Destra di Popolo.net

ETRURIA, CONTI SVUOTATI PRIMA DEL DECRETO DEL GOVERNO

Febbraio 3rd, 2016 Riccardo Fucile

IL SOSPETTO DEI PM: SOFFIATA AI CLIENTI VIP

Qualcuno avvisò i clienti di Banca Etruria diverse settimane prima del decreto di risoluzione varato dal governo, consigliando di ritirare i propri soldi dai conti correnti?
È il sospetto avanzato dai pm che indagano sul dissesto dell’istituto toscano, secondo quanto riportato oggi dal Corriere della Sera.
Un mese prima del decreto «salvabanche» del governo numerosi conti correnti di Banca Etruria sono stati «svuotati».
Il sospetto è che qualcuno possa aver avvisato alcuni clienti privilegiati del rischio di perdere i propri risparmi. E adesso i magistrati vogliono conoscere l’identità  dei titolari proprio per verificare se abbiano goduto di un trattamento di favore in violazione della legge.
Un dato emerso anche dalla forte contrazione della raccolta che l’istituto ha registrato negli ultimi mesi dell’anno e che ora allarmano i magistrati, vicino a ipotizzare il reato di bancarotta fraudolenta per i precedenti amministratori.
Un allarme che arriva direttamente dalla relazione del commissario liquidatore Giuseppe Santoni.
Scrive Santoni: «La situazione di liquidità  si presenta assai critica, atteso che secondo quanto emerge dalle informazioni dei commissari straordinari, le riserve liquide sono inadeguate, per effetto dei deflussi dei fondi che hanno interessato la banca. In particolare il saldo netto di liquidità  alla data del 18 novembre scorso pari a 335 milioni, il 4,6 per cento del totale attivo, è diminuito di euro 288 milioni da inizio ottobre.

(da “Huffingtonpost”)

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IN SVIZZERA SONO SERI, LICENZIATO MEDICO DALLA CROCE VERDE PER POST RAZZISTA

Febbraio 3rd, 2016 Riccardo Fucile

“INCOMPATIBILE CON LA PROFESSIONE CHI INVOCA DI BRUCIARE I ROM”

A Lugano la direzione della Croce Verde, il principale servizio auto ambulanze del Canton Ticino, ha licenziato in tronco un medico italiano, per un post anti-Rom.
“Incompatibile con la professione medica”, ha giustificato il provvedimento Filippo Tami, direttore della Croce Verde.
Un post talmente duro, ispirato all’ideologia del leader della Lega Nord, Matteo Salvini, che nè la Croce Verde, nè il portale Ticinonline, che ha dato notizia del licenziamento, hanno voluto rendere noto.
A quanto pare, prendendo spunto da un grave episodio di cronaca, un assassinio commesso da due Rom in Sicilia, nel maggio 2015, il medico accusato di razzismo avrebbe auspicato che i campi nomadi venissero spazzati via dai lanciafiamme.
In sostanza, mentre Salvini aveva parlato di ruspe, il suo epigono della Croce Verde aveva rafforzato la dose, invocando i lanciafiamme.
“Si trattava di un post riservato, precedente alla mia assunzione, con il quale commentavo una dichiarazione sugli immigrati di Salvini”, si difende l’ormai ex-dipendente del servizio auto-ambulanze di Lugano.
In effetti, in Svizzera, la legge anti-razzismo in vigore non scherza con episodi del genere.
Tanto che, proprio nei giorni scorsi. La Procura Generale del Canton Ticino ha aperto un’inchiesta penale contro un sergente della polizia, accusato di aver inneggiato a Hitler sul suo profilo Facebook.
Tornando all’ormai ex-medico della Croce Verde, ha annunciato l’intenzione di denunciare la direzione dell’ente per violazione della privacy. Ma il direttore della Croce Verde, Filippo Tami, ha avuto parole durissime, nei suoi confronti. Ha, infatti, ricordato che quel post “esprime posizioni incompatibi con il dovere di un medico di assistere i pazienti in modo equo, a prescindere dall’etnia o dalla provenienza geografica”.

Franco Zantonelli
(da “La Repubblica“)

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ROMA, SOLTANTO IL 18% DI CHI HA IN AFFITTO UN IMMOBILE DEL COMUNE HA UN CONTRATTO

Febbraio 3rd, 2016 Riccardo Fucile

UN’AMPIA ZONA GRIGIA TRA CONTRATTI SCADUTI E ABUSIVI

Meno del 20% di chi ha in affitto un immobile del comune di Roma nel I municipio, quello del centro storico, è munito di un regolare contratto.
E’ quanto emerge dall’attività  disposta dal Commissario Straordinario, Francesco Paolo Tronca, sulla verifica puntuale del Patrimonio Immobiliare di Roma Capitale. “Dall’esame delle posizioni dei 574 immobili del I Municipio – spiega una nota del Campidoglio – emerge che solo il 18,5% delle unità  abitative può essere definito allocato a inquilini muniti di contratto”.
“In questa categoria vanno, tuttavia, compresi – prosegue la nota – anche i contratti con canone irrisorio e i casi di morosità . Un’ampia “zona grigia”, pari al 49,6% della platea, si riferisce a contratti scaduti, utenti per i quali è in corso la verifica dei requisiti per la regolarizzazione della locazione, abusivi non ancora accertati, procedure di sfratti in corso. Le posizioni abusive accertate sono il 16,2%. Gli utenti in attesa di stipula di contratto, nei confronti dei quali è stata già  accertata la sussistenza dei requisiti da parte dell’Amministrazione, ammontano al 15,7%”.
Per quanto riguarda la metodologia adottata, il Campidoglio “precisa che è stata avviata un’attività  di data matching tesa a integrare il censimento informatico del Sistema Patrimonio di Roma Capitale. In particolare, si sta procedendo a uno screening puntuale per la mappatura delle locazioni di Roma Capitale e di quelle ascrivibili alle Società  partecipate. Tale azione di interfaccia tra banche dati verrà  da subito implementata ulteriormente”.

(da “Huffingtonpost”)

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LA NUOVA BUFALA RENZIANA DEL “REDDITO MINIMO AI POVERI”

Febbraio 3rd, 2016 Riccardo Fucile

IN REALTA’ SI TRATTA DI UN SUSSIDIO CHE IN TEORIA AIUTEREBBE UN MILIONI DI POVERI: PECCATO CHE SIANO 4,1 MILIONI QUELLI ASSOLUTI E 9 MILIONI QUELLI RELATIVI… STANZIATO SOLO 1 MILIARDO MA NEL 2017

Il governo Renzi sta promuovendo una nuova bufala. Dopo avere scambiato il «Jobs Act delle partite Iva», destinato a 220 mila persone, per uno «statuto per i lavoratori autonomi» che in Italia sono 5,4 milioni, ora è impegnato in un’altra campagna.
Il consiglio dei ministri di giovedì scorso avrebbe approvato addirittura il «reddito minimo».
Così è stata intitolata ieri un’intervista, su un noto quotidiano, al ministro del lavoro Giuliano Poletti. In realtà , nel corpo piccolo delle risposte, Poletti è stato molto più realistico: il sussidio da 320 euro per 280 mila famiglie poverissime e numerose sotto i 3 mila euro di Isee e con figli minori (80 euro a testa, cifra simbolica della politica dei bonus renziani) non è un reddito minimo, ma il più modesto «sostegno di inclusione attiva» (Sia)
Questa misura, inventata dal governo Letta, è una misura assistenziale e per nulla universalistica di sostegno al reddito.
La legge delega che permette il governo di estendere il «Sia», erogato mediante una «social card» di berlusconiana memoria, a condizione di vincolarlo a un nuovo obbligo, fin’ora assente in Italia: quello di «mandare i figli a scuola o accettare un’occupazione».
Finalità  che potrebbero essere raggiunte in tutt’altra maniera, e certo non vincolate a meccanismi che rischiano di introdurre un controllo esterno delle famiglie. Tra l’altro, il provvedimento inserisce i privati nel contrasto alla dispersione scolastica. Ci sarebbe un fondo da 150 milioni stanziato da fondazioni bancarie
La consueta ambivalenza, sia giuridica che linguistica, prodotta dal «buzz» mediatico ha lo scopo di confondere il «Sia» con il reddito minimo.
L’articolo 34 della Carta di Nizza lo ha fissato al 60% del reddito mediano procapite. La cifra è più del doppio: si va dai 630 ai 780 euro.
Importi non a caso stabiliti da due disegni di legge sul reddito minimo, ormai dimenticati: quello di Sel (frutto di una campagna dei movimenti di base pro-reddito) e quello del Movimento 5 Stelle, impropriamente definito «reddito di cittadinanza».
Per il governo i beneficiari del «Sia» sarebbero un milione di persone (di cui 550 mila minori). Un’altra dimostrazione della parzialità  della misura.
Per l’Istat, nel 2014 un milione 470 mila famiglie risultavano in condizione di povertà  assoluta, per un totale di 4 milioni e 102 mila.
Si parla di un reddito inferiore a 816 euro mensili in una metropoli del Nord e 548 in un comune del Sud.
Su queste situazioni Poletti continua a ragionare con la «politica dei due tempi»: per ora si parte con 1 milione, in seguito si raggiungeranno gli altri tre.
Anche nel «sociale» questo approccio è risultato fatale. Di anno in anno le priorità  dei governi cambiano, mentre si procede con misure parziali, regolarmente sottofinanziate. In mancanza di un vero reddito minimo, gli altri 9 milioni di poveri «relativi» resteranno esclusi.
Un altro elemento dello «story-telling» governativo è legato ai fondi.
Presentando la misura «welfare-to-work», si omette di citare i tagli dell’80 per cento al fondo delle politiche sociali avvenuto negli ultimi sette anni di crisi.
L’esecutivo parla di 600 milioni per il 2016, 220 per l’Asdi: sussidio che si prende dopo avere percepito la Naspi. I fondi saliranno a un miliardo nel 2017.
Si tratta di finanziamenti irrisori anche rispetto al ristretto campione selezionato.
Il criterio adottato dal «piano contro la povertà » è ispirato alla categorialità .
Come ha più volte sostenuto la sociologa Chiara Saraceno, i sussidi al reddito per le famiglie bisognose sono usate per segmentare il corpo sociale in categorie e sotto-categorie (per età , status lavorativo o pensionistico, ad esempio).
Il risultato è mantenere le persone nella «trappola della povertà ». Questo è accompagnato dalla sistematica contrazione dei criteri di accesso ai sussidi.
Insomma, tutto è lasciato al caso e all’arbitrio: se si appartiene a una categoria «fortunata» si percepisce il fondo. Altrimenti si resta soli. Così si riproduce l’esclusione sociale.
La deliberata volontà  del governo Renzi di sottrarsi a una sistemazione generale del reddito minimo sta producendo altre conseguenze.
Il «piano contro le povertà » non affronta l’enorme e confusissima legislazione prodotta negli ultimi due anni dalle regioni. Anzi, aggrava la situazione.
Ci troviamo, ormai, in una situazione in cui la Valle d’Aosta ha un reddito strutturale che può essere erogato per cinque mesi anche alle partite Iva.
In Puglia, invece, c’è un sussidio da 600 euro per i poveri, ma i requisiti escludono chi lavora e i precari. Tutto è occasionale e improvvisato in Italia.
Tranne la povertà .

Roberto Ciccarelli

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L’ON. DALL’OSSO A GASPARRI: “IO HANDICAPPATO SONO CAPACE DI MANDARTI A FANCULO”

Febbraio 3rd, 2016 Riccardo Fucile

DURISSIMO INTERVENTO DEL PARLAMENTARE AFFETTO DA SCLEROSI MULTIPLA: “GASPARRI DEVE DIMETTERSI, USO SCHIFOSO DEL TERMINE HANDICAPPATO”

Durissimo intervento del deputato del Movimento 5 Stelle, Matteo Dall’Osso, alla Camera contro il senatore di Forza Italia, Maurizio Gasparri, che durante il Family Day si è così rivolto all’inviato delle Iene (Italia Uno), Enrico Lucci: “Questa è la Family Day, non l’handicappato day“.
Il parlamentare pentastellato esordisce: “Vorrei esprimere la nostra profonda indignazione per la disgustosa battuta del vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri. Ecco, l’utilizzo, peraltro fuori dal tempo, del termine ‘handicappato’ come insulto, è deplorevole e schifoso per qualsiasi cittadino, figuriamoci per chi ha un ruolo pubblico”.
E aggiunge: “Gasparri deve dimettersi dall’alta carica che ricopre e, direi, ritirarsi per sempre dalla politica. Io, in quanto handicappato, avrò le mie disabilità , ma le assicuro che sono capace di mandare il vicepresidente del Senato a fanculo“
Affetto da sclerosi multipla dal 2003,   Matteo Dell’Osso ha voluto rispondere così alla pessima battuta che Maurizio Gasparri ha fatto con Enrico Lucci a Le Iene.

(da agenzie)

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RENZI CON LA SUA FLESSIBILITA’ FA SOLO ALTRO DEBITO CHE PAGHERANNO LE GENERAZIONI FUTURE

Febbraio 3rd, 2016 Riccardo Fucile

IN EUROPA LA SUA POLITICA PIAGNONA HA ROTTO SIA AI POPOLARI CHE AI SOCIALISTI

Manfred Weber è categorico: “All’Italia la Commissione Ue ha dato il massimo della flessibilità , ora basta”.
Pierre Moscovici prima usa il bastone: “No a nuove discussioni sulla flessibilità ”. Dopo il nuovo capitolo dello scontro tra il premier italiano Matteo Renzi e Bruxelles, andato in scena lunedì, ora a rincarare la dose ci ha pensato il presidente dei deputati europei del Ppe, considerato molto vicino alla cancelliera tedesca Angela Merkel, commentando le richieste di flessibilità  di bilancio arrivate dall’Italia ha sottolineato che “la Commissione europea negli ultimi anni ha dato massima flessibilità ”, “ma ora anche i commissari socialisti, penso a Moscovici, constatano che non ci sono più ulteriori margini per maggiore flessibilità ”.
Quindi “sarebbe auspicabile da parte di tutti prendere coscienza dello stato dei fatti. Juncker ieri ha inviato una lettera a Renzi per ricordargli gli obblighi europei: spero che sia arrivata a destinazione”, ha poi chiosato Weber.
Che a gennaio, riferendosi alle resistenze di Roma rispetto al fondo da 3 miliardi promesso alla Turchia per contrastare l’emergenza migranti, aveva accusato Renzi di “mettere a repentaglio la credibilità  europea a vantaggio del populismo”.
“Quando vediamo che l’Italia non è disposta ad aiutare la Turchia se non in cambio di una contropartita tutto ciò va a svantaggio dell’Europa”, aveva attaccato il “falco” Weber, membro del partito cristiano sociale bavarese Csu federato in Germania con la Cdu della Merkel.
Questo prima che la Commissione chiarisse che lo scorporo dal deficit dei contributi nazionali al fondo per Ankara è stato deciso già  a gennaio.
In serata a tornare sull’argomento flessibilità  è stato il commissario Ue all’Economia, usando toni simili a quello del leader del PPE: “C’e una cosa che non capisco: il perchè sui dossier di bilancio siamo in una controversia con il governo italiano, quando l’Italia è già  il paese che beneficia di più flessibilità , rispetto al resto della Ue. Poi la discussione proseguirà , ma non si può senza sosta aprirne di nuove, di discussioni sulle flessibilità ”, ha detto Moscovici “Tra Italia ed Europa lo scontro è inutile, dobbiamo cercare il compromesso dove possibile, è questo quello che farò”.
La partita più importante per Palazzo Chigi resta quella sul via libera a un ulteriore aumento del deficit dello 0,2% del Pil .
Nel frattempo anche l’ex premier Mario Monti, ascoltato nelle commissioni Esteri e Politiche Ue del Senato in veste di presidente del gruppo di alto livello dell’Ue, ha criticato la linea di Renzi avvertendo: “ C’è questo altissimo rischio di fare della flessibilità  una bandiera“, è stato il ragionamento dell’economista e presidente della Bocconi. “Ma cosa c’è dietro le parole? E’ un bollo che autorizza il Governo italiano a fare un po’ più di debito e mettere un po’ più a carico delle generazioni futuro le spese che fa oggi. C’è poco da essere contenti”.
Quello della flessibilità , ha aggiunto, “è un falso obiettivo. Molto più forte sarebbe stato il gioco congiunto tra Italia e Francia per persuadere la Germania a considerare come giustificato a pieno titolo il disavanzo per motivo di investimento pubblico.”

(da “il Fatto Quotidiano“)

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