cellulare della ragazzina e alla eventuale attività nei social network. Gli investigatori stanno cercando di capire se possa esserci stata nell’ultima settimana, che la dodicenne ha trascorso a casa senza andare a scuola, una causa scatenante che l’abbia convinta a lanciarsi.
Pd: “Subito una legge”.
Chiede subito una legge per mettere un freno agli episodi di bullismo Vanna Iori, deputata del Pd e responsabile nazionale del partito per infanzia e adolescenza: “Il tentativo di suicidio di una dodicenne a Pordenone, che secondo le prime ricostruzioni sarebbe stata spinta a questo gesto dalle vessazioni continue dei compagni di scuola, rappresenta un episodio inquietante che ci impone di accelerare sul disegno di legge per il contrasto del bullismo e del cyberbullismo.
Il ddl, ora all’esame delle commissioni competenti alla Camera, deve rientrare necessariamente tra le priorità dell’aula di Montecitorio perchè, come evidenzia l’ultimo rapporto dell’Istat, il fenomeno è in crescita e non possiamo tardare con il mettere in campo soluzioni adeguate per contrastarlo”.
La dodicenne ricoverata all’ospedale di Udine per avere tentato il suicidio è una alunna studiosa, che non ha mai richiamato l’attenzione per episodi di bullismo. L’unica nota: spesso risultava assente.
Prende la parola la dirigente scolastica della scuola media di Pordenone, scossa per l’evento che ha segnato profondamente l’intero istituto.
“Non c’era alcun segnale che lasciasse presagire quanto accaduto, siamo sconvolti”, commenta la preside. “Mai, nè durante i Consigli di classe, nè in situazioni più informali era emerso disagio di alcun tipo, e men che meno episodi di presunto bullismo. I genitori di questa ragazzina e degli altri alunni non hanno mai accennato nulla a me o agli insegnanti. Insomma, un dramma che stava covando e di cui nessuno si era accorto ma non ci sono evidenze alla scuola che ci siano stati episodi particolari”.
La dirigente ha preferito informare personalmente gli alunni e gli insegnanti, prima che suonasse la campanella dell’ultima ora. “Ha spiegato loro che era successa questa disgrazia”, ha fatto sapere la presidente del Consiglio d’istituto.
“Li ha pregati di stare vicino alla compagna e si è messa a disposizione per qualsiasi necessità di ascolto o riflessione comune. Erano molto provati e increduli che potesse essere accaduta una circostanza del genere proprio alla loro amica”.
“La ragazzina ha sempre frequentato con profitto – ha proseguito la dirigente – anche se con una certa discontinuità . Ecco, è questo l’unico elemento per cui ho riconosciuto il nome quando gli agenti della Questura sono entrati. È spesso a casa per qualche problema di salute, ma faceva tante assenze anche alla Primaria. Quando ho informato i docenti mi hanno riferito che proprio oggi volevano prendere contatto coi genitori perchè da qualche giorno era a casa e i compagni avevano riferito loro che era probabilmente influenzata”.
Frequenta la seconda media in una classe – venti alunni di cui sette stranieri – che la preside definisce “forse un po’ più turbolenta della media ma senza costringerci ad adottare particolari provvedimenti disciplinari”. Nell’istituto è anche attivo uno sportello di ascolto dove gli alunni possono parlare con una psicologa. Tuttavia, ha aggiunto la dirigente, l’alunna che ha tentato il suicidio non si è mai rivolta al servizio.
Non appena sarà in condizione di sostenere un colloquio, sarà ascoltata in forma protetta dai magistrati che, fanno sapere, potranno eventualmente sentire gli amici della ragazzina e gli alunni dell’istituto maggiormente coinvolti.
“Non mi sarei mai aspettato una cosa del genere”. Sono le parole di un anziano vicino di casa della famiglia della ragazzina. L’uomo ha detto di non essersi accorto dell’accaduto ma di aver sentito le sirene del 118 e di aver visto la ragazzina stesa a terra. “È una famiglia perbene – ha aggiunto l’uomo -: i genitori vivono per lei in quanto è figlia unica. La mamma è dipendente di una struttura per anziani e il padre operaio in una fabbrica della zona. Siamo tutti in ansia per quanto accaduto e attendiamo notizie dall’ospedale”.
(da agenzie)
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Gennaio 18th, 2016 Riccardo Fucile
LA FAMIGLIA SANTOMENNA GESTIVA DAL 2012 IL CAFFE’ CAPPUCCINO, ASSALTATO DA AL QAEDA…IL PADRE ERA IN NIGER PER LAVORO
La fine di un bel sogno. Questo sono stati, per Gaetano Santomenna, i duplici attacchi terroristici di Ouagadougou, lo scorso venerdì.
Santomenna, italo-libanese proprietario del caffè Cappuccino, quella tragica sera non si trovava nemmeno in città . «Era in Niger per lavoro», dice Nabil Attieh, suo conoscente libanese, anche lui proprietario di un ristorante a Ouagadougou.
«Adesso rientra e non ha più nessuno. La moglie, il figlio, la cognata. Tutti morti. Una vita distrutta, non ci sono parole».
Victoria Yankovska, moglie di Santomenna, il loro figlio Misha di nove anni e la sorella di lei, Jana, sono tutti caduti sotto i colpi del commando armato che ha fatto irruzione nel locale. Secondo testimoni oculari, Victoria e sua sorella sarebbero entrambe morte sul colpo.
Il Cappuccino era il «sogno» di Ouagadougou. Un ristorante «all’europea», con tanto di panetteria annessa. L’ho frequentato spesso, soprattutto durante i miei primi soggiorni in Burkina Faso. Cercavo qualcosa che mi facesse sentire a casa – e già il nome del locale, che il proprietario aveva scelto in omaggio alle proprie origini del sud Italia, sembrava essere una buona premessa.
In effetti, seduti a uno qualsiasi dei suoi tavolini, ci si sentiva in una qualsiasi città europea. A Roma come a Parigi.
Poi si guardava fuori e ci si ricordava di essere nel cuore dell’Africa occidentale. Santomenna lo aveva aperto nel 2012 – prima di allora aveva lavorato come rappresentante di materiali per la panificazione.
Il Cappuccino era stato la realizzazione di un’idea che il signor Gaetano accarezzava da molto tempo: aprire la prima vera boulangerie di Ouagadougou.
La moglie Victoria, di nazionalità franco-ucraina, era lo splendido volto del locale.
La trovavi dietro alla cassa, solare e sorridente, sempre pronta a scambiare due parole con i suoi clienti. Viveva in Burkina Faso da dieci anni. Secondo fonti vicine alla famiglia, Jana era venuta a visitare sorella e nipote da Kharkov, la seconda città più grande dell’Ucraina.
Proprio durante una delle mie prime visite al Cappuccino ho incontrato il signor Gaetano, alcuni mesi fa. Conosceva il mio compagno e abbiamo scambiato quattro chiacchiere davanti a un caffè. Una persona amabile, cortese.
Era in piena forma, dopo una dieta che gli aveva fatto perdere sessanta chili. Si stentava a riconoscerlo. Ci aveva raccontato che era stata proprio sua moglie a spingerlo a migliorare le sue abitudini alimentari e a prendersi più cura della propria salute.
Abbiamo parlato principalmente in francese, con qualche breve frase in italiano – l’italiano limitato di chi è immigrato da sempre o di quelli che in Italia non hanno mai messo piede, pur conservando sempre un enorme amore per il proprio Paese di origine. «Una persona molto discreta, schiva» ricorda Giuliana Dacasto, che a Ouagadougou è proprietaria di un piccolo hotel e che è considerata l’anima della comunità italiana in Burkina Faso.
L’identità delle vittime è resa nota a poco a poco. Nel tardo pomeriggio di ieri, le autorità hanno pubblicato una prima lista che, oltre alla famiglia di Santomenna, comprende due cittadini francesi, quattro canadesi, sette burkinabè, due svizzeri, un americano, un olandese, un libico e un portoghese.
Rimangono ancora da identificare sette persone, fra cui almeno altri tre occidentali.
Il bilancio delle vittime è probabilmente destinato a salire. Lisa Toure, una delle sopravvissute del Cappuccino, dubita che i numeri siano così bassi: «Mi sembra poco. Eravamo in molti lì dentro e a un certo punto i terroristi hanno iniziato a giustiziare le persone una per una», ha detto questo pomeriggio via Twitter.
Marina Spironetti
(da “il Corriere della Sera”)
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Gennaio 18th, 2016 Riccardo Fucile
L’INTELLIGENCE AMERICANA INDAGA, LA RIVELAZIONE DEL SUNDAY TELEGRAPH…ADESSO I PATACCARI DI DESTRA NON DOVREBBERO PARLARE DI “TRADITORE DELLA PATRIA AL SERVIZIO DELLO STRANIERO”?… DAI MELONI, FACCI UN TWEET
La difesa della sovranità ? Un canovaccio da film di spionaggio.
Almeno così sembrerebbe stando ad un retroscena pubblicato dall’inglese Sunday Telegraph.
Il Congresso degli Stati Uniti avrebbe dato mandato alla National Intelligence, nella persona del suo direttore James Clapper, di indagare su presunti finanziamenti della Russia per alimentare le casse dei partiti euroscettici sparsi sul nostro continente. Citando fonti governative britanniche, il Telegraph ipotizza una lista di movimenti politici destinatari del ben di Dio di rubli, tra i quali comparirebbe anche «the Northen League in Italy», la Lega Nord.
Le altre realtà politiche riportate sono Jobbik in Ungheria (il partito che prova a erodere consensi ad Orban a Destra), Alba Dorata in Grecia e, ovviamente, il Front National di Marine Le Pen in Francia.
Il giornale britannico mette in evidenza «la preoccupazione di Washington sulla determinazione di Mosca nello sfruttare le divisioni europee in modo da minare la Nato, bloccare i programmi di difesa missilistica e revocare le sanzioni economiche imposte dopo l’annessione della Crimea».
E di questi presunti finanziamenti occulti i punti di ingresso sarebbero in Olanda, Ungheria, Austria e Repubblica Ceca.
Le fonti riportate dal Telegraph parlano senza mezzi termini di una «nuova Guerra Fredda», la cui esistenza sarebbe suffragata da «allarmanti prove degli sforzi russi di rompere il tessuto dell’unità europea su tutta una serie di questioni strategiche di vitale importanza».
Dunque vi sarebbe un’influenza del Cremlino dietro alcuni avvenimenti di cronaca o in alcune fasi della recente attualità politica europea.
Tipo l’attacco hacker diretto ad aprile scorso contro la francese Tv5 Monde, che fu attribuito all’Isis.
Oppure risulterebbe sospetto che la cavalcata per la guida del Labour Jeremy Corbyn (molto euro critico alla Tsipras o Podemos) abbia ricevuto una grande attenzione da parte della Tv Russia Today, che trasmette in inglese.
In realtà , l’ipotesi di un sostanzioso aiuto economico di Putin a movimenti eurocritici era già emersa oltre un anno fa.
In particolare, si parlava di un prestito di 9 milioni di euro che la First Czech — Russian Bank, nata in Repubblica Ceca ma basata a Mosca e considerata molto vicina al presidente russo, elargì al Front National in vista del sostegno delle presidenziali del 2017.
La notizia la diede il sito francese di news Mediapart, ricordando che tutti gli istituti a cui si era rivolta Marine Le Pen in patria avevano rifiutato di fare credito.
Circostanza che la stessa leader sottolineò nei giorni seguenti premurandosi di promettere che avrebbe restituito fino all’ultimo centesimo alla banca russa.
Qualche mese dopo, Mediapart parlò di alcuni sms di un funzionario governativo del Cremlino, ripresi e pubblicati dagli hacker di Anonymous russi, in cui si parlava del sostegno economico al Front in cambio di un appoggio della Le Pen al referendum per l’annessione della Crimea alla Russia.
Andando a questioni di casa nostra, una «fonte ben informata», a novembre 2014, rivelò all’Adnkronos che Salvini si era recato a Mosca il mese prima per chiedere anche lui un aiuto economico per la Lega agli interlocutori vicini a Putin.
Pietro De Leo
(da “il Tempo”)
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Gennaio 18th, 2016 Riccardo Fucile
TOLMEZZO, ENTRAVA E USCIVA SENZA TIMBRARE, LICENZIATA DIRIGENTE PUBBLICA IN BASE ALLA NORMA GIA’ VIGENTE
Ufficialmente risultava seduta alla scrivania, in realtà usciva per fare la spesa e svolgere commissioni private durante l’orario di lavoro.
Così una dirigente pubblica è stata licenziata in tronco poichè si assentava dall’ufficio senza timbrare il cartellino.
Il caso è avvenuto presso gli uffici di Tolmezzo dell’Azienda sanitaria 3 Alto Friuli-Collinare-Medio Friuli.
Non si tratta naturalmente della stretta auspicata dal premier Matteo Renzi – che promette di modificare la legge in modo da poter licenziare i dipendenti pubblici assenteisti in 48 ore – ma è la dimostrazione che una normativa per allontanare chi fa un uso improprio del cartellino è già in vigore e può essere applicata.
Il Messaggero Veneto riporta i dettagli del licenziamento:
“C’è stata una segnalazione – spiega il direttore generale dell’Aas3 Pierpaolo Benetollo -, alla quale abbiamo risposto immediatamente attivando la Commissione disciplina, la quale ha provveduto subito ad avviare la relativa verifica”.
Il comportamento della dirigente amministrativa è risultato particolarmente grave:
Non solo, dalle indagini è pure emerso che la stessa dirigente effettuava false timbrature con il proprio cartellino segnatempo, facendo emergere più ore trascorse nell’ufficio di lavoro rispetto a quelle effettivamente passate. Le indagini interne sono durate quattro settimane, nel corso delle quali è risultato che questi comportamenti si ripetevano non proprio quotidianamente, ma con una discreta frequenza. Di fronte a ciò, l’Azienda sanitaria non ha potuto far altro che avviare l’iter di immediato licenziamento senza preavviso.
“La legge contro i fannulloni c’è già , il governo dovrebbe dire perchè non funziona”, ha commentato Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, presentando la nuova campagna per i diritti dei lavoratori. Poi, riferendosi alla proposta del governo di licenziare gli assenteisti in 48 ore, ha aggiunto: “Non è una campagna, è propaganda”.
(da “Huffingtonpost”)
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