Febbraio 5th, 2016 Riccardo Fucile
LA LETTERA DEL RESPONSABILE ORGANIZZAZIONE FONTANA… PARLAMENTARI DEVONO VERSARE MILLE EURO ENTRO FINE MARZO
In Forza Italia sono iniziati i saldi. Addirittura con sconti del 50% per i fedelissimi del partito di Silvio Berlusconi. Non è uno scherzo. Ma la campagna di fidelizzazione pensata per gli iscritti che anche quest’anno rinnoveranno la tessera. I quali, appunto, pagheranno metà della quota prevista invece per i nuovi aderenti.
Il responsabile organizzazione dei forzisti, Gregorio Fontana, lo ha scritto nero su bianco in una lettera inviata il 3 febbraio scorso ai coordinatori regionali, provinciali e grandi città , più ai quadri elettivi a livello nazionale, provinciale e comunale.
“Nel comitato di presidenza di Forza Italia della scorsa settimana — recita il documento di quattro pagine che ilfattoquotidiano.it ha potuto visionare — il presidente Silvio Berlusconi ha dato il via libera alla campagna adesioni 2016, confermando le attuali quote di adesione, con una riduzione pari al 50% per i rinnovi dei soci 2014/2015”.
Mica male. Anche perchè, con l’iscrizione, si avrà diritto a ricevere una tessera sulla quale, oltre al volto sorridente del Cavaliere, è riportata la seguente frase: “La difesa della libertà è la missione più alta e più nobile, la più entusiasmante che ci sia”.
ASTENERSI INADEMPIENTI
Ad oggi, stando ai dati forniti a ilfattoquotidiano.it dallo stesso Fontana, Forza Italia conta circa centoundici mila aderenti. Meno di un terzo dei circa 380 mila iscritti al Pd. Un abisso, se si considerano pure gli oltre 10 milioni di voti raccolti da FI alle politiche 2013.
E se anche un pezzo da novanta come l’ex ministro della Difesa Antonio Martino ha spiegato, in una recente intervista a Libero, di non aver rinnovato la tessera (lui che custodiva gelosamente la numero due), vuol dire che le cose non vanno poi tanto bene.
Ecco quindi la ‘geniale’ trovata. Dalla quale sono comunque esclusi i quadri e gli eletti, che dovranno aderire entro il prossimo 31 marzo.
“Oltre tale termine, in caso di inadempimento, potrà essere applicata la sospensione dalla partecipazione agli organi di partito, fino all’avvenuto accertamento del pagamento della quota annuale”, dice la lettera.
Tradotto: i dirigenti e i parlamentari che non rinnoveranno la loro iscrizione non potranno ricoprire o ambire a ruoli di vertice.
Ma quanto dovranno pagare? Mille euro tondi tondi. Stessa cifra prevista anche per i consiglieri regionali.
BENEMERITA TESSERA
Meno salato, invece, l’esborso previsto per presidenti di giunta e di consiglio provinciale, assessori e consiglieri provinciali, sindaci, presidenti di consiglio comunale e assessori nei comuni con elezioni amministrative a doppio turno: 300 euro.
Mentre consiglieri comunali nei comuni con elezioni amministrative a doppio turno, sindaci e assessori a turno unico e consiglieri circoscrizionali se la caveranno con ‘appena’ 100 euro.
Queste le quote per gli eletti secondo la tabella allegata a pagina due della missiva. Per gli aderenti, invece, i costi sono decisamente più contenuti.
Soltanto 15 euro, che si dimezzano a 7,5 in caso di rinnovo, per il “volontario azzurro giovane” (dai 14 ai 28 anni).
Venticinque euro, ridotti a 12,5 grazie allo sconto del 50%, per il “volontario azzurro senior” (oltre i 65 anni).
Trenta euro (15 in caso di reiscrizione) per il “volontario azzurro” (adesione ordinaria).
Poi c’è il “sostenitore azzurro”, che dovrà versare una quota “a partire da 100 euro”. Infine la categoria più prestigiosa, il “benemerito azzurro”, cioè i fedelissimi di Forza Italia. Che dovranno tirare fuori dal portafogli almeno 500 euro.
Giorgio Velardi
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 5th, 2016 Riccardo Fucile
LE PRESIDENZE DELLE 28 ASSEMBLEE COSTANO 700.000 EURO L’ANNO…DAL CASO GALAN ALLO PSICODRAMMA CAPEZZONE, FINO AI PREMI PER I VERDINIANI
Ricche indennità . Posti di lavoro per i munitissimi staff. Auto blu, telefoni gratis, fondi di rappresentanza, attivazione di consulenze che fanno gola e curriculum.
La poltrona è ambitissima. E non solo per il peso politico dell’incarico.
La corsa alla presidenza delle Commissioni parlamentari di Camera e Senato è da sempre una partita che scotta: attorno al rito biennale del loro rinnovo si consumano spesso alleanze impensabili fino a pochi mesi prima, come dimostra il lungo e complicato rimpasto iniziato a luglio a Montecitorio e si è concluso pochi giorni fa a Palazzo Madama.
Ma, al di là di tutto, chi conquista la poltrona di presidente di commissione coglie in un sol colpo due grandi obiettivi sempre presenti nelle strategie degli eletti: l’enorme potere di condizionare i lavori dell’assise che presiede e, molto più prosaicamente, una serie di appannaggi e benefit che, soprattutto in epoca di vacche magre, nessuno vorrebbe cedere ad altri.
MANNA AGGIUNTIVA
Di che cosa si tratta? Innanzitutto dell’indennità aggiuntiva che spetta a ciascun presidente di commissione, salvo che non vi rinunci.
Facendo i conti, solo per questa voce risultano appostati complessivamente 700 mila euro all’anno tra Camera e Senato: una prebenda aggiuntiva di oltre 1.200 euro netti in più per ciascuno dei 28 presidenti che si aggiunge al già lauto guadagno che percepiscono da parlamentari.
E che fa ancora di più impallidire lo stipendio di 1.500 euro su cui può contare l’italiano medio, almeno stando alle statistiche.
La funzione di presidente di commissione è una sorta di status da cui non si decade nemmeno per eventi eccezionali: ne sa qualcosa Giancarlo Galan che ha continuato a fregiarsi del titolo di presidente della commissione Cultura della Camera nonostante gli arresti domiciliari lo abbiano tenuto lontano da Roma per mesi.
E che dire di Antonio Azzollini? E’ stato uno dei presidenti di commissione più longevi di tutti i tempi: ha regnato alla Bilancio per oltre 10 anni, dal 2001 al 2006 e dal 2008 sino a pochi mesi fa quando è stato costretto al passo indietro a causa dell’inchiesta sul crac della Divina Provvidenza.
Quando la Cassazione ne ha annullato l’arresto in molti ( nel suo partito -Ncd — ma non solo), hanno invocato un suo ritorno sulla poltrona (nel frattempo occupata dal dem Giorgio Tonini) che è tra le più ambite e importanti di Palazzo Madama.
CARI VICE
Ma a pagare il prezzo più alto, in termini di peso politico (e non solo) è stata Forza Italia per la quale la fine del Patto del Nazareno con il Pd a guida renziana è stato un vero bagno di sangue. Che ha lasciato sul campo morti e feriti, oltre che prevedibili strascichi polemici.
Alla Camera, solo per fare qualche esempio, Francesco Paolo Sisto ha perso in poco tempo due partite non da poco: a fine luglio la presidenza della amatissima commissione Affari costituzionali (che è andata ad arricchire il carnet di Scelta civica con l’elezione di Andrea Mazziotti), mentre a dicembre è sfumata la corsa alla Consulta che per qualche giorno è sembrata davvero a portata di mano.
E che dire di Elio Vito? La gestione bipartisan della commissione Difesa non è bastata a scongiurare la sua sostituzione con il dem Francesco Garofoli. E finora sono andati a vuoto i tentativi di approdare al Copasir dove Forza Italia in quanto opposizione si sente sottorappresentata.
Fa storia a sè l’amarezza di Daniele Capezzone per la mancata riconferma alla presidenza della commissione Finanze: nel suo caso è pesato non solo il nuovo assetto post Nazareno, ma pure la conta interna a Forza Italia dove i fedelissimi di Silvio Berlusconi non gli hanno perdonato le posizioni ultrafittiane.
Se a Montecitorio il rinnovo delle commissioni parlamentari ha decretato la fine dell’asse Fi-Pd, al Senato è servito soprattutto a rinsaldare i rapporti tra il Pd e i verdiniani di Ala che si sono visti attribuire tre vicepresidenze di commissione, ma — e stata qui il dato politico — in quota maggioranza.
Anche questo incarico porta con sè, oltre al prestigio, un’indennità di funzione: sulla carte, complessivamente, 190 mila euro da dividere tra i 56 vicepresidenti tra Camera e Senato.
In realtà un po’ meno dal momento che tutti parlamentari del Movimento 5 Stelle hanno rinunciato all’indennità di funzione.
PREZIOSI RISVOLTI
Cosa significhi il nuovo assetto delle commissioni appena rinnovate da un punto di vista squisitamente politico è cosa nota.
Per quanto riguarda invece i risvolti economici per i nuovi presidenti e per quelli riconfermati in dettaglio sono questi: in testa alla lista dei benefit c’è anzitutto, come detto, l’indennità aggiuntiva per i presidenti e per ciascuno dei due vicepresidenti (anche se una piccola indennità è prevista anche per i 56 segretari delle 28 commissioni tra Camera e Senato).
Alla Camera ai presidenti vanno 1.269,35 euro netti al mese, ovviamente per dodici mensilità e ai vice 239,9.
Se è vero che a Montecitorio l’unica macchina assegnata ‘ad personam’ è quella di Laura Boldrini, c’è poi da dire chei presidenti di commissione non rimangono certo a piedi: si avvalgono del parco auto a disposizione dell’amministrazione.
Ovviamente — è il caveat — solo per servizi istituzionali.
Ma se gli spostamenti su Roma non richiedono particolari formalità , per varcare il raccordo è necessario sempre l’ok del collega questore.
Poi ci sono gli altri benefit: anche a Montecitorio i presidenti delle 14 commissioni permanenti hanno diritto ad un cellulare e possono avvalersi di una segreteria particolare composta anche di tre esterni, mentre per le spese di rappresentanza hanno a disposizione 4.000 euro netti all’anno.
GRAZIOSE ELARGIZIONI
A Palazzo Madama l’indennità aggiuntiva per ciascun vicepresidente di commissione vale 316 euro netti al mese, molto meno di quello previsto per i presidenti che rispetto agli altri colleghi senatori percepiscono 1.267 euro in più.
In classifica le loro competenze mensili aggiuntive li piazzano al terzo posto, insieme ai segretari d’aula, subito dopo questori, vicepresidenti e presidente del Senato.
Dove, i capi delle commissioni hanno inoltre anch’essi diritto come a Montecitorio al rimborso delle spese del cellulare fino ad un ammontare massimo di 5.000 euro all’anno.
E ancora, sempre a Palazzo Madama è previsto un plafond mensile per spese per collaboratori pari a 4.859 euro lordi al mese, mentre il fondo consulenze è di 2.151,92 euro al mese (sempre per dodici mesi).
Poi c’è un’ulteriore voce, rubricata come ‘elargizioni’: 3.500 euro a disposizione dei presidenti di commissione o giunta (cifra che sale a quota 4.000 per i segretari di presidenza e a 7.500 per questori e vicepresidenti).
Anche in questo caso l’auto blu non viene più assegnata a titolo personale, ma dei loro spostamenti si fanno comunque carico le macchine a disposizione del Senato. Raramente c’è il rischio che debbano prendere il bus.
Ilaria Proietti
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 5th, 2016 Riccardo Fucile
LA CORTINA DI BUGIE SULLA MORTE DI GIULIO: “CONDIZIONI DEL CORPO INDICIBILI”
Non esiste in realtà alcun mistero su come sia stato assassinato Giulio Regeni.
La cortina di bugie con cui il ministero dell’Interno e le autorità di polizia egiziane tentano per 24 ore di dissimulare la verità , per occultare o comunque confondere il movente dell’omicidio, non regge
Nin regge alla prova delle prime, inconfutabili circostanze di fatto che è possibile fissare in questa storia. Interpellate da “Repubblica”, tre diverse e qualificate fonti (diplomatiche, investigative e di intelligence) descrivono le condizioni del cadavere del ragazzo (trasferito ieri sera nella morgue dell’Umberto I, l’ospedale italiano al Cairo) con un medesimo aggettivo: «Indicibili».
Evidenti i segni di tortura sul corpo. Ustioni di sigaretta, la mutilazione di un orecchio, incisioni da taglio, ecchimosi profonde e diffuse.
Esattamente come riferito nell’immediatezza del ritrovamento del cadavere dai magistrati della Procura di Giza, Hosam Nassar e Ahmed Nagi, frettolosamente e goffamente smentiti dal generale Khaled Shalabi, capo del dipartimento di indagini di polizia giudiziaria, e dal portavoce del ministero dell’Interno, nel tentativo di accreditare un’inverosimile confusione tra le tracce lasciate da una morte tanto “lenta” quanto atroce con quelle di un incidente stradale
C’è di più. Giulio Regeni – proseguono le fonti di “Repubblica” – non solo è stato vittima di uno scempio, ma, come apparso evidente a chi ha potuto constatare lo stato di decomposizione del cadavere, è morto non molto tempo dopo essere stato sequestrato (il 25 gennaio non lontano da piazza Tahir).
«Diversi giorni prima del 3 febbraio», quando il corpo è stato ritrovato sul ciglio della strada che collega il Cairo ad Alessandria.
Chi ha ucciso Giulio, dunque, ha avuto ad un certo punto fretta di liberarsi del cadavere. E lo ha fatto con una goffa messa in scena.
Abbandonandolo nudo dalla cintola in giù, per poter accreditare prima un «delitto a sfondo sessuale» (questo il tenore delle prime informazioni trasmesse dalla polizia egiziana alle nostre autorità nella notte di mercoledì), quindi la pista della criminalità comune e, infine, la storia di cartapesta dell’incidente stradale
L’ULTIMA CORRISPONDENZA
Sapere come è stato ucciso Giulio Regeni non equivale a indovinare chi lo ha ucciso. Ma certo offre un indizio robusto che consente di escludere con ragionevole certezza sia la matrice terroristica (la morte rituale islamista dell’infedele non prevede cadaveri abbandonati clandestinamente e, soprattutto, ai boia islamisti l’osservanza coranica vieta il fumo e lo strumento di tortura dei mozziconi di sigaretta) che quella della criminalità comune, nelle cui leggi universali è scritto che ci si manifesti per avere un riscatto del proprio ostaggio
E dunque, a meno di non voler accreditare il gesto di uno psicopatico di cui non c’è traccia nella vita e nelle relazioni intrecciate da Giulio al Cairo, resta una sola altra possibile mano. Quella mossa dal movente “politico”.
Che trova un primo, significativo riscontro.
Nell’ultima mail inviata il 9 gennaio al quotidiano “il manifesto”, con cui aveva cominciato a collaborare con pseudonimo scrivendo un articolo a doppia firma pubblicato nel dicembre scorso, Giulio si raccomandava e confessava la sua paura. «Se decidete di mettere il mio nuovo articolo, mettetelo con lo pseudonimo, perchè sono preoccupato».
Preoccupato, evidentemente, della pressione che aveva cominciato ad avvertire sui contatti egiziani con cui lavorava alla sua tesi in economia. Ma anche della pressione sull’ambiente dei professori e dei ricercatori dell’American University (che frequentava) i cui cellulari, da ieri, sono rimasti significativamente muti alle chiamate dalla redazione del “manifesto”.
POLIZIA, SERVIZI E PARAMILITARI
La paura confessata per mail da Giulio, non appare insomma neutra.
Nè lo sono il luogo e la data della sua scomparsa (il 25 gennaio, quinto anniversario della rivolta di piazza Tahir), in coincidenza con una serie di retate condotte dal regime di Al Sisi sugli oppositori. Il che porterebbe la ricerca degli assassini dritta dritta agli apparati di sicurezza del Paese.
La Polizia e il famigerato Mukhabarat, il Servizio segreto. Non fosse altro perchè almeno due testimonianze raccolte al Cairo riferirebbero di un giovane occidentale arrestato nel centro della città proprio quel 25 gennaio di cui non c’è traccia nelle carceri cittadine.
Si obietta che se davvero Giulio fosse stato eliminato da Polizia o Servizi, nessuno ne avrebbe fatto ritrovare il corpo. A maggior ragione in quelle condizioni.
Ma, a ben vedere, l’argomento non è in grado di smontare l’ipotesi della mano e del movente politici. Come spiega una nostra qualificata fonte di intelligence, «In Egitto, la situazione degli apparati di sicurezza è, diciamo così, fluida».
Non è da escludere, insomma, che Giulio sia finito nelle mani di qualche squadrone della morte o, comunque, di qualche unità paramilitare o di polizia che, probabilmente, non ha neppure capito chi aveva fermato e nelle cui mani non ha resistito alle torture.
Un fatto è certo. Con l’arrivo oggi al Cairo di un team di investigatori italiani (militari del Ros dei carabinieri e dello Sco della Polizia) il tempo per gli egiziani di trovare dei “colpevoli” plausibili per l’omicidio di Giulio si accorcia. E non sarà facile.
A maggior ragione se i suoi assassini dovessero avere argomenti “convincenti” con il regime di Al Sisi per non essere consegnati alla giustizia italiana.
Carlo Bonini
(da “La Repubblica”)
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Febbraio 5th, 2016 Riccardo Fucile
“MIO PADRE ERA MEDICO DELLA MARINA, MI HA INSEGNATO IL VALORE DI SALVARE CHI E’ IN DIFFICOLTA'”… “I MURI NON CI DEVONO ESSERE, NE’ FUORI NE’ DENTRO DI NOI”… “SE UN GIORNO DOVESSI SCAPPARE SPERO DI ESSERE ACCOLTO, NON RESPINTO A CALCI”
“Dormo poco. L’ennesima notte passata sveglio, vedendo il tg, mi sono arrabbiato, ho pianto, ho dato un calcio a una porta. E mi sono detto: facciamo questa cosa”.
Flavio Insinna racconta in un’intervista a La Repubblica cosa c’è dietro la sua volontà di donare la sua barca a Medici Senza Frontiere:
Come è nata questa decisione?
“Mio padre era dottore e per anni medico in Marina. Mi ha trasmesso l’amore per il mare e mi ha insegnato che si deve fare di tutto per salvare chi è in difficoltà . Io poi sono cattolico, penso che sia giusto aiutare. E lottare. Il mio è un gesto di ribellione”.
L’attore e attuale conduttore televisivo di ‘Affari Tuoi’ su Rai1, ha donato ‘Roxana’, la sua imbarcazione veloce di 14,80 metri, all’organizzazione medico-umanitaria, a supporto delle attività di soccorso e assistenza in mare lungo le rotte della migrazione verso il continente europeo.
Perchè ha scelto proprio Medici Senza Frontiere?
“Non sono diventato medico ed è stato uno dei dolori che ho dato a mio padre. Perciò mi sembrava bello dare la barca a loro. Sono straordinari, hanno professionalità umanità . La barca porta il nome di mia mamma, Rossana. Se anche un solo bambino in più, una donna incinta, un disperato che scappa dall’orrore della guerra, verrà salvato, anche la mia vita avrà un senso. Forse ho aspettato fin troppo a fare questa cosa. Vanno bene l’allegria e gli applausi, ma magari qualcuno dirà : “Ti ricordi quel giullare? Quella volta ha fatto qualcosa per chi aveva bisogno”.
In questi giorni si parla di limitare Schengen. Cosa ne pensa?
“Non sono un politico: se vedo una persona in difficoltà , dono un cappotto, offro un panino. Ma mi entusiasmo alle parole del nostro Papa: dice che i muri non ci devono essere, nè dentro nè fuori di noi, e nè il filo spinato. Se un giorno dovessi scappare, spero di essere accolto, non di essere respinto a calci. Di essere accarezzato, come io ho cercato di accarezzare gli altri. Sono stato amato, dalla mia famiglia, prima ancora che dal pubblico. Impossibile non rimettere in circolo un po’ di quell’amore. Hanno detto: “Ma questo è matto a regalare la barca?. No, sarei un pazzo a non farlo”
“Siamo molto grati a Flavio Insinna per questo gesto di grande generosità e per aver voluto sostenere la nostra azione lungo le rotte della migrazione. Stiamo valutando con i nostri centri operativi come impiegare questa importante donazione a supporto delle attività medico-umanitarie di MSF in mare, dove ancora oggi migliaia di persone in fuga da conflitti e povertà continuano a rischiare – e purtroppo a perdere – la loro vita per trovare sicurezza in Europa” ha detto Gabriele Eminente, direttore generale di MSF.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 5th, 2016 Riccardo Fucile
SI SBAGLIA E CI SI SCUSA IN CONTEMPORANEA: IN FRETTA, POI SI TORNA A INSULTARE IN SANTA PACE
L’esimio vicepresidente del Senato della Repubblica Italiana, insomma Gasparri, insulta in televisione i portatori di handicap e davanti alle prevedibili reazioni gasparrofobiche di una parte ostinatamente sensibile della popolazione reagisce piccato: «Ho chiesto scusa su Twitter, che vadano in Rete!».
Secondo la versione un tantino forzata di Gasparri, non soltanto il mondo deve sostenere il peso delle sue incursioni quotidiane nei territori del cattivo gusto, ma anche correre immediatamente su Internet per cercarvi e apprezzare le sue scuse, che ormai partono in automatico come il dito medio degli allenatori al primo buu della curva.
Perchè Gasparri è Gasparri, ma non è il solo.
Anzi, se oggi esiste un’immagine che riflette l’anima profondamente cattolica del nostro Paese è quella di un immenso scusificio, dove si sbaglia e ci si scusa quasi in contemporanea e con assoluta nonchalance, pur di potere tornare a peccare al più presto in santa pace.
Ho detto Handicappato Day, ma mi scuso.
Ho detto che coi tovaglioli dell’Ikea mi ci pulirò il sedere e glieli rimanderò indietro (sempre Gasparri), ma mi sono già scusato, mi sto scusando, a breve mi scuserò.
Ho dato del finocchio al mio rivale, comunque gli ho chiesto scusa.
Ho ammazzato mia moglie, lo so, scusate, ho fatto una cavolata.
Ho tirato dell’acido in faccia a una persona però mi dispiace tantissimo, proprio tanto: adesso posso andare?
Ho preso sotto un ciclista e non mi sono fermato a soccorrerlo, ma ho una voglia matta di chiedere perdono ai suoi familiari, possibilmente subito, perchè stasera avrei una cena e se arrivo in ritardo poi mi toccherà scusarmi.
Massimo Gramellini
(da “La Stampa”)
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Febbraio 5th, 2016 Riccardo Fucile
PD 34,1%, M5S 24,7%, LEGA 14,2%, FORZA ITALIA 11,2%, SINISTRA ITALIANA 4,2%, FRATELLI D’ITALIA 4%, AREA POPOLARE 2,7%…. FAVOREVOLI ALLE UNIONI CIVILI, CONTRARI ALLE ADOZIONI
Maggioranza risicata a favore delle unioni civili, maggioranza schiacciante contro le adozioni per i gay. Questo l’esito di una rilevazione condotta da Ixè per Agorà .
Il 50% degli intervistati, se sedesse in Parlamento, voterebbe a favore del ddl Cirinnà sulle unioni civili, 3 punti percentuali in meno del sondaggio condotto la scorsa settimana, prima del Family day.
Il 43% voterebbe contro mentre il 7% non prende posizione.
Lo stesso campione statistico, alla domanda più esplicita sulle adozioni per i gay, ha risposto in modo diverso: appena il 20% è favorevole (7 giorni fa era il 24%), mentre il 73% contrario (il 29 gennaio era il 67%).
Malgrado la prossima settimana possa essere quella decisiva per far passare un provvedimento tanto discusso come quello sulle unioni civili, il consenso di Matteo Renzi (+1 punto al 32%) e del Governo (+1 punto al 29%) non ne risentono.
In salita di 1 punto anche Luigi di Maio (al 26%) e Beppe Grillo (al 20%). Al comando tra i leader politici per quanto riguarda la fiducia c’è sempre il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, al 63%.
Inarrivabile Papa Francesco, con il 90% di fiducia.
Fra i partiti, nelle intenzioni di voto sale di 0,2 punti percentuali in una settimana il Pd, dal 33,9% al 34,1%, mentre calano il Movimento 5 Stelle, che si assesta al 24,7% (-0,6 punti percentuali) e la Lega Nord, che scende dal 14,6% al 14,2%.
Forza Italia cresce di due decimali all’11,2%.
Se si votasse oggi, l’affluenza sarebbe al 58%.
Nello scontro sulla flessibilità tra Ue e Renzi, il 41% appoggia il premier italiano. Il 22% dà ragione all’Europa mentre il 19% non si schiera con nessuno dei due contendenti. Il 18% non si è espresso.
Di fronte all’ultimo caso di Affittopoli a Roma, inoltre il 69% degli intervistati pensa che a pagare principalmente dovrebbero essere i dirigenti del Comune.
Il campione statistico è più indulgente con gli inquilini, che pagano affitti di pochi euro al mese (o addirittura all’anno) per case di pregio.
Solo il 19% dichiara che dovrebbero essere loro a rimediare di tasca propria a questa situazione.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 5th, 2016 Riccardo Fucile
LA DITTA DI MICHELE SACCO, NUMERO DUE DEL COMUNE, HA ESEGUITO I LAVORI…E IL GEOMETRA DICE DI NON AVER MAI VISTO I PROGETTI DEGLI ARCHITETTI
“No comment. Non ho niente da dire”. E poi il telefono chiuso in faccia.
Basta la prima domanda sulla villa di Giuseppe Sala e la conversazione viene subito interrotta. Eppure Michele Sacco di cose da raccontare ne avrebbe.
Perchè fino al 2014 è stato vicesindaco di Zoagli, il comune in provincia di Genova scelto dall’amministratore delegato di Expo e aspirante sindaco di Milano per costruire la casa al mare finita al centro delle polemiche per i lavori commissionati a Michele De Lucchi, architetto che ha lavorato anche per Expo.
E’ stato proprio quando Michele Sacco era in giunta che sono state approvate le varianti chieste da Sala rispetto al progetto originario, acquistato nel 2011 insieme al terreno.
Ed è stato sempre Sacco a costruire la villa, con la sua impresa Edil Garden. Un ruolo doppio su cui non c’è modo di fargli domande al telefono, vista la sua reazione. Ma Zoagli è un paese di 2.500 anime, dove tutti conoscono tutti.
L’ex vicesindaco lo descrivono come un gran lavoratore, fisico minuto, baffi e capelli bianchi: “Ha diversi cantieri in collina, nella zona di Sant’Ambrogio, provi là ”.
E là non è difficile incontrarlo. È appena salito sulla sua auto bianca. Un cenno con la mano per fermarlo, di nuovo le presentazioni, ci siamo già sentiti in mattinata al telefono.
Appena il tempo di nominare Sala e la reazione è simile a prima: auto messa in moto e piede sull’acceleratore. Inutile rincorrerlo e dal finestrino aperto provare a chiedergli chi sono i progettisti della villa.
E se non è inopportuno che un vicesindaco realizzi i progetti approvati dalla sua stessa amministrazione. Altro scatto dell’auto e via, giù verso il paese.
Ma non è stato inutile venire fin qua su. La vista che si apre tra gli ulivi dà direttamente sul golfo, dicono Sant’Ambrogio sia una delle zone più belle di Zoagli. Ed è proprio qui, un centinaio di metri da dove Sacco è sfuggito alle domande, che Sala ha la sua villa.
Una parte degli interni e delle finiture esterne sono state progettate per 70mila euro da Michele De Lucchi. Le finiture sono di pregio, due i piani dell’edificio, di fronte il mare. Su una delle terrazze del terreno la piscina a raso, una delle opere per cui sono state chieste le varianti.
Sala: “Progetto dell’architetto Monti”. Ma il geometra: “L’ho fatto io”
“Il progetto esecutivo della casa lo ha firmato l’architetto Giampaolo Monti, ho avuto un rapporto di esclusiva con lui. Ci sono anche le fatture”, ha detto Sala nel corso della conferenza stampa convocata due settimane fa per dare le sue spiegazioni, dopo che il Giornale ha scritto del coinvolgimento nei lavori sia di De Lucchi, sia di Matteo Gatto, direttore Visitor experience ed exhibition design di Expo.
Prima notizia confermata da Sala, che però ha omesso di citare, tra i lavori di De Lucchi per Expo, gli allestimenti pagati da Fiera Milano per 500mila euro.
Smentita invece la seconda notizia: “Gatto non ha fatto nulla. Abita lì vicino, gli ho chiesto di andare a vedere il luogo della casa. E mi ha presentato l’architetto che ha firmato ogni progetto esecutivo”. Giampaolo Monti, appunto.
Solo che negli uffici del comune di Zoagli dicono di non sapere chi sia Monti.
Le pratiche le ha presentato il geometra Paolo Fossati, ex cognato di Michele Sacco. Fossati ha lo studio a Rapallo, solo qualche chilometro da Zoagli: “Il progetto — spiega — lo abbiamo fatto noi, sia quello architettonico che quello esecutivo, così come la direzione lavori”.
E Giampaolo Monti? “L’ho incontrato solo qualche volta in cantiere insieme a Sala. Si è presentato come architetto, ma credo fosse lì in qualità di amico”.
Il geometra assicura di non avere mai ricevuto disegni da Monti e, mentre mostra alcune parcelle da diverse migliaia di euro, dice di averle indirizzate tutte a Sala.
Il logo di Expo concesso alla manifestazione di Zoagli
Le due versioni, insomma, non coincidono. Magari ne sa qualcosa in più il sindaco di Zoagli, Franco Rocca. La sua è una vita passata nell’amministrazione comunale, come sindaco, poi come consigliere comunale con incarichi nel settore dell’edilizia privata, ora di nuovo come sindaco.
E’ considerato da molti il dominus degli interessi immobiliari della zona.
In comune è nella stessa lista di centrodestra a cui apparteneva Michele Sacco, mentre in Regione Liguria è stato consigliere per il Pdl. Esperienza macchiata dall’inchiesta su spese pazze e rimborsi, per cui Rocca è stato rinviato a giudizio proprio in questi giorni, dopo la richiesta dei pm del 3 agosto scorso.
Della villa di Sala dice di non sapere nulla (“se ne sono occupati gli uffici tecnici”). Mentre l’amministratore delegato di Expo lo ha incontrato solo un paio di volte: “Mi ha dato una prova significativa di correttezza”.
Espressione spiegata poco dopo e tradotta nella sua riconoscenza verso Sala, che gli ha concesso il logo dell’Expo per Velvet & silk carpet, manifestazione organizzata per valorizzare le produzioni locali di tessuti nella piazza principale di Zoagli.
Era il 13 agosto, un giovedì in pieno periodo Expo, cosa che non ha impedito a Sala di presenziare all’evento come ospite d’onore tra i nuovi ‘compaesani’.
Il sindaco Rocca: “Doppio ruolo di Sacco? Non aveva deleghe per l’edilizia”
Sul ruolo di Michele Sacco, Rocca non vede alcuna inopportunità : “Quando era vicesindaco, non aveva la delega per l’edilizia privata”, taglia corto.
E questioni di opportunità non ne vede neppure Angelo Sacco, figlio di Michele e attuale assessore al Patrimonio e alla Pubblica istruzione: “Un vicesindaco non può lavorare? O uno che costruisce non può stare in politica?”, sono le uniche cose che gli si riescono a far dire sulla vicenda al terzo tentativo.
I primi due, il giorno prima, sono finiti pure peggio. Telefonata numero uno, appena fatto il nome di Sala ecco la risposta: “Mi spiace, non ci interessa”. E poi giù la cornetta, così come fatto dal padre.
Seconda telefonata, che rapporti avete con Matteo Gatto? “A lei cosa interessa? Chiami lui”. E di nuovo telefonata chiusa in faccia.
Lui, Matteo Gatto, al telefono risponde gentilmente, dice di conoscere l’impresa dei Sacco come “la migliore della zona in cui sono cresciuto”, ma assicura di non avere mai avuto con loro “rapporti nè personali, nè professionali”.
Nemmeno per la villa di Sala: “L’attività è stata svolta tutta da Monti, come ha spiegato Sala. Monti è stato pagato, ha fatto tutti i disegni, il dottor Sala glieli può produrre”. E quello che dice il geometra Fossati? “Io questo non lo so”.
Il senso delle norme del piano regolatore? Dal comune sbattono giù il telefono
Mentre sui lavori resta il mistero, c’è tempo per un’ultima telefonata chiusa in faccia. Succede quando ilfattoquotidiano.it, dopo essersi presentato negli uffici comunali per verificare lo stato di avanzamento della richiesta di accesso agli atti presentata il 20 gennaio, prova a contattare i funzionari per porre un altro interrogativo.
Il punto è cercare di capire quali siano le regole valide per le ville che come quella di Sala sono state costruite negli ultimi anni nella zona di Sant’Ambrogio.
Nel piano regolatore l’area è definita di “presidio e salvaguardia dei territori con valenza agricola”.
Le nuove costruzioni possono usufruire di due diversi indici di edificabilità derivati dal terreno circostante, uno dei quali è utilizzabile “per uso residenziale”, mentre l’altro — si legge sulle norme di attuazione del piano — è utilizzabile “per locali non abitabili ad esclusivo servizio delle attività agricole da ubicare nel lotto di edificazione in modo separato dal volume destinato all’uso residenziale”.
La porzione non abitabile dovrebbe favorire le attività agricole, grazie a magazzini per “ricovero scorte vive o morte, deposito attrezzi e simili”.
Solo che a guardare molte delle ville sulla collina, le attività agricole non sembrano per nulla fervere.
Cosa significano dunque quelle prescrizioni? Sbattuta giù la cornetta.
Secondo tentativo un’ora dopo, all’altro capo c’è la disponibilità di rispondere a una sola domanda: “Per rispettare le regole basta che le due porzioni, quella a uso residenziale e quella non abitabile, non siano collegate tra loro. Se sono separate da una porta, va bene”.
Non serve a nulla fare notare al funzionario che l’espressione “separate da una porta” è strana, visto che di solito le porte collegano, mentre quelli che separano sono i muri. A Zoagli il tempo delle spiegazioni è finito.
Luigi Franco
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 5th, 2016 Riccardo Fucile
E GIA’ LA SEVERINO, IN CASO DI CONDANNA, POTREBBE VALERE SOLO PER “LUI ELETTO”, NON PER “LUI NOMINATO ASSESSORE” DA TOTI: QUINDI DECADREBBE SOLO DA CONSIGLIERE, MA NON DALLO STIPENDIO DI ASSESSORE… L’ALTRO LEGHISTA E IL FRATELLO D’ITALIA INVECE NON AVREBBERO SCAMPO
La Liguria continua a fare i conti con il rinvio a giudizio di una ventina di politici per le spese pazze in Regione. Molti sono ormai ex, ma per i due massimi esponenti locali della Lega e il capogruppo di Fratelli d’Italia il discorso è diverso: l’8 giugno inizierà il processo e, in caso di condanna in primo grado, scatterebbe la decadenza dalla carica per la Legge Severino, data la tipologia del reato, ovvero il peculato.
Farebbe già sorridere la posizione di Salvini che ogni giorno invoca la “fucilazione politica” degli indagati degli altri partiti, salvo che dei suoi: il “Secolo XIX” ci informa della telefonata al sodale Rixi in cui lo invita “ad andare avanti, a non preoccuparsi, a lasciar perdere i giudici…”
Come se i giudici non avessero chiesto accertamenti alle forze dell’ordine che, a loro volta, non avessero appurato un buco di 90.000 euro nei conti del gruppo regionale della Lega. Dimenticando che la Lega stessa è corsa a restituirne 80.000 sperando di evitare il giudizio: se non fosse stata evidente la mancanza, perchè mai la corsa a restituirli, suvvia…
Ma la comicità del segretario è persino superata dal suo vice Rixi, l’inquisito per peculato, a cui è stato chiesto se non era il caso già adesso di rassegnare le dimissioni.
No, non lo fa perchè “sarebbe come abbandonare la nave nel momento del bisogno”. A quale bisogno si riferisse è chiaro: il suo stipendio da 9.000 euro al mese, altri i liguri non ne vedono.
Comuque anche in caso di condanna, pare che abbia già trovato l’espediente per non perdere lo stipendio: secondo una tesi giuridica la Severino farebbe decadere “gli eletti”.
Ora Rixi è sia “eletto” consigliere regionale che “nominato” (da Toti) assessore, al pari quindi di un esterno.
Quindi se condannato decadrebbe da consigliere, ma non da assessore nominato.
Lui già dice che “nel caso di condanna dovrò valutare il quadro politico, se ci fosse una fase critica non potrei abbandonare i liguri”.
Come no, magari questa volta può sempre mettere nella nota spese dei rimborsi anche un tubetto di mastice.
Quello che tiene ben attaccati alla poltrona.
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